Religioni diverse dei genitori non condizionano l’affidamento del figlio | Separazione e divorzio
Due genitori possono professare religioni diverse: questo normalmente non influenza la decisione sull’affidamento del figlio nell’ambito del giudizio di separazione o divorzio. È indubbio, però, che esistono alcune scelte nella vita di una persona che possono incidere in maniera significativa sulla sua esistenza e, a volte, su quella delle persone che la circondano, come i familiari. La decisione di abbracciare una nuova fede potrebbe essere uno di questi casi.
Pensiamo ad una coppia in procinto di separarsi in cui la moglie si è appena convertita ad una nuova professione religiosa. Questa confessione prevede, per i fedeli più osservanti, il rifiuto di sottoporsi a trasfusioni di sangue o a trapianti di organi, col rischio di poter mettere in pericolo, in caso di gravi emergenze, la loro stessa vita.
Il marito ha delle forti perplessità in merito al nuovo credo della moglie che ha apportato un radicale cambiamento nelle sue abitudini e frequentazioni e teme che questa rivoluzione nella vita personale della donna possa influenzare anche la vita dei loro bambini. Per questo preferirebbe che potessero restare a vivere con lui.
La religione è una scelta libera difesa dalla Costituzione
La fede religiosa è espressione dell’individualità di ciascuno, rappresenta una libera scelta e, in quanto tale, è difesa dalla Costituzione Italiana. Convertirsi a una nuova fede rappresenta una decisione legittima alla quale nessuno può opporsi.
Per questa ragione, in sede di separazione o divorzio, la religione non può essere di per sé fattore discriminante sulla base del quale il Giudice può decidere o meno a chi affidare o collocare i minori. Perché questo avvenga, è necessario che sia dimostrato che le pratiche religiose messe in atto dal genitore possano arrecare danni psicologici, fisici o formativi al minore.
Le possibilità del marito di ottenere la collocazione dei figli dipendono dal fatto che riesca a dimostrare, durante la causa, che la conversione della moglie costituisce concretamente un fattore di rischio per i bambini. Oppure che, in virtù della nuova fede della mamma, i minori siano costretti a cambiare radicalmente il loro stile di vita, le abitudini e i rapporti sociali, provocando loro smarrimento, turbamenti e difficoltà relazionali.
La sola conversione della madre e l’eventuale difficoltà di conciliare le convinzioni ideologiche tra marito e moglie non basterà per ottenere la collocazione dei figli.