Unione civile ed impresa familiare: stessi diritti di moglie e marito
In caso di impresa familiare gestita da una persona che ha celebrato l’unione civile, per il partner esistono gli stessi diritti previsti dal Codice civile in favore di moglie e marito.
Nel nostro paese è molto frequente la prestazione di lavoro in piccole o medie realtà aziendali o professionali familiari, che sono la rete capillare che sostiene l’economia italiana.
L’impresa familiare è definita come l’impresa o l’attività professionale in cui collaborano in maniera continuativa il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo dell’imprenditore.
La Legge Cirinnà ha previsto che anche il convivente unito civilmente possa essere annoverato fra i familiari che collaborano all’impresa familiare godendo dei relativi benefici. In particolar modo la parte unita civilmente è parificata al coniuge, con l’unica eccezione che i suoi parenti entro il secondo grado, che sarebbero ipoteticamente affini per l’imprenditore, sono esclusi dato che l’unione civile non prevede il vincolo dell’affinità.
Quali sono i diritti della parte unita civilmente?
Il diritto principale della parte unita civilmente consiste nel partecipare agli utili dell’impresa, ai beni acquistati ed all’incremento dell’azienda stessa in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato.
Altro aspetto molto importante è quello che riguarda la possibilità di godere del mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e, parimenti, di partecipare alla gestione dell’impresa ed alle decisioni circa l’indirizzo aziendale che devono essere prese a maggioranza tra tutti i familiari.
Cosa succede in caso di successione ereditaria?
Nell’impresa familiare il diritto di partecipazione non può essere ceduto se non a favore degli altri familiari e con il consenso di tutti i partecipi. Se l’azienda viene venduta o cessata la quota può essere liquidata in denaro anche in più annualità.
Questa prelazione ha effetto anche in caso di morte di un familiare o dello stesso imprenditore. Tale aspetto è di importanza rilevante soprattutto nelle sorti di una coppia unita civilmente. Proviamo ad immaginare, per esempio, a due conviventi lesbiche: una possiede, con i suoi due fratelli, una piccola impresa che si occupa di giardinaggio e l’altra vi collabora.
Nel caso in cui l’imprenditrice dovesse morire la convivente avrebbe la certezza di poter ereditare la quota della propria compagna continuando il proprio lavoro senza correre il rischio di essere estromessa dal resto della famiglia e, in particolare, dai due fratelli.
E se i fratelli agissero alle sue spalle prendendo decisioni senza il suo consenso oppure venendo la sua quota? In questo caso la partner superstite potrebbe ricorrere in Tribunale per tutelare il proprio diritto e la propria partecipazione.