pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 191 del 18 agosto 1998
Supplemento Ordinario n. 139
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visto l’articolo 87 della Costituzione;
Visto l’articolo 47, comma 1, della legge 6 marzo 1998, n. 40, recante delega al Governo per l’emanazione di un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni concernenti gli stranieri, nel quale devono essere riunite e coordinate tra loro e con le norme della citata legge 6 marzo 1998, n. 40, con le modifiche a tal fine necessarie, le disposizioni vigenti in materia di stranieri contenute nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, non compatibili con le disposizioni della predetta legge n. 40 del 1998, le disposizioni della legge 30 dicembre 1986, n. 943, e quelle dell’articolo 3, comma 13, della legge 8 agosto 1995 n. 335, compatibili con le disposizioni della medesima legge n. 40;
Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 9 giugno 1998;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 15 giugno 1998;
Acquisito il parere delle competenti commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;
Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle riunioni del 22 luglio 1998 e del 24 luglio 1998;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro per la solidarietà sociale, del Ministro degli affari esteri, del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, con il Ministro della sanità, con il Ministro della pubblica istruzione e dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e con il Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali;
EMANA
il seguente decreto legislativo:
TITOLO I
PRINCIPI GENERALI
Art. 1
(Ambito di applicazione)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 1)
1. Il presente testo unico, in attuazione dell’articolo 10, secondo comma, della Costituzione, si applica, salvo che sia diversamente disposto, ai cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea e agli apolidi, di seguito indicati come stranieri.
2. Il presente testo unico non si applica ai cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, se non in quanto si tratti di norme più favorevoli, e salvo il disposto dell’articolo 45 della legge 6 marzo 1998, n. 40.
3. Quando altre disposizioni di legge fanno riferimento a istituti concernenti persone di cittadinanza diversa da quella italiana ovvero ad apolidi, il riferimento deve intendersi agli istituti previsti dal presente testo unico. Sono fatte salve le disposizioni interne, comunitarie e internazionali più favorevoli comunque vigenti nel territorio dello Stato.
4. Nelle materie di competenza legislativa delle regioni, le disposizioni del presente testo unico costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione. Per le materie di competenza delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, esse hanno il valore di norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.
5. Le disposizioni del presente testo unico non si applicano qualora sia diversamente previsto dalle norme vigenti per lo stato di guerra.
6. Il regolamento di attuazione del presente testo unico, di seguito denominato regolamento di attuazione, è emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge 6 marzo 1998, n. 40.
7. Prima dell’emanazione, lo schema del regolamento di cui al comma 6 è trasmesso al Parlamento per l’acquisizione del parere delle Commissioni competenti per materia, che si esprimono entro trenta giorni. Decorso tale termine, il regolamento è emanato anche in mancanza del parere.
Art. 2
(Diritti e doveri dello straniero)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 2 legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 1)
1. Allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti.
2. Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore per l’Italia e il presente testo unico dispongano diversamente. Nei casi in cui il presente testo unico o le convenzioni internazionali prevedano la condizione di reciprocità, essa è accertata secondo i criteri e le modalità previste dal regolamento di attuazione.
3. La Repubblica italiana, in attuazione della convenzione dell’OIL n. 143 del 24 giugno 1975, ratificata con legge 10 aprile 1981, n. 158, garantisce a tutti i lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti nel suo territorio e alle loro famiglie parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani.
4. Lo straniero regolarmente soggiornante partecipa alla vita pubblica locale.
5. Allo straniero è riconosciuta parità di trattamento con il cittadino relativamente alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, nei rapporti con la pubblica amministrazione e nell’accesso ai pubblici servizi, nei limiti e nei modi previsti dalla legge.
6. Ai fini della comunicazione allo straniero dei provvedimenti concernenti l’ingresso, il soggiorno e l’espulsione, gli atti sono tradotti, anche sinteticamente, in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero, quando ciò non sia possibile, nelle lingue francese, inglese o spagnola, con preferenza per quella indicata dall’interessato.
7. La protezione diplomatica si esercita nei limiti e nelle forme previsti dalle norme di diritto internazionale. Salvo che vi ostino motivate e gravi ragioni attinenti alla amministrazione della giustizia e alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza nazionale, ogni straniero presente in Italia ha diritto di prendere contatto con le autorità del Paese di cui è cittadino e di essere in ciò agevolato da ogni pubblico ufficiale interessato al procedimento. L’autorità giudiziaria, l’autorità di pubblica sicurezza e ogni altro pubblico ufficiale hanno l’obbligo di informare, nei modi e nei termini previsti dal regolamento di attuazione, la rappresentanza diplomatica o consolare più vicina del Paese a cui appartiene lo straniero in ogni caso in cui esse abbiano proceduto ad adottare nei confronti di costui provvedimenti in materia di libertà personale, di allontanamento dal territorio dello Stato, di tutela dei minori di status personale ovvero in caso di decesso dello straniero o di ricovero ospedaliero urgente e hanno altresì l’obbligo di far pervenire a tale rappresentanza documenti e oggetti appartenenti allo straniero che non debbano essere trattenuti per motivi previsti dalla legge. Non si fa luogo alla predetta informazione quando si tratta di stranieri che abbiano presentato una domanda di asilo, di stranieri ai quali sia stato riconosciuto lo status di rifugiato, ovvero di stranieri nei cui confronti sono state adottate misure di protezione temporanea per motivi umanitari.
8. Gli accordi internazionali stipulati per le finalità di cui all’articolo 11, comma 4, possono stabilire situazioni giuridiche più favorevoli per i cittadini degli Stati interessati a speciali programmi di cooperazione per prevenire o limitare le immigrazioni clandestine.
9. Lo straniero presente nel territorio italiano è comunque tenuto all’osservanza degli obblighi previsti dalla normativa vigente.
Art. 3
(Politiche migratorie)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 3)
1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri interessati, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la Conferenza Stato-città e autonomie locali, gli enti e le associazioni nazionali maggiormente attivi nell’assistenza e nell’integrazione degli immigrati e le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale, predispone ogni tre anni il documento programmatico relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, che è approvato dal Governo e trasmesso al Parlamento. Le competenti Commissioni parlamentari esprimono il loro parere entro trenta giorni dal ricevimento del documento programmatico. Il documento programmatico è emanato, tenendo conto dei pareri ricevuti, con decreto del Presidente della Repubblica ed è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Il Ministro dell’Interno presenta annualmente al Parlamento una relazione sui risultati raggiunti attraverso i provvedimenti attuativi del documento programmatico.
2. Il documento programmatico indica le azioni e gli interventi che lo Stato italiano, anche in cooperazione con gli altri Stati membri dell’Unione europea, con le organizzazioni internazionali, con le istituzioni comunitarie e con organizzazioni non governative, si propone di svolgere in materia di immigrazione, anche mediante la conclusione di accordi con i Paesi di origine. Esso indica altresì le misure di carattere economico e sociale nei confronti degli stranieri soggiornanti nel territorio dello Stato, nelle materie che non debbono essere disciplinate con legge.
3. Il documento individua inoltre i criteri generali per la definizione dei flussi di ingresso nel territorio dello Stato, delinea gli interventi pubblici volti a favorire le relazioni familiari, l’inserimento sociale e l’integrazione culturale degli stranieri residenti in Italia, nel rispetto delle diversità e delle identità culturali delle persone, purchè non confliggenti con l’ordinamento giuridico, e prevede ogni possibile strumento per un positivo reinserimento nei Paesi di origine.
4. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri interessati e le competenti Commissioni parlamentari, sono definite annualmente, sulla base dei criteri e delle altre indicazioni del documento programmatico di cui al comma 1, le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato, per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo, tenuto conto dei ricongiungimenti familiari e delle misure di protezione temporanea eventualmente disposte a norma dell’articolo 20. I visti di ingresso per lavoro subordinato, anche stagionale, e per lavoro autonomo sono rilasciati entro il limite delle quote predette. In caso di mancata pubblicazione dei decreti di programmazione annuale, la determinazione delle quote è disciplinata in conformità con gli ultimi decreti pubblicati ai sensi del presente testo unico nell’anno precedente.
5. Nell’ambito delle rispettive attribuzioni e dotazioni di bilancio, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti locali adottano i provvedimenti concorrenti al perseguimento dell’obiettivo di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono il pieno riconoscimento dei diritti e degli interessi riconosciuti agli stranieri nel territorio dello Stato, con particolare riguardo a quelli inerenti all’alloggio, alla lingua, all’integrazione sociale, nel rispetto dei diritti fondamentali della persona umana.
6. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare di concerto con il Ministro dell’interno, si provvede all’istituzione di Consigli territoriali per l’immigrazione, in cui siano rappresentati le competenti amministrazioni locali dello Stato, la Regione, gli enti locali, gli enti e le associazioni localmente attivi nel soccorso e nell’assistenza agli immigrati, le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro, con compiti di analisi delle esigenze e di promozione degli interventi da attuare a livello locale.
7. Nella prima applicazione delle disposizioni del presente articolo, il documento programmatico di cui al comma 1 è predisposto entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40. Lo stesso documento indica la data entro cui sono adottati i decreti di cui al comma 4.
8. Lo schema del documento programmatico di cui al comma 7 è trasmesso al Parlamento per l’acquisizione del parere delle Commissioni competenti per materia, che si esprimono entro trenta giorni. Decorso tale termine, il decreto è emanato anche in mancanza del parere.
TITOLO II
DISPOSIZIONI SULL’INGRESSO, IL SOGGIORNO E
L’ALLONTANAMENTO DAL TERRITORIO DELLO STATO
CAPO I
DISPOSIZIONI SULL’INGRESSO E IL SOGGIORNO
Art. 4
(Ingresso nel territorio dello Stato)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 4)
1. L’ingresso nel territorio dello Stato è consentito allo straniero in possesso di passaporto valido o documento equipollente e del visto d’ingresso, salvi i casi di esenzione, e può avvenire, salvi i casi di forza maggiore, soltanto attraverso i valichi di frontiera appositamente istituiti.
2. Il visto di ingresso è rilasciato dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane nello stato di origine o di stabile residenza dello straniero. Per soggiorni non superiori a tre mesi, sono equiparati ai visti rilasciati dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane quelli emessi, sulla base di specifici accordi, dalle autorità diplomatiche o consolari di altri Stati. Contestualmente al rilascio del visto d’ingresso l’autorità diplomatica o consolare italiana consegna allo straniero una comunicazione scritta in lingua a lui comprensibile che illustri i diritti e i doveri dello straniero relativi all’ingresso ed al soggiorno in Italia. Il diniego del visto di ingresso o reingresso è adottato con provvedimento scritto e motivato che deve essere comunicato all’interessato unitamente alle modalità di impugnazione e ad una traduzione in lingua a lui comprensibile o, in mancanza, in inglese, francese, spagnolo o arabo. Per lo straniero in possesso di permesso di soggiorno è sufficiente, ai fini del reingresso nel territorio dello Stato, una preventiva comunicazione all’autorità di frontiera.
3. Ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 3, comma 4, l’Italia, in armonia con gli obblighi assunti con l’adesione a specifici accordi internazionali, consentirà l’ingresso nel proprio territorio allo straniero che dimostri di essere in possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno, nonchè la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno e, fatta eccezione per i permessi di soggiorno per motivi di lavoro, anche per il ritorno nel Paese di provenienza. I mezzi di sussistenza sono definiti con apposita direttiva emanata dal Ministro dell’interno, sulla base dei criteri indicati nel documento di programmazione di cui all’articolo 3, comma 1. Non potrà essere ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti o che sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone, con i limiti e le deroghe previsti nei suddetti accordi.
4. L’ingresso in Italia può essere consentito con visti per soggiorni di breve durata, validi fino a 90 giorni, e per soggiorni di lunga durata che comportano per il titolare la concessione di un permesso di soggiorno in Italia con motivazione identica a quella menzionata nel visto. Per soggiorni inferiori a tre mesi saranno considerati validi anche i motivi esplicitamente indicati in visti rilasciati da autorità diplomatiche o consolari di altri Stati in base a specifici accordi internazionali sottoscritti e ratificati dall’Italia ovvero a norme comunitarie.
5. Il Ministero degli affari esteri adotta, dandone tempestiva comunicazione alle competenti Commissioni parlamentari, ogni opportuno provvedimento di revisione o modifica dell’elenco dei Paesi i cui cittadini siano soggetti ad obbligo di visto, anche in attuazione di obblighi derivanti da accordi internazionali in vigore.
6. Non possono fare ingresso nel territorio dello Stato e sono respinti dalla frontiera gli stranieri espulsi, salvo che abbiano ottenuto la speciale autorizzazione o che sia trascorso il periodo di divieto di ingresso, gli stranieri che debbono essere espulsi e quelli segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore in Italia, ai fini del respingimento o della non ammissione per gravi motivi di ordine pubblico, di sicurezza nazionale e di tutela delle relazioni internazionali.
7. L’ingresso è comunque subordinato al rispetto degli adempimenti e delle formalità prescritti con il regolamento di attuazione.
Art. 5
(Permesso di soggiorno)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 5)
1. Possono soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri entrati regolarmente ai sensi dell’articolo 4, che siano muniti di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno rilasciati a norma del presente testo unico o che siano in possesso di permesso di soggiorno o titolo equipollente rilasciato dalla competente autorità di uno Stato appartenente all’Unione europea, nei limiti ed alle condizioni previsti da specifici accordi.
2. Il permesso di soggiorno deve essere richiesto, secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione, al questore della provincia in cui lo straniero si trova entro otto giorni lavorativi dal suo ingresso nel territorio dello Stato ed è rilasciato per le attività previste dal visto d’ingresso o dalle disposizioni vigenti. Il regolamento di attuazione può prevedere speciali modalità di rilascio relativamente ai soggiorni brevi per motivi di turismo, di giustizia, di attesa di emigrazione in altro Stato e per l’esercizio delle funzioni di ministro di culto nonchè ai soggiorni in case di cura, ospedali, istituti civili e religiosi e altre convivenze.
3. La durata del permesso di soggiorno è quella prevista dal visto d’ingresso, nei limiti stabiliti dal presente testo unico o in attuazione degli accordi e delle convenzioni internazionali in vigore. La durata non può comunque essere:
a) superiore a tre mesi, per visite, affari e turismo;
b) superiore a sei mesi, per lavoro stagionale, o nove mesi, per lavoro stagionale nei settori che richiedono tale estensione;
c) superiore ad un anno, in relazione alla frequenza di un corso per studio o per formazione debitamente certificata; il permesso è tuttavia rinnovabile annualmente nel caso di corsi pluriennali;
d) superiore a due anni, per lavoro autonomo, per lavoro subordinato a tempo indeterminato e per ricongiungimenti familiari;
e) superiore alle necessità specificamente documentate, negli altri casi consentiti dal presente testo unico o dal regolamento di attuazione.
4. Il rinnovo del permesso di soggiorno deve essere richiesto dallo straniero al questore della provincia in cui si trova almeno trenta giorni prima della scadenza ed è sottoposto alla verifica delle condizioni previste per il rilascio o delle diverse condizioni previste dal presente testo unico. Fatti salvi i diversi termini previsti dal presente testo unico o dal regolamento di attuazione, il permesso di soggiorno è rinnovato per una durata non superiore al doppio di quella stabilita con il rilascio iniziale.
5. Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili.
6. Il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano.
7. Gli stranieri muniti del permesso di soggiorno o titolo equipollente rilasciato dall’autorità di uno Stato appartenente all’Unione europea, valido per il soggiorno in Italia sono tenuti a dichiarare la loro presenza al questore con le modalità e nei termini di cui al comma 2. Agli stessi è rilasciata idonea ricevuta della dichiarazione di soggiorno. Ai contravventori si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 200 mila a lire 600 mila. Qualora la dichiarazione non venga resa entro 60 giorni dall’ingresso nel territorio dello Stato può essere disposta l’espulsione amministrativa.
8. Il permesso di soggiorno, la ricevuta di dichiarazione di soggiorno e la carta di soggiorno di cui all’articolo 9 sono rilasciati su modelli a stampa, con caratteristiche anticontraffazione, conformi ai tipi approvati dal Ministro dell’interno, in attuazione dell’Azione comune adottata dal Consiglio dell’Unione europea il 16 dicembre 1996.
9. Il permesso di soggiorno è rilasciato, rinnovato o convertito entro venti giorni dalla data in cui è stata presentata la domanda, se sussistono i requisiti e le condizioni previsti dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione per il permesso di soggiorno richiesto ovvero, in mancanza di questo, per altro tipo di permesso da rilasciare in applicazione del presente testo unico.
Art. 6
(Facoltà ed obblighi inerenti al soggiorno)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 6;
r.d. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 144, comma 2 e 148)
1. Il permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro subordinato, lavoro autonomo e familiari può essere utilizzato anche per le altre attività consentite. Quello rilasciato per motivi di studio e formazione può essere convertito, comunque prima della sua scadenza, in permesso di soggiorno per motivi di lavoro nell’ambito delle quote stabilite a norma dell’articolo 3, comma 4, secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione.
2. Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all’accesso a pubblici servizi, i documenti inerenti al soggiorno di cui all’articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati.
3. Lo straniero che, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non esibisce, senza giustificato motivo, il passaporto o altro documento di identificazione, ovvero il permesso o la carta di soggiorno, è punito con l’arresto fino a sei mesi e l’ammenda fino a lire ottocentomila.
4. Qualora vi sia motivo di dubitare della identità personale dello straniero, questi può essere sottoposto a rilievi segnaletici.
5. Per le verifiche previste dal presente testo unico o dal regolamento di attuazione, l’autorità di pubblica sicurezza, quando vi siano fondate ragioni, richiede agli stranieri informazioni e atti comprovanti la disponibilità di un reddito da lavoro o da altra fonte legittima, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi nel territorio dello Stato.
6. Salvo quanto è stabilito nelle leggi militari, il Prefetto può vietare agli stranieri il soggiorno in comuni o in località che comunque interessano la difesa militare dello Stato. Tale divieto è comunicato agli stranieri per mezzo della autorità locale di pubblica sicurezza o col mezzo di pubblici avvisi. Gli stranieri, che trasgrediscono al divieto, possono essere allontanati per mezzo della forza pubblica.
7. Le iscrizioni e variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani con le modalità previste dal regolamento di attuazione. In ogni caso la dimora dello straniero si considera abituale anche in caso di documentata ospitalità da più di tre mesi presso un centro di accoglienza. Dell’avvenuta iscrizione o variazione l’ufficio dà comunicazione alla questura territorialmente competente.
8. Fuori dei casi di cui al comma 7, gli stranieri che soggiornano nel territorio dello Stato devono comunicare al questore competente per territorio, entro i quindici giorni successivi, le eventuali variazioni del proprio domicilio abituale.
9. Il documento di identificazione per stranieri è rilasciato su modello conforme al tipo approvato con decreto del Ministro dell’interno. Esso non è valido per l’espatrio, salvo che sia diversamente disposto dalle convenzioni o dagli accordi internazionali.
10. Contro i provvedimenti di cui all’articolo 5 e al presente articolo è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale competente.
Art. 7
(Obblighi dell’ospitante e del datore di lavoro)
(R.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 147)
1. Chiunque, a qualsiasi titolo, da alloggio ovvero ospita uno straniero o apolide, anche se parente o affine. o lo assume per qualsiasi causa alle proprie dipendenze ovvero cede allo stesso la proprietà o il godimento di beni immobili, rustici o urbani, posti nel territorio dello Stato, è tenuto a darne comunicazione scritta, entro quarantotto ore, all’autorità locale di pubblica sicurezza.
2. La comunicazione comprende, oltre alle generalità del denunciante, quelle dello straniero o apolide, gli estremi del passaporto o del documento di identificazione che lo riguardano, l’esatta ubicazione dell’immobile ceduto o in cui la persona è alloggiata, ospitata o presta servizio ed il titolo per il quale la comunicazione è dovuta.
Art. 8
(Disposizioni particolari)
(R.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 149)
1. Le disposizioni del presente capo non si applicano ai componenti del sacro collegio e del corpo diplomatico e consolare.
Art. 9
(Carta di soggiorno)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 7)
1. Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato da almeno cinque anni, titolare di un permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi, il quale dimostri di avere un reddito sufficiente per il sostentamento proprio e dei familiari, può richiedere al questore il rilascio della carta di soggiorno per sè, per il coniuge e per i figli minori conviventi. La carta di soggiorno è a tempo indeterminato.
2. La carta di soggiorno può essere richiesta anche dallo straniero coniuge o figlio minore o genitore conviventi di un cittadino italiano o di cittadino di uno Stato dell’Unione europea residente in Italia.
3. La carta di soggiorno è rilasciata sempre che nei confronti dello straniero non sia stato disposto il giudizio per taluno dei delitti di cui all’articolo 380 nonchè, limitatamente ai delitti non colposi, all’articolo 381 del codice di procedura penale o pronunciata sentenza di condanna, anche non definitiva, salvo che abbia ottenuto la riabilitazione. Successivamente al rilascio della carta di soggiorno il questore dispone la revoca, se è stata emessa sentenza di condanna, anche non definitiva, per reati di cui al presente comma. Qualora non debba essere disposta l’espulsione e ricorrano i requisiti previsti dalla legge, è rilasciato permesso di soggiorno. Contro il rifiuto del rilascio della carta di soggiorno e contro la revoca della stessa è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale competente.
4. Oltre a quanto previsto per lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato, il titolare della carta di soggiorno può:
a) fare ingresso nel territorio dello Stato in esenzione di visto;
b) svolgere nel territorio dello Stato ogni attività lecita, salvo quelle che la legge espressamente vieta allo straniero o comunque riserva al cittadino;
c) accedere ai servizi ed alle prestazioni erogate dalla pubblica amministrazione, salvo che sia diversamente disposto;
d) partecipare alla vita pubblica locale, esercitando anche l’elettorato quando previsto dall’ordinamento e in armonia con le previsioni del capitolo C della Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992.
5. Nei confronti del titolare della carta di soggiorno l’espulsione amministrativa può essere disposta solo per gravi motivi di ordine pubblico o sicurezza nazionale, ovvero quando lo stesso appartiene ad una delle categorie indicate dall’articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall’articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, ovvero dall’articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall’articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646, sempre che sia applicata, anche in via cautelare, una delle misure di cui all’articolo 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55.
CAPO II
CONTROLLO DELLE FRONTIERE, RESPINGIMENTO ED ESPULSIONE
Art. 10
(Respingimento)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 8)
1. La polizia di frontiera respinge gli stranieri che si presentano ai valichi di frontiera senza avere i requisiti richiesti dal presente testo unico per l’ingresso nel territorio dello Stato.
2. Il respingimento con accompagnamento alla frontiera è altresì disposto dal questore nei confronti degli stranieri:
a) che entrando nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, sono fermati all’ingresso o subito dopo;
b) che, nelle circostanze di cui al comma 1, sono stati temporaneamente ammessi nel territorio per necessità di pubblico soccorso.
3. Il vettore che ha condotto alla frontiera uno straniero privo dei documenti di cui all’articolo 4 o che deve essere comunque respinto a norma del presente articolo è tenuto a prenderlo immediatamente a carico ed a ricondurlo nello Stato di provenienza, o in quello che ha rilasciato il documento di viaggio eventualmente in possesso dello straniero.
4. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 e quelle dell’articolo 4, commi 3 e 6, non si applicano nei casi previsti dalle disposizioni vigenti che disciplinano l’asilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero l’adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari.
5. Per lo straniero respinto è prevista l’assistenza necessaria presso i valichi di frontiera.
6. I respingimenti di cui al presente articolo sono registrati dall’autorità di pubblica sicurezza.
Art. 11
(Potenziamento e coordinamento dei controlli di frontiera)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 9)
1. Il Ministro dell’interno e il Ministro degli affari esteri adottano il piano generale degli interventi per il potenziamento e il perfezionamento, anche attraverso l’automazione delle procedure, delle misure di controllo di rispettiva competenza, nell’ambito delle compatibilità con i sistemi informativi di livello extranazionale previsti dagli accordi o convenzioni internazionali in vigore e delle disposizioni vigenti in materia di protezione dei dati personali.
2. Delle parti di piano che riguardano sistemi informativi automatizzati e dei relativi contratti è data comunicazione all’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione.
3. Nell’ambito e in attuazione delle direttive adottate dal Ministro dell’interno, i prefetti delle province di confine terrestre e i prefetti dei capoluoghi delle regioni interessate alla frontiera marittima promuovono le misure occorrenti per il coordinamento dei controlli di frontiera e della vigilanza marittima e terrestre, d’intesa con i prefetti delle altre province interessate, sentiti i questori e i dirigenti delle zone di polizia di frontiera, nonchè le autorità marittime e militari e i responsabili degli organi di polizia, di livello non inferiore a quello provinciale, eventualmente interessati, e sovrintendono all’attuazione delle direttive emanate in materia.
4*. Il Ministero degli affari esteri e il Ministero dell’interno promuovono le iniziative occorrenti, d’intesa con i Paesi interessati, al fine di accelerare l’espletamento degli accertamenti ed il rilascio dei documenti eventualmente necessari per migliorarel’efficacia dei provvedimenti previsti dal presente testo unico, e per la reciproca collaborazione a fini di contrasto dell’immigrazione clandestina. A tale scopo, le intese di collaborazione possono prevedere la cessione a titolo gratuito alle autorita’ dei Paesi interessati di beni mobili ed apparecchiature specificamente individuate, nei limiti delle compatibilita’ funzionali e finanziarie definite dal Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e, se si tratta di beni, apparecchiature o servizi accessori forniti da altre amministrazioni, con il Ministro competente.
5*. Per le finalita’ di cui al comma 4, il Ministro dell’interno predispone uno o piu’ programmi pluriennali di interventi straordinari per l’acquisizione degli impianti e mezzi tecnici e logistici necessari, per acquistare o ripristinare i beni mobili e le apparecchiature in sostituzione di quelli ceduti ai Paesi interessati, ovvero per fornire l’assistenza e altri servizi accessori. Se si tratta di beni, apparecchiature o servizi forniti da altre amministrazioni, i programmi sono adottati di concerto con il Ministro competente.
6*. Presso i valichi di frontiera sono previsti servizi di accoglienza al fine di fornire informazioni e assistenza agli stranieri che intendano presentare domanda di asilo o fare ingresso in Italia per un soggiorno di durata superiore a tre mesi. Tali servizi sono messi a disposizione, ove possibile, all’interno della zona di transito.
* commi 4 e 5 del presente T.U modificati con questi asteriscati dal Decreto Legislativo 19 ottobre 1998, n. 380 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 257 del 3 novembre 1998 a norma dell’articolo 47, comma 2, della legge 6 marzo 1998, n 40
Art. 12
(Disposizioni contro le immigrazioni clandestine)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 10)
1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie attività dirette a favorire l’ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del presente testo unico è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire trenta milioni.
2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 54 del codice penale, non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato.
3. Se il fatto di cui al comma 1 è commesso a fine di lucro o da tre o più persone in concorso tra loro, ovvero riguarda l’ingresso di cinque o più persone, e nei casi in cui il fatto è commesso mediante l’utilizzazione di servizi di trasporto internazionale o di documenti contraffatti, la pena è della reclusione da quattro a dodici anni e della multa di lire trenta milioni per ogni straniero di cui è stato favorito l’ingresso in violazione del presente testo unico. Se il fatto è commesso al fine di reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione ovvero riguarda l’ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento, la pena è della reclusione da cinque a quindici anni e della multa di lire cinquanta milioni per ogni straniero di cui è stato favorito l’ingresso in violazione del presente testo unico.
4. Nei casi previsti dai commi 1 e 3, è sempre consentito l’arresto in flagranza ed è disposta la confisca del mezzo di trasporto utilizzato per i medesimi reati, salvo che si tratti di mezzo destinato a pubblico servizio di linea o appartenente a persona estranea al reato. Nei medesimi casi si procede comunque con giudizio direttissimo, salvo che siano necessarie speciali indagini.
5. Fuori dei casi previsti dai commi precedenti, e salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero o nell’ambito delle attività punite a norma del presente articolo, favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico, è punito con la reclusione fino a quattro anni e con la multa fino a lire trenta milioni.
6. Il vettore aereo, marittimo o terrestre è tenuto ad accertarsi che lo straniero trasportato sia in possesso dei documenti richiesti per l’ingresso nel territorio dello Stato, nonchè a riferire all’organo di polizia di frontiera dell’eventuale presenza a bordo dei rispettivi mezzi di trasporto di stranieri in posizione irregolare. In caso di inosservanza anche di uno solo degli obblighi di cui al presente comma, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire un milione a lire cinque milioni per ciascuno degli stranieri trasportati. Nei casi più gravi è disposta la sospensione da uno a dodici mesi, ovvero la revoca della licenza, autorizzazione o concessione rilasciato dall’autorità amministrativa italiana, inerenti all’attività professionale svolta e al mezzo di trasporto utilizzato. Si osservano le disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689.
7. Nel corso di operazioni di polizia finalizzate al contrasto delle immigrazioni clandestine, disposte nell’ambito delle direttive di cui all’articolo 11, comma 3, gli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza operanti nelle province di confine e nelle acque territoriali possono procedere al controllo e alle ispezioni dei mezzi di trasporto e delle cose trasportate, ancorchè soggetti a speciale regime doganale, quando, anche in relazione a specifiche circostanze di luogo e di tempo, sussistono fondati motivi di ritenere che possano essere utilizzati per uno dei reati previsti dal presente articolo. Dell’esito dei controlli e delle ispezioni è redatto processo verbale in appositi moduli, che è trasmesso entro quarantotto ore al procuratore della Repubblica il quale, se ne ricorrono i presupposti, lo convalida nelle successive quarantotto ore. Nelle medesime circostanze gli ufficiali di polizia giudiziaria possono altresì procedere a perquisizioni, con l’osservanza delle disposizioni di cui all’articolo 352, commi 3 e 4, del codice di procedura penale.
8. I beni immobili e i beni mobili iscritti in pubblici registri, sequestrati nel corso di operazioni di polizia finalizzate alla prevenzione e repressione dei reati previsti dal presente articolo, possono essere affidati dall’autorità giudiziaria procedente in custodia giudiziale agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l’impiego immediato in attività di polizia; se vi ostano esigenze processuali, l’autorità giudiziaria rigetta l’istanza con decreto motivato. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 100, commi 2, 3 e 4, del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.
9. Le somme di denaro confiscate a seguito di condanna per uno dei reati previsti dal presente articolo, nonchè le somme di denaro ricavate dalla vendita, ove disposta, dei beni confiscati, sono destinate al potenziamento delle attività di prevenzione e repressione dei medesimi reati, anche a livello internazionale mediante interventi finalizzati alla collaborazione e alla assistenza tecnico-operativa con le forze di polizia dei Paesi interessati. A tal fine, le somme affluiscono ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate, sulla base di specifiche richieste, ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell’interno, rubrica “Sicurezza pubblica”.
Art. 13
(Espulsione amministrativa)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 11)
1. Per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, il Ministro dell’interno può disporre l’espulsione dello straniero anche non residente nel territorio dello Stato, dandone preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli affari esteri.
2. L’espulsione è disposta dal prefetto quando lo straniero:
a) è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto ai sensi dell’articolo 10;
b) si è trattenuto nel territorio dello Stato senza aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo;
c) appartiene a taluna delle categorie indicate nell’articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall’articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell’articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall’articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646.
3. L’espulsione è disposta in ogni caso con decreto motivato. Quando lo straniero è sottoposto a procedimento penale, l’autorità giudiziaria rilascia nulla osta salvo che sussistano inderogabili esigenze processuali. Nel caso di arresto in flagranza, il giudice rilascia il nulla osta all’atto della convalida, salvo che applichi una misura detentiva ai sensi dell’articolo 391, comma 5, del codice di procedura penale. Se tale misura non è applicata o è cessata, il questore può adottare la misura di cui all’articolo 14, comma 1.
4. L’espulsione è eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, quando lo straniero:
a) è espulso ai sensi del comma 1 o si è trattenuto indebitamente nel territorio dello Stato oltre il termine fissato con l’intimazione;
b) è espulso ai sensi del comma 2, lettera c), e il prefetto rilevi, sulla base di circostanze obiettive, il concreto pericolo che lo straniero si sottragga all’esecuzione del provvedimento.
5. Si procede altresì all’accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica dello straniero espulso ai sensi del comma 2, lettera a), qualora quest’ultimo sia privo di valido documento attestante la sua identità e nazionalità e il prefetto rilevi, tenuto conto di circostanze obiettive riguardanti il suo inserimento sociale, familiare e lavorativo, un concreto pericolo che lo straniero medesimo si sottragga all’esecuzione del provvedimento.
6. Negli altri casi, l’espulsione contiene l’intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni e ad osservare le prescrizioni per il viaggio e per la presentazione all’ufficio di polizia di frontiera. Quando l’espulsione è disposta ai sensi del comma 2, lettera b), il questore può adottare la misura di cui all’articolo 14, comma 1, qualora il prefetto rilevi, tenuto conto di circostanze obiettive riguardanti l’inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero, il concreto pericolo che quest’ultimo si sottragga all’esecuzione del provvedimento.
7. Il decreto di espulsione e il provvedimento di cui al comma 1 dell’articolo 14, nonchè ogni altro atto concernente l’ingresso, il soggiorno e l’espulsione, sono comunicati all’interessato unitamente all’indicazione delle modalità di impugnazione e ad una traduzione in una lingua da lui conosciuta, ovvero, ove non sia possibile, in lingua francese, inglese o spagnola.
8. Avverso il decreto di espulsione può essere presentato unicamente ricorso al pretore, entro cinque giorni dalla comunicazione del decreto o del provvedimento. Il termine è di trenta giorni qualora l’espulsione sia eseguita con accompagnamento immediato.
9. Il ricorso è presentato al pretore del luogo di residenza o di dimora dello straniero. Nei casi di espulsione con accompagnamento immediato, semprechè sia disposta la misura di cui al comma 1 dell’articolo 14, provvede il pretore competente per la convalida di tale misura. Il pretore accoglie o rigetta il ricorso decidendo con unico provvedimento adottato in ogni caso, entro dieci giorni dalla data di deposito del ricorso, sentito l’interessato, nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.
10. Il ricorso di cui ai commi 8, 9 e 11 può essere sottoscritto anche personalmente. Nel caso di espulsione con accompagnamento immediato, il ricorso può essere presentato anche per il tramite della rappresentanza diplomatica o consolare italiana nello Stato di destinazione, entro trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento; in tali casi, il ricorso può essere sottoscritto anche personalmente dalla parte alla presenza dei funzionari delle rappresentanze diplomatiche o consolari, che provvedono a certificarne l’autenticità e ne curano l’inoltro all’autorità giudiziaria. Lo straniero è ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato e, qualora sia sprovvisto di un difensore, è assistito da un difensore designato dal giudice nell’ambito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all’articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e successive modificazioni, nonchè, ove necessario, da un interprete.
11. Contro il decreto di espulsione emanato ai sensi del comma 1 è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma.
12. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 19, lo straniero espulso è rinviato allo Stato di appartenenza, ovvero, quando ciò non sia possibile, allo Stato di provenienza.
13. Lo straniero espulso non può rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell’interno; in caso di trasgressione, è punito con l’arresto da due mesi a sei mesi ed è nuovamente espulso con accompagnamento immediato.
14. Il divieto di cui al comma 13 opera per un periodo di cinque anni, salvo che il pretore o il tribunale amministrativo regionale, con il provvedimento che decide sul ricorso di cui ai commi 8 e 11, ne determinino diversamente la durata per un periodo non inferiore a tre anni, sulla base di motivi legittimi addotti dall’interessato e tenuto conto della complessiva condotta tenuta dall’interessato nel territorio dello Stato.
15. Le disposizioni di cui al comma 5 non si applicano allo straniero che dimostri sulla base di elementi obiettivi di essere giunto nel territorio dello Stato prima della data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40. In tal caso, il questore può adottare la misura di cui all’articolo 14, comma 1.
16. L’onere derivante dal comma 10 del presente articolo è valutato in lire 4 miliardi per l’anno 1997 e in lire 8 miliardi annui a decorrere dall’anno 1998.
Art. 14
(Esecuzione dell’espulsione)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 12)
1. Quando non è possibile eseguire con immediatezza l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento, perchè occorre procedere al soccorso dello straniero, ad accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità, ovvero all’acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per l’indisponibilità di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea e assistenza più vicino, tra quelli individuati o costituiti con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri per la solidarietà sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
2. Lo straniero è trattenuto nel centro con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza e il pieno rispetto della sua dignità. Oltre a quanto previsto dall’articolo 2, comma 6, è assicurata in ogni caso la libertà di corrispondenza anche telefonica con l’esterno.
3. Il questore del luogo in cui si trova il centro trasmette copia degli atti al pretore, senza ritardo e comunque entro le quarantotto ore dall’adozione del provvedimento.
4. Il pretore, ove ritenga sussistenti i presupposti di cui all’articolo 13 e al presente articolo, convalida il provvedimento del questore nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile, sentito l’interessato. Il provvedimento cessa di avere ogni effetto qualora non sia convalidato nelle quarantotto ore successive. Entro tale termine, la convalida può essere disposta anche in sede di esame del ricorso avverso il provvedimento di espulsione.
5. La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi venti giorni. Su richiesta del questore, il pretore può prorogare il termine sino a un massimo di ulteriori dieci giorni, qualora sia imminente l’eliminazione dell’impedimento all’espulsione o al respingimento. Anche prima di tale termine, il questore esegue l’espulsione o il respingimento non appena è possibile, dandone comunicazione senza ritardo al pretore.
6. Contro i decreti di convalida e di proroga di cui al comma 5 è proponibile ricorso per cassazione. Il relativo ricorso non sospende l’esecuzione della misura.
7. Il questore, avvalendosi della forza pubblica, adotta efficaci misure di vigilanza affinchè lo straniero non si allontani indebitamente dal centro e provvede a ripristinare senza ritardo la misura nel caso questa venga violata.
8. Ai fini dell’accompagnamento anche collettivo alla frontiera, possono essere stipulate convenzioni con soggetti che esercitano trasporti di linea o con organismi anche internazionali che svolgono attività di assistenza per stranieri.
9. Oltre a quanto previsto dal regolamento di attuazione e dalle norme in materia di giurisdizione, il Ministro dell’interno adotta i provvedimenti occorrenti per l’esecuzione di quanto disposto dal presente articolo, anche mediante convenzioni con altre amministrazioni dello Stato, con gli enti locali, con i proprietari o concessionari di aree, strutture e altre installazioni, nonchè per la fornitura di beni e servizi. Eventuali deroghe alle disposizioni vigenti in materia finanziaria e di contabilità sono adottate di concerto con il Ministro del tesoro del bilancio e della programmazione economica. Il Ministro dell’interno promuove inoltre le intese occorrenti per gli interventi di competenza di altri Ministri.
Art. 15
(Espulsione a titolo di misura di sicurezza)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 13)
1. Fuori dei casi previsti dal codice penale, il giudice può ordinare l’espulsione dello straniero che sia condannato per taluno dei delitti previsti dagli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, sempre che risulti socialmente pericoloso.
Art. 16
(Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della detenzione)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 14)
1. Il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna per un reato non colposo o nell’applicare la pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale nei confronti dello straniero che si trovi in taluna delle situazioni indicate nell’articolo 13, comma 2, quando ritiene di dovere irrogare la pena detentiva entro il limite di due anni e non ricorrono le condizioni per ordinare la sospensione condizionale della pena ai sensi dell’articolo 163 del codice penale nè le cause ostative indicate nell’articolo 14, comma 1, del presente testo unico, può sostituire la medesima pena con la misura dell’espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni.
2. L’espulsione è eseguita dal questore anche se la sentenza non è irrevocabile, secondo le modalità di cui all’articolo 13, comma 4.
Art. 17
(Diritto di difesa)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 15)
1. Lo straniero sottoposto a procedimento penale è autorizzato a rientrare in Italia per il tempo strettamente necessario per l’esercizio del diritto di difesa, al solo fine di partecipare al giudizio o al compimento di atti per i quali è necessaria la sua presenza. L’autorizzazione è rilasciata dal questore anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare su documentata richiesta dell’imputato o del difensore.
CAPO III
DISPOSIZIONI DI CARATTERE UMANITARIO
Art. 18
(Soggiorno per motivi di protezione sociale)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 16)
1. Quando, nel corso di operazioni di polizia, di indagini o di un procedimento per taluno dei delitti di cui all’articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, o di quelli previsti dall’articolo 380 del codice di procedura penale, ovvero nel corso di interventi assistenziali dei servizi sociali degli enti locali, siano accertate situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti di uno straniero ed emergano concreti pericoli per la sua incolumità, per effetto dei tentativi di sottrarsi ai condizionamenti di un’associazione dedita ad uno dei predetti delitti o delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio, il questore, anche su proposta del Procuratore della Repubblica, o con il parere favorevole della stessa autorità, rilascia uno speciale permesso di soggiorno per consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza e ai condizionamenti dell’organizzazione criminale e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale.
2. Con la proposta o il parere di cui al comma 1, sono comunicati al questore gli elementi da cui risulti la sussistenza delle condizioni ivi indicate, con particolare riferimento alla gravità ed attualità del pericolo ed alla rilevanza del contributo offerto dallo straniero per l’efficace contrasto dell’organizzazione criminale, ovvero per la individuazione o cattura dei responsabili dei delitti indicati nello stesso comma. Le modalità di partecipazione al programma di assistenza ed integrazione sociale sono comunicate al Sindaco.
3. Con il regolamento di attuazione sono stabilite le disposizioni occorrenti per l’affidamento della realizzazione del programma a soggetti diversi da quelli istituzionalmente preposti ai servizi sociali dell’ente locale, e per l’espletamento dei relativi controlli. Con lo stesso regolamento sono individuati i requisiti idonei a garantire la competenza e la capacità di favorire l’assistenza e l’integrazione sociale, nonchè la disponibilità di adeguate strutture organizzative dei soggetti predetti.
4. Il permesso di soggiorno rilasciato a norma del presente articolo ha la durata di sei mesi e può essere rinnovato per un anno, o per il maggior periodo occorrente per motivi di giustizia. Esso è revocato in caso di interruzione del programma o di condotta incompatibile con le finalità dello stesso, segnalate dal procuratore della Repubblica o, per quanto di competenza, dal servizio sociale dell’ente locale, o comunque accertate dal questore, ovvero quando vengono meno le altre condizioni che ne hanno giustificato il rilascio.
5. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo consente l’accesso ai servizi assistenziali e allo studio, nonchè l’iscrizione nelle liste di collocamento e lo svolgimento di lavoro subordinato, fatti salvi i requisiti minimi di età. Qualora, alla scadenza del permesso di soggiorno, l’interessato risulti avere in corso un rapporto di lavoro, il permesso può essere ulteriormente prorogato o rinnovato per la durata del rapporto medesimo o, se questo è a tempo indeterminato, con le modalità stabilite per tale motivo di soggiorno. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo può essere altresì convertito in permesso di soggiorno per motivi di studio qualora il titolare sia iscritto ad un corso regolare di studi.
6. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo può essere altresì rilasciato, all’atto delle dimissioni dall’istituto di pena, anche su proposta del procuratore della Repubblica o del giudice di sorveglianza presso il tribunale per i minorenni, allo straniero che ha terminato l’espiazione di una pena detentiva, inflitta per reati commessi durante la minore età, e ha dato prova concreta di partecipazione a un programma di assistenza e integrazione sociale.
7. L’onere derivante dal presente articolo è valutato in lire 5 miliardi per l’anno 1997 e in lire 10 miliardi annui a decorrere dall’anno 1998.
Art. 19
(Divieti di espulsione e di respingimento)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 17)
1. In nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.
2. Non è consentita l’espulsione, salvo che nei casi previsti dall’articolo 13, comma 1, nei confronti:
a) degli stranieri minori di anni diciotto, salvo il diritto a seguire il genitore o l’affidatario espulsi;
b) degli stranieri in possesso della carta di soggiorno, salvo il disposto dell’articolo 9;
c) degli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge, di nazionalità italiana;
d) delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono.
Art. 20
(Misure straordinarie di accoglienza per eventi eccezionali)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 18)
1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato d’intesa con i Ministri degli affari esteri, dell’interno, per la solidarietà sociale e con gli altri Ministri eventualmente interessati, sono stabilite, nei limiti delle risorse preordinate allo scopo nell’ambito del Fondo di cui all’articolo 45, le misure di protezione temporanea da adottarsi, anche in deroga a disposizioni del presente testo unico, per rilevanti esigenze umanitarie, in occasione di conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in Paesi non appartenenti all’Unione Europea.
2. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o un Ministro da lui delegato riferiscono annualmente al Parlamento sull’attuazione delle misure adottate.
TITOLO III
DISCIPLINA DEL LAVORO
Art. 21
(Determinazione dei flussi di ingresso)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 19; legge 30 dicembre 1986, n. 943, art.
9, comma 3, e art. 10; legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 13)
1. L’ingresso nel territorio dello Stato per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale, e di lavoro autonomo, avviene nell’ambito delle quote di ingresso stabilite nei decreti di cui all’articolo 3, comma 4. Con tali decreti sono altresì assegnate in via preferenziale quote riservate agli Stati non appartenenti all’Unione europea, con i quali il Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell’interno e con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, abbia concluso accordi finalizzati alla regolamentazione dei flussi d’ingresso e delle procedure di riammissione. Nell’ambito di tali intese possono essere definiti appositi accordi in materia di flussi per lavoro stagionale, con le corrispondenti autorità nazionali responsabili delle politiche del mercato del lavoro dei paesi di provenienza.
2. Le intese o accordi bilaterali di cui al comma 1 possono inoltre prevedere la utilizzazione in Italia, con contratto di lavoro subordinato, di gruppi di lavoratori per l’esercizio di determinate opere o servizi limitati nel tempo; al termine del rapporto di lavoro i lavoratori devono rientrare nel paese di provenienza.
3. Gli stessi accordi possono prevedere procedure e modalità per il rilascio delle autorizzazioni di lavoro.
4. I decreti annuali devono tenere conto delle indicazioni fornite, in modo articolato per qualifiche o mansioni, dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale sull’andamento dell’occupazione e dei tassi di disoccupazione a livello nazionale e regionale, nonchè sul numero dei cittadini stranieri non appartenenti all’Unione europea iscritti nelle liste di collocamento.
5. Le intese o accordi bilaterali di cui al comma 1 possono prevedere che i lavoratori stranieri che intendono fare ingresso in Italia per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale, si iscrivano in apposite liste, identificate dalle medesime intese, specificando le loro qualifiche o mansioni, nonchè gli altri requisiti indicati dal regolamento di attuazione. Le predette intese possono inoltre prevedere le modalità di tenuta delle liste, per il successivo inoltro agli uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
6. Nell’ambito delle intese o accordi di cui al presente testo unico, il Ministro degli affari esteri, d’intesa con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, può predisporre progetti integrati per il reinserimento di lavoratori extracomunitari nei Paesi di origine, laddove ne esistano le condizioni e siano fornite idonee garanzie dai governi dei Paesi di provenienza, ovvero l’approvazione di domande di enti pubblici e privati, che richiedano di predisporre analoghi progetti anche per altri Paesi.
7. Il regolamento di attuazione prevede forme di istituzione di un’anagrafe annuale informatizzata delle offerte e delle richieste di lavoro subordinato dei lavoratori stranieri e stabilisce le modalità di collegamento con l’archivio organizzato dall’Istituto nazionale della previdenza sociale (I.N.P.S.) e con le questure.
8. L’onere derivante dal presente articolo è valutato in lire 350 milioni annui a decorrere dall’anno 1998.
Art. 22
(Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 20;
legge 30 dicembre 1986, n. 943, artt. 8, 9 e 11;
legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 13)
1. Il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia, che intende instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato con uno straniero residente all’estero, deve presentare all’ufficio periferico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale competente per territorio apposita richiesta nominativa di autorizzazione al lavoro. Nei casi in cui il datore di lavoro non abbia una conoscenza diretta dello straniero, può richiedere l’autorizzazione al lavoro di una o più persone iscritte nelle liste di cui all’articolo 21, comma 5, selezionate secondo criteri definiti nel regolamento di attuazione.
2. Contestualmente alla domanda di autorizzazione al lavoro, il datore di lavoro deve esibire idonea documentazione indicante le modalità della sistemazione alloggiativa per il lavoratore straniero.
3. L’ufficio periferico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale rilascia l’autorizzazione, nel rispetto dei limiti numerici, quantitativi e qualitativi, determinati a norma dell’articolo 3, comma 4, e dell’articolo 21, previa verifica delle condizioni offerte dal datore di lavoro allo straniero, che non possono essere inferiori a quelle stabilite dai contratti collettivi nazionali di lavoro applicabili.
4. Ai fini di cui al comma 3, l’ufficio periferico fornisce mensilmente al Ministero del lavoro e della previdenza sociale il numero e il tipo delle autorizzazioni rilasciate, secondo le medesime classificazioni adottate nei decreti di cui all’articolo 3, comma 4, precisando quelle relative agli Stati non appartenenti all’Unione europea con quote riservate.
5. L’autorizzazione al lavoro subordinato deve essere utilizzata entro e non oltre sei mesi dalla data del rilascio.
6. Salvo quanto previsto dall’articolo 23, ai fini dell’ingresso in Italia per motivi di lavoro, il lavoratore extracomunitario deve essere munito del visto rilasciato dal consolato italiano presso lo Stato di origine o di stabile residenza del lavoratore previa esibizione dell’autorizzazione al lavoro, corredata dal nulla osta provvisorio della questura competente.
7. Le questure forniscono all’INPS, tramite collegamenti telematici, le informazioni anagrafiche relative ai lavoratori extracomunitari ai quali è concesso il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, o comunque idoneo per l’accesso al lavoro; l’INPS, sulla base delle informazioni ricevute, costituisce un “Archivio anagrafico dei lavoratori extracomunitari”, da condividere con tutte le altre Amministrazioni pubbliche; lo scambio delle informazioni avverrà sulla base di apposita convenzione da stipularsi tra le Amministrazioni interessate.
8. Il datore di lavoro deve altresì esibire all’ufficio periferico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale competente per territorio copia del contratto di lavoro stipulato con lo straniero.
9. La perdita del posto di lavoro non costituisce motivo per privare il lavoratore extracomunitario ed i suoi familiari legalmente residenti del permesso di soggiorno. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore ad un anno. Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di comunicazione alla direzione provinciale del lavoro, anche ai fini dell’iscrizione del lavoratore straniero nelle liste di collocamento con priorità rispetto a nuovi lavoratori extracomunitari.
10. Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto, revocato o annullato, è punito con l’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da lire due milioni a lire sei milioni.
11. Salvo quanto previsto, per i lavoratori stagionali, dall’articolo 25, comma 5, in caso di rimpatrio il lavoratore extracomunitario conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati e può goderne indipendentemente dalla vigenza di un accordo di reciprocità. I lavoratori extracomunitari che abbiano cessato l’attività lavorativa in Italia e lascino il territorio nazionale hanno facoltà di richiedere, nei casi in cui la materia non sia regolata da convenzioni internazionali, la liquidazione dei contributi che risultino versati in loro favore presso forme di previdenza obbligatoria maggiorati del 5 per cento annuo.
12. Le attribuzioni degli istituti di patronato e di assistenza sociale, di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 29 luglio 1947, n. 804, e successive modificazioni ed integrazioni, sono estese ai lavoratori extracomunitari che prestino regolare attività di lavoro in Italia.
13. I lavoratori italiani ed extracomunitari possono chiedere il riconoscimento di titoli di formazione professionale acquisiti all’estero; in assenza di accordi specifici, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione centrale per l’impiego, dispone condizioni e modalità di riconoscimento delle qualifiche per singoli casi. Il lavoratore extracomunitario può inoltre partecipare, a norma del presente testo unico, a tutti i corsi di formazione e di riqualificazione programmati nel territorio della Repubblica.
Art. 23
(Prestazione di garanzia per l’accesso al lavoro)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 21)
1. Il cittadino italiano o straniero regolarmente soggiornante, che intenda farsi garante dell’ingresso di uno straniero, per consentirgli l’inserimento nel mercato del lavoro, deve presentare entro 60 giorni dalla pubblicazione dei decreti di cui all’articolo 3, comma 4, apposita richiesta nominativa, alla questura della provincia di residenza, la cui autorizzazione all’ingresso costituisce titolo per il rilascio del visto di ingresso. Il richiedente deve dimostrare di potere effettivamente assicurare allo straniero alloggio, copertura dei costi per il sostentamento e assistenza sanitaria per la durata del permesso di soggiorno. L’autorizzazione all’ingresso viene concessa, se sussistono gli altri requisiti per l’ingresso, nell’ambito delle quote stabilite e secondo le modalità indicate nei decreti di attuazione del documento programmatico per gli ingressi per lavoro e deve essere utilizzata entro e non oltre sei mesi dalla presentazione della domanda. Essa consente di ottenere, previa iscrizione alle liste di collocamento, un permesso di soggiorno per un anno a fini di inserimento nel mercato del lavoro.
2. Sono ammessi a prestare le garanzie di cui al comma 1, le regioni, gli enti locali e le associazioni professionali e sindacali, gli enti e le associazioni del volontariato operanti nel settore dell’immigrazione da almeno tre anni, provvisti dei requisiti patrimoniali e organizzativi individuati con regolamento da adottare con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, di concerto con i Ministri dell’interno e del lavoro e della previdenza sociale. Lo stesso regolamento può prevedere la formazione e le modalità di tenuta di un elenco degli enti e delle associazioni ammessi a prestare la suddetta garanzia.
3. La prestazione di garanzia per l’accesso al lavoro è ammessa secondo le modalità indicate nel regolamento di attuazione, il quale stabilisce in particolare il numero massimo di garanzie che ciascun soggetto può prestare in un anno.
4. Trascorso il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dei decreti di cui all’articolo 3, comma 4, nei limiti e secondo le modalità stabiliti da detti decreti, i visti d’ingresso per inserimento nel mercato del lavoro sono rilasciati su richiesta di lavoratori stranieri residenti all’estero e iscritti in apposite liste tenute dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane, con graduatoria basata sull’anzianità di iscrizione. Il regolamento di attuazione stabilisce i requisiti per ottenere il visto di cui al presente comma.
Art. 24
(Lavoro stagionale)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 22)
1. Il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia, o le associazioni di categoria per conto dei loro associati, che intendano instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a carattere stagionale con uno straniero devono presentare all’ufficio periferico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale competente per territorio apposita richiesta nominativa. Nei casi in cui il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante o le associazioni di categoria non abbiano una conoscenza diretta dello straniero, la richiesta può essere effettuata nei confronti di una o più persone iscritte nelle liste di cui all’articolo 21, comma 5, selezionate secondo criteri definiti nel regolamento di attuazione.
2. L’ufficio periferico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale rilascia l’autorizzazione nel rispetto del diritto di precedenza maturato, entro e non oltre quindici giorni dalla data di ricezione della richiesta del datore di lavoro.
3. L’autorizzazione al lavoro stagionale può avere la validità minima di venti giorni e massima di sei mesi, o di nove mesi nei settori che richiedono tale estensione, corrispondente alla durata del lavoro stagionale richiesto, anche con riferimento a gruppi di lavori di più breve periodo da svolgere presso diversi datori di lavoro.
4. Il lavoratore stagionale, ove abbia rispettato le condizioni indicate nel permesso di soggiorno e sia rientrato nello Stato di provenienza alla scadenza del medesimo, ha diritto di precedenza per il rientro in Italia nell’anno successivo per ragioni di lavoro stagionale, rispetto ai cittadini del suo stesso paese che non abbiano mai fatto regolare ingresso in Italia per motivi di lavoro. Può inoltre convertire il permesso di soggiorno per lavoro stagionale in permesso di soggiorno per lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, qualora se ne verifichino le condizioni.
5. Le Commissioni regionali per l’impiego possono stipulare con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello regionale dei lavoratori e dei datori di lavoro, con le regioni e con gli enti locali, apposite convenzioni dirette a favorire l’accesso dei lavoratori stranieri ai posti di lavoro stagionale individuati. Le convenzioni possono individuare il trattamento economico e normativo, comunque non inferiore a quello previsto per i lavoratori italiani e le misure per assicurare idonee condizioni di lavoro della manodopera, nonchè eventuali incentivi diretti o indiretti per favorire l’attivazione dei flussi e dei deflussi e le misure complementari relative all’accoglienza.
6. Il datore di lavoro che occupa alle sue dipendenze, per lavori di carattere stagionale, uno o più stranieri privi del permesso di soggiorno per lavoro stagionale, ovvero il cui permesso sia scaduto, revocato o annullato, è punito ai sensi dell’articolo 22, comma 10.
Art. 25
(Previdenza e assistenza per i lavoratori stagionali)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 23)
1. In considerazione della durata limitata dei contratti nonchè della loro specificità, agli stranieri titolari di permesso di soggiorno per lavoro stagionale si applicano le seguenti forme di previdenza e assistenza obbligatoria, secondo le norme vigenti nei settori di attività:
a) assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti;
b) assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;
c) assicurazione contro le malattie;
d) assicurazione di maternità.
2. In sostituzione dei contributi per l’assegno per il nucleo familiare e per l’assicurazione contro la disoccupazione involontaria, il datore di lavoro è tenuto a versare all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) un contributo in misura pari all’importo dei medesimi contributi ed in base alle condizioni e alle modalità stabilite per questi ultimi. Tali contributi sono destinati ad interventi di carattere socio-assistenziale a favore dei lavoratori di cui all’articolo 45.
3. Nei decreti attuativi del documento programmatico sono definiti i requisiti, gli ambiti e le modalità degli interventi di cui al comma 2.
4. Sulle contribuzioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano le riduzioni degli oneri sociali previste per il settore di svolgimento dell’attività lavorativa.
5. Ai contributi di cui al comma 1, lettera a), si applicano le disposizioni dell’articolo 22, comma 11, concernenti il trasferimento degli stessi all’istituto o ente assicuratore dello Stato di provenienza del lavoratore, ovvero, nei casi in cui la materia non sia regolata da accordi o da convenzioni internazionali, la loro liquidazione ai lavoratori che lasciano il territorio dello Stato è fatta salva la possibilità di ricostruzione della posizione contributiva in caso di successivo ingresso.
Art. 26
(Ingresso e soggiorno per lavoro autonomo)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 24)
1. L’ingresso in Italia dei lavoratori stranieri non appartenenti all’Unione europea che intendono esercitare nel territorio dello Stato un’attività non occasionale di lavoro autonomo può essere consentito a condizione che l’esercizio di tali attività non sia riservato dalla legge ai cittadini italiani, o a cittadini di uno degli Stati membri dell’Unione Europea.
2. In ogni caso lo straniero che intenda esercitare in Italia una attività industriale, professionale, artigianale o commerciale, ovvero costituire società di capitali o di persone o accedere a cariche societarie, deve altresì dimostrare di disporre di risorse adeguate per l’esercizio dell’attività che intende intraprendere in Italia; di essere in possesso dei requisiti previsti dalla legge italiana per l’esercizio della singola attività, compresi, ove richiesti, i requisiti per l’iscrizione in albi e registri; di essere in possesso di una attestazione dell’autorità competente in data non anteriore a tre mesi che dichiari che non sussistono motivi ostativi al rilascio dell’autorizzazione o della licenza prevista per l’esercizio dell’attività che lo straniero intende svolgere.
3. Il lavoratore non appartenente all’Unione europea deve comunque dimostrare di disporre di idonea sistemazione alloggiativa e di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria o di corrispondente garanzia da parte di enti o cittadini italiani o stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato.
4. Sono fatte salve le norme più favorevoli previste da accordi internazionali in vigore per l’Italia.
5. La rappresentanza diplomatica o consolare, accertato il possesso dei requisiti indicati dal presente articolo ed acquisiti i nulla osta del Ministero degli affari esteri, del Ministero dell’interno e del Ministero eventualmente competente in relazione all’attività che lo straniero intende svolgere in Italia, rilascia il visto di ingresso per lavoro autonomo, con l’espressa indicazione dell’attività cui il visto si riferisce, nei limiti numerici stabiliti a norma dell’articolo 3, comma 4, e dell’articolo 21.
6. Le procedure di cui al comma 5 sono effettuate secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione.
7. Il visto di ingresso per lavoro autonomo deve essere rilasciato o negato entro centoventi giorni dalla data di presentazione della domanda e della relativa documentazione e deve essere utilizzato entro centottanta giorni dalla data del rilascio.
Art. 27
(Ingresso per lavoro in casi particolari)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 25;
legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 14, commi 2 e 4)
1. Al di fuori degli ingressi per lavoro di cui agli articoli precedenti, autorizzati nell’ambito delle quote di cui all’articolo 3, comma 4, il regolamento di attuazione disciplina particolari modalità e termini per il rilascio delle autorizzazioni al lavoro, dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per lavoro subordinato, per ognuna delle seguenti categorie di lavoratori stranieri:
a) dirigenti o personale altamente specializzato di società aventi sede o filiali in Italia ovvero di uffici di rappresentanza di società estere che abbiano la sede principale di attività nel territorio di uno Stato membro dell’Organizzazione mondiale del commercio, ovvero dirigenti di sedi principali in Italia di società italiane o di società di altro Stato membro dell’Unione europea;
b) lettori universitari di scambio o di madre lingua;
c) professori universitari e ricercatori destinati a svolgere in Italia un incarico accademico o un’attività retribuita di ricerca presso università, istituti di istruzione e di ricerca operanti in Italia;
d) traduttori e interpreti;
e) collaboratori familiari aventi regolarmente in corso all’estero, da almeno un anno, rapporti di lavoro domestico a tempo pieno con cittadini italiani o di uno degli Stati membri dell’Unione europea residenti all’estero, che si trasferiscono in Italia, per la prosecuzione del rapporto di lavoro domestico;
f) persone che, autorizzate a soggiornare per motivi di formazione professionale, svolgano periodi temporanei di addestramento presso datori di lavoro italiani, effettuando anche prestazioni che rientrano nell’ambito del lavoro subordinato;
g) lavoratori alle dipendenze di organizzazioni o imprese operanti nel territorio italiano, che siano stati ammessi temporaneamente, a domanda del datore di lavoro, per adempiere funzioni o compiti specifici, per un periodo limitato o determinato, tenuti a lasciare l’Italia quando tali compiti o funzioni siano terminati;
h) lavoratori marittimi occupati nella misura e con le modalità stabilite nel regolamento di attuazione;
i) lavoratori dipendenti regolarmente retribuiti da datori di lavoro, persone fisiche o giuridiche, residenti o aventi sede all’estero e da questi direttamente retribuiti, i quali siano temporaneamente trasferiti dall’estero presso persone fisiche o giuridiche, italiane o straniere, residenti in Italia, al fine di effettuare nel territorio italiano determinate prestazioni oggetto di contratto di appalto stipulato tra le predette persone fisiche o giuridiche residenti o aventi sede in Italia e quelle residenti o aventi sede all’estero, nel rispetto delle disposizioni dell’articolo 1655 del codice civile, della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, e delle norme internazionali e comunitarie;
l) lavoratori occupati presso circhi o spettacoli viaggianti all’estero;
m) personale artistico e tecnico per spettacoli lirici, teatrali, concertistici o di balletto;
n) ballerini, artisti e musicisti da impiegare presso locali di intrattenimento;
o) artisti da impiegare da enti musicali teatrali o cinematografici o da imprese radiofoniche o televisive, pubbliche o private, o da enti pubblici, nell’ambito di manifestazioni culturali o folcloristiche;
p) stranieri che siano destinati a svolgere qualsiasi tipo di attività sportiva professionistica presso società sportive italiane ai sensi della legge 23 marzo 1981, n. 91;
q) giornalisti corrispondenti ufficialmente accreditati in Italia e dipendenti regolarmente retribuiti da organi di stampa quotidiani o periodici, ovvero da emittenti radiofoniche o televisive straniere;
r) persone che, secondo le norme di accordi internazionali in vigore per l’Italia, svolgono in Italia attività di ricerca o un lavoro occasionale nell’ambito di programmi di scambi di giovani o di mobilità di giovani o sono persone collocate “alla pari”.
2. In deroga alle disposizioni del presente testo unico i lavoratori extracomunitari dello spettacolo possono essere assunti alle dipendenze dei datori di lavoro per esigenze connesse alla realizzazione e produzione di spettacoli previa apposita autorizzazione rilasciata dall’ufficio speciale per il collocamento dei lavoratori dello spettacolo o sue sezioni periferiche che provvedono, sentito il Dipartimento dello spettacolo, previo nulla osta provvisorio dell’autorità provinciale di pubblica sicurezza. L’autorizzazione è rilasciata, salvo che si tratti di personale artistico ovvero di personale da utilizzare per periodi non superiori a tra mesi, prima che il lavoratore extracomunitario entri nel territorio nazionale. I lavoratori extracomunitari autorizzati a svolgere attività lavorativa subordinata nel settore dello spettacolo non possono cambiare settore di attività nè la qualifica di assunzione. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con le Autorità di Governo competenti in materia di turismo ed in materia di spettacolo, determina le procedure e le modalità per il rilascio dell’autorizzazione prevista dal presenta comma.
3. Rimangono ferme le disposizioni che prevedono il possesso della cittadinanza italiana per lo svolgimento di determinate attività.
4. Il regolamento di cui all’articolo 1 contiene altresì norme per l’attuazione delle convenzioni ed accordi internazionali in vigore relativamente all’ingresso e soggiorno dei lavoratori stranieri occupati alle dipendenze di rappresentanze diplomatiche o consolari o di enti di diritto internazionale aventi sede in Italia.
5. L’ingresso e il soggiorno dei lavoratori frontalieri non appartenenti all’Unione europea è disciplinato dalle disposizioni particolari previste negli accordi internazionali in vigore con gli Stati confinanti.
TITOLO IV
DIRITTO ALL’UNITà FAMILIARE E TUTELA DEI MINORI
Art. 28
(Diritto all’unità familiare)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 26)
1. Il diritto a mantenere o a riacquistare l’unità familiare nei confronti dei familiari stranieri è riconosciuto, alle condizioni previste dal presente testo unico, agli stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno, rilasciato per lavoro subordinato o per lavoro autonomo ovvero per asilo, per studio o per motivi religiosi.
2. Ai familiari stranieri di cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione Europea continuano ad applicarsi le disposizioni el decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1965, n. 1656, fatte salve quelle più favorevoli della presente legge o del regolamento di attuazione.
3. In tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali finalizzati a dare attuazione al diritto all’unità familiare e riguardanti i minori, deve essere preso in considerazione con carattere di priorità il superiore interesse del fanciullo, conformemente a quanto previsto dall’articolo 3, comma 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176.
Art. 29
(Ricongiungimento familiare)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 27)
1. Lo straniero può chiedere il ricongiungimento per i seguenti familiari:
a) coniuge non legalmente separato;
b) figli minori a carico, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati ovvero legalmente separati, a condizione che l’altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso;
c) genitori a carico;
d) parenti entro il terzo grado, a carico, inabili al lavoro secondo la legislazione italiana.
2. Ai fini del ricongiungimento si considerano minori i figli di età inferiore a 18 anni. I minori adottati o affidati o sottoposti a tutela sono equiparati ai figli.
3. Salvo che si tratti di rifugiato, lo straniero che richiede il ricongiungimento deve dimostrare la disponibilità:
a) di un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ovvero, nel caso di un figlio di età inferiore agli anni 14 al seguito di uno dei genitori, del consenso del titolare dell’alloggio nel quale il minore effettivamente dimorerà;
b) di un reddito annuo derivante da fonti lecite non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di un solo familiare, al doppio dell’importo annuo dell’assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di due o tre familiari, al triplo dell’importo annuo dell’assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di quattro o più familiari. Ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche del reddito annuo complessivo dei familiari conviventi con il richiedente.
4. è consentito l’ingresso, al seguito dello straniero titolare di carta di soggiorno o di un visto di ingresso per lavoro subordinato relativo a contratto di durata non inferiore a un anno, o per lavoro autonomo non occasionale, ovvero per studio o per motivi religiosi, dei familiari con i quali è possibile attuare il ricongiungimento, a condizione che ricorrano i requisiti di disponibilità di alloggio e di reddito di cui al comma 3.
5. Oltre a quanto previsto dall’articolo 28, comma 2, è consentito l’ingresso, al seguito del cittadino italiano o comunitario, dei familiari con i quali è possibile attuare il ricongiungimento.
6. Salvo quanto disposto dall’articolo 4, comma 6, è consentito l’ingresso, per ricongiungimento al figlio minore regolarmente soggiornante in Italia, del genitore naturale che dimostri, entro un anno dall’ingresso in Italia, il possesso dei requisiti di disponibilità di alloggio e di reddito di cui al comma 3.
7. La domanda di nulla osta al ricongiungimento familiare, corredata della prescritta documentazione, è presentata alla questura del luogo di dimora del richiedente, la quale ne rilascia copia contrassegnata con timbro datario e sigla del dipendente incaricato del ricevimento. Il questore, verificata l’esistenza dei requisiti di cui al presente articolo, emette il provvedimento richiesto, ovvero un provvedimento di diniego del nulla osta.
8. Trascorsi novanta giorni dalla richiesta del nulla osta, l’interessato può ottenere il visto di ingresso direttamente dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane, dietro esibizione della copia degli atti contrassegnata dalla questura, da cui risulti la data di presentazione della domanda e della relativa documentazione.
9. Le rappresentanze diplomatiche e consolari italiane rilasciano altresì il visto di ingresso al seguito nei casi previsti dal comma 5.
Art. 30
(Permesso di soggiorno per motivi familiari)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 28)
1. Fatti salvi i casi di rilascio o di rinnovo della carta di soggiorno, il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato:
a) allo straniero che ha fatto ingresso in Italia con visto di ingresso per ricongiungimento familiare, ovvero con visto di ingresso al seguito del proprio familiare nei casi previsti dall’articolo 29, ovvero con visto di ingresso per ricongiungimento al figlio minore;
b) agli stranieri regolarmente soggiornanti ad altro titolo da almeno un anno che abbiano contratto matrimonio nel territorio dello Stato con cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea, ovvero con cittadini stranieri regolarmente soggiornanti;
c) al familiare straniero regolarmente soggiornante, in possesso dei requisiti per il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno Stato membro dell’Unione europea residenti in Italia, ovvero con straniero regolarmente soggiornante in Italia. In tal caso il permesso del familiare è convertito in permesso di soggiorno per motivi familiari. La conversione può essere richiesta entro un anno dalla data di scadenza del titolo di soggiorno originariamente posseduto dal familiare. Qualora detto cittadino sia un rifugiato si prescinde dal possesso di un valido permesso di soggiorno da parte del familiare;
d) al genitore straniero, anche naturale, di minore italiano residente in Italia. In tal caso il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato anche a prescindere dal possesso di un valido titolo di soggiorno, a condizione che il genitore richiedente non sia stato privato della potestà genitoriale secondo la legge italiana.
2. Il permesso di soggiorno per motivi familiari consente l’accesso ai servizi assistenziali, l’iscrizione a corsi di studio o di formazione professionale, l’iscrizione nelle liste di collocamento, lo svolgimento di lavoro subordinato o autonomo, fermi i requisiti minimi di età per lo svolgimento di attività di lavoro.
3. Il permesso di soggiorno per motivi familiari ha la stessa durata del permesso di soggiorno del familiare straniero in possesso dei requisiti per il ricongiungimento ai sensi dell’articolo 29 ed è rinnovabile insieme con quest’ultimo.
4. Allo straniero che effettua il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno Stato membro dell’Unione europea, ovvero con straniero titolare della carta di soggiorno di cui all’articolo 9, è rilasciata una carta di soggiorno.
5. In caso di separazione legale o di scioglimento del matrimonio o, per il figlio che non possa ottenere la carta di soggiorno, al compimento del diciottesimo anno di età, il permesso di soggiorno può essere convertito in permesso per lavoro subordinato, per lavoro autonomo o per studio, fermi i requisiti minimi di età per lo svolgimento di attività di lavoro.
6. Contro il diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonchè contro gli altri provvedimenti dell’autorità amministrativa in materia di diritto all’unità familiare, l’interessato può presentare ricorso al pretore del luogo in cui risiede, il quale provvede, sentito l’interessato, nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il decreto che accoglie il ricorso può disporre il rilascio del visto anche in assenza del nulla osta. Gli atti del procedimento sono esenti da imposta di bollo e di registro e da ogni altra tassa. L’onere derivante dall’applicazione del presente comma è valutato in lire 150 milioni annui a decorrere dall’anno 1998.
Art. 31
(Disposizioni a favore dei minori)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 29)
1. Il figlio minore dello straniero con questi convivente e regolarmente soggiornante è iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno di uno o di entrambi i genitori fino al compimento del quattordicesimo anno di età e segue la condizione giuridica del genitore con il quale convive, ovvero la più favorevole tra quelle dei genitori con cui convive. Fino al medesimo limite di età il minore che risulta affidato ai sensi dell’articolo 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno dello straniero al quale è affidato e segue la condizione giuridica di quest’ultimo, se più favorevole. L’assenza occasionale e temporanea dal territorio dello Stato non esclude il requisito della convivenza e il rinnovo dell’iscrizione.
2. Al compimento del quattordicesimo anno di età al minore iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno del genitore ovvero dello straniero affidatario è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari valido fino al compimento della maggiore età, ovvero una carta di soggiorno.
3. Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni della presente legge. L’autorizzazione è revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificavano il rilascio o per attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia. I provvedimenti sono comunicati alla rappresentanza diplomatica o consolare e al questore per gli adempimenti di rispettiva competenza.
4. Qualora ai sensi del presente testo unico debba essere disposta l’espulsione di un minore straniero, il provvedimento è adottato, su richiesta del questore, dal tribunale per i minorenni.
Art. 32
(Disposizioni concernenti minori affidati al compimento della maggiore età)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 30)
1. Al compimento della maggiore età, allo straniero nei cui confronti sono state applicate le disposizioni di cui all’articolo 31, commi 1 e 2, e ai minori comunque affidati ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura. Il permesso di soggiorno per accesso al lavoro prescinde dal possesso dei requisiti di cui all’articolo 23.
Art. 33
(Comitato per i minori stranieri)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 31)
1. Al fine di vigilare sulle modalità di soggiorno dei minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio dello Stato e di coordinare le attività delle amministrazioni interessate è istituito, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato un Comitato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri composto da rappresentanti dei ministeri degli Affari esteri, dell’interno e di grazia e giustizia, del Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonchè da due rappresentanti dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), da un rappresentante dell’Unione province d’Italia (UPI) e da due rappresentanti di organizzazioni maggiormente rappresentative operanti nel settore dei problemi della famiglia.
2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro da lui delegato, sentiti i Ministri degli affari esteri, dell’interno e di grazia e giustizia, sono definiti i compiti del Comitato concernenti la tutela dei diritti dei minori stranieri in conformità alle previsioni della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, e sono stabilite le regole e le modalità per l’ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale dei minori stranieri, limitatamente a quelli in età superiore a sei anni che entrano in Italia nell’ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea promossi da enti, associazioni o famiglie italiane, nonchè per l’affidamento temporaneo e per il rimpatrio dei medesimi.
3. Il Comitato si avvale, per l’espletamento delle attività di competenza, del personale e dei mezzi in dotazione al Dipartimento degli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed ha sede presso il Dipartimento medesimo.
TITOLO V
DISPOSIZIONI IN MATERIA SANITARIA, NONCHè DI
ISTRUZIONE, ALLOGGIO, PARTECIPAZIONE ALLA VITA
PUBBLICA E INTEGRAZIONE SOCIALE.
CAPO I
DISPOSIZIONI IN MATERIA SANITARIA
Art. 34
(Assistenza per gli stranieri
iscritti al Servizio sanitario nazionale)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 32)
1. Hanno l’obbligo di iscrizione al Servizio sanitario nazionale e hanno parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani per quanto attiene all’obbligo contributivo, all’assistenza erogata in Italia dal Servizio sanitario nazionale e alla sua validità temporale:
a) gli stranieri regolarmente soggiornanti che abbiano in corso regolari attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o siano iscritti nelle liste di collocamento;
b) gli stranieri regolarmente soggiornanti o che abbiano chiesto il rinnovo del titolo di soggiorno, per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, per richiesta di asilo, per attesa adozione, per affidamento, per acquisto della cittadinanza.
2. L’assistenza sanitaria spetta altresì ai familiari a carico regolarmente soggiornanti. Nelle more dell’iscrizione al servizio sanitario nazionale ai minori figli di stranieri iscritti al servizio sanitario nazionale è assicurato fin dalla nascita il medesimo trattamento dei minori iscritti.
3. Lo straniero regolarmente soggiornante, non rientrante tra le categorie indicate nei commi 1 e 2 è tenuto ad assicurarsi contro il rischio di malattie, infortunio e maternità mediante stipula di apposita polizza assicurativa con un istituto assicurativo italiano o straniero, valida sul territorio nazionale, ovvero mediante iscrizione al servizio sanitario nazionale valida anche per i familiari a carico. Per l’iscrizione al servizio sanitario nazionale deve essere corrisposto a titolo di partecipazione alle spese un contributo annuale, di importo percentuale pari a quello previsto per i cittadini italiani, sul reddito complessivo conseguito nell’anno precedente in Italia e all’estero. L’ammontare del contributo è determinato con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e non può essere inferiore al contributo minimo previsto dalle norme vigenti.
4. L’iscrizione volontaria al servizio sanitario nazionale può essere altresì richiesta:
a) dagli stranieri soggiornanti in Italia titolari di permesso di soggiorno per motivi di studio;
b) dagli stranieri regolarmente soggiornanti collocati alla pari, ai sensi dell’accordo europeo sul collocamento alla pari, adottato a Strasburgo il 24 novembre 1969, ratificato e reso esecutivo ai sensi della legge 18 maggio 1973 n. 304.
5. I soggetti di cui al comma 4 sono tenuti a corrispondere per l’iscrizione al servizio sanitario nazionale, a titolo di partecipazione alla spesa, un contributo annuale forfettario negli importi e secondo le modalità previsti dal decreto di cui al comma 3.
6. Il contributo per gli stranieri indicati al comma 4, lettere a) e b) non è valido per i familiari a carico.
7. Lo straniero assicurato al servizio sanitario nazionale è iscritto nella azienda sanitaria locale del comune in cui dimora secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione.
Art. 35
(Assistenza sanitaria per gli stranieri
non iscritti al Servizio sanitario nazionale)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 33)
1. Per le prestazioni sanitarie erogate ai cittadini stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale devono essere corrisposte, dai soggetti tenuti al pagamento di tali prestazioni, le tariffe determinate dalle regioni e province autonome ai sensi dell’articolo 8, commi 5 e 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
2. Restano salve le norme che disciplinano l’assistenza sanitaria ai cittadini stranieri in Italia in base a trattati e accordi internazionali bilaterali o multilaterali di reciprocità sottoscritti dall’Italia.
3. Ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all’ingresso ed al soggiorno, sono assicurate, nei presidi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorchè continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva. Sono, in particolare, garantiti:
a) la tutela sociale della gravidanza e della maternità, a parità di trattamento con le cittadine italiane, ai sensi delle leggi 29 luglio 1975, n. 405, e 22 maggio 1978, n. 194, e del decreto del Ministro della sanità 6 marzo 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13 aprile 1995, a parità di trattamento con i cittadini italiani;
b) la tutela della salute del minore in esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176;
c) le vaccinazioni secondo la normativa e nell’ambito di interventi di campagne di prevenzione collettiva autorizzati dalle regioni;
d) gli interventi di profilassi internazionale;
e) la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive ed eventuale bonifica dei relativi focolai.
4. Le prestazioni di cui al comma 3 sono erogate senza oneri a carico dei richiedenti qualora privi di risorse economiche sufficienti, fatte salve le quote di partecipazione alla spesa a parità con i cittadini italiani.
5. L’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano.
6. Fermo restando il finanziamento delle prestazioni ospedaliere urgenti o comunque essenziali a carico del Ministero dell’interno, agli oneri recati dalle rimanenti prestazioni contemplate nel comma 3, nei confronti degli stranieri privi di risorse economiche sufficienti, si provvede nell’ambito delle disponibilità del Fondo sanitario nazionale, con corrispondente riduzione dei programmi riferiti agli interventi di emergenza.
Art. 36
(Ingresso e soggiorno per cure mediche)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 34)
1. Lo straniero che intende ricevere cure mediche in Italia e l’eventuale accompagnatore possono ottenere uno specifico visto di ingresso ed il relativo permesso di soggiorno. A tale fine gli interessati devono presentare una dichiarazione della struttura sanitaria italiana prescelta che indichi il tipo di cura, la data di inizio della stessa e la durata presunta del trattamento terapeutico, devono attestare l’avvenuto deposito di una somma a titolo cauzionale, tenendo conto del costo presumibile delle prestazioni sanitarie richieste, secondo modalità stabilite dal regolamento di attuazione, nonchè documentare la disponibilità in Italia di vitto e alloggio per l’accompagnatore e per il periodo di convalescenza dell’interessato. La domanda di rilascio del visto o di rilascio o rinnovo del permesso può anche essere presentata da un familiare o da chiunque altro vi abbia interesse.
2. Il trasferimento per cure in Italia con rilascio di permesso di soggiorno per cure mediche è altresì consentito nell’ambito di programmi umanitari definiti ai sensi dell’articolo 12, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, previa autorizzazione del Ministero della sanità, d’intesa con il ministero degli affari esteri. Le aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere, tramite le regioni, sono rimborsate delle spese sostenute che fanno carico al fondo sanitario nazionale.
3. Il permesso di soggiorno per cure mediche ha una durata pari alla durata presunta del trattamento terapeutico ed è rinnovabile finchè durano le necessità terapeutiche documentate.
4. Sono fatte salve le disposizioni in materia di profilassi internazionale.
CAPO II
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ISTRUZIONE
DIRITTO ALLO STUDIO E PROFESSIONE
Art. 37
(Attività professionali)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 35)
1. Agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, in possesso dei titoli professionali legalmente riconosciuti in Italia abilitanti all’esercizio delle professioni, è consentita, in deroga alle disposizioni che prevedono il requisito della cittadinanza italiana entro un anno dalla data di entrata in vigore dalla legge 6 marzo 1998, n. 40, l’iscrizione agli Ordini o Collegi professionali o, nel caso di professioni sprovviste di albi, l’iscrizione in elenchi speciali da istituire presso i Ministeri competenti, secondo quanto previsto dal regolamento di attuazione. L’iscrizione ai predetti albi o elenchi è condizione necessaria per l’esercizio delle professioni anche con rapporto di lavoro subordinato. Non possono usufruire della deroga gli stranieri che sono stati ammessi in soprannumero ai corsi di diploma, di laurea o di specializzazione, salvo autorizzazione del Governo dello Stato di appartenenza.
2. Le modalità, le condizioni ed i limiti temporali per l’autorizzazione all’esercizio delle professioni e per il riconoscimento dei relativi titoli abilitanti non ancora riconosciuti in Italia sono stabiliti con il regolamento di attuazione. Le disposizioni per il riconoscimento dei titoli saranno definite dai Ministri competenti, di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, sentiti gli Ordini professionali e le associazioni di categoria interessate.
3. Gli stranieri di cui al comma l, a decorrere dalla scadenza del termine ivi previsto, possono iscriversi agli Ordini, Collegi ed elenchi speciali nell’ambito delle quote definite a norma dell’articolo 3, comma 4, e secondo percentuali massime di impiego definite in conformità ai criteri stabiliti dal regolamento di attuazione.
4. In caso di lavoro subordinato è garantita la parità di trattamento retributivo e previdenziale con i cittadini italiani.
Art. 38
(Istruzione degli stranieri. Educazione interculturale)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 36
legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 9, commi 4 e 5)
1. I minori stranieri presenti sul territorio sono soggetti all’obbligo scolastico; ad essi si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all’istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla vita della comunità scolastica.
2. L’effettività del diritto allo studio è garantita dallo Stato, dalle Regioni e dagli enti locali anche mediante l’attivazione di appositi corsi ed iniziative per l’apprendimento della lingua italiana.
3. La comunità scolastica accoglie le differenze linguistiche e culturali come valore da porre a fondamento del rispetto reciproco, dello scambio tra le culture e della tolleranza; a tale fine promuove e favorisce iniziative volte alla accoglienza, alla tutela della cultura e della lingua d’origine e alla realizzazione di attività interculturali comuni.
4. Le iniziative e le attività di cui al comma 3 sono realizzate sulla base di una rilevazione dei bisogni locali e di una programmazione territoriale integrata, anche in convenzione con le associazioni degli stranieri, con le rappresentanze diplomatiche o consolari dei Paesi di appartenenza e con le organizzazioni di volontariato.
5.Le istituzioni scolastiche, nel quadro di una programmazione territoriale degli interventi, anche sulla base di convenzioni con le Regioni e gli enti locali, promuovono:
a) l’accoglienza degli stranieri adulti regolarmente soggiornanti mediante l’attivazione di corsi di alfabetizzazione nelle scuole elementari e medie;
b) la realizzazione di un’offerta culturale valida per gli stranieri adulti regolarmente soggiornanti che intendano conseguire il titolo di studio della scuola dell’obbligo;
c) la predisposizione di percorsi integrativi degli studi sostenuti nel Paese di provenienza al fine del conseguimento del titolo dell’obbligo o del diploma di scuola secondaria superiore;
d) la realizzazione ed attuazione di corsi di lingua italiana;
e) la realizzazione di corsi di formazione, anche nel quadro di accordi di collaborazione internazionale in vigore per l’Italia.
6. Le regioni, anche attraverso altri enti locali, promuovono programmi culturali per i diversi gruppi nazionali, anche mediante corsi effettuati presso le scuole superiori o istituti universitari. Analogamente a quanto disposto per i figli dei lavoratori comunitari e per i figli degli emigrati italiani che tornano in Italia, sono attuati specifici insegnamenti integrativi, nella lingue e cultura di origine.
7. Con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono dettate le disposizioni di attuazione del presente capo, con specifica indicazione:
a) delle modalità di realizzazione di specifici progetti nazionali e locali, con particolare riferimento all’attivazione di corsi intensivi di lingua italiana nonchè dei corsi di formazione ed aggiornamento del personale ispettivo, direttivo e docente delle scuole di ogni ordine e grado e dei criteri per l’adattamento dei programmi di insegnamento;
b) dei criteri per il riconoscimento dei titoli di studio e degli studi effettuati nei paesi di provenienza ai fini dell’inserimento scolastico, nonchè dei criteri e delle modalità di comunicazione con le famiglie degli alunni stranieri, anche con l’ausilio di mediatori culturali qualificati;
c) dei criteri per l’iscrizione e l’inserimento nelle classi degli stranieri provenienti dall’estero, per la ripartizione degli alunni stranieri nelle classi e per l’attivazione di specifiche attività di sostegno linguistico;
d) dei criteri per la stipula delle convenzioni di cui ai commi 4 e 5.
Art. 39
(Accesso ai corsi delle università)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 37)
1. In materia di accesso all’istruzione universitaria e di relativi interventi per il diritto allo studio è assicurata la parità di trattamento tra lo straniero e il cittadino italiano, nei limiti e con le modalità di cui al presente articolo.
2. Le università, nella loro autonomia e nei limiti delle loro disponibilità finanziarie, assumono iniziative volte al conseguimento degli obiettivi del documento programmatico di cui all’articolo 3, promuovendo l’accesso degli stranieri ai corsi universitari di cui all’articolo l della legge 19 novembre 1990, n. 341, tenendo conto degli orientamenti comunitari in materia, in particolare riguardo all’inserimento di una quota di studenti universitari stranieri, stipulando apposite intese con gli atenei stranieri per la mobilità studentesca, nonchè organizzando attività di orientamento e di accoglienza.
3. Con il regolamento di attuazione sono disciplinati:
a) gli adempimenti richiesti agli stranieri per il conseguimento del visto di ingresso e del permesso di soggiorno per motivi di studio anche con riferimento alle modalità di prestazione di garanzia di copertura economica da parte di enti o cittadini italiani o stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato in luogo della dimostrazione di disponibilità di mezzi sufficienti di sostentamento da parte dello studente straniero;
b) la rinnovabilità del permesso di soggiorno per motivi di studio e l’esercizio in vigenza di esso di attività di lavoro subordinato o autonomo da parte dello straniero titolare;
c) l’erogazione di borse di studio, sussidi e premi agli studenti stranieri, anche a partire da anni di corso successivi al primo, in coordinamento con la concessione delle provvidenze previste dalla normativa vigente in materia di diritto allo studio universitario e senza obbligo di reciprocità;
d) i criteri per la valutazione della condizione economica dello straniero ai fini dell’uniformità di trattamento in ordine alla concessione delle provvidenze di cui alla lettera c);
e) la realizzazione di corsi di lingua italiana per gli stranieri che intendono accedere all’istruzione universitaria in Italia;
f) il riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all’estero.
4. In base alle norme previste dal presente articolo e dal regolamento di attuazione, sulla base delle disponibilità comunicate dalle università, è disciplinato annualmente, con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica e con il Ministro dell’interno, il numero massimo dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per l’accesso all’istruzione universitaria degli studenti stranieri residenti all’estero. Lo schema del decreto è trasmesso al Parlamento per l’acquisizione del parere delle Commissioni competenti per materia che si esprimono entro i successivi trenta giorni.
5. è comunque consentito l’accesso ai corsi universitari, a parità di condizioni con gli studenti italiani, agli stranieri titolari di carta di soggiorno, ovvero di permesso di soggiorno per lavoro subordinato o per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, o per motivi religiosi, ovvero agli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di titolo di studio superiore conseguito in Italia o, se conseguito all’estero, equipollente.
CAPO III
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ALLOGGIO E
ASSISTENZA SOCIALE
Art. 40
(Centri di accoglienza. Accesso all’abitazione)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 38)
1. Le regioni, in collaborazione con le province e con i comuni e con le associazioni e le organizzazioni di volontariato, predispongono centri di accoglienza destinati ad ospitare, anche in strutture ospitanti cittadini italiani o cittadini di altri Paesi dell’Unione europea, stranieri regolarmente soggiornanti per motivi diversi dal turismo, che siano temporaneamente impossibilitati a provvedere autonomamente alle proprie esigenze alloggiative e di sussistenza. Il sindaco, quando vengano individuate situazioni di emergenza, può disporre l’alloggiamento nei centri di accoglienza di stranieri non in regola con le disposizioni sull’ingresso e sul soggiorno nel territorio dello Stato, ferme restando le norme sull’allontanamento dal territorio dello Stato degli stranieri in tali condizioni.
2. I centri di accoglienza sono finalizzati a rendere autosufficienti gli stranieri ivi ospitati nel più breve tempo possibile. I centri di accoglienza provvedono, ove possibile, ai servizi sociali e culturali idonei a favorire l’autonomia e l’inserimento sociale degli ospiti. Ogni regione determina i requisiti gestionali e strutturali dei centri e consente convenzioni con enti privati e finanziamenti.
3. Per centri di accoglienza si intendono le strutture alloggiative che, anche gratuitamente, provvedono alle immediate esigenze alloggiative ed alimentari, nonchè, ove possibile, all’offerta di occasioni di apprendimento della lingua italiana, di formazione professionale, di scambi culturali con la popolazione italiana, e all’assistenza socio-sanitaria degli stranieri impossibilitati a provvedervi autonomamente per il tempo strettamente necessario al raggiungimento dell’autonomia personale per le esigenze di vitto e alloggio nel territorio in cui vive lo straniero.
4. Lo straniero regolarmente soggiornante può accedere ad alloggi sociali, collettivi o privati, predisposti, secondo i criteri previsti dalle leggi regionali, dai comuni di maggiore insediamento degli stranieri o da associazioni, fondazioni o organizzazioni di volontariato ovvero da altri enti pubblici o privati, nell’ambito di strutture alloggiative, prevalentemente organizzate in forma di pensionato, aperte ad italiani e stranieri, finalizzate ad offrire una sistemazione alloggiativa dignitosa a pagamento, secondo quote calmierate, nell’attesa del reperimento di un alloggio ordinario in via definitiva.
5. Le regioni concedono contributi a comuni, province, consorzi di comuni, o enti morali pubblici o privati, per opere di risanamento igienico-sanitario di alloggi di loro proprietà o di cui abbiano la disponibilità legale per almeno quindici anni, da destinare ad abitazioni di stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per studio, per motivi familiari, per asilo politico o asilo umanitario. I contributi possono essere in conto capitale o a fondo perduto e comportano l’imposizione, per un numero determinato di anni, di un vincolo sull’alloggio all’ospitabilità temporanea o alla locazione a stranieri regolarmente soggiornanti. L’assegnazione e il godimento dei contributi e degli alloggi così strutturati è effettuata sulla base dei criteri e delle modalità previsti dalla legge regionale.
6. Gli stranieri titolari di carta di soggiorno e gli stranieri regolarmente soggiornanti che siano iscritti nelle liste di collocamento o che esercitino una regolare attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo hanno diritto di accedere, in condizioni di parità con i cittadini italiani, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ai servizi di intermediazione delle agenzie sociali eventualmente predisposte da ogni Regione o dagli enti locali per agevolare l’accesso alle locazioni abitative e al credito agevolato in materia di edilizia, recupero, acquisto e locazione della prima casa di abitazione.
Art. 41
(Assistenza sociale)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 39)
1. Gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonchè i minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno, sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, incluse quelle previste per coloro che sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomuti, per i ciechi civili, per gli invalidi civili e per gli indigenti.
CAPO IV
DISPOSIZIONI SULL’INTEGRAZIONE SOCIALE, SULLE
DISCRIMINAZIONI E ISTITUZIONE DEL FONDO PER LE
POLITICHE MIGRATORIE
Art. 42
(Misure di integrazione sociale)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 40;
legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 2)
1. Lo Stato, le regioni, le province e i comuni, nell’ambito delle proprie competenze, anche in collaborazione con le associazioni di stranieri e con le organizzazioni stabilmente operanti in loro favore, nonchè in collaborazione con le autorità o con enti pubblici e privati dei Paesi di origine, favoriscono:
a) le attività intraprese in favore degli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, anche al fine di effettuare corsi della lingua e della cultura di origine, dalle scuole e dalle istituzioni culturali straniere legalmente funzionanti nella Repubblica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 389, e successive modificazioni ed integrazioni;
b) la diffusione di ogni informazione utile al positivo inserimento degli stranieri nella società italiana in particolare riguardante i loro diritti e i loro doveri, le diverse opportunità di integrazione e crescita personale e comunitaria offerte dalle amministrazioni pubbliche e dall’associazionismo, nonchè alle possibilità di un positivo reinserimento nel Paese di origine;
c) la conoscenza e la valorizzazione delle espressioni culturali, ricreative, sociali, economiche e religiose degli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia e ogni iniziativa di informazione sulle cause dell’immigrazione e di prevenzione delle discriminazioni razziali o della xenofobia, anche attraverso la raccolta presso le biblioteche scolastiche e universitarie, di libri, periodici e materiale audiovisivo prodotti nella lingua originale dei Paesi di origine degli stranieri residenti in Italia o provenienti da essi;
d) la realizzazione di convenzioni con associazioni regolarmente iscritte nel registro di cui al comma 2 per l’impiego all’interno delle proprie strutture di stranieri, titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a due anni, in qualità di mediatori interculturali al fine di agevolare i rapporti tra le singole amministrazioni e gli stranieri appartenenti ai diversi gruppi etnici, nazionali, linguistici e religiosi;
e) l’organizzazione di corsi di formazione, ispirati a criteri di convivenza in una società multiculturale e di prevenzione di comportamenti discriminatori, xenofobi o razzisti, destinati agli operatori degli organi e uffici pubblici e degli enti privati che hanno rapporti abituali con stranieri o che esercitano competenze rilevanti in materia di immigrazione.
2. Per i fini indicati nel comma 1 è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli affari sociali un registro delle associazioni selezionate secondo criteri e requisiti previsti nel regolamento di attuazione.
3. Ferme restando le iniziative promosse dalle regioni e dagli enti locali, allo scopo di individuare, con la partecipazione dei cittadini stranieri, le iniziative idonee alla rimozione degli ostacoli che impediscono l’effettivo esercizio dei diritti e dei doveri dello straniero, è istituito presso il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, un organismo nazionale di coordinamento. I1 Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, nell’ambito delle proprie attribuzioni, svolge compiti di studio e promozione di attività volte a favorire la partecipazione degli stranieri alla vita pubblica e la circolazione delle informazioni sull’applicazione del presente testo unico.
4. Ai fini dell’acquisizione delle osservazioni degli enti e delle associazioni nazionali maggiormente attivi nell’assistenza e nell’integrazione degli immigrati di cui all’articolo 3, comma 1, e del collegamento con i Consigli territoriali di cui all’art. 3, comma 6, nonchè dell’esame delle problematiche relative alla condizione degli stranieri immigrati, è istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie, presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o da un Ministro da lui delegato. Della Consulta sono chiamati a far parte, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri:
a) rappresentanti delle associazioni e degli enti presenti nell’organismo di cui al comma 3, in numero non inferiore a sei;
b) rappresentanti dei lavoratori extracomunitari designati dalle associazioni più rappresentative operanti in Italia, in numero non inferiore a sei;
c) rappresentanti designati dalle confederazioni sindacali nazionali dei lavoratori, in numero non inferiore a quattro;
d) rappresentanti designati dalle organizzazioni sindacali nazionali dei datori di lavoro dei diversi settori economici, in numero non inferiore a tre;
e) sette esperti designati rispettivamente dai Ministeri del lavoro e della previdenza sociale, della pubblica istruzione, dell’interno, degli affari esteri, delle finanze e dai Dipartimenti della solidarietà sociale e delle pari opportunità;
f) quattro rappresentanti delle autonomie locali, di cui due designati dalle regioni, uno dall’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) ed uno dall’Unione delle provincie italiane (UPI);
g) due rappresentanti del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL).
5. Per ogni membro effettivo della Consulta è nominato un supplente.
6. Resta ferma la facoltà delle regioni di istituire, in analogia con quanto disposto al comma 4, lettere a), b), c), d) e g), con competenza nelle materie loro attribuite dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato, consulte regionali per i problemi dei lavoratori extracomunitari e delle loro famiglie.
7. Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di costituzione e funzionamento della Consulta di cui al comma 4 e dei consigli territoriali.
8. La partecipazione alla Consulte di cui ai commi 4 e 6 dei membri di cui al presente articolo e dei supplenti è gratuita, con esclusione del rimborso delle eventuali spese di viaggio per coloro che non siano dipendenti della pubblica amministrazione e non risiedano nel comune nel quale hanno sede i predetti organi.
Art. 43
(Discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 41)
1. Ai fini del presente capo, costituisce discriminazione ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l’ascendenza o l’origine nazionale o etnica, le convinzioni e le pratiche religiose, e che abbia lo scopo o l’effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, in condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica.
2. In ogni caso compie un atto di discriminazione:
a) il pubblico ufficiale o la persona incaricata di pubblico servizio o la persona esercente un servizio di pubblica necessità che nell’esercizio delle sue funzioni compia od ometta atti nei riguardi di un cittadino straniero che, soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità, lo discriminino ingiustamente;
b) chiunque imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire beni o servizi offerti al pubblico ad uno straniero soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità;
c) chiunque illegittimamente imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire l’accesso all’occupazione, all’alloggio, all’istruzione, alla formazione e ai servizi sociali e socio- assistenziali allo straniero regolarmente soggiornante in Italia soltanto in ragione della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità;
d) chiunque impedisca, mediante azioni od omissioni, l’esercizio di un’attività economica legittimamente intrapresa da uno straniero regolarmente soggiornante in Italia, soltanto in ragione della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, confessione religiosa, etnia o nazionalità;
e) il datore di lavoro o i suoi preposti i quali, ai sensi dell’articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificata e integrata dalla legge 9 dicembre l977, n. 903, e dalla legge 11 maggio 1990, n. 108, compiano qualsiasi atto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando, anche indirettamente, i lavoratori in ragione della loro appartenenza ad una razza, ad un gruppo etnico o linguistico, ad una confessione religiosa, ad una cittadinanza. Costituisce discriminazione indiretta ogni trattamento pregiudizievole conseguente all’adozione di criteri che svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori appartenenti ad una determinata razza, ad un determinato gruppo etnico o linguistico, ad una determinata confessione religiosa o ad una cittadinanza e riguardino requisiti non essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa.
3. Il presente articolo e l’articolo 44 si applicano anche agli atti xenofobi, razzisti o discriminatori compiuti nei confronti dei cittadini italiani, di apolidi e di cittadini di altri Stati membri dell’Unione europea presenti in Italia.
Art. 44
(Azione civile contro la discriminazione)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 42)
1. Quando il comportamento di un privato o della pubblica amministrazione produce una discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, il giudice può, su istanza di parte, ordinare la cessazione del comportamento pregiudizievole e adottare ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione.
2. La domanda si propone con ricorso depositato, anche personalmente dalla parte, nella cancelleria del pretore del luogo di domicilio dell’istante.
3. Il pretore, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento richiesto.
4. Il pretore provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto della domanda. Se accoglie la domanda, emette i provvedimenti richiesti che sono immediatamente esecutivi.
5. Nei casi di urgenza il pretore provvede con decreto motivato, assunte, ove occorra, sommarie informazioni. In tal caso fissa, con lo stesso decreto, l’udienza di comparizione delle parti davanti a se entro un termine non superiore a quindici giorni assegnando all’istante un termine non superiore a otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. A tale udienza il pretore, con ordinanza, conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati nel decreto.
6. Contro i provvedimenti del pretore è ammesso reclamo al tribunale nei termini di cui all’articolo 739, secondo comma, del codice di procedura civile. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737, 738 e 739 del codice di procedura civile.
7. Con la decisione che definisce il giudizio il giudice può altresì condannare il convenuto al risarcimento del danno, anche non patrimoniale.
8. Chiunque elude l’esecuzione di provvedimenti del pretore di cui ai commi 4 e 5 e dei provvedimenti del tribunale di cui al comma 6 è punito ai sensi dell’articolo 388, primo comma, del codice penale.
9. Il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza a proprio danno del comportamento discriminatorio in ragione della razza, del gruppo etnico o linguistico, della provenienza geografica, della confessione religiosa o della cittadinanza può dedurre elementi di fatto anche a carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi contributivi, all’assegnazione delle mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera e ai licenziamenti dell’azienda interessata. Il giudice valuta i fatti dedotti nei limiti di cui all’articolo 2729, primo comma, del codice civile.
10. Qualora il datore di lavoro ponga in essere un atto o un comportamento discriminatorio di carattere collettivo, anche in casi in cui non siano individuabili in modo immediato e diretto i lavoratori lesi dalle discriminazioni, il ricorso può essere presentato dalle rappresentanze locali delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentativi a livello nazionale. Il giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni sulla base del ricorso presentato ai sensi del presente articolo, ordina al datore di lavoro di definire, sentiti i predetti soggetti e organismi, un piano di rimozione delle discriminazioni accertate.
11. Ogni accertamento di atti o comportamenti discriminatori ai sensi dell’articolo 43 posti in essere da imprese alle quali siano stati accordati benefici ai sensi delle leggi vigenti dello Stato o delle regioni, ovvero che abbiano stipulato contratti di appalto attinenti all’esecuzione di opere pubbliche, di servizi o di forniture, è immediatamente comunicato dal pretore, secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione, alle amministrazioni pubbliche o enti pubblici che abbiano disposto la concessione del beneficio, incluse le agevolazioni finanziarie o creditizie, o dell’appalto. Tali amministrazioni o enti revocano il beneficio e, nei casi più gravi, dispongono l’esclusione del responsabile per due anni da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie, ovvero da qualsiasi appalto.
12. Le regioni, in collaborazione con le province e con i comuni, con le associazioni di immigrati e del volontariato sociale, ai fini dell’applicazione delle norme del presente articolo e dello studio del fenomeno, predispongono centri di osservazione, di informazione e di assistenza legale per gli stranieri, vittime delle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
Art. 45
(Fondo nazionale per le politiche migratorie)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 43)
1. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è istituito il Fondo nazionale per le politiche migratorie, destinato al finanziamento delle iniziative di cui agli articoli 20, 38, 40, 42 e 46, inserite nei programmi annuali o pluriennali dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni. La dotazione del Fondo, al netto delle somme derivanti dal contributo di cui al comma 3, è stabilita in lire 12.500 milioni per l’anno 1997, in lire 58.000 milioni per l’anno 1998 e in lire 68.000 milioni per l’anno 1999. Alla determinazione del Fondo per gli anni successivi si provvede ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lett. d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni. Al Fondo affluiscono altresì le somme derivanti da contributi e donazioni eventualmente disposti da privati, enti, organizzazioni, anche internazionali, da organismi dell’Unione europea, che sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere assegnati al predetto Fondo. Il Fondo è annualmente ripartito con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri interessati. Il regolamento di attuazione disciplina le modalità per la presentazione, l’esame, l’erogazione, la verifica, la rendicontazione e la revoca del finanziamento del Fondo.
2. Lo Stato, le regioni, le province e i comuni adottano, nelle materie di propria competenza, programmi annuali o pluriennali relativi a proprie iniziative e attività concernenti l’immigrazione, con particolare riguardo all’effettiva e completa attuazione operativa del presente testo unico e del regolamento di attuazione, alle attività culturali, formative, informative, di integrazione e di promozione di pari opportunità. I programmi sono adottati secondo i criteri e le modalità indicati dal regolamento di attuazione e indicano le iniziative pubbliche e private prioritarie per il finanziamento da parte del Fondo, compresa l’erogazione di contributi agli enti locali per l’attuazione del programma.
3. Con effetto dal mese successivo alla data di entrata in vigore della presente legge 6 marzo 1998, n. 40, e comunque da data non successiva al 1° gennaio 1998, il 95 per cento delle somme derivanti dal gettito del contributo di cui all’articolo 13, comma 2, della legge 30 dicembre 1986, n. 943, è destinato al finanziamento delle politiche del Fondo di cui al comma 1. Con effetto dal mese successivo alla data di entrata in vigore del presente testo unico tale destinazione è disposta per l’intero ammontare delle predette somme. A tal fine le predette somme sono versate dall’INPS all’entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate al predetto Fondo. Il contributo di cui all’articolo 13, comma 2, della legge 30 dicembre 1986, n. 943, è soppresso a decorrere dal 1° gennaio 2000.
Art. 46
(Commissione per le politiche di integrazione)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 44)
1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari sociali è istituita la Commissione per le politiche di integrazione.
2. La Commissione ha i compiti di predisporre per il Governo, anche ai fini dell’obbligo di riferire al Parlamento, il rapporto annuale sullo stato di attuazione delle politiche per l’integrazione degli immigrati, di formulare proposte di interventi di adeguamento di tali politiche nonchè di fornire risposta a quesiti posti dal Governo concernenti le politiche per l’immigrazione, interculturali, e gli interventi contro il razzismo.
3. La Commissione è composta da rappresentanti del Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri degli affari esteri, dell’interno, del lavoro e della previdenza sociale, della sanità, della pubblica istruzione, nonchè da un numero massimo di dieci esperti, con qualificata esperienza nel campo dell’analisi sociale, giuridica ed economica dei problemi dell’immigrazione, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro per la solidarietà sociale. Il presidente della commissione è scelto tra i professori universitari di ruolo esperti nelle materie suddette ed è collocato in posizione di fuori ruolo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Possono essere invitati a partecipare alle sedute della commissione i rappresentanti della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, della Conferenza Stato-città ed autonomie locali e di altre amministrazioni pubbliche interessate a singole questioni oggetto di esame.
4. Con il decreto di cui al comma 3 sono determinati l’organizzazione della segreteria della commissione, istituita presso il Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonchè i rimborsi ed i compensi spettanti ai membri della commissione e ad esperti dei quali la commissione intenda avvalersi per lo svolgimento dei propri compiti.
5. Entro i limiti dello stanziamento annuale previsto per il funzionamento della commissione dal decreto di cui all’articolo 45, comma 1, la Commissione può affidare l’effettuazione di studi e ricerche ad istituzioni pubbliche e private, a gruppi o a singoli ricercatori mediante convenzioni deliberate dalla commissione e stipulate dal presidente della medesima, e provvedere all’acquisto di pubblicazioni o materiale necessario per lo svolgimento dei propri compiti.
6. Per l’adempimento dei propri compiti la commissione può avvalersi della collaborazione di tutte le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, degli enti pubblici, delle Regioni e degli enti locali.
TITOLO VI
NORME FINALI
Art. 47
(Abrogazioni)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 46)
1. Dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, sono abrogati:
a) gli articoli 144, 147, 148 e 149 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;
b) le disposizioni della legge 30 dicembre 1986, n. 943, ad eccezione dell’art. 3;
c) il comma 13 dell’articolo 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335.
2. Restano abrogate le seguenti disposizioni:
a) l’articolo 151 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;
b) l’articolo 25 della legge 22 maggio 1975, n. 152;
c) l’articolo 12 della legge 30 dicembre 1986, n. 943;
d) l’articolo 5, commi sesto, settimo e ottavo, del decreto legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n 33;
e) gli articoli 2 e seguenti del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39;
f) l’articolo 4 della legge 18 gennaio 1994, n 50;
g) l’articolo 116 del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.
3 All’art. 20, comma 2, della legge 2 dicembre 1991, n. 390, restano soppresse le parole:
“sempre che esistano trattati o accordi internazionali bilaterali o multilaterali di reciprocità tra la Repubblica italiana e gli Stati di origine degli studenti, fatte salve le diverse disposizioni previste nell’ambito dei programmi in favore dei Paesi in via di sviluppo”.
4. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di attuazione del presente testo unico sono abrogate le disposizioni ancora in vigore del Titolo V del regolamento di esecuzione del Testo unico 18 giugno 1941, n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635.
Art. 48
(Copertura finanziaria)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 48)
1. All’onere derivante dall’attuazione della legge 6 marzo 1998, n. 40 e del presente testo unico, valutato in lire 42.500 milioni per il 1997 e in lire 124.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, si provvede:
a) quanto a lire 22.500 milioni per l’anno 1997 e a lire 104.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, mediante riduzione dello stanziamento iscritto ai fini del bilancio triennale 1997-1999 al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l’anno 1997, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a lire 22.500 milioni per l’anno 1997 e a lire 29.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, l’accantonamento relativo al Ministero del tesoro; quanto a lire 50.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999 l’accantonamento relativo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri; quanto a lire 20.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, l’accantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione; quanto a lire 5.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri;
b) quanto a lire 20.000 milioni per ciascuno degli anni 1997, 1998 e 1999, mediante riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1997-1999, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l’anno 1997, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al ministero dell’interno.
2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 49
(Disposizioni finali)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 49)
1. Nella prima applicazione delle disposizioni della legge 6 marzo 1998, n. 40, del presente testo unico si provvede a dotare le questure che ancora non ne fossero provviste delle apparecchiature tecnologiche necessarie per la trasmissione in via telematica dei dati di identificazione personale nonchè delle operazioni necessarie per assicurare il collegamento tra le questure e il sistema informativo della Direzione centrale della polizia criminale.
2. All’onere conseguente all’applicazione del comma 1, valutato in lire 8.000 milioni per l’anno 1998, si provvede a carico delle risorse di cui all’articolo 48 e comunque nel rispetto del tetto massimo di spesa ivi previsto.
Decreto del presidente del Consiglio 8 febbraio 2000. – “Regolamentante i flussi migratori dei cittadini extracomunitari per il 2000”
Dpcm 8.2.2000
Decreto del presidente del Consiglio sui flussi di ingresso
approvato dal governo il giorno 8 febbraio 2000
Il Presidente dei Consiglio dei Ministri
VISTO il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, emanato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 236, e successive modificazioni,
VISTO, in particolare, l’articolo 3, comma 4, relativo alla definizione annuale delle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato, per lavoro subordinato – anche per esigenze di carattere stagionale – e per lavoro autonomo, tenuto conto dei ricongiungimenti familiari e delle misure di protezione temporanea eventualmente disposte a norma dell’articolo 20 del suddetto decreto legislativo,
VISTO il relativo regolamento di attuazione adottato con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 294;
VISTO il documento programmatico relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, a norma dell’articolo 3 della legge 6 marzo 1998, n. 40, emanate con decreto dei Presidente della Repubblica 5 agosto 1998 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 settembre 1998;
VISTI i decreti di programmazione dei flussi di ingresso, rispettivamente del 27 dicembre 1997 e 16 ottobre 1998;
VISTA la propria direttiva in data 4 agosto 1999, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 6 settembre 1999;
CONSIDERATO che la programmazione annuale dei flussi migratori deve tenere conto del fabbisogno di manodopera, stimato dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale nel documento programmatico per il triennio 1998 – 2000 e dell’andamento dell’occupazione e dei tassi di disoccupazione a livello nazionale e regionale, nonché sul numero dei cittadini stranieri non appartenenti all’Unione Europea iscritti nelle liste di collocamento, ai sensi dell’articolo 21, comma 4, del testo unico;
TENUTO CONTO che alcuni settori produttivi nazionali, quali turistico alberghiero, agricolo, dell’edilizia e dei servizi richiedono manodopera straniera per lo svolgimento di lavori a tempo determinato, specialmente stagionale;
TENUTO CONTO che altri settori produttivi nazionali quali siderurgico, meccanico o artigianali richiedono la manodopera straniera per ricoprire posti di lavoro a tempo indeterminato;
TENUTO CONTO, altresì, delle previsioni di inserimento di lavoratori autonomi, anche per lo svolgimento di attività professionali, verificate d’intesa con il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato e con il Ministero della giustizia;
CONSIDERATI i ricongiungimenti familiari verificatisi nel corso dell’anno 1999, con conseguente possibilità di accesso immediato al lavoro;
SENTITE le competenti commissioni parlamentari permanenti;
SENITI il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell’interno, il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, Il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, il Ministro della giustizia ed il Ministro per la solidarietà sociale;
DECRETA
Articolo 1
1. Per l’anno 2000, sono ammessi in Italia, per motivi di lavoro subordinato, anche a carattere stagionale, e di lavoro autonomo, i cittadini stranieri non comunitari residenti all’estero, entro una quota totale massima di n. 63.000 persone.
Articolo 2
1. Nell’ambito della quota massima di cui all’articolo 1, è consentito l’ingresso in Italia, per lavoro subordinato e autonomo di n. 30.000 lavoratori cosi ripartiti:
a) n. 28.000 lavoratori per lavoro subordinato a tempo indeterminato, determinato e a carattere stagionale, chiamati ed autorizzati nominativamente e provenienti da qualsiasi Paese non comunitario con esclusione dei Paesi di cui all’articolo 3.
b) n. 2.000 lavoratori per lavoro autonomo anche per lo svolgimento di attività professionali provenienti da qualsiasi Paese non comunitario con esclusione dei Paesi di cui all’articolo 3.
Articolo 3
1. Nell’ambito della quota massima di cui all’articolo 1, tenuto conto della cooperazione in materia migratoria, è consentito l’ingresso in Italia per motivi di lavoro subordinato o autonomo o per l’inserimento nel mercato del lavoro ad una quota di:
n.6.000 cittadini albanesi;
n.3.000 Cittadini tunisini;
n.3 000 cittadini marocchini;
n. 6.000 cittadini di altri Paesi, non appartenenti all’Unione Europea che sottoscrivano specifiche intese di cooperazione in materia migratoria.
Articolo 4
1. Nell’ambito della quota massima. di cui all’articolo 1 e conformemente alle modalità individuate dal regolamento di attuazione del Testo Unico. 25 luglio 1998, n. 286, è consentito l’ingresso fino ad un numero massimo di n. 15.000 persone, provenienti da qualsiasi Paese extracomunitario, ai sensi dell’articolo 23, commi 1, 2 e 3 dei predetto testo unico;
2. Ove le domande presentate ai sensi del comma precedente entro 60 giorni dalla pubblicazione del presente decreto ed accolte, ai sensi dell’art. 35, comma 2 del Regolamento di attuazione, nei successivi 60 giorni, non siano sufficienti a coprire per intero la predetta quota di 15.000 unità, per la residua parte, possono essere rilasciati i permessi di soggiorno ai sensi dell’articolo 23, comma 4, del predetto Testo Unico.
3. Nei casi di cui al comma 2, in fase di prima applicazione e in conformità all’articolo 35 del regolamento di attuazione, i visti di ingresso possono essere rilasciati ai lavoratori stranieri, residenti all’estero, iscritti nelle liste presso le rappresentanze diplomatiche e consolari italiane dei Paesi con i quali siano state concluse le intese previste dall’articolo 21 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.
Articolo 5
1. Qualora, trascorsi 140 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, si verifichino significativi residui delle quote di cui ai precedenti articoli 2, 3 e 4, con direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri, d’intesa con i Ministri interessati e ferma restando la quota massima di cui all’articolo 1 del presente decreto, si provvederà, sulla base dell’andamento delle effettive richieste, a rideterminare le ripartizioni numeriche stabilite.
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 18 dicembre 1999. – “Istituzione in ciascuna provincia di un Consiglio territoriale per l’immigrazione, ai sensi dell’art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394. (GU n. 13 del 18-1-2000 “
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
di concerto con
IL MINISTRO DELL’INTERNO
Vista la legge 23 agosto 1998, n. 400;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 ottobre 1998, con il quale è stato conferito al Ministro Livia Turco l’incarico di Ministro per la solidarietà sociale;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 novembre 1998, concernente delega di funzioni al Ministro per la solidarietà sociale;
Visto l’art. 3 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 5 agosto 1998, recante “Approvazione del documento programmatico relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, a norma dell’art. 3 della legge 6 marzo 1998, n. 40”;
Visto l’art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, recante “Regolamento di attuazione del Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 26 ottobre 1998 istitutivo della Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie;
Decreta:
Art. 1.
1. E’ istituito in ciascuna provincia un Consiglio territoriale per l’immigrazione.
2. Il Consiglio è presieduto dal prefetto ed è composto come previsto dall’art. 57, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394.
3. La nomina dei componenti è effettuata dal prefetto, su designazione delle amministrazioni, organizzazioni, associazioni od enti interessati.
4. Il Consiglio opera anche in raccordo con gli organi già costituiti, con analoghe finalità, presso i comuni della provincia.
5. Il prefetto assicura altresi’ il raccordo tra gli organi di cui al comma 4 e la consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie.
Roma, 18 dicembre 1999
p. Il Presidente del Consiglio dei Ministri
Livia Turco
Il Ministro dell’interno
Russo Jervolino
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 dicembre 1999, n. 535. – “Regolamento concernente i compiti del Comitato per i minori stranieri”
Il Comitato per la tutela dei minori stranieri è stato istituito con un decreto del presidente del Consiglio in attuazione della legge sull’immigrazione n. 40 del 1998: l’organismo, che si è riunito per la prima volta il 26 gennaio 2000, è una delle conseguenze della ratifica da parte del nostro Paese della Convenzione dei diritti dell’Infanzia.
La commissione è composta da esperti e funzionari degli uffici legislativi dei ministeri dell’Interno, della Giustizia, degli Esteri, della Solidarietà sociale e da rappresentanti di associazioni del volontariato e di categoria. Tra i compiti: la vigilanza sulle modalità del soggiorno dei minori, la cooperazione e il raccordo con le amministrazioni interessate, la delibera per l’ingresso di minori accolti nell’ambito dei programmi solidaristici di accoglienza temporanea, nonché per l’affidamento temporaneo e per il rimpatrio.
Decreto del presidente del consiglio dei ministri 9 dicembre 1999, n. 535.
Regolamento concernente i compiti del Comitato per i minori stranieri, a norma dell’articolo 33, commi 2 e 2-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
Il presidente del Consiglio dei ministri
Visto il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dal decreto legislativo 19 ottobre 1998, n. 380, e dal decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 113;
Visto, in particolare, l’articolo 33, commi 2 e 2-bis, del citato decreto legislativo n. 286 del 1998, concernente l’istituzione e i compiti del Comitato per i minori stranieri;
Vista la risoluzione del Consiglio dell’Unione europea del 26 giugno 1997, sui minori non accompagnati, cittadini di Paesi terzi;
Vista la Convenzione sui diritti dei fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176, e, in particolare, gli articoli 2, 20, 22;
Vista la legge 30 giugno 1975, n. 396, recante ratifica ed esecuzione della convenzione europea relativa al rimpatrio dei minori, firmata all’Aja il 28 maggio 1970,
Visto l’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Sentito il parere del Garante per la protezione dei dati personali;
Sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 26 luglio 1999;
Vista la nota 20 ottobre 1999, n. 133, della Corte dei conti – Ufficio di controllo sugli atti della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta dei Ministro per la solidarietà sociale, sentiti i Ministri degli affari esteri, dell’interno e della giustizia;
ADOTTA
il seguente regolamento:
Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Oggetto e definizioni
I. Il presente regolamento, ai sensi dell’articolo 33 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dall’articolo 5 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 113, e senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, disciplina i compiti dei Comitato per i minori stranieri e le materie indicate al predetto articolo 33, comma 2, lettere a) e b).
2. Per “minore straniero non accompagnato presente nel territorio dello Stato”, di seguito denominato “minore presente non accompagnato”, s’intende il minorenne non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dell’Unione europea che, non avendo presentato domanda di asilo, si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano.
3. Per “minore straniero non accompagnato accolto temporaneamente nel territorio dello Stato”, di seguito denominato “minore accolto”, s’intende il minore non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dell’Unione europea, di età superiore a sei anni, entrato in Italia nell’ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea promossi da enti, associazioni o famiglie, ancorché il minore stesso o il gruppo di cui fa parte sia seguito da uno o più adulti con funzioni generiche di sostegno, di guida e di accompagnamento.
4. Per “rimpatrio assistito” si intende l’insieme delle misure adottate allo scopo di garantire al minore interessato l’assistenza necessaria fino al ricongiungimento coi propri familiari o al riaffidamento alle autorità responsabili del Paese d’origine, in conformità alle convenzioni internazionali, alla legge, alle disposizioni dell’autorità giudiziaria ed al presente regolamento. Il rimpatrio assistito deve essere finalizzato a garantire il diritto all’unità familiare dei minore e ad adottare le conseguenti misure di protezione.
S. Per “testo unico” si intende il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, come modificato dal decreto legislativo n. 380 del 1998 e dal decreto legislativo n. 113 del 1999.
6. Per “Comitato” si intende il Comitato per i minori stranieri di cui all’articolo 33 del testo unico.
Capo II
COMITATO PER I MINORI STRANIERI
Articolo 2
Compiti del Comitato
l. Il Comitato opera al fine prioritario di tutelare i diritti dei minori presenti non accompagnati e dei minori accolti, in conformità alle previsioni della Convenzione sui diritti dei fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176.
2. Ai fini del comma 1, il Comitato:
a) vigila sulle modalità di soggiorno dei minori;
b) coopera e si raccorda con le amministrazioni interessate;
c) delibera, ai sensi dell’articolo 8, previa adeguata valutazione, secondo criteri predeterminati, in ordine alle richieste provenienti da enti, associazioni o famiglie italiane, per l’ingresso di minori accolti nell’ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea, nonché per l’affidamento temporaneo e per il rimpatrio dei medesimi;
d) provvede alla istituzione e alla tenuta dell’elenco dei minori accolti nell’ambito delle iniziative di cui alla lettera c);
e) accerta lo status del minore non accompagnato ai sensi dell’articolo 1, comma 2, sulla base delle informazioni di cui all’articolo 5;
f) svolge compiti di impulso e di ricerca al fine di promuovere l’individuazione dei familiari dei minori presenti non accompagnati, anche nei loro Paesi di origine o in Paesi terzi, avvalendosi a tal fine della collaborazione delle competenti amministrazioni pubbliche e di idonei organismi nazionali ed internazionali, e può proporre al Dipartimento per gli affari sociali di stipulare apposite convenzioni con gli organismi predetti;
g) in base alle informazioni ottenute, può adottare, ai fini di protezione e di garanzia dei diritto all’unità familiare di cui all’articolo 1, comma 4, il provvedimento di cui all’articolo 7, di rimpatrio assistito dei minori presenti non accompagnati;
h) definisce criteri predeterminati di valutazione delle richieste per l’ingresso di minori accolti di cui al comma 2, lettera e);
i) provvede al censimento dei minori presenti non accompagnati, secondo le modalità previste dall’articolo 5.
3. Il Comitato può effettuare il trattamento dei dati sensibili, di cui al comma 1 dell’articolo 22 della legge 31 dicembre 1996, n. 675 , che ad esso pervengono o che sono acquisiti ai sensi del presente regolamento, in particolare per quanto attiene all’origine razziale ed etnica del minore, della famiglia di origine e degli adulti legalmente responsabili o con funzioni di sostegno, di guida e di accompagnamento, alle loro convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, allo stato di salute. Dei dati sensibili possono essere effettuate, in relazione alle competenze istituzionali del Comitato, di cui all’articolo 33 dei testo unico e al presente regolamento, le operazioni di raccolta, registrazione, organizzazione, conservazione, elaborazione, estrazione, raffronto, utilizzo, interconnessione, blocco, comunicazione, cancellazione e distruzione; la diffusione può essere effettuata in forma anonima e per finalità statistiche, di studio, di informazione e ricerca.
Articolo 3
Costituzione ed organizzazione del Comitato
I. Il Comitato è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ed è composto da nove rappresentanti:
– uno del Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza dei Consiglio dei Ministri;
– uno del Ministero degli affari esteri;
– uno del Ministero dell’interno;
– uno del Ministero della giustizia;
– due dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI);
uno dell’Unione province italiane (UPI); due delle organizzazioni maggiormente rappresentative operanti nel settore dei problemi della famiglia e dei minori non accompagnati.
2. Per ogni membro effettivo è nominato un supplente. 1 membri rappresentanti delle pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 devono rivestire una qualifica dirigenziale o equiparata, ove prescelti tra i dipendenti delle medesime amministrazioni.
3. Il Comitato è presieduto dal rappresentante designato dal Dipartimento per gli affari sociali e si riunisce, su convocazione del presidente, che redige l’ordine del giorno della riunione, in relazione a singole necessità e almeno una volta ogni trimestre.
4. 1 compiti di segreteria e di supporto al Comitato sono svolti da personale in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli affari sociali.
5. In caso di urgenza, per situazioni in relazione alle quali sia improcrastinabile l’intervento a tutela della salute psicofisica del minore, i poteri del Comitato sono esercitabili dal presidente o da un componente da lui delegato, salva la ratifica da parte del Comitato nella prima riunione successiva all’esercizio dei poteri medesimi i provvedimenti non ratificati perdono efficacia dal momento in cui sono stati adottati.
6. In caso di necessità, il Comitato comunica la situazione del minore al giudice tutelare competente, per l’eventuale nomina di un tutore provvisorio.
Articolo 4
Strumenti operativi
l. Il Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri può finanziare programmi finalizzati all’accoglienza ed al rimpatrio assistito dei minori presenti non accompagnati, proposti dal Comitato, nei limiti delle risorse preordinate allo scopo nell’ambito dei Fondo di cui all’articolo 45 del testo unico e dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394.
2. t autorizzata, nel rispetto delle leggi sulla tutela della riservatezza, e nei limiti delle risorse di cui al cornrna 1, l’istituzione e la gestione di una banca dati, contenente gli elementi necessari per l’attuazione e la garanzia dei diritti inerenti alla popolazione di minori stranieri ed ogni altra notizia o informazione utili per il raggiungimento degli scopi istituzionali del Comitato.
3. Nella banca dati possono essere contenuti dati comuni e, secondo quanto stabilito dall’articolo 2, comma 3, dati sensibili. L’accesso ai dati è consentito, per l’esercizio delle competenze istituzionali del Comitato, a ciascuno dei suoi componenti e, su autorizzazione del presidente, al personale di segreteria e di supporto di cui all’articolo 3, comma 4. Il Capo del Dipartimento per gli affari sociali, sentito il presidente dei Comitato, può autorizzare l’accesso ai dati agli organismi e agli uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri e ad altri enti ed organismi pubblici, per finalità statistiche, di studio, di informazione e di ricerca, nonché ad organismi pubblici o privati operanti nel campo della tutela dei diritti dei minori immigrati, quando ciò si renda necessario per il migliore perseguimento dell’interesse del minore per il quale sono in corso, da parte dei medesimi enti ed organismi, iniziative di protezione, di assistenza o di rimpatrio assistito. L’accesso ai dati è altresì consentito all’autorità giudiziaria e agli organi di polizia.
4. 1 soggetti esterni che, ai sensi del comma 3, acquisiscono i dati sono tenuti a conservarli in strutture di lo sicurezza; quando sono acquisiti in formato elettronico , il trasferimento e l’accesso devono essere adeguatamente protetti.
Capo III
CENSIMENTO E ACCOGLIENZA DEI MINORI PRESENTI NON ACCOMPAGNATI
Articolo 5
Censimento
1. 1 pubblici ufficiali, gli incaricati di pubblico servizio e gli enti, in particolare che svolgono attività sanitaria o di assistenza, i quali vengano comunque a conoscenza dell’ingresso o della presenza sul territorio dello Stato di un minorenne straniero non accompagnato, sono tenuti a darne immediata notizia, al Comitato, con mezzi idonei a garantirne la riservatezza. La notizia deve essere corredata di tutte le informazioni disponibili relative, in particolare, alle generalità, alla nazionalità, alle condizioni fisiche, ai mezzi attuali di sostentamento ed al luogo di provvisoria dimora del minore, con indicazione delle misure eventualmente adottate per far fronte alle sue esigenze.
2. La segnalazione di cui al comma 1 non esime dall’analogo obbligo nei confronti di altri uffici o enti, eventualmente disposto dalla legge ad altri fini. Il Comitato è tuttavia tenuto ad effettuare la segnalazione ad altri uffici o enti, quando non risulti in modo certo che essa sia stata già effettuata.
3. L’identità del minore è accertata dalle autorità di pubblica sicurezza, ove necessario attraverso la collaborazione delle rappresentanze diplomatico-consolari del Paese di origine del minore.
Articolo 6
Accoglienza
I. Al minore non accompagnato sono garantiti i diritti relativi al soggiorno temporaneo, alle cure sanitarie, all’avviamento scolastico e alle altre provvidenze disposte dalla legislazione vigente.
2. Al fine di garantire l’adeguata accoglienza dei minore il Comitato può proporre al Dipartimento per gli affari sociali di stipulare convenzioni con amministrazioni pubbliche e organismi nazionali e internazionali che svolgono attività inerenti i minori non accompagnati in conformità ai principi e agli obiettivi che garantiscono il superiore interesse del minore, la protezione contro ogni forma di discriminazione, il diritto del minore di essere ascoltato.
Articolo 7
Rimpatrio assistito
I. Il rimpatrio deve svolgersi in condizioni tali da assicurare costantemente il rispetto dei diritti garantiti al minore dalle convenzioni internazionali, dalla legge e dai provvedimenti dell’autorità giudiziaria, e tali da assicurare il rispetto e l’integrità delle condizioni psicologiche del minore, fino al riaffidamento alla famiglia o alle autorità responsabili. Dell’avvenuto riaffidamento è rilasciata apposita attestazione da trasmettere al Comitato.
2. Salva l’applicazione delle misure previste dall’articolo 6, il Comitato dispone il rimpatrio assistito del minore presente non accompagnato, assicurando che questi sia stato previamente sentito, anche dagli enti interessati all’accoglienza, nel corso della procedura.
3. Le amministrazioni locali competenti e i soggetti presso i quali il minore soggiorna cooperano con le amministrazioni statali cui è affidato il rimpatrio assistito.
Capo IV
INGRESSO E SOGGIORNO DEI MINORI ACCOLTI
Articolo 8
Ingresso
l. I proponenti pubblici e privati, che intendono ottenere il nulla-osta del Comitato per la realizzazione di iniziative di cui all’articolo 2, comma 2, lettera c), presentano domanda al Comitato medesimo. La domanda, formulata sulla base di una modulistica predisposta dal Comitato, corredata dei dati relativi all’attività già svolta dal proponente e alla sua natura giuridica, deve comunque indicare il numero dei minori da ospitare, il numero degli accompagnatori con relativa qualifica, il Paese di provenienza e gli altri requisiti ed i documenti richiesti.
2. Il Comitato valuta la domanda al fine di stabilire la validità e l’opportunità dell’iniziativa nell’interesse dei minori. Della deliberazione è data tempestiva comunicazione al proponente e alle autorità competenti, alle quali sono trasmessi gli elenchi nominativi dei minori e degli accompagnatori per i successivi riscontri in occasione dell’ingresso nel territorio nazionale e dell’uscita da esso e per i successivi controlli nel corso del soggiorno.
3. La valutazione favorevole dell’iniziativa è subordinata alle informazioni sulla affidabilità del proponente. Il Comitato può richiedere informazioni al sindaco del luogo in cui il proponente opera, ovvero alla prefettura, in ordine alle iniziative di cui all’articolo 2, comma 2 ‘ lettera e), localmente già realizzate dal proponente. Le informazioni concernenti il referente estero dell’iniziativa sono richieste tramite la rappresentanza diplomatico-consolare competente.
4. li Comitato può considerare come valide le informazioni assunte in occasione di iniziative precedenti, riguardo al proponente o alle famiglie o alle strutture ospitanti. In tal senso può confermare la valutazione, positiva o negativa, sulla loro affidabilità.
5. Il Comitato delibera entro quarantacinque giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1, previa verifica della completezza delle dichiarazioni e della documentazione. Il termine è di quindici giorni per le provenienze da Paesi non soggetti a visto.
6. 1 proponenti devono comunicare per iscritto al Comitato, entro cinque giorni, l’avvenuto ingresso dei minori nel territorio dello Stato, specificando il loro numero e quello degli accompagnatori effettivamente entrati, il posto di frontiera e la data. Analoga comunicazione dovrà essere effettuata successivamente all’uscita dei minori e degli accompagnatori dal territorio dello Stato. Le comunicazioni di cui al presente comma sono effettuate previa apposizione del timbro di controllo sulla documentazione di viaggio da parte dell’organo di polizia di frontiera.
Articolo 9
Soggiorno
I. La durata totale del soggiorno di ciascun minore non può superare i novanta giorni, continuativi o frutto della somma di più periodi, riferiti alle permanenze effettive nell’anno solare. Il Comitato può proporre alle autorità competenti l’eventuale estensione della durata del soggiorno fino ad un massimo di centocìnquanta giorni, con riferimento a progetti che comprendano periodi di attività scolastica o in relazione a casi di forza maggiore. L’eventuale estensione della durata della permanenza è comunicata alla questura competente ai fini dell’eventuale rinnovo o della proroga del permesso di soggiorno per gli accompagnatori e per i minori ultraquattordicenni.
Il presente regolamento, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. t fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Decreto del Presidente della Repubblica 31 Agosto 1999, N. 394 G.U. 3 novembre 1999 – “Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.”
Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
Pubblicato sul Supplemento ordinario n. 190/L alla “Gazzetta Ufficiale” del 3 novembre 1999
Capo I
Disposizioni di carattere generale
Art. 1
(Accertamento della condizione di reciprocità)
Per le persone fisiche straniere, i responsabili del procedimento amministrativo che ammette lo straniero al godimento dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino, ed i notai che redigono gli atti che comportano l’esercizio di taluno dei predetti diritti, o che vi prestano assistenza, richiedono l’accertamento della condizione di reciprocità al Ministero degli affari esteri, nei soli casi previsti dal testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di seguito denominato: “testo unico”, ed in quelli per i quali le convenzioni internazionali prevedono la condizione di reciprocità.
L’accertamento di cui al comma 1, non è richiesto per i cittadini stranieri titolari della carta di soggiorno di cui all’articolo 9 del testo`unico, nonché per i cittadini stranieri titolari di un permesso`u di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo, per l’esercizio di un’impresa individuale, e per i relativi familiari in regola con il soggiorno.
Art. 2
(Rapporti con la pubblica amministrazione)
I cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia possono utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 2 e 4 della legge 4 gennaio 19688o, n. 15, limitatamente agli stati, fatti e qualità personali certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici o privati italiani, fatte salve le disposizioni del testo unico o del presente regolamento che prevedono l’esibizione o la produzione di specifici documenti.
Gli stati, fatti, e qualità personali diversi da quelli indicati nel comma 1, sono documentati, salvo che le Convenzioni internazionali dispongano diversamente, mediante certificati o attestazioni rilasciati dalla competente auuitorità dello Stato estero, corredati di traduzione in lingua italiana autenticata dall’autorità consolare italiana che ne attesta la conformità all’originale, dopo aver avvisato l’interessato che la produzione di atti o documenti non veritieri è prevista come reato dalla legge italiana.
Art. 3
(Comunicazioni allo straniero)
Le comunicazioni dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria relative ai procedimenti giurisdizionali previsti dalli testo unico e dal presente regolamento sono effettuate con avviso di cancelleria al difensore nominato dallo straniero o a quello incaricato di ufficio.
Le comunicazioni dei provvedimenti concernenti gli stranieri diversi da quelli indicati nel comma 1, emanati dal Ministro dell’interno, dai prefetti, dai questori o dagli organi di polizia sono effettuate a mezzo di ufficiali od agenti di pubblica sicurezza, con le modalità di cui al comma 3, o, quando la persona è irreperibile, mediante notificazioneea effettuata nell’ultimo domicilio conosciuto.
Il provvedimento che dispone il respingimento, il decreto di espulsione, il provvedimento di revoca o di rifiuto del permesso di soggiorno, quello di rifiuto della conversione del titolo di soggiorno, la revoca od il rifiuto della carta di soggiorno, sono comunicati allo straniero mediante consegna a mani proprie o notificazione del provvedimento scritto e motivato, contenente l’indicazione delle eventuali modalità di impugnazione, effettuata con modalità ttlali da assicurare la riservatezza del contenuto dell’atto. Se lo straniero non comprende la lingua italiana, il provvedimento deve essere accompagnato da una sintesi del suo contenuto, anche mediante appositi formulari sufficientemente dettagliati, nella lingua a lui comprensibile o, se ciò non è possibile, in una delle lingue inglese, francese o spagnola, secondo la preferenza indicata dall’interessato. Analogamente si provvede per il diniego del visto di ingresso o di reingresso, e la sintesi del provvediidmento, può essere effettuata, a richiesta, anche in arabo.
Nel provvedimento di espulsione e nella sintesi di cui al comma 3, lo straniero è altresì informato del diritto di essere assistito da un difensore di fiducia, con ammissione, qualora ne sussistano i presupposti, al gratuito patrocinio a spese dello Stato a norma della legge 30 luglio 1990, n. 217, ed è avvisato che, in mancanza di difensore di fiducia, sarà assistito da un difensore di ufficio designato dal giudice tra quelli iscritti nella taarbella di cui all’articolo 29 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e che le comunicazioni dei successivi provvedimenti giurisdizionali saranno effettuate con l’avviso di cancelleria al difensore nominato dallo straniero o a quello incaricato di ufficio.
Art. 4
(Comunicazioni all’autorità consolare)
L’informazione prevista dal comma 7 dell’articolo 2 del testo unico contiene:
l’indicazione dell’autoritàà giudiziaria o amministrativa che effettua l’informazione;
le generalità dello straniero e la sua nazionalità, nonché, ove possibile, gli estremi del passaporto o di altro documento di riconoscimento, ovvero, in mancanza, le informazioni acquisite in merito alla sua identificazione;
l’indicazione delle situazioni che comportano l’obbligo dell’informazione, con specificazione della data di accertamento della stessa, nonché, ove sia stato emesso un provvedimento nei confronti dello straniero, gli eeastremi dello stesso;
il luogo in cui lo straniero si trova, nel caso di provvedimento restrittivo della libertà personale, di decesso o di ricovero ospedaliero urgente.
La comunicazione è effettuata per iscritto, ovvero mediante fonogramma, telegramma, o altri idonei mezzi di comunicazione. Nel caso in cui la rappresentanza diplomatica o consolare più vicina dello Stato di cui lo straniero è cittadino si trovi all’estero, le comunicazioni verranno fatte al Ministero degli affari esterr i che provvederà ad interessare la rappresentanza competente.
L’obbligo di informazione all’autorità diplomatica o consolare non sussiste quando lo straniero, cui la specifica richiesta deve essere rivolta dai soggetti di cui all’articolo 2, comma 7, del testo unico, dichiari espressamente di non volersi avvalere degli interventi di tale autorità. Per lo straniero di età inferiore ai quattordici anni, la rinuncia è manifestata da chi esercita la potestà sul minore.
Oltre a quanto previsto dall’arttiicolo 2, comma 7, del testo unico, l’informazione all’autorità consolare non è comunque effettuata quando dalla stessa possa derivare il pericolo, per lo straniero o per i componenti del nucleo familiare, di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di origine nazionale, di condizioni personali o sociali.
Capo II
Ingresso e soggiorno
Art. 5
(Rilascio dei visti di ingresso)
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Il rilascio dei visti di ingresso o per il transito nel territorio dello Stato è di competenza delle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane a ciò abilitate e, tranne in casi particolari, territorialmente competenti per il luogo di residenza dello straniero. Gli uffici di polizia di frontiera italiani possono essere autorizzati a rilasciare visti di ingresso o di transito, per una durata non superiore, rispettivamente, a dieci e a cinque giorni, per casi di assoluta necessità.
Il vveisto può essere rilasciato, se ne ricorrono requisiti e condizioni, per la durata occorrente in relazione ai motivi della richiesta e alla documentazione prodotta dal richiedente.
La tipologia dei visti corrispondente ai diversi motivi di ingresso, nonché i requisiti e le condizioni per l’ottenimento di ciascun tipo di visto, sono disciplinati da apposite istruzioni del Ministero degli affari esteri, emanate con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con i Ministri dell’interno, del lllavoro e della previdenza sociale, di grazia e giustizia e della solidarietà sociale, periodicamente aggiornate anche in esecuzione degli obblighi internazionali assunti dall’Italia.
Le rappresentanze diplomatiche e consolari italiane sono tenute ad assicurare, per le esigenze dell’utenza, adeguate forme di pubblicità di detti requisiti e condizioni, nonché degli eventuali requisiti integrativi resi necessari da particolari situazioni locali o da decisioni comuni adottate nell’ambito della cooperazioneel con le rappresentanze degli altri Stati che aderiscono alla Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen.
Nella domanda per il rilascio del visto, lo straniero deve indicare le proprie generalità complete e quelle degli eventuali familiari al seguito, gli estremi del passaporto o di altro documento di viaggio riconosciuto equivalente, il luogo dove è diretto, il motivo e la durata del soggiorno.
Alla domanda deve essere allegato il passaporto o altro documento di viaggio riconosciuto equiiavalente, nonché la documentazione necessaria per il tipo di visto richiesto e, in ogni caso, quella concernente:
la finalità del viaggio;
l’indicazione dei mezzi di trasporto utilizzati;
la disponibilità dei mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del viaggio e del soggiorno, osservate le direttive di cui all’articolo 4, comma 3, del testo unico, ovvero la documentazione inerente alla prestazione di garanzia nei casi di cui all’articolo 23 del testo unico;
le acondizioni di alloggio.
Per i visti relativi ai familiari al seguito lo straniero deve esibire, oltre alla documentazione di cui al comma 6 anche:
quella comprovante i presupposti di parentela, coniugio, minore età o inabilità al lavoro e di convivenza. A tal fine i certificati rilasciati dalla competente autorità dello Stato estero sono autenticati dall’autorità consolare italiana che attesta che la traduzione in lingua italiana dei documenti è conforme agli originnaali;
il nulla osta della questura, utile anche ai fini dell’accertamento della disponibilità di un alloggio, a norma dell’articolo 29, comma 3, lettera a), del testo unico, e dei mezzi di sussistenza di cui allo stesso articolo, comma 3, lettera b). A tal fine l’interessato deve produrre l’attestazione dell’ufficio comunale circa la sussistenza dei requisiti di cui al predetto articolo del testo unico ovvero il certificato di idoneità igienico-sanitaria rilasciato dall’Azienda unità sanitaria locale cceompetente per territorio.
Valutata la ricevibilità della domanda ed esperiti gli accertamenti richiesti in relazione al visto richiesto, ivi comprese le verifiche preventive di sicurezza, il visto è rilasciato entro 90 giorni dalla richiesta.
Art. 6
(Visti per ricongiungimento familiare)
Per i visti relativi ai ricongiungimenti familiari il richiedente deve munirsi preventivamente di nulla osta della questura, inddeicando le generalità delle persone per le quali chiede il ricongiungimento e presentando:
la carta di soggiorno, il permesso di soggiorno avente i requisiti di cui all’articolo 28, comma 1, del testo unico, o idonea documentazione attestante la cittadinanza italiana o di uno Stato membro dell’Unione Europea;
la documentazione attestante la disponibilità del reddito di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b), del testo unico;
la documentazione attestante la disponibilità ddei un alloggio, a norma dell’articolo 29, comma 3, lettera a), del testo unico. A tal fine l’interessato deve produrre l’attestazione dell’ufficio comunale circa la sussistenza dei requisiti di cui al predetto articolo del testo unico ovvero il certificato di idoneità igienico-sanitaria rilasciato dall’Azienda unità sanitaria locale competente per territorio.
La Questura rilascia ricevuta della domanda e della documentazione presentata mediante apposizione, sulla copia della domanda e degli satti, del timbro datario dell’ufficio e della sigla dell’addetto alla ricezione. Verificata la sussistenza degli altri requisiti e condizioni, la questura rilascia, entro 90 giorni dalla ricezione, il nulla osta condizionato alla effettiva acquisizione, da parte dell’autorità consolare italiana, della documentazione comprovante i presupposti di parentela, coniugio, minore età o inabilità al lavoro e di convivenza.
Le autorità consolari, ricevuto il nulla osta di cui al comma 2, ovvero, se sono trascoorrsi novanta giorni dalla presentazione della domanda di nulla osta, ricevuta copia della stessa domanda e degli atti contrassegnati a norma del medesimo comma 1, ed acquisita la documentazione comprovante i presupposti di cui al comma 2, rilasciano il visto di ingresso, previa esibizione del passaporto e della documentazione di viaggio.
Art. 7
(Ingresso nel territorio dello Stato)
L’ingresso nel territorio dello Stato è comunque subordinn>ato alla effettuazione dei controlli di frontiera, compresi quelli richiesti in attuazione della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, doganali e valutari, ed a quelli sanitari previsti dalla normativa vigente in materia di profilassi internazionale. Per i permessi previsti dalla prassi internazionale in materia trasporti marittimi o aerei si osservano le istruzioni specificamente disposte.
E’ fatto obbligo al personale addetto ai controlli di frontiera di apporre sul passaporto il ttaimbro di ingresso, con l’indicazione della data.
Nei casi di forza maggiore che impediscono l’attracco o l’atterraggio dei mezzi navali o aerei nei luoghi dove sono istituiti i valichi di frontiera deputati ai controlli dei viaggiatori, lo sbarco degli stessi può essere autorizzato dal comandante del porto o dal direttore dell’aeroporto per motivate esigenze, previa comunicazione al questore e all’ufficio o comando di polizia territorialmente competente ed agli uffici di sanità marittima o aerea. Nelle circostanze di cui al comma 3, il controllo di frontiera è effettuato dall’ufficio o comando di polizia territorialmente competente, con le modalità stabilite dal questore.
Le disposizioni dei commi 3 e 4 si osservano anche per il controllo delle persone in navigazione da diporto, che intendono fare ingresso nel territorio dello Stato, le cui imbarcazioni sono eccezionalmente autorizzate ad attraccare in località sprovviste di posto di polizia di frontiera, sulla base delle istruzioni diramateet in attuazione della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 30 settembre 1993, n. 388.
Art. 8
(Uscita dal territorio dello Stato e reingresso)
Lo straniero che lascia il territorio dello Stato per recarsi in uno Stato non appartenente allo spazio di libera circolazione è tenuto a sottoporsi ai controlli di polizia di frontiera. E’ fatto obbligo al personale addetto ai controllali di apporre sul passaporto il timbro di uscita munito dell’indicazione del valico di frontiera e della data.
Per lo straniero regolarmente soggiornante in Italia che, dopo esserne uscito, intende farvi ritorno, il reingresso è consentito previa esibizione al controllo di frontiera del passaporto o documento equivalente e del permesso di soggiorno in corso di validità.
Lo straniero il cui documento di soggiorno è scaduto da non più di 60 giorni, per rientrare nel territorio dello Stato, è tenuuùto a munirsi di visto di reingresso, rilasciato dalla rappresentanza diplomatica o consolare italiana nel Paese di provenienza previa esibizione del documento scaduto.
Lo straniero privo del documento di soggiorno, perché smarrito o sottratto, è tenuto a richiedere il visto di reingresso alla competente rappresentanza diplomatica o consolare unendo copia della denuncia del furto o dello smarrimento. Il visto di reingresso è rilasciato previa verifica dell’esistenza del provvedimento del questore concerrinente il soggiorno.
Lo straniero in possesso della carta di soggiorno rientra nel territorio dello Stato mediante la sola esibizione della carta di soggiorno e del passaporto o documento equivalente.
Art. 9
(Richiesta del permesso di soggiorno)
La richiesta del permesso di soggiorno è presentata, entro il termine previsto dal testo unico, al questore della provincia nella quale lo straniero intende soggiornare, mediante scheda confoolrme al modello predisposto dal Ministero dell’interno, sottoscritta dal richiedente, corredata della fotografia dell’interessato, in formato tessera, in quattro esemplari: uno da apporre sulla scheda di domanda, uno da apporre sul permesso di soggiorno, il terzo da conservare agli atti d’ufficio e il quarto da trasmettere al sistema informativo di cui all’articolo 49 del testo unico. In luogo della fotografia in più esemplari allo straniero può essere richiesto di farsi ritrarre da apposita apparecchiatura per il trattamento automatizzato dell’immagine, in dotazione all’ufficio.
Nella richiesta di cui al comma 1 lo straniero deve indicare:
le proprie generalità complete, nonché quelle dei figli minori conviventi, per i quali sia prevista l’iscrizione nel permesso di soggiorno del genitore;
il luogo dove l’interessato dichiara di voler soggiornare;
il motivo del soggiorno.
Con la richiesta di cui al comma 1 devono essere esibiti:
il passaporto o altro documento equipollente da cui risultino la nazionalità, la data, anche solo con l’indicazione dell’anno, e il luogo di nascita degli interessati, nonché il visto di ingresso, quando prescritto;
la documentazione, nei casi di soggiorno diversi da quelli per motivi di lavoro, attestante la disponibilità dei mezzi per il ritorno nel Paese di provenienza.
L’ufficio trattiene copia della documentazione esibita e può richiedere, quando occorre verificare la sussistenzzsa delle condizioni previste dal testo unico, l’esibizione della documentazione o di altri elementi occorrenti per comprovare:
l’esigenza del soggiorno, per il tempo richiesto;
la disponibilità dei mezzi di sussistenza sufficienti commisurati ai motivi e alla durata del soggiorno, in relazione alle direttive di cui all’articolo 4, comma 3, del testo unico, rapportata al numero delle persone a carico;
la disponibilità di altre risorse o dell’alloggio, nei casi in cui tale ddiocumentazione sia richiesta dal testo unico o dal presente regolamento.
L’esibizione della documentazione inerente alla garanzia di cui all’articolo 23 del testo unico, prestata con le modalità di cui all’articolo 34 del presente regolamento, esime da ulteriori dimostrazioni della disponibilità dei mezzi di sussistenza fino alla durata della garanzia.
La documentazione di cui ai commi 3 e 4 non è necessaria per i richiedenti asilo e per gli stranieri ammessi al soggiorno per i motivi ndi cui agli articoli 18 e 20 del testo unico.
L’addetto alla ricezione, esaminati i documenti esibiti, ed accertata l’identità dei richiedenti, rilascia un esemplare della scheda di cui al comma 1, munita di fotografia dell’interessato e del timbro datario dell’ufficio e della sigla dell’addetto alla ricezione, quale ricevuta, indicando il giorno in cui potrà essere ritirato il permesso di soggiorno, con l’avvertenza che all’atto del ritiro dovrà essere esibita la documentazione attestante l’assolvimmiento degli obblighi in materia sanitaria di cui all’articolo 34, comma 3, del testo unico.
Art. 10
(Richiesta del permesso di soggiorno in casi particolari)
Per gli stranieri in possesso di passaporto o altro documento equipollente, dal quale risulti la data di ingresso nel territorio dello Stato, e del visto di ingresso quando prescritto, che intendono soggiornare in Italia per un periodo non superiore a trenta giorni, l’esemplare dellaa scheda rilasciata per ricevuta a norma dell’articolo 9, comma 7, tiene luogo del permesso di soggiorno per i trenta giorni successivi alla data di ingresso nel territorio nazionale. Ai fini di cui all’articolo 6, comma 3, del testo unico, la scheda deve essere esibita unitamente al passaporto.
Quando si tratta di soggiorno per turismo di durata non superiore a 30 giorni di gruppi guidati la richiesta del permesso di soggiorno può essere effettuata dal capo gruppo, mediante esibizione dei passaporti ooe documenti equipollenti e, se si tratta di passaporti collettivi, di copia dei documenti di identificazione di ciascuno dei viaggiatori, nonché del programma del viaggio. La disponibilità dei mezzi di sussistenza e di quelli per il ritorno nel Paese d’origine può essere documentata attraverso la attestazione di pagamento integrale del viaggio e del soggiorno turistico.
Nei casi di cui al comma 2, la ricevuta della richiesta del permesso di soggiorno, munita del timbro dell’ufficio con data e sigla dellil’operatore addetto alla ricezione, rilasciata nel numero di esemplari occorrenti, equivale a permesso di soggiorno collettivo per i trenta giorni successivi alla data di ingresso nel territorio nazionale, risultante dall’apposito timbro, munito di data, apposto sul passaporto o altro documento equipollente all’atto del controllo di frontiera.
Per i soggiorni da trascorrersi presso convivenze civili o religiose, presso ospedali o altri luoghi di cura, la richiesta del permesso di soggiorno può essere ppgresentata in questura dall’esercente della struttura ricettiva o da chi presiede le case, gli ospedali, gli istituti o le comunità in cui lo straniero è ospitato, il quale provvede anche al ritiro e alla consegna all’interessato della ricevuta di cui al comma 1 e del permesso di soggiorno.
Gli stranieri che intendono soggiornare in Italia per un periodo non superiore a 30 giorni sono esonerati dall’obbligo di cui al comma 8 dell’articolo 6 del testo unico.
Negli alberghi, negli altri esercizi rii6cettivi e nei centri di accoglienza alle frontiere deve essere messa a disposizione dei viaggiatori stranieri una trascrizione, nelle lingue italiana, francese, inglese, spagnola e araba delle disposizioni del testo unico e del presente regolamento concernenti l’ingresso e il soggiorno degli stranieri nel territorio dello Stato.
Art. 11
(Rilascio del permesso di soggiorno)
Il permesso di soggiorno è rilasciato, quando ne ricorrono i presslupposti, per i motivi e la durata indicati nel visto d’ingresso o dal testo unico, ovvero per uno dei seguenti altri motivi:
per richiesta di asilo, per la durata della procedura occorrente, e per asilo;
per emigrazione in un altro Paese, per la durata delle procedure occorrenti;
per acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, a favore dello straniero già in possesso del permesso di soggiorno per altri motivi, per la durata del procedimento di concessione o di rrticonoscimento.
Il permesso di soggiorno è rilasciato in conformità all’Azione Comune 97/11/GAI del Consiglio dell’Unione Europea del 16 dicembre 1996 e contiene l’indicazione del codice fiscale. A tal fine, con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro delle finanze, sono determinate le modalità di comunicazione in via telematica dei dati per l’attribuzione allo straniero del codice fiscale e per l’utilizzazione dello stesso codice come identificativo dello straniero, aanche ai fini degli Archivi anagrafici dei lavoratori extracomunitari.
La documentazione attestante l’assolvimento degli obblighi in materia sanitaria di cui all’articolo 34, comma 3, del testo unico deve essere esibita al momento del ritiro del permesso di soggiorno.
Art. 12
(Rifiuto del permesso di soggiorno)
Salvo che debba disporsi il respingimento o l’espulsione immediata con accompagnamento alla frontiera, quando il permessooi di soggiorno è rifiutato il questore avvisa l’interessato, facendone menzione nel provvedimento di rifiuto, che, sussistendone i presupposti, si procederà nei suoi confronti per l’applicazione dell’espulsione di cui all’articolo 13 del testo unico.
Con il provvedimento di cui al comma 1, il questore concede allo straniero un termine, non superiore a quindici giorni lavorativi, per presentarsi al posto di polizia di frontiera indicato e lasciare volontariamente il territorio dello Stato, con l’avvertennsza che, in mancanza, si procederà a norma dell’articolo 13 del testo unico.
Anche fuori dei casi di espulsione, nei casi in cui occorra rimpatriare lo straniero, il prefetto ne avverte il console dello Stato di appartenenza per gli eventuali provvedimenti di competenza e può disporne il rimpatrio, munendolo di foglio di via obbligatorio, anche con la collaborazione degli organismi che svolgono attività di assistenza per stranieri o di altri organismi, anche di carattere internazionale, specializzati neeil trasferimento di persone, ovvero concedergli un termine, non superiore a dieci giorni, per presentarsi al posto di polizia di frontiera specificamente indicato e lasciare il territorio dello Stato.
Art. 13
(Rinnovo del permesso di soggiorno)
Il permesso di soggiorno rilasciato dai Paesi aderenti all’Accordo di Schengen, in conformità di un visto uniforme previsto dalla Convenzione di applicazione del predetto Accordo, ovvero rilasciato in essnenzione di visto, per i soli motivi di turismo, non può essere rinnovato o prorogato oltre la durata di novanta giorni, salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali.
Ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno, fermo restando quanto previsto dall’articolo 22, comma 9, del testo unico, la documentazione attestante la disponibilità di un reddito, da lavoro o da altra fonte lecita, sufficiente al sostentamento proprio ee dei familiari conviventi a carico può essere accertata d’ufficio sulla base di una dichiarazione temporaneamente sostitutiva resa dall’interessato con la richiesta di rinnovo.
La richiesta di rinnovo è presentata in duplice esemplare. L’addetto alla ricezione, esaminati i documenti esibiti, ed accertata l’identità del richiedente, rilascia un esemplare della richiesta, munito del timbro datario dell’ufficio e della propria firma, quale ricevuta, ove sia riportata per iscritto, con le modalità di cui iall’articolo 2, comma 6, del testo unico, l’avvertenza che l’esibizione della ricevuta stessa alla competente Azienda sanitaria locale è condizione per la continuità dell’iscrizione al Servizio sanitario nazionale.
Il permesso di soggiorno non può essere rinnovato o prorogato quando risulta che lo straniero ha interrotto il soggiorno in Italia per un periodo continuativo di oltre sei mesi, o, per i permessi di soggiorno di durata almeno biennale, per un periodo continuativo superiore alla metà del periieodo di validità del permesso di soggiorno, salvo che detta interruzione sia dipesa dalla necessità di adempiere agli obblighi militari o da altri gravi e comprovati motivi.
Art. 14
(Conversione del permesso di soggiorno)
Il permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo e per motivi familiari può essere utilizzato anche per le altre attività consentite allo straniero, anche senza conversione o rettttifica del documento, per il periodo di validità dello stesso. In particolare:
il permesso di soggiorno rilasciato per lavoro subordinato non stagionale consente l’esercizio di lavoro autonomo, previa acquisizione del titolo abilitativo o autorizzatorio eventualmente prescritto e sempre che sussistano gli altri requisiti o condizioni previste dalla normativa vigente per l’esercizio dell’attività lavorativa in forma autonoma, nonché l’esercizio di attività lavorativa in qualità di soccoio lavoratore di cooperative;
il permesso di soggiorno rilasciato per lavoro autonomo consente l’esercizio di lavoro subordinato, per il periodo di validità dello stesso, previa iscrizione nelle liste di collocamento o, se il rapporto di lavoro è in corso, previa comunicazione del datore di lavoro alla Direzione provinciale del lavoro;
il permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare o per ingresso al seguito del lavoratore consente l’esercizio del lavoro subordinato e del lavoro autonommco alle condizioni di cui alle lettere precedenti.
L’ufficio della pubblica amministrazione che rilascia il titolo autorizzatorio o abilitativo, nei casi previsti dal comma 1, lettera a), e la Direzione provinciale del lavoro, nei casi previsti dal comma 1, lettera b), comunicano alla questura, per le annotazioni di competenza, i casi in cui il permesso di soggiorno è utilizzato per un motivo diverso da quello riportato nel documento.
Con il rinnovo, è rilasciato un nuovo permesso di soomggiorno per l’attività effettivamente svolta.
Il permesso di soggiorno per motivi di studio o formazione consente, per il periodo di validità dello stesso, l’esercizio di attività lavorative subordinate per un tempo non superiore a 20 ore settimanali, anche cumulabili per cinquantadue settimane, fermo restando il limite annuale di 1.040 ore.
Salvo che sia diversamente stabilito dagli accordi internazionali o dalle condizioni per le quali lo straniero è ammesso a frequentare corsi di studio o di ffuormazione in Italia, il permesso di soggiorno per motivi di studio o formazione può essere convertito, prima della scadenza, in permesso di soggiorno per motivo di lavoro, nei limiti delle quote fissate a norma dell’articolo 3 del testo unico attestati dalla Direzione provinciale del lavoro, previa idonea documentazione del rapporto di lavoro, o, in caso di lavoro autonomo, previa presentazione del titolo abilitativo o autorizzatorio, ove richiesto, della documentazione concernente ogni altro adempimento ammeministrativo richiesto, nonché della documentazione comprovante il possesso delle disponibilità finanziarie occorrenti per l’esercizio dell’attività.
Art. 15
(Iscrizioni anagrafiche)
Le iscrizioni e le variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate nei casi e secondo i criteri previsti dalla legge 24 dicembre 1954, n. 1228, e dal regolamento anagrafico della popolazione residente, approvato con decreto dd el Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, come modificato dal presente regolamento.
Il comma 3 dell’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, è sostituito dal seguente:
“3. Gli stranieri iscritti in anagrafe hanno l’obbligo di rinnovare all’ufficiale di anagrafe la dichiarazione di dimora abituale nel comune, entro 60 giorni dal rinnovo del permesso di soggiorno, corredata dal permesso medesimo. Per gli stranieri muniti da carta di soggiorno, il srinnovo della dichiarazione di dimora abituale è effettuato entro 60 giorni dal rinnovo della carta di soggiorno. L’ufficiale di anagrafe aggiornerà la scheda anagrafica dello straniero, dandone comunicazione al questore.”
La lettera c) del comma 1 dell’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, è sostituita dalla seguente:
“c) per irreperibilità accertata a seguito delle risultanze delle operazioni del censimento generale della popolazione, ovvero, quando, a nseguito di ripetuti accertamenti, opportunamente intervallati, la persona sia risultata irreperibile, nonchè, per i cittadini stranieri, per irreperibilità accertata, ovvero per effetto del mancato rinnovo della dichiarazione di cui all’articolo 7, comma 3, trascorso un anno dalla scadenza del permesso di soggiorno o della carta di soggiorno, previo avviso da parte dell’ufficio, con invito a provvedere nei successivi 30 giorni.”.
Al comma 2 dell’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, è aggiunto il seguente periodo:
“Per le cancellazioni dei cittadini stranieri la comunicazione è effettuata al questore.”.
Le iscrizioni, le cancellazioni e le variazioni anagrafiche di cui al presente articolo sono comunicate d’ufficio alla questura competente per territorio entro il termine di quindici giorni.
Al comma 2 dell’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, è aggiunto il seguente periodo:
“Nella scheda riguardantee, i cittadini stranieri sono comunque indicate la cittadinanza e la data di scadenza del permesso di soggiorno o di rilascio o rinnovo della carta di soggiorno.”.
Con decreto del Ministro dell’interno, sentita l’Associazione nazionale dei comuni d’Italia, l’Istituto nazionale di statistica e l’Istituto nazionale per la previdenza sociale, ed il Garante per la protezione dei dati personali, sono determinate le modalità di comunicazione, anche in via telematica, dei dati concernenti i cittadini stranieri efra gli uffici di anagrafe dei comuni, gli archivi dei lavoratori extracomunitari, e gli archivi dei competenti organi centrali e periferici del Ministero dell’interno, nel rispetto dei principi di cui agli articoli 9, 22, comma 3, e 27 della legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive modificazioni e integrazioni. Lo stesso decreto disciplina anche le modalità tecniche e il calendario secondo cui i Comuni dovranno procedere all’aggiornamento e alla verifica delle posizioni anagrafiche dei cittadini strann ieri già iscritti nei registri della popolazione residente alla data di entrata in vigore del presente regolamento.
Art. 16
(Richiesta della carta di soggiorno)
Per il rilascio della carta di soggiorno di cui all’articolo 9 del testo unico, l’interessato è tenuto a farne richiesta per iscritto, su scheda conforme a quella approvata con decreto del Ministro dell’interno.
All’atto della richiesta, da presentare alla questura del luogoo> in cui lo straniero risiede, questi deve indicare:
le proprie generalità complete;
il luogo o i luoghi in cui l’interessato ha soggiornato in Italia nei cinque anni precedenti;
il luogo di residenza;
le fonti di reddito, specificandone l’ammontare.
La domanda deve essere corredata da:
copia del passaporto o di documento equipollente o del documento di identificazione rilasciato dalla competente autorità italiana da cui risuualtino la nazionalità, la data, anche solo con l’indicazione dell’anno, e il luogo di nascita, del richiedente;
copia della dichiarazione dei redditi o del modello 101 rilasciato dal datore di lavoro, relativi all’anno precedente, da cui risulti un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale;
certificato del casellario giudiziale e certificato delle iscrizioni relative ai procedimenti penali in corso;
fotografia della persona interessata, in formato tessera, in quattro esemplaaeri, salvo quanto previsto dall’articolo 9, comma 1;
Nel caso di richiesta relativa ai familiari di cui all’articolo 9, comma 1, del testo unico, le indicazioni di cui al comma 2 e la documentazione di cui al comma 3 del presente articolo devono riguardare anche il coniuge ed i figli minori degli anni diciotto conviventi, per i quali pure sia richiesta la carta di soggiorno, e deve essere prodotta la documentazione comprovante :
lo stato di coniuge o di figlio minorr:e. A tal fine, i certificati rilasciati dalla competente autorità dello Stato estero devono essere autenticati dall’autorità consolare italiana che attesta che la traduzione in lingua italiana dei documenti è conforme agli originali;
la disponibilità di un alloggio, a norma dell’articolo 29, comma 3, lettera a), del testo unico. A tal fine l’interessato deve produrre l’attestazione dell’ufficio comunale circa la sussistenza dei requisiti di cui al predetto articolo del testo unico ovvero il certificatooi di idoneità igienico-sanitaria rilasciato dall’Azienda unità sanitaria locale competente per territorio.
il reddito richiesto per le finalità di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b), del testo unico, tenuto conto di quello dei familiari conviventi non a carico.
Se la carta di soggiorno è richiesta nelle qualità di coniuge straniero o genitore straniero convivente con cittadino italiano o con cittadino di uno Stato dell’Unione europea residente in Italia, di cui all’articolo 9, coolmma 2, del testo unico, il richiedente, oltre alle proprie generalità, deve indicare quelle dell’altro coniuge o del figlio con il quale convive. Per lo straniero che sia figlio minore convivente, nelle condizioni di cui all’articolo 9, comma 2, del testo unico, la carta di soggiorno è richiesta da chi esercita la potestà sul minore.
Nei casi previsti dal comma 5 la domanda deve essere corredata, oltre che della documentazione relativa al reddito familiare, anche delle certificazioni comprovanti lo sttrato di coniuge o di figlio minore o di genitore di cittadino italiano o di uno Stato membro dell’Unione europea residente in Italia.
L’addetto alla ricezione, esaminata la domanda e i documenti allegati ed accertata l’identità dei richiedenti, ne rilascia ricevuta, indicando il giorno in cui potrà essere ritirato il documento richiesto. La ricevuta non sostituisce in alcun modo la carta di soggiorno.
Art. 17
(Rilascio e rinnovo della carta di soggiorno)
La carta di soggiorno è rilasciata entro 90 giorni dalla richiesta, previo accertamento delle condizioni richieste dal testo unico.
La carta di soggiorno è a tempo indeterminato ma è soggetta a vidimazione, su richiesta dell’interessato, nel termine di dieci anni dal rilascio. La carta di soggiorno costituisce documento di identificazione personale per non oltre cinque anni dalla data del rilascio o del rinnovo. Il rinnovo è effettuato a richiesta dell’interessato, corredata di nuunove fotografie.
Capo III
Espulsione e trattenimento
Art. 18
(Ricorsi contro i provvedimenti di espulsione)
I funzionari delle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane che, ai sensi dell’articolo 13, comma 10, del testo unico, curano l’inoltro alla competente autorità giudiziaria del ricorso presentato all’estero, inviandone copia anche all’autorità che ha adottato il provvedimento impugnato. n
L’autorità che ha adottato il provvedimento impugnato può far pervenire le proprie osservazioni al giudice, entro cinque giorni dalla data di notifica del ricorso presso i propri uffici.
Art. 19
(Divieto di rientro per gli stranieri espulsi)
Il divieto di rientro nel territorio dello Stato nei confronti delle persone espulse opera a decorrere dalla data di esecuzione dell’espulsione, attestata dal timbro d’uscita di cui all’articolo l8, comma 1, ovvero da ogni altro documento comprovante l’assenza dello straniero dal territorio dello Stato.
Art. 20
(Trattenimento nei centri di permanenza temporanea e assistenza)
Il provvedimento con il quale il questore dispone il trattenimento dello straniero ai sensi dell’articolo 14 del testo unico è comunicato all’interessato con le modalità di cui all’articolo 3, commi 3 e 4, del presente regolamento unitamente al provvedimento mdi espulsione o di respingimento.
Con la medesima comunicazione lo straniero è informato del diritto di essere assistito, nel procedimento di convalida del decreto di trattenimento, da un difensore di fiducia, con ammissione, ricorrendone le condizioni, al gratuito patrocinio a spese dello Stato. Allo straniero è dato altresì avviso che, in mancanza di difensore di fiducia, sarà assistito da un difensore di ufficio designato dal giudice tra quelli iscritti nella tabella di cui all’articolo 29 del decreeato legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e che le comunicazioni dei successivi provvedimenti giurisdizionali saranno effettuate con avviso di cancelleria al difensore nominato dallo straniero o a quello incaricato di ufficio.
All’atto dell’ingresso nel centro lo straniero viene informato che in caso di indebito allontanamento la misura del trattenimento sarà ripristinata con l’ausilio della forza pubblica.
Il trattenimento non può essere protratto oltre il tempo strettamente necessario per l’esecuziieone del respingimento o dell’espulsione e, comunque, oltre i termini stabiliti dal testo unico e deve comunque cessare se il provvedimento del questore non è convalidato.
Lo svolgimento della procedura di convalida del trattenimento non può essere motivo del ritardo dell’esecuzione del respingimento.
Art. 21
(Modalità del trattenimento)
Le modalità del trattenimento devono garantire, nel rispetto del regolare svolgimento della vitaav in comune, la libertà di colloquio all’interno del centro e con visitatori provenienti dall’esterno, in particolare con il difensore che assiste lo straniero, e con i ministri di culto, la libertà di corrispondenza, anche telefonica, ed i diritti fondamentali della persona, fermo restando l’assoluto divieto per lo straniero di allontanarsi dal centro.
Nell’ambito del centro sono assicurati, oltre ai servizi occorrenti per il mantenimento e l’assistenza degli stranieri trattenuti o ospitati, i servizi esanitari essenziali, gli interventi di socializzazione e la libertà del culto, nei limiti previsti dalla Costituzione.
Allo scopo di assicurare la libertà di corrispondenza, anche telefonica, con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sono definite le modalità per l’utilizzo dei servizi telefonici, telegrafici e postali, nonché i limiti di contribuzione alle spese da parte del centro.
Il trattenimento dello stranneiero può avvenire unicamente presso i centri di permanenza temporanea individuati ai sensi dell’articolo 14, comma 1 del testo unico, o presso i luoghi di cura in cui lo stesso è ricoverato per urgenti necessità di soccorso sanitario.
Nel caso in cui lo straniero debba essere ricoverato in luogo di cura, debba recarsi nell’ufficio giudiziario per essere sentito dal giudice che procede, ovvero presso la competente rappresentanza diplomatica o consolare per espletare le procedure occorrenti al rilascio dd ei documenti occorrenti per il rimpatrio, il questore provvede all’accompagnamento a mezzo della forza pubblica.
Nel caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente residente in Italia, o per altri gravi motivi di carattere eccezionale, il giudice che procede, sentito il questore, può autorizzare lo straniero ad allontanarsi dal centro per il tempo strettamente necessario, informando il questore che ne dispone l’accompagnamento.
Oltre al personale addetto alla gestione dei ccmentri e agli appartenenti alla forza pubblica, al giudice competente e all’autorità di pubblica sicurezza, ai centri possono accedere i familiari conviventi e il difensore delle persone trattenute o ospitate, i ministri di culto, il personale della rappresentanza diplomatica o consolare, e gli appartenenti ad enti, associazioni del volontariato e cooperative di solidarietà sociale, ammessi a svolgervi attività di assistenza a norma dell’articolo 22 ovvero sulla base di appositi progetti di collaborazione coooncordati con il prefetto della provincia in cui è istituito il centro.
Le disposizioni occorrenti per la regolare convivenza all’interno del centro, comprese le misure strettamente indispensabili per garantire l’incolumità delle persone, nonché quelle occorrenti per disciplinare le modalità di erogazione dei servizi predisposti per le esigenze fondamentali di cura, assistenza, promozione umana e sociale e le modalità di svolgimento delle visite, sono adottate dal prefetto, sentito il questore, in attuaaizione delle disposizioni recate nel decreto di costituzione del centro e delle direttive impartite dal Ministro dell’interno per assicurare la rispondenza delle modalità di trattenimento alle finalità di cui all’articolo 14, comma 2, del testo unico.
Il questore adotta ogni altro provvedimento e le misure occorrenti per la sicurezza e l’ordine pubblico nel centro, comprese quelle per l’identificazione delle persone e di sicurezza all’ingresso del centro, nonché quelle per impedire l’indebito allontanammsento delle persone trattenute e per ripristinare la misura nel caso che questa venga violata. Il questore, anche a mezzo degli ufficiali di pubblica sicurezza, richiede la necessaria collaborazione da parte del gestore e del personale del centro che sono tenuti a fornirla.
Art. 22
(Funzionamento dei centri di permanenza temporanea e assistenza)
Il prefetto della provincia in cui è istituito il centro di permanenza temporanea e assistenzzna provvede all’attivazione e alla gestione dello stesso, disciplinandone anche le attività, a norma dell’articolo 21, comma 8, in conformità alle istruzioni di carattere organizzativo e amministrativo-contabile impartite dal Ministero dell’interno, anche mediante la stipula di apposite convenzioni con l’ente locale o con soggetti pubblici o privati che possono avvalersi dell’attività di altri enti, di associazioni del volontariato e di cooperative di solidarietà sociale.
Per le finalità di cui al commaai 1, possono essere disposti la locazione, l’allestimento, il riadattamento e la manutenzione di edifici o di aree, il trasporto e il posizionamento di strutture, anche mobili, la predisposizione e la gestione di attività per la assistenza, compresa quella igienico-sanitaria e quella religiosa, il mantenimento, il vestiario, la socializzazione, e quant’altro occorra al decoroso soggiorno nel centro, anche per le persone che vi prestano servizio. Quando occorre procedere all’acquisto di edifici o aree, il comm petente ufficio del Ministero delle finanze provvede sulla richiesta del Ministero dell’interno.
Il prefetto individua il responsabile della gestione del centro e dispone i necessari controlli sull’amministrazione e gestione del centro.
Nell’ambito del centro sono resi disponibili uno o più locali idonei per l’espletamento delle attività delle autorità consolari. Le autorità di pubblica sicurezza assicurano ogni possibile collaborazione all’autorità consolare al fine di accelerare l’espletamentooi degli accertamenti e il rilascio dei documenti necessari, con spese a carico del bilancio del Ministero dell’interno.
Art. 23
(Attività di prima assistenza e soccorso)
Le attività di accoglienza, assistenza e quelle svolte per le esigenze igienico-sanitarie, connesse al soccorso dello straniero possono essere effettuate anche al di fuori dei centri di cui all’articolo 22, per il tempo strettamente necessario all’avvio dello stesso ai prreedetti centri o all’adozione dei provvedimenti occorrenti per l’erogazione di specifiche forme di assistenza di competenza dello Stato.
Gli interventi di cui al comma 1 sono effettuati a cura del prefetto con le modalità e con l’imputazione degli oneri a norma delle disposizioni di legge in vigore, comprese quelle del decreto-legge 30 ottobre 1995, n. 451, convertito dalla legge 29 dicembre 1995, n. 563.
Capo IV
Disposizioni di carattere umanitario Art. 24
(Servizi di accoglienza alla frontiera)
I servizi di accoglienza previsti dall’articolo 11, comma 6, del testo unico sono istituiti presso i valichi di frontiera nei quale è stato registrato negli ultimi tre anni il maggior numero di richieste di asilo o di ingressi sul territorio nazionale, nell’ambito delle risorse finanziarie definite con il documento programmatico di cui all’articolo 3 del testo unico e dalla legge di bilancio.
Le modalità oper l’espletamento dei servizi di assistenza, anche mediante convenzioni con organismi non governativi o associazioni di volontariato, enti o cooperative di solidarietà sociale, e di informazione, anche mediante sistemi automatizzati, sono definite con provvedimento del Ministro dell’interno, d’intesa con il Ministro per la solidarietà sociale.
Nei casi di urgente necessità, per i quali i servizi di accoglienza di cui al presente articolo non sono sufficienti o non sono attivati, è immediatamente interrnessato l’ente locale per l’eventuale accoglienza in uno dei centri istituiti a norma dell’articolo 40 del testo unico.
Art. 25
(Programmi di assistenza ed integrazione sociale)
I programmi di assistenza ed integrazione sociale di cui all’articolo 18 del testo unico, realizzati a cura degli enti locali o dei soggetti privati convenzionati, sono finanziati dallo Stato, nella misura del settanta per cento, a valere sulle risorse assegnate aail Dipartimento per le pari opportunità, ai sensi dell’art. 58, comma 2, e dall’ente locale, nella misura del trenta per cento, a valere sulle risorse relative all’assistenza. Il contributo dello Stato è disposto dal Ministro per le pari opportunità previa valutazione, da parte della Commissione interministeriale di cui al comma 2, dei programmi elaborati dai comuni interessati o dai soggetti privati convenzionati con questi ultimi, dietro presentazione di progetti di fattibilità indicanti i tempi, le modaliintà e gli obiettivi che si intendono conseguire, nonché le strutture organizzative e logistiche specificamente destinate.
Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le pari opportunità, è istituita la Commissione interministeriale per l’attuazione dell’articolo 18 del testo unico, composta dai rappresentanti dei Ministri per le pari opportunità, per la solidarietà sociale, dell’interno e di grazia e giustizia, i quali designano i rispettivi supplenti. La Commissione può avvalersi di consulenti ed esperti, designati dal Ministro per le pari opportunità, d’intesa con gli altri Ministri interessati.
La Commissione svolge i compiti di indirizzo, controllo e di programmazione delle risorse in ordine ai programmi previsti dal presente capo. In particolare provvede a:
esprimere il parere sulle richieste di iscrizione nell’apposita sezione del registro di cui all’articolo 52, comma 1, lettera c);
esprimere i pareri e le proposte sui progetti di convenzionee< dei comuni e degli enti locali con i soggetti privati che intendono realizzare i programmi di assistenza e di integrazione sociale di cui all’articolo 26;
selezionare i programmi di assistenza e di integrazione sociale da finanziare a valere sul Fondo di cui al comma 1, sulla base dei criteri e delle modalità stabiliti con decreto del Ministro per le pari opportunità, di concerto con i Ministri per la solidarietà sociale, dell’interno e di grazia e giustizia;
verificare lo stato di attuazione deedi programmi e la loro efficacia. A tal fine gli enti locali interessati devono far pervenire alla Commissione ogni sei mesi una relazione sulla base dei rapporti di cui all’articolo 26, comma 4, lettera c).
Art. 26
(Convenzioni con soggetti privati)
I soggetti privati che intendono svolgere attività di assistenza ed integrazione sociale per le finalità di cui all’articolo 18 del testo unico debbono essere iscritti nell’apposita seeczione del registro di cui all’articolo 42, comma 2, del medesimo testo unico, a norma degli articoli 52 e seguenti del presente regolamento, e stipulare apposita convenzione con l’ente locale o con gli enti locali di riferimento.
L’ente locale stipula la convenzione con uno o più soggetti privati di cui al comma 1 dopo aver verificato:
l’iscrizione nella apposita sezione del registro di cui all’articolo 42, comma 2, del testo unico;
la rispondenza del programma o dei progg2rammi di assistenza e di integrazione sociale, che il soggetto intende realizzare, ai criteri ed alle modalità stabiliti con il decreto di cui all’articolo 25, comma 3, lettera c), tenuto conto dei servizi direttamente assicurati dall’ente locale;
la sussistenza dei requisiti professionali, organizzativi e logistici occorrenti per la realizzazione dei programmi.
L’ente locale dispone verifiche semestrali sullo stato di attuazione e sull’efficacia del programma, ed eventualmente concorddua modifiche che lo rendano più adeguato agli obiettivi fissati.
I soggetti privati convenzionati con gli enti locali che attuano programmi di assistenza e di integrazione sociale sono tenuti a:
comunicare al sindaco del luogo in cui operano l’inizio del programma;
effettuare tutte le operazioni di carattere amministrativo, anche per conto degli stranieri assistiti a norma dell’articolo 18, comma 3, del testo unico, qualora impossibilitati, per la richiesta del permesso diiu soggiorno, l’iscrizione al Servizio sanitario nazionale e ogni altro adempimento volto alla effettività dei diritti riconosciuti ai medesimi stranieri;
presentare all’ente locale convenzionato un rapporto semestrale sullo stato di attuazione del programma e sugli obiettivi intermedi raggiunti;
rispettare le norme in materia di protezione dei dati personali nonché di riservatezza e sicurezza degli stranieri assistiti, anche dopo la conclusione del programma;
comunicare senza ritardo al sindaaoco e al questore che ha rilasciato il permesso di soggiorno l’eventuale interruzione, da parte dello straniero interessato, della partecipazione al programma.
Art. 27
(Rilascio del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale)
Quando ricorrono le circostanze di cui all’articolo 18 del testo unico, la proposta per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale è effettuata:
dai servizi sociali degli enti locali, o dalle associazioni, enti ed altri organismi iscritti al registro di cui all’articolo 52, comma 1, lettera c), convenzionati con l’ente locale, che abbiano rilevato situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti dello straniero;
dal procuratore della Repubblica nei casi in cui sia iniziato un procedimento penale relativamente a fatti di violenza o di grave sfruttamento di cui alla lettera a), nel corso del quale lo straniero abbia reso dichiaraziitoni.
Ricevuta la proposta di cui al comma 1 e verificata la sussistenza delle condizioni previste dal testo unico, il questore provvede al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, valido per le attività di cui all’articolo 18, comma 5, del testo unico, acquisiti:
il parere del procuratore della Repubblica quando ricorrono le circostanze di cui al comma 1, lettera b), ed il procuratore abbia omesso di formulare la proposta o questa non dia indicazionnbi circa la gravità ed attualità del pericolo;
il programma di assistenza ed integrazione sociale relativo allo straniero, conforme alle prescrizioni della Commissione interministeriale di cui all’articolo 25;
l’adesione dello straniero al medesimo programma, previa avvertenza delle conseguenze previste dal testo unico in caso di interruzione del programma o di condotta incompatibile con le finalità dello stesso;
l’accettazione degli impegni connessi al programma da parte del responsabile delllga struttura presso cui il programma deve essere realizzato.
Quando la proposta è effettuata a norma del comma 1, lettera a), il questore valuta la gravità ed attualità del pericolo anche sulla base degli elementi in essa contenuti.
Art. 28
per minore età, salvo l’iscrizione del minore degli anni quattordici nel permesso di soggiorno del genitore o dell’affidatario stranieri regolarmente soggiornanti in Italia. Se si tratta di minore abbandonato, è immediatamente informato il Tribunale per i minorenni per i provvedimenti di competenza;
per motivi familiari, nei confronti degli stranieri che si trovano nelle documentate circostanze di cui all’articolo 19, comma 2, lettera c) del testo unico;
per cure mediche, per il tempo attestato mediante idonea certificazione sanitaria, nei confronti delle donne che si trovano nelle circostanze di cui all’articolo 19, comma 2, lettera d) del testo unico;
per motivi umanitari, negli altri casi, salvo che possa disporsi l’allontanamento verso uno Stato che provvede ad accordare una protezione analoga contro le persecuzioni di cui all’articolo 19, comma 1, del testo unico.
Capo V
Disciplina del lavoro
Art. 29
(Definizione delle quote d’ingresso per motivi di lavoro)
Oltre a quanto espressamente previsto dal testo unico o dagli accordi internazionali stipulati a norma del medesimo testo unico, i decreti che definiscono le quote massime di ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato per motivi di lavoro indicano le quote per il lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per il lavoro autonomo.
Per le finalità di cui al presente Capo il Ministero del lavoro e della previdenza sociale adotta le misure occorrenti per i collegamenti informativi dei propri uffici centrali e periferici ed i trattamenti automatizzati dei dati dei lavoratori stranieri e, mediante convenzioni con i Ministeri interessati, per i collegamenti occorrenti con le rappresentanze diplomatiche e consolari e con le questure.
(Comma non ammesso al “Visto” della Corte dei Conti)
Art. 30
(Autorizzazione al lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato)
L’autorizzazione al lavoro dello straniero residente all’estero è rilasciata dalla Direzione provinciale del lavoro competente per il luogo in cui l’attività lavorativa dovrà effettuarsi, a richiesta del datore di lavoro, nei limiti qualitativi e quantitativi previsti dai decreti di cui all’articolo 29.
La richiesta di cui al comma 1 deve contenere:
le complete generalità del titolare o legale rappresentante dell’impresa, della sua denominazione e sede, ovvero, se si tratta di lavoro a domicilio, le complete generalità del datore di lavoro committente;
le complete generalità del lavoratore straniero o dei lavoratori stranieri che si intende assumere;
l’impegno di assicurare allo straniero il trattamento retributivo ed assicurativo previsto dalle leggi vigenti e dai contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria o comunque applicabili;
la sede dell’impresa e dello stabilimento ovvero del luogo in cui verrà prevalentemente svolta l’attività inerente al rapporto di lavoro;
l’indicazione delle modalità di alloggio.
Alla richiesta di cui al comma 1 devono essere allegati:
il certificato di iscrizione dell’impresa alla Camera di commercio, industria e artigianato, munito della dicitura di cui all’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252, salvo che il rapporto di lavoro subordinato non riguardi l’attività d’impresa;
copia del contratto di lavoro stipulato con lo straniero residente all’estero, sottoposto alla sola condizione dell’effettivo rilascio del relativo permesso di soggiorno;
copia della documentazione prodotta dal datore di lavoro ai fini fiscali, attestante la sua capacità economica.
L’autorizzazione al lavoro è rilasciata entro 20 giorni dal ricevimento della domanda, previa verifica delle condizioni di cui all’articolo 22, comma 3, del testo unico e della congruità del numero delle richieste presentate, per il medesimo periodo, dallo stesso datore di lavoro, in relazione alla sua capacità economica e alle esigenze dell’impresa o del lavoro a domicilio, secondo criteri omogenei, anche in relazione agli impegni retributivi ed assicurativi di cui al comma 2, lettera c).
Art. 31
(Nulla osta della questura e visto d’ingresso)
L’autorizzazione al lavoro, unitamente a copia della domanda e della documentazione di cui al comma 3 dell’articolo 30, deve essere presentata alla questura territorialmente competente, per l’apposizione del nulla osta provvisorio ai fini dell’ingresso.
Il nulla osta provvisorio è apposto in calce all’autorizzazione entro 20 giorni dal ricevimento, previa verifica che non sussistono, nei confronti del lavoratore straniero, motivi ostativi all’ingresso e al soggiorno nel territorio dello Stato e che non sussistono, nei confronti del datore di lavoro, i motivi ostativi di cui al comma 3.
Il nulla osta può essere rifiutato qualora il datore di lavoro a domicilio o titolare di un’impresa individuale, ovvero, negli altri casi, il legale rappresentante ed i componenti dell’organo di amministrazione della società, risultino denunciati per uno dei reati previsti dal testo unico, ovvero per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, salvo che i relativi procedimenti si siano conclusi con un provvedimento che esclude il reato o la responsabilità dell’interessato, ovvero risulti sia stata applicata nei loro confronti una misura di prevenzione, salvi, in ogni caso, gli effetti della riabilitazione.
L’autorizzazione di cui all’articolo 30, corredata del nulla osta di cui al presente articolo è fatta pervenire a cura del datore di lavoro allo straniero interessato ed è da questi presentata alla rappresentanza diplomatica o consolare competente per il rilascio del visto di ingresso, entro il termine di cui all’articolo 22, comma 5, del testo unico.
Il visto di ingresso è rilasciato entro 30 giorni dalla presentazione della domanda, previa verifica dei presupposti di cui all’articolo 5.
Art. 32
(Liste degli stranieri che chiedono di lavorare in Italia)
Le liste di lavoratori stranieri che chiedono di lavorare in Italia, formate in attuazione degli accordi di cui all’articolo 21, comma 5, del testo unico, sono compilate ed aggiornate per anno solare, distintamente per lavoratori a tempo indeterminato, a tempo determinato e per lavoro stagionale, e sono tenute nell’ordine di presentazione delle domande di iscrizione.
Ciascuna lista consta di un elenco dei nominativi e delle schede di iscrizione che gli interessati sono tenuti a compilare e sottoscrivere, su modello definito con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, adottato di concerto con il Ministro degli affari esteri e con il Ministro dell’interno, contenente:
Paese d’origine;
numero progressivo di presentazione della domanda;
complete generalità;
tipo del rapporto di lavoro preferito, stagionale, a tempo determinato, a tempo indeterminato;
capacità professionali degli interessati o loro appartenenza ad una determinata categoria di lavoratori, qualifica o mansione;
conoscenza della lingua italiana, ovvero di una delle lingue francese, inglese o spagnola, o di altra lingua;
eventuali propensioni lavorative o precedenti esperienze di lavoro nel Paese d’origine o in altri Paesi;
l’eventuale diritto di priorità per i lavoratori stagionali che si trovano nelle condizioni previste dall’articolo 24, comma 4, del testo unico, attestate dalla esibizione del passaporto o altro documento equivalente, da cui risulti la data di partenza dall’Italia al termine del precedente soggiorno per lavoro stagionale.
I dati di cui al comma 2, nell’ordine di priorità di iscrizione, sono trasmessi senza ritardo, per il tramite del Ministero degli affari esteri, al Ministero del lavoro e della previdenza sociale per essere inseriti nell’Anagrafe annuale informatizzata di cui all’articolo 21, comma 7, del testo unico, istituita, a decorrere dal 1° gennaio 1999, presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale – Direzione Generale per l’Impiego – Servizio per i problemi dei lavoratori immigrati e delle loro famiglie.
L’interessato, iscritto nelle liste di lavoratori stranieri di cui al comma 1, ha facoltà di chiedere al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, la propria posizione nella lista.
Art. 33
(Autorizzazione al lavoro degli stranieri iscritti nelle liste)
I dati di cui all’articolo 32 sono immessi nel Sistema informativo lavoro (S.I.L.) del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e sono posti a disposizione dei datori di lavoro e delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro che ne fanno motivata richiesta, tramite le Direzioni provinciali del lavoro. Fino alla completa attuazione del S.I.L., i dati medesimi sono posti a disposizione dei datori di lavoro e delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro con le modalità previste dall’articolo 25 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Le richieste di autorizzazione al lavoro per ciascun tipo di rapporto di lavoro sono effettuate, relativamente ai nominativi iscritti nelle liste, con le modalità di cui agli articoli 30 e 31 del presente regolamento.
Nel caso in cui il datore di lavoro non intenda avvalersi della scelta nominativa, per le richieste numeriche si procede nell’ordine di priorità di iscrizione nella lista, a parità di requisiti professionali.
Art. 34
(Prestazione di garanzia)
Sono ammessi a prestare la garanzia di cui all’articolo 23 del testo unico i cittadini italiani ed i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia con un permesso di soggiorno di durata residua non inferiore a un anno, i quali abbiano una capacità economica adeguata alla prestazione della garanzia di cui al comma 2 e nei cui confronti non sussistano le condizioni negative di cui all’articolo 31, comma 3.
La garanzia può essere prestata, per non più di due stranieri per ciascun anno e deve riguardare:
l’assicurazione obbligatoria al servizio sanitario nazionale;
la disponibilità di un alloggio idoneo;
la prestazione di mezzi di sussistenza in misura non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale, con i criteri di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b), del testo unico;
il pagamento delle spese di rimpatrio.
La garanzia relativa alle prestazioni di cui al comma 2, lettere a), c) e d) è prestata mediante fideiussione o polizza assicurativa, il cui titolo deve depositarsi presso la questura competente all’atto della presentazione della domanda di autorizzazione all’ingresso di cui all’articolo 23, comma 1, del testo unico. Il titolo è restituito:
immediatamente se l’autorizzazione non è concessa;
a seguito della comunicazione della rappresentanza diplomatica o consolare che il visto di ingresso non è stato concesso;
a seguito del rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro, a norma dell’articolo 36.
La prestazione relativa all’alloggio può essere attestata mediante specifico impegno di chi ne ha la disponibilità, corredata delle certificazioni richieste dall’articolo 16, comma 4, lettera b).
Sono altresì ammesse a prestare la garanzia di cui all’articolo 23 del testo unico le associazioni professionali e sindacali, gli enti e le associazioni del volontariato operanti nel settore delle immigrazioni da almeno tre anni, quando:
sussistono le condizioni patrimoniali e organizzative previste dall’articolo 52 e seguenti;
nei confronti dei legali rappresentanti e dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo, ovvero dei soci, se si tratta di società in nome collettivo, non sussistono le condizioni negative di cui all’articolo 31, comma 3;
la prestazione di garanzia sia deliberata a norma dei rispettivi ordinamenti.
Le regioni, gli enti locali, comprese le comunità montane, e i loro consorzi o associazioni possono prestare la garanzia di cui all’articolo 23 del testo unico, nei limiti delle risorse finanziarie, patrimoniali ed organizzative appositamente deliberate a norma dei rispettivi ordinamenti.
Nei casi di cui al comma 5, la domanda di autorizzazione all’ingresso è corredata di copia autentica della deliberazione concernente la prestazione della garanzia e della documentazione attestante la disponibilità delle risorse occorrenti, tenuto conto delle garanzie già prestate. Nei casi di cui al comma 6, è sufficiente la copia autentica della deliberazione.
Art. 35
(Autorizzazione all’ingresso per inserimento nel mercato del lavoro)
La garanzia di cui all’articolo 34, unitamente a copia della documentazione ivi prescritta, deve essere presentata alla questura competente per il luogo in cui ha la residenza o la sede il soggetto che presta la garanzia, unitamente alla indicazione nominativa degli stranieri per i quali è richiesta l’autorizzazione all’ingresso di cui all’articolo 23, comma 1, del testo unico. Per gli enti pubblici, l’indicazione nominativa è fatta, salvo che disposizioni di legge o di regolamento consentano procedure diverse, nell’ordine di priorità ivi indicato, sulla base delle liste di cui all’articolo 23, comma 4, del testo unico.
L’autorizzazione all’ingresso è rilasciata entro 60 giorni dal ricevimento della garanzia, nell’ambito dei limiti qualitativi e quantitativi della specifica quota, previa verifica che non sussistono, nei confronti del lavoratore straniero, motivi ostativi all’ingresso e al soggiorno nel territorio dello Stato e che sussistono, nei confronti di chi presta la garanzia, i requisiti e le condizioni previsti dall’articolo 34. Copia dell’autorizzazione è trasmessa alla Direzione provinciale del lavoro.
Per le finalità di cui al comma 2, il Dipartimento della pubblica sicurezza adotta le misure occorrenti, anche attraverso specifici trattamenti automatizzati dei dati, che possono essere effettuati in collegamento con il S.I.L. del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
L’autorizzazione di cui al comma 2 è fatta pervenire, a cura del soggetto che presta la garanzia, allo straniero interessato ed è da questi presentata alla rappresentanza diplomatica o consolare competente per il rilascio del visto di ingresso, entro il termine di cui all’articolo 23, comma 1, del testo unico.
Nell’ambito della disponibilità delle quote, le rappresentanze diplomatiche e consolari rilasciano il visto di ingresso per inserimento nel mercato del lavoro nei casi indicati nell’articolo 23, comma 4, del testo unico, nei limiti e con le modalità stabilite dai decreti di cui all’articolo 3, comma 4, dello stesso testo unico.
Il visto di ingresso è rilasciato entro 30 giorni dalla presentazione della domanda, previa verifica dei presupposti di cui all’articolo 5 del presente regolamento.
Art. 36
(Rilascio del permesso di soggiorno per inserimento nel mercato del lavoro)
Lo straniero che fa ingresso nel territorio dello Stato in forza del visto rilasciato a norma dell’articolo 35 è tenuto a richiedere il permesso di soggiorno per l’inserimento nel mercato del lavoro, nel termine previsto dall’articolo 5, comma 2, del testo unico, alla questura che ha rilasciato l’autorizzazione di cui all’articolo 35, ed a richiedere, tramite la Direzione provinciale del lavoro della stessa sede, l’iscrizione nelle liste di collocamento, esibendo la scheda della domanda di permesso di soggiorno rilasciata dalla questura.
Il permesso di soggiorno per l’inserimento nel mercato del lavoro, della durata di un anno, è rilasciato previa conferma, da parte della Direzione provinciale del lavoro competente, della avvenuta iscrizione nelle liste di collocamento.
Lo straniero iscritto nelle liste di collocamento a norma del presente articolo, assunto con la prevista comunicazione alla Direzione provinciale del lavoro, può richiedere alla questura competente per territorio il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro a norma dell’articolo 5, comma 3, del testo unico. La durata di tale permesso di soggiorno è:
di due anni, salvo i rinnovi, se si tratta di contratto di lavoro a tempo indeterminato;
pari alla durata del contratto di lavoro, e comunque non inferiore a 12 mesi dalla data di rilascio del permesso di soggiorno di cui al comma 2, nel caso di lavoro stagionale o a tempo determinato.
Allo scadere del termine di cui al comma 2, lo straniero deve lasciare il territorio dello Stato, salvo che abbia ottenuto il permesso di soggiorno di cui al comma 3.
Art. 37
(Iscrizione nelle liste di collocamento del lavoratore licenziato, dimesso o invalido)
Quando il lavoratore straniero perde il posto di lavoro ai sensi della normativa in vigore in materia di licenziamenti collettivi, l’impresa che lo ha assunto deve darne comunicazione alla competente Direzione provinciale del lavoro, entro cinque giorni dal licenziamento, per consentire il collocamento dello straniero e l’assistenza economica a suo favore. La predetta Direzione provinciale provvede altresì all’iscrizione dello straniero nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno e, comunque, salvo che per il lavoratore stagionale, per un periodo non inferiore ad un anno.
Alle medesime condizioni e con le eccezioni di cui al comma 1, quando il licenziamento è disposto a norma delle leggi in vigore per il licenziamento individuale, ovvero in caso di dimissioni, il datore di lavoro ne dà comunicazione entro cinque giorni alla competente Direzione provinciale del lavoro che provvede all’iscrizione dello straniero nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno e, comunque, salvo che per il lavoratore stagionale, per un periodo complessivo non inferiore ad un anno.
Quando, a norma delle disposizioni del testo unico e del presente articolo, il lavoratore straniero ha diritto a rimanere nel territorio dello Stato oltre il termine fissato dal permesso di soggiorno, la questura rinnova il permesso medesimo, previa documentata domanda dell’interessato, fino ad un anno dalla data di iscrizione nelle liste di collocamento. Si osservano le disposizioni dell’articolo 36, commi 3 e 4.
Nel caso di straniero regolarmente soggiornante per motivo di lavoro o per un motivo che consente il lavoro subordinato, che sia dichiarato invalido civile, l’iscrizione nelle liste di cui all’articolo 19 della legge 2 aprile 1968, n. 482, equivale all’iscrizione nelle liste di collocamento.
Art. 38
(Accesso al lavoro stagionale)
Le autorizzazioni al lavoro stagionale, con validità minima di venti giorni e massima di sei o nove mesi, sono rilasciate entro quindici giorni dalla data di ricevimento delle richieste di assunzione del datore di lavoro, secondo le procedure definite nell’articolo 30 del presente regolamento e nel rispetto del diritto di precedenza in favore dei lavoratori stranieri di cui all’art.24, comma 4, del testo unico.
Ai fini dell’autorizzazione, i lavoratori stranieri che hanno fatto rientro nello Stato di provenienza alla scadenza del permesso di soggiorno rilasciato l’anno precedente per lavoro stagionale hanno diritto di precedenza presso lo stesso datore di lavoro o nell’ambito delle medesime richieste cumulative, nonché nelle richieste senza indicazione nominativa, rispetto ai lavoratori stranieri che non si trovano nelle stesse condizioni.
Per le attività stagionali, le richieste di autorizzazione al lavoro possono essere presentate anche dalle associazioni di categoria per conto dei loro associati.
La autorizzazione al lavoro stagionale a più datori di lavoro che impiegano lo stesso lavoratore straniero per periodi di lavoro complessivamente compresi nella stagione, nel rispetto dei limiti temporali, minimi e massimi, di cui all’articolo 24, comma 3, del testo unico, deve essere unica, su richiesta dei datori di lavoro, anche cumulativa, presentata contestualmente, ed è rilasciata a ciascuno di essi. Sono ammesse ulteriori autorizzazioni anche a richiesta di datori di lavoro diversi, purché nell’ambito del periodo massimo previsto.
Ai fini della verifica della corrispondenza del trattamento retributivo ed assicurativo offerto allo straniero con quello previsto dai contratti collettivi nazionali di categoria, le Direzioni provinciali del lavoro si conformano alle convenzioni di cui all’articolo 24, comma 5, del testo unico, eventualmente stipulate.
L’autorizzazione al lavoro stagionale deve essere corredata del nulla osta della questura, secondo le disposizioni dell’articolo 31.
I lavoratori stranieri che hanno fatto rientro nello Stato di provenienza alla scadenza del permesso di soggiorno rilasciato l’anno precedente per lavoro stagionale, i quali sono autorizzati a tornare in Italia per un ulteriore periodo di lavoro stagionale, ed ai quali sia offerto un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, nei limiti delle quote di cui all’articolo 29, possono richiedere alla questura il rilascio del permesso di soggiorno, osservate le disposizioni dell’articolo 9 del presente regolamento. Il permesso di soggiorno è rilasciato entro 20 giorni dalla presentazione della domanda, se sussistono i requisiti e le condizioni previste dal testo unico e dal presente articolo.
Art. 39
(Disposizioni relative al lavoro autonomo)
Lo straniero che intende svolgere in Italia attività per le quali è richiesto il possesso di una autorizzazione o licenza o l’iscrizione in apposito registro o albo, ovvero la presentazione di una dichiarazione o denuncia, ed ogni altro adempimento amministrativo è tenuto a richiedere alla competente autorità amministrativa, anche tramite proprio procuratore, la dichiarazione che non sussistono motivi ostativi al rilascio del titolo abilitativo o autorizzatorio, comunque denominato, osservati i criteri e le procedure previsti per il rilascio dello stesso. Oltre a quanto previsto dagli articoli 49, 50 e 51, per le attività che richiedono l’accertamento di specifiche idoneità professionali o tecniche, il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, o altro Ministero o diverso organo competente per materia provvedono al riconoscimento dei titoli o attestati delle capacità professionali rilasciati da Stati esteri.
La dichiarazione è rilasciata quando sono soddisfatte tutte le condizioni e i presupposti previsti dalla legge per il rilascio del titolo abilitativo o autorizzatorio richiesto, salvo l’effettiva presenza dello straniero in Italia, in possesso del prescritto permesso di soggiorno.
Anche per le attività che non richiedono il rilascio di alcun titolo abilitativo o autorizzatorio, lo straniero è tenuto ad acquisire presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per il luogo in cui l’attività lavorativa autonoma deve essere svolta, o presso il competente Ordine professionale, l’attestazione dei parametri di riferimento riguardanti la disponibilità delle risorse finanziarie occorrenti per l’esercizio dell’attività.
La dichiarazione di cui al comma 2, unitamente a copia della domanda e della documentazione prodotta per il suo rilascio, nonchè l’attestazione della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di cui al comma 3 devono essere presentate, anche tramite procuratore, alla questura territorialmente competente, per l’apposizione del nulla osta provvisorio ai fini dell’ingresso.
Il nulla osta provvisorio è posto in calce alla dichiarazione di cui al comma 2 entro 20 giorni dal ricevimento, previa verifica che non sussistono, nei confronti dello straniero, motivi ostativi all’ingresso e al soggiorno nel territorio dello Stato per motivi di lavoro autonomo. La dichiarazione provvista del nulla osta è rilasciata all’interessato o al suo procuratore.
La dichiarazione, l’attestazione, ed il nulla osta di cui ai commi 2, 3 e 4 sono presentati alla rappresentanza diplomatica o consolare competente per il rilascio del visto di ingresso, la quale provvede a norma dell’articolo 26, comma 5, del testo unico, previo accertamento dei requisiti richiesti sulla base della normativa e della documentazione fatta pervenire al Ministero degli affari esteri dai Ministeri competenti e dalla competente Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
Oltre a quanto previsto dall’articolo 14, lo straniero già presente in Italia, in possesso di regolare permesso di soggiorno diverso da quello che consente l’esercizio di attività lavorativa, può chiedere alla questura competente per il luogo in cui intende esercitare lavoro autonomo la conversione del permesso di soggiorno. A tal fine, oltre alla documentazione di cui ai commi 1, 2 e 3, e fino a quando non saranno operativi i collegamenti con il S.I.L., deve essere prodotta l’attestazione della Direzione provinciale del lavoro che la richiesta rientra nell’ambito delle quote di ingresso per lavoro autonomo determinate a norma dell’articolo 3, comma 4, del testo unico.
Art. 40
(Casi particolari di ingresso per lavoro)
L’autorizzazione al lavoro per gli stranieri di cui all’art. 27, commi 1 e 2, del testo unico, quando richiesta, è rilasciata con l’osservanza delle modalità previste dall’articolo 30, commi 2 e 3, del presente regolamento e delle ulteriori modalità previste dal presente articolo. L’autorizzazione al lavoro è rilasciata al di fuori delle quote stabilite con il decreto di cui all’articolo 3, comma 4, del testo unico.
Salvo diversa disposizione di legge o di regolamento, per rapporti di lavoro determinati, l’autorizzazione non può essere concessa per un periodo superiore a quella del rapporto di lavoro a tempo determinato e, comunque, a due anni; la proroga, se prevista, non può superare lo stesso termine. La validità dell’autorizzazione deve essere espressamente indicata nel provvedimento.
Salvo quanto previsto dai commi 11, 13, 14 e 15 del presente articolo e dal comma 2 dell’articolo 27 del testo unico, l’autorizzazione al lavoro è rilasciata dalle competenti Direzioni provinciali del lavoro. Ai fini del visto d’ingresso e della richiesta del permesso di soggiorno, l’autorizzazione al lavoro deve essere utilizzata entro 90 giorni dal rilascio, osservate le disposizioni dell’articolo 31.
Fatti salvi, per gli stranieri di cui all’articolo 27, comma 1, lettera f), del testo unico, i più elevati limiti temporali previsti dall’articolo 5, comma 3, lettera c), del medesimo testo unico, il visto d’ingresso e il permesso di soggiorno per gli stranieri di cui al presente articolo sono rilasciati per il tempo indicato nell’autorizzazione al lavoro o, se questa non è richiesta, per il tempo strettamente corrispondente alle documentate necessità.
Per i lavoratori di cui all’articolo 27, comma 1, lettera a), del testo unico, l’autorizzazione al lavoro si riferisce ai dirigenti o al personale altamente specializzato, assunti almeno dodici mesi prima della data del trasferimento temporaneo, nel rispetto degli impegni derivanti dall’Accordo G.A.T.S., ratificato e reso esecutivo in Italia con la legge 29 dicembre 1994, n. 747.
Per il personale di cui all’articolo 27, comma 1, lettere b) e c), del testo unico, l’autorizzazione è subordinata alla richiesta dell’Università o dell’istituto di istruzione universitaria che attesti il possesso dei requisiti professionali necessari per l’espletamento delle relative attività .
Per il personale di cui all’articolo 27, comma1, lettera d), del testo unico, la richiesta deve essere presentata o direttamente dall’interessato corredandola del contratto relativo alla prestazione professionale da svolgere in Italia, oppure dal datore di lavoro in caso di assunzione in qualità di lavoratore subordinato.
Per i lavoratori di cui all’articolo 27, comma 1, lettera e), del testo unico, deve essere acquisito il contratto di lavoro autenticato dalla rappresentanza diplomatica o consolare. L’autorizzazione non può essere rilasciata a favore dei collaboratori familiari di cittadini stranieri.
Per gli stranieri di cui all’articolo 27, comma 1, lettera f), del testo unico, l’autorizzazione al lavoro è rilasciata esclusivamente per la durata del periodo di addestramento dichiarata dal datore di lavoro, che non può superare il biennio. Durante tale periodo di addestramento, il lavoratore interessato può svolgere le prestazioni di lavoro subordinato mediante un rapporto di tirocinio.
Per i lavoratori di cui all’articolo 27, comma 1, lettera g), del testo unico, l’autorizzazione al lavoro può essere richiesta solo da organizzazione o impresa, italiana o straniera, operante nel territorio italiano, con proprie sedi, rappresentanze o filiali, e può riguardare soltanto prestazioni qualificate di lavoro subordinato, per un numero limitato di lavoratori.
Per gli stranieri di cui all’articolo 27, comma 1, lettera h), del testo unico, componenti l’equipaggio delle navi con bandiera della Repubblica e per gli stranieri dipendenti da società straniere appaltatrici dell’armatore, chiamati all’imbarco su navi italiane da crociera per lo svolgimento di servizi complementari di cui all’articolo 17 della legge 5 dicembre 1986, n. 856, si osservano le specifiche disposizioni di legge che disciplinano la materia e non è necessaria l’autorizzazione al lavoro. I relativi visti d’ingresso sono rilasciati dalle rappresentanze diplomatiche o consolari entro termini abbreviati e con procedure semplificate definite con le istruzioni di cui all’articolo 5, comma 3. Essi consentono la permanenza a bordo della nave anche quando la stessa naviga nelle acque territoriali o staziona in un porto nazionale. In caso di sbarco, si osservano le disposizioni in vigore per il rilascio del permesso di soggiorno. Restano ferme le disposizioni in vigore per il rilascio dei visti di transito.
Nell’ambito di quanto previsto all’articolo 27, comma 1, lett. i), del testo unico, accordi bilaterali con Stati non appartenenti all’Unione europea possono prevedere l’impiego in Italia, con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato alle dipendenze di datori di lavoro italiani o stranieri operanti in Italia, di gruppi di lavoratori, per la realizzazione di opere determinate o per la prestazione di servizi per un tempo non superiore a due anni, al termine del quali i lavoratori stranieri hanno l’obbligo di rientrare nel Paese di provenienza. In tali casi l’autorizzazione al lavoro, il visto d’ingresso e il permesso di soggiorno sono rilasciati per il tempo strettamente necessario alla durata del rapporto di lavoro connesso alla realizzazione dell’opera o alla prestazione del servizio.
Per i lavoratori dello spettacolo di cui all’articolo 27, comma 1, lettere l), m), n) e o), del testo unico, l’autorizzazione al lavoro è rilasciata dall’Ufficio speciale di collocamento dei lavoratori dello spettacolo di Roma e sue sezioni di Milano e Napoli e dall’Ufficio di collocamento per lo spettacolo di Palermo, per un periodo non superiore a sei mesi, salvo prosecuzione del rapporto di lavoro con il medesimo datore di lavoro.
Per gli sportivi stranieri di cui all’articolo 27, comma 1, lettera p), del testo unico, l’autorizzazione al lavoro è sostituita dalla dichiarazione nominativa di assenso del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, sulla richiesta della società destinataria delle prestazioni sportive, osservate le disposizioni della legge 23 marzo 1981, n. 91.
Per i lavoratori di cui all’articolo 27, comma 1, lettera q) del testo unico, e per quelli occupati alle dipendenze di rappresentanze diplomatiche o consolari o di enti di diritto internazionale aventi sede in Italia, l’autorizzazione al lavoro non è richiesta.
Per gli stranieri di cui all’articolo 27, comma 1, lettera r), del testo unico, l’autorizzazione al lavoro è rilasciata nell’ambito, anche numerico, degli accordi internazionali in vigore, per un periodo non superiore ad un anno, salvo diversa indicazione degli accordi medesimi. Se si tratta di persone collocate “alla pari” al di fuori di programmi di scambio di giovani o di mobilità di giovani, l’autorizzazione al lavoro non può avere durata superiore a tre mesi. Nel caso di stranieri che giungono in Italia con un visto per vacanze-lavoro, nel quadro di accordi internazionali in vigore per l’Italia, l’autorizzazione al lavoro può essere rilasciata dalla Direzione provinciale del lavoro successivamente all’ingresso dello straniero nel territorio dello Stato, a richiesta del datore di lavoro, per un periodo complessivo non superiore a sei mesi e per non più di tre mesi con lo stesso datore di lavoro.
L’autorizzazione al lavoro per gli stranieri di cui all’articolo 27, comma 1, lettere a), b), c), e d), del testo unico, e la dichiarazione di assenso del C.O.N.I., per quelli di cui allo stesso articolo, lettera p), è richiesta anche quando si tratta di prestazioni di lavoro autonomo. 18. L’autorizzazione al lavoro, il visto d’ingresso e il permesso di soggiorno di cui al presente articolo, ad eccezione dei provvedimenti relativi agli stranieri di cui al comma 9, non possono essere rinnovati e, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, non possono essere utilizzati per un diverso rapporto di lavoro. I permessi di soggiorno rilasciati a norma del presente articolo non possono essere convertiti, salvo quanto previsto dall’articolo 14, comma 5.
Art. 41
(Archivio anagrafico dei lavoratori extracomunitari)
Gli uffici della pubblica amministrazione che rilasciano un titolo autorizzatorio o abilitativo per lo svolgimento di un’attività di lavoro autonomo, e le Direzioni provinciali del lavoro che procedono all’iscrizione nelle liste di collocamento, sono tenuti a comunicare alla questura e all’Archivio anagrafico dei lavoratori extracomunitari costituito presso l’Istituto nazionale per la previdenza sociale, per le annotazioni di competenza, i casi in cui il permesso di soggiorno è utilizzato, a norma dell’articolo 14 del presente regolamento, per un motivo diverso da quello riportato nel documento. Analoga comunicazione al predetto Archivio è effettuata, in via informatica o telematica, dalla questura, sulla base dei provvedimenti di rilascio o rinnovo dei permessi di soggiorno, delle comunicazioni concernenti le iscrizioni o variazioni anagrafiche previste dall’articolo 6, comma 7, del testo unico e di quelle del datore di lavoro effettuate a norma dell’articolo 7 del medesimo testo unico.
Capo VI
Disposizioni in materia sanitaria
Art. 42
(Assistenza per gli stranieri iscritti al Servizio Sanitario Nazionale)
Lo straniero in possesso del permesso di soggiorno per uno dei motivi di cui all’articolo 34, comma 1, del testo unico e per il quale sussistono le condizioni ivi previste è tenuto a richiedere l’iscrizione al Servizio sanitario nazionale ed è iscritto, unitamente ai familiari a carico, negli elenchi degli assistibili dell’Azienda unità sanitaria locale, d’ora in avanti indicata con la sigla U.S.L., nel cui territorio ha residenza ovvero, in assenza di essa, nel cui territorio ha effettiva dimora, a parità di condizioni con il cittadino italiano. L’iscrizione è altresì dovuta, a parità di condizioni con il cittadino italiano nelle medesime circostanze, allo straniero regolarmente soggiornante iscritto nelle liste di collocamento. Alle medesime condizioni di parità sono assicurate anche l’assistenza riabilitativa e protesica.
In mancanza di iscrizione anagrafica, per luogo di effettiva dimora si intende quello indicato nel permesso di soggiorno, fermo restando il disposto dell’articolo 6, commi 7 e 8, del testo unico. L’iscrizione alla U.S.L. è valida per tutta la durata del permesso di soggiorno.
Per il lavoratore straniero stagionale l’iscrizione è effettuata, per tutta la durata dell’attività lavorativa, presso l’U.S.L. del comune indicato ai fini del rilascio del permesso di soggiorno.
L’iscrizione cessa in caso di scadenza del permesso di soggiorno, salvo il caso che l’interessato esibisca la documentazione comprovante la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno o il permesso di soggiorno rinnovato. L’iscrizione cessa altresì per mancato rinnovo, revoca o annullamento del permesso di soggiorno ovvero per espulsione, comunicati alla U.S.L., a cura della questura, salvo che l’interessato esibisca la documentazione comprovante la pendenza del ricorso contro i suddetti provvedimenti. L’iscrizione parimenti cessa negli altri casi in cui vengono meno le condizioni di cui al comma 1.
L’iscrizione al Servizio sanitario nazionale di cui all’articolo 34, comma 1, del testo unico, non è dovuta per gli stranieri di cui all’articolo 27, comma 1, lettere a), i) e q), del testo unico, che non siano tenuti a corrispondere in Italia, per l’attività ivi svolta, l’imposta sul reddito delle persone fisiche, fermo restando l’obbligo, per sé e per i familiari a carico, della copertura assicurativa di cui all’articolo 34, comma 3, del testo unico. L’iscrizione non è dovuta neppure per gli stranieri titolari di permesso di soggiorno per affari.
Fuori dai casi di cui all’articolo 34, comma 1, del testo unico, in alternativa all’assicurazione contro il rischio di malattia, infortunio e maternità prevista dall’articolo 34, comma 3, del medesimo testo unico, e fatta salva la specifica disciplina di cui al successivo comma 4 dello stesso articolo, concernente gli stranieri regolarmente soggiornanti per motivi di studio o collocati “alla pari”, lo straniero che abbia richiesto un permesso di soggiorno di durata superiore a tre mesi, può chiedere l’iscrizione volontaria al Servizio sanitario nazionale, previa corresponsione del contributo prescritto.
Art. 43
(Assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al Servizio Sanitario Nazionale)
Ai cittadini stranieri regolarmente soggiornanti, ma non iscritti al Servizio sanitario nazionale, sono assicurate le prestazioni sanitarie urgenti, alle condizioni previste dall’articolo 35, comma 1, del testo unico. Gli stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale possono inoltre chiedere all’azienda ospedaliera o alla unità sanitaria locale (U.S.L.) di fruire, dietro pagamento delle relative tariffe, di prestazioni sanitarie di elezione.
Ai cittadini stranieri presenti nel territorio dello Stato, non in regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno, sono comunque assicurate, nei presidi sanitari pubblici e privati accreditati, le prestazioni sanitarie previste dall’articolo 35, comma 3, del testo unico.
La prescrizione e la registrazione delle prestazioni nei confronti degli stranieri privi di permesso di soggiorno vengono effettuate, nei limiti indicati dall’articolo 35, comma 3, del testo unico, utilizzando un codice regionale a sigla STP (Straniero Temporaneamente Presente). Tale codice identificativo è composto, oltre che dalla sigla STP, dal codice ISTAT relativo alla struttura sanitaria pubblica che lo rilascia e da un numero progressivo attribuito al momento del rilascio. Il codice, riconosciuto su tutto il territorio nazionale, identifica l’assistito per tutte le prestazioni di cui all’articolo 35, comma 3 del testo unico. Tale codice deve essere utilizzato anche per la rendicontazione delle prestazioni effettuate da parte delle strutture pubbliche e private accreditate ai fini del rimborso e la prescrizione, su ricettario regionale, di farmaci erogabili, a parità di condizioni di partecipazione alla spesa con i cittadini italiani, da parte delle farmacie convenzionate.
Gli oneri per le prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35, comma 3, del testo unico, erogate ai soggetti privi di risorse economiche sufficienti, comprese le quote di partecipazione alla spesa eventualmente non versate, sono a carico della U.S.L. competente per il luogo in cui le prestazioni sono state erogate. In caso di prestazioni sanitarie lasciate insolute dal cittadino straniero, l’azienda ospedaliera ne chiede il pagamento alla U.S.L., ovvero, se si tratta di prestazioni ospedaliere urgenti o comunque essenziali, al Ministero dell’interno, secondo procedure concordate. Lo stato d’indigenza può essere attestato attraverso autodichiarazione presentata all’ente sanitario erogante.
La comunicazione al Ministero dell’interno per le finalità di cui al comma 4, è effettuata in forma anonima, mediante il codice regionale S.T.P. di cui al comma 3, con l’indicazione della diagnosi, del tipo di prestazione erogata e della somma di cui si chiede il rimborso.
Salvo quanto previsto in attuazione dell’articolo 20 del testo unico, le procedure di cui ai commi 4 e 5 si applicano anche nel caso di prestazioni sanitarie effettuate nei confronti di profughi o sfollati, assistiti dal Servizio sanitario nazionale per effetto di specifiche disposizioni di legge che pongono i relativi oneri a carico dello Stato.
Sono fatte salve le disposizioni che disciplinano l’assistenza sanitaria ai cittadini stranieri in Italia sulla base di trattati o accordi internazionali di reciprocità, bilaterali o multilaterali, sottoscritti dall’Italia. In tal caso, l’U.S.L. chiede il rimborso eventualmente dovuto degli oneri per le prestazioni erogate secondo le direttive emanate dal Ministero della sanità in attuazione dei predetti accordi.
Le regioni individuano le modalità più opportune per garantire che le cure essenziali e continuative previste dall’articolo 35, comma 3, del testo unico, possono essere erogate nell’ambito delle strutture della medicina del territorio o nei presidi sanitari, pubblici e privati accreditati, strutturati in forma poliambulatoriale od ospedaliera, eventualmente in collaborazione con organismi di volontariato aventi esperienza specifica.
Art. 44
(Ingresso e soggiorno per cure mediche)
Il cittadino straniero che intende effettuare, dietro pagamento dei relativi oneri, cure mediche in Italia, richiede il visto ed il relativo permesso di soggiorno, rispettivamente, alla competente rappresentanza diplomatica o consolare ed alla questura, allegando la seguente documentazione:
dichiarazione della struttura sanitaria prescelta, pubblica o privata accreditata, che indichi il tipo di cura, la data di inizio e la durata presumibile della stessa, osservate le disposizioni in vigore per la tutela dei dati personali.
attestazione dell’avvenuto deposito di una somma a titolo cauzionale sulla base del costo presumibile delle prestazioni richieste. Il deposito cauzionale, in lire italiane, in euro o in dollari statunitensi, dovrà corrispondere al 30% del costo complessivo presumibile delle prestazioni richieste e dovrà essere versato alla struttura prescelta;
documentazione comprovante la disponibilità in Italia di risorse sufficienti per l’integrale pagamento delle spese sanitarie e di quelle di vitto e alloggio fuori dalla struttura sanitaria e di rimpatrio per l’assistito e per l’eventuale accompagnatore.
Con l’autorizzazione di cui all’articolo 36, comma 2, del testo unico sono stabilite le modalità per il trasferimento per cure in Italia nei casi previsti dalla stessa disposizione e per quelli da effettuarsi nell’ambito dei programmi di cui all’articolo 32, comma 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
Capo VII
Disposizioni in materia di istruzione diritto allo studio e professioni
Art. 45
(Iscrizione scolastica)
I minori stranieri presenti sul territorio nazionale hanno diritto all’istruzione indipendentemente dalla regolarità della posizione in ordine al loro soggiorno, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani. Essi sono soggetti all’obbligo scolastico secondo le disposizioni vigenti in materia. L’iscrizione dei minori stranieri nelle scuole italiane di ogni ordine e grado avviene nei modi e alle condizioni previsti per i minori italiani. Essa può essere richiesta in qualunque periodo dell’anno scolastico. I minori stranieri privi di documentazione anagrafica ovvero in possesso di documentazione irregolare o incompleta sono iscritti con riserva.
L’iscrizione con riserva non pregiudica il conseguimento dei titoli conclusivi dei corsi di studio delle scuole di ogni ordine e grado. In mancanza di accertamenti negativi sull’identità dichiarata dell’alunno, il titolo viene rilasciato all’interessato con i dati identificativi acquisiti al momento dell’iscrizione. I minori stranieri soggetti all’obbligo scolastico vengono iscritti alla classe corrispondente all’età anagrafica, salvo che il collegio dei docenti deliberi l’iscrizione ad una classe diversa, tenendo conto:
dell’ordinamento degli studi del Paese di provenienza dell’alunno, che può determinare l’iscrizione ad una classe immediatamente inferiore o superiore rispetto a quella corrispondente all’età anagrafica;
dell’accertamento di competenze, abilità e livelli di preparazione dell’alunno;
del corso di studi eventualmente seguito dall’alunno nel Paese di provenienza;
del titolo di studio eventualmente posseduto dall’alunno.
Il collegio dei docenti formula proposte per la ripartizione degli alunni stranieri nelle classi; la ripartizione è effettuata evitando comunque la costituzione di classi in cui risulti predominante la presenza di alunni stranieri.
Il collegio dei docenti definisce, in relazione al livello di competenza dei singoli alunni stranieri, il necessario adattamento dei programmi di insegnamento; allo scopo possono essere adottati specifici interventi individualizzati o per gruppi di alunni, per facilitare l’apprendimento della lingua italiana, utilizzando, ove possibile, le risorse professionali della scuola. Il consolidamento della conoscenza e della pratica della lingua italiana può essere realizzata altresì mediante l’attivazione di corsi intensivi di lingua italiana sulla base di specifici progetti, anche nell’ambito delle attività aggiuntive di insegnamento per l’arricchimento dell’offerta formativa.
Il collegio dei docenti formula proposte in ordine ai criteri e alle modalità per la comunicazione tra la scuola e le famiglie degli alunni stranieri. Ove necessario, anche attraverso intese con l’ente locale, l’istituzione scolastica si avvale dell’opera di mediatori culturali qualificati.
Allo scopo di realizzare l’istruzione o la formazione degli adulti stranieri il Consiglio di circolo e di istituto promuovono intese con le associazioni straniere, le rappresentanze diplomatiche e consolari dei Paesi di provenienza, ovvero con le organizzazioni di volontariato iscritte nel Registro di cui all’articolo 52 allo scopo di stipulare convenzioni e accordi per attivare progetti di accoglienza; iniziative di educazione interculturale; azioni a tutela della cultura e della lingua di origine e lo studio delle lingue straniere più diffuse a livello internazionale.
Per le finalità di cui all’articolo 38, comma 7, del testo unico, le istituzioni scolastiche organizzano iniziative di educazione interculturale e provvedono all’istituzione, presso gli organismi deputati all’istruzione e alla formazione in età adulta, di corsi di alfabetizzazione di scuola primaria e secondaria; di corsi di lingua italiana; di percorsi di studio finalizzati al conseguimento del titolo della scuola dell’obbligo; di corsi di studio per il conseguimento del diploma di qualifica o del diploma di scuola secondaria superiore; di corsi di istruzione e formazione del personale e tutte le altre iniziative di studio previste dall’ordinamento vigente. A tal fine le istituzioni scolastiche possono stipulare convenzioni ed accordi nei casi e con le modalità previste dalle disposizioni in vigore.
Il Ministro della pubblica istruzione, nell’emanazione della direttiva sulla formazione per l’aggiornamento in servizio del personale ispettivo, direttivo e docente, detta disposizioni per attivare i progetti nazionali e locali sul tema dell’educazione interculturale. Dette iniziative tengono conto delle specifiche realtà nelle quali vivono le istituzioni scolastiche e le comunità degli stranieri al fine di favorire la loro migliore integrazione nella comunità locale.
Art. 46
(Accesso degli stranieri alle università)
In armonia con gli orientamenti comunitari sull’accesso di studenti stranieri all’istruzione universitaria, gli atenei, sulla base di criteri predeterminati e in applicazione della regolamentazione sugli accessi all’istruzione universitaria, stabiliscono, entro il 31 dicembre di ogni anno, il numero dei posti da destinare alla immatricolazione degli studenti stranieri ai corsi di studio universitari, per l’anno accademico successivo, anche in coerenza con le esigenze della politica estera culturale e della cooperazione allo sviluppo, fatti salvi gli accordi di collaborazione universitaria con i Paesi terzi. Sono ammessi in soprannumero ai predetti corsi, per effetto di protocolli esecutivi di accordi culturali e di programmi di cooperazione allo sviluppo, nonché di accordi fra università italiane e università dei Paesi interessati, studenti stranieri beneficiari di borse di studio, assegnate per l’intera durata dei corsi medesimi, dal Ministero degli affari esteri o dal Governo del Paese di provenienza. Nel caso di accesso a corsi a numero programmato l’ammissione è, comunque, subordinata alla verifica delle capacità ricettive delle strutture universitarie e al superamento delle prove di ammissione.
Sulla base dei dati forniti dalle università al Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica ai sensi del comma 1, è emanato il decreto di cui al comma 4 dell’articolo 39 del testo unico e con successivo provvedimento sono definiti i conseguenti adempimenti amministrativi per il rilascio del visto di ingresso. A tal fine, la sufficienza dei mezzi di sussistenza è valutata considerando anche le garanzie prestate con le modalità di cui all’articolo 34, le borse di studio, i prestiti d’onore ed i servizi abitativi forniti da pubbliche amministrazioni o da altri soggetti pubblici o privati italiani, o per i quali le amministrazioni stesse o gli altri soggetti attestino che saranno forniti allo studente straniero, a norma del comma 5.
Le università italiane istituiscono, anche in convenzione con altre istituzioni formative, con enti locali e con le regioni, corsi di lingua italiana ai quali sono ammessi gli stranieri provenienti dai Paesi terzi in possesso del visto di ingresso e del permesso di soggiorno per motivi di studio, rilasciati ai sensi del decreto di cui al comma 2, nonché gli stranieri indicati all’articolo 39, comma 5, del testo unico, i quali non siano in possesso di una certificazione attestante una adeguata conoscenza della lingua italiana. Al termine dei corsi è rilasciato un attestato di frequenza.
I visti e i permessi di soggiorno per motivi di studio sono rinnovati agli studenti che nel primo anno di corso abbiano superato una verifica di profitto e negli anni successivi almeno due verifiche. Per gravi motivi di salute o di forza maggiore, debitamente documentati, il permesso di soggiorno può essere rinnovato anche allo studente che abbia superato una sola verifica di profitto, fermo restando il numero complessivo di rinnovi. Essi non possono essere comunque rilasciati per più di tre anni oltre la durata del corso di studio. Il permesso di soggiorno può essere ulteriormente rinnovato per conseguire il titolo di specializzazione o il dottorato di ricerca, per la durata complessiva del corso, rinnovabile per un anno.
Gli studenti stranieri accedono, a parità di trattamento con gli studenti italiani, ai servizi e agli interventi per il diritto allo studio di cui alla legge 2 dicembre 1991, n. 390, compresi gli interventi non destinati alla generalità degli studenti, quali le borse di studio, i prestiti d’onore ed i servizi abitativi, in conformità con le disposizioni previste dal vigente decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri emanato ai sensi dell’art. 4 della stessa legge n. 390 del 1991. La condizione economica e patrimoniale degli studenti stranieri è valutata secondo le modalità e le relative tabelle previste dal citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e certificata con apposita documentazione rilasciata dalle competenti autorità del Paese ove i redditi sono stati prodotti e tradotta in lingua italiana dalle autorità diplomatiche italiane competenti per territorio. Tale documentazione è resa dalle competenti rappresentanze diplomatiche o consolari estere in Italia per quei Paesi ove esistono particolari difficoltà a rilasciare la certificazione attestata dalla locale Ambasciata italiana, e legalizzata dalle Prefetture ai sensi dell’articolo 17, comma 4, della legge 4 gennaio 1968, n. 15. Nella compilazione delle graduatorie generali per l’attribuzione dei predetti benefici le regioni e le università possono riservare, comunque, una percentuale di posti a favore degli studenti stranieri. Le regioni possono consentire l’accesso gratuito al servizio di ristorazione agli studenti stranieri in condizioni, opportunamente documentate, di particolare disagio economico.
Per le finalità di cui al comma 5 le competenti rappresentanze diplomatiche consolari italiane rilasciano le dichiarazioni sulla validità locale, ai fini dell’accesso agli studi universitari, dei titoli di scuola secondaria stranieri, fornendo contestualmente informazioni sulla scala di valori e sul sistema di valutazioni locali cui fa riferimento il voto o giudizio annotato sul titolo di studio. Con decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro della pubblica istruzione e del Ministro degli affari esteri sono determinate le tabelle di corrispondenza per la valutazione del voto o giudizio riportato sul titolo straniero con la valutazione adottata nell’ordinamento scolastico italiano.
Art. 47
(Abilitazione all’esercizio della professione)
Specifici visti d’ingresso e permessi di soggiorno, di durata non superiore alle documentate necessità, possono essere rilasciati agli stranieri che hanno conseguito il diploma di laurea presso una università italiana, per l’espletamento degli esami di abilitazione all’esercizio professionale.
Il superamento degli esami di cui al comma 1, unitamente all’adempimento delle altre condizioni richieste dalla legge, consente l’iscrizione negli albi professionali, indipendentemente dal possesso della cittadinanza italiana, salvo che questa sia richiesta a norma dell’articolo 37 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni. L’aver soggiornato regolarmente in Italia da almeno cinque anni è titolo di priorità rispetto ad altri cittadini stranieri.
Art. 48
(Riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all’estero)
La competenza per il riconoscimento dei titoli di accesso all’istruzione superiore, dei periodi di studio e dei titoli accademici ai fini della prosecuzione degli studi di qualunque livello, conseguiti in Paesi esteri, è attribuita alle università e agli istituti di istruzione universitari, i quali la esercitano nell’ambito della loro autonomia e in conformità ai rispettivi ordinamenti, fatti salvi gli accordi bilaterali in materia e le convenzioni internazionali.
Le istituzioni di cui al comma 1 si pronunciano sulle richieste di riconoscimento entro il termine di novanta giorni dalla data di ricevimento della relativa domanda. Nel caso in cui le autorità accademiche rappresentino esigenze istruttorie, il termine è sospeso fino al compimento, entro i 30 giorni successivi, degli atti supplementari.
Contro il provvedimento di rigetto della domanda, ovvero se è decorso il termine di cui al comma 2, senza che sia stato adottato alcun provvedimento, il richiedente può presentare ricorso giurisdizionale al Tribunale amministrativo regionale o ricorso straordinario al Capo dello Stato, ovvero, entro il termine previsto per quest’ultimo, può presentare istanza al Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, che, nei successivi venti giorni, se la ritiene motivata, può invitare l’università a riesaminare la domanda, dandone contestuale comunicazione all’interessato. L’università si pronuncia nei successivi sessanta giorni. Nel caso di rigetto, ovvero in assenza, nei termini rispettivamente previsti, dell’invito al riesame da parte del Ministero o della pronuncia dell’università, è ammesso ricorso al Tribunale amministrativo regionale o ricorso straordinario al Capo dello Stato.
Il riconoscimento dei titoli di studio per finalità diverse da quelle previste al comma 1, è operato in attuazione dell’articolo 387 del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, nonché delle disposizioni vigenti in materia di riconoscimento, ai fini professionali e di accesso ai pubblici impieghi.
Art. 49
(Riconoscimento titoli abilitanti all’esercizio delle professioni)
I cittadini stranieri, regolarmente soggiornanti in Italia che intendono iscriversi agli ordini, collegi ed elenchi speciali istituiti presso le amministrazioni competenti, nell’ambito delle quote definite a norma dell’articolo 3, comma 4, del testo unico e del presente regolamento, se in possesso di un titolo abilitante all’esercizio di una professione, conseguito in un Paese non appartenente all’Unione europea, possono richiederne il riconoscimento ai fini dell’esercizio in Italia, come lavoratori autonomi o dipendenti, delle professioni corrispondenti.
Per le procedure di riconoscimento dei titoli di cui al comma 1 si applicano le disposizioni dei decreti legislativi 27 gennaio, 1992, n. 115, e 2 maggio 1994, n. 319, compatibilmente con la natura, la composizione e la durata della formazione professionale conseguita.
Ove ricorrano le condizioni previste dai decreti legislativi di cui al comma 2 per l’applicazione delle misure compensative, il Ministro competente, cui è presentata la domanda di riconoscimento, sentite le conferenze dei servizi di cui all’articolo 12 del decreto legislativo n. 115 del 1992 e all’articolo 14 del decreto legislativo n. 319 del 1994, può stabilire, con proprio decreto, che il riconoscimento sia subordinato ad una misura compensativa consistente nel superamento di una prova attitudinale. Con il medesimo decreto sono definite le modalità di svolgimento della predetta prova nonché i contenuti della formazione e le sedi presso le quali la stessa deve essere acquisita.
Le disposizioni dei commi 2 e 3 si applicano anche ai fini del riconoscimento di titoli rilasciati da Paesi terzi, abilitanti all’esercizio di professioni regolate da specifiche direttive della Unione europea.
Art. 50
(Disposizioni particolari per gli esercenti le professioni sanitarie)
Presso il Ministero della sanità sono istituiti elenchi speciali per gli esercenti le professioni sanitarie sprovviste di ordine o collegio professionale.
Per l’iscrizione e la cancellazione dagli elenchi speciali si osservano per quanto compatibili le disposizioni contenute nel Capo I del decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 1950, n. 221, e successive modificazioni ed integrazioni.
Il Ministro della sanità pubblica annualmente gli elenchi speciali di cui al comma 1 nonché gli elenchi degli stranieri che hanno ottenuto il riconoscimento dei titoli abilitanti all’esercizio di una professione sanitaria.
L’iscrizione negli albi professionali e quella negli elenchi speciali di cui al comma 1 sono disposte previo accertamento della conoscenza della lingua italiana e delle speciali disposizioni che regolano l’esercizio professionale in Italia, con modalità stabilite dal Ministero della sanità. All’accertamento provvedono, prima dell’iscrizione, gli ordini e collegi professionali e il Ministero della sanità, con oneri a carico degli interessati.
I presidi e le istituzioni sanitarie pubbliche e private comunicano al Ministero della sanità il nominativo dello straniero assunto, e comunque utilizzato, con l’indicazione del titolo professionale abilitante posseduto, entro tre giorni dalla data di assunzione o di utilizzazione.
(Comma non ammesso al “Visto” della Corte dei Conti)
Con le procedure di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 49, il Ministero della sanità provvede altresì, ai fini dell’ammissione agli impieghi e dello svolgimento di attività sanitarie nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, al riconoscimento dei titoli accademici, di studio e di formazione professionale, complementari di titoli abilitanti all’esercizio di una professione o arte sanitaria, conseguiti in un Paese non appartenente all’Unione europea.
La dichiarazione di equipollenza dei titoli accademici nelle discipline sanitarie, conseguiti all’estero, nonché l’ammissione ai corrispondenti esami di diploma, di laurea o di abilitazione, con dispensa totale o parziale degli esami di profitto, sono disposte previo accertamento del rispetto delle quote previste per ciascuna professione dall’articolo 3, comma 4, del testo unico. A tal fine deve essere acquisito il preventivo parere del Ministero della sanità; il parere negativo non consente l’iscrizione agli albi professionali o agli elenchi speciali per l’esercizio delle relative professioni sul territorio nazionale e dei Paesi dell’Unione europea.
Art. 51
(Articolo non ammesso al “Visto” della Corte dei Conti)
Capo VIII
Disposizioni sull’integrazione sociale
Art. 52
(Registro delle associazioni e degli enti che svolgono attività a favore degli immigrati)
Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli affari sociali, è istituito il registro delle associazioni, degli enti e degli altri organismi privati che svolgono le attività a favore degli stranieri immigrati previste dal testo unico. Il registro è diviso in tre sezioni:
nella prima sezione sono iscritti associazioni, enti e altri organismi privati che svolgono attività per favorire l’integrazione sociale degli stranieri, ai sensi dell’art. 42 del testo unico;
nella seconda sono iscritti associazioni ed enti che possono essere ammessi a prestare garanzia per l’ingresso degli stranieri per il loro l’inserimento nel mercato del lavoro, ai sensi dell’art. 23 del testo unico;
nella terza sezione sono iscritti associazioni, enti ed altri organismi privati abilitati alla realizzazione dei programmi di assistenza e protezione sociale degli stranieri di cui all’art. 18 del testo unico.
L’iscrizione al registro di cui al comma 1, lettera a), è condizione necessaria per accedere direttamente o attraverso convenzioni con gli enti locali o con le amministrazioni statali, al contributo del Fondo nazionale per l’integrazione di cui all’articolo 45 del testo unico.
Non possono essere iscritti nel registro le associazioni, enti o altri organismi privati il cui rappresentante legale o uno o più componenti degli organi di amministrazione e di controllo, siano sottoposti a procedimenti per l’applicazione di una misura di prevenzione o a procedimenti penali per uno dei reati previsti dal testo unico o risultino essere stati sottoposti a misure di prevenzione o condannati, ancorché con sentenza non definitiva, per uno dei delitti di cui agli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, salvo che i relativi procedimenti si siano conclusi con un provvedimento che esclude il reato o la responsabilità dell’interessato, e salvi in ogni caso gli effetti della riabilitazione.
Art. 53
(Condizioni per l’iscrizione nel Registro)
Possono iscriversi nella sezione del registro di cui all’articolo 52, comma 1, lettera a), gli organismi privati, gli enti e le associazioni che svolgono attività per l’integrazione di cui all’articolo 42, comma 1, del testo unico, che abbiano i seguenti requisiti:
forma giuridica compatibile con i fini sociali e di solidarietà desumibili dall’atto costitutivo o dallo statuto in cui devono essere espressamente previsti l’assenza di fini di lucro, il carattere democratico dell’ordinamento interno, l’elettività delle cariche associative, i criteri di ammissione degli aderenti, i loro obblighi e diritti. I predetti requisiti non sono richiesti per gli organismi aventi natura di organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS), ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460;
obbligo di formazione del bilancio o del rendiconto dal quale devono risultare i beni, i contributi o le donazioni, nonché le modalità di approvazione dello stesso da parte dell’assemblea degli aderenti;
sede legale in Italia e possibilità di operatività in Italia ed eventualmente all’estero qualunque sia la forma giuridica assunta;
esperienza almeno biennale nel settore dell’integrazione degli stranieri e dell’educazione interculturale; della valorizzazione delle diverse espressioni culturali, ricreative, sociali, religiose ed artistiche; della formazione, dell’assistenza e dell’accoglienza degli stranieri.
I soggetti di cui al comma 1, si iscrivono al registro su richiesta del rappresentante legale, con una domanda corredata da:
copia dell’atto costitutivo e dello statuto o degli accordi degli aderenti;
dettagliata relazione sull’attività svolta negli ultimi due anni;
copia del bilancio o del rendiconto relativo agli ultimi due anni di attività;
eventuale iscrizione all’albo regionale delle associazioni del volontariato;
ogni altra documentazione ritenuta utile per comprovare l’adeguatezza dell’associazione a svolgere attività nel settore dell’integrazione degli stranieri;
dichiarazione redatta e sottoscritta ai sensi delle vigenti disposizioni concernente l’assenza, nei confronti del legale rappresentante e di ciascuno dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo dell’ente, delle condizioni interdittive di cui al comma 3 dell’articolo 52.
Ai fini di cui all’articolo 23, comma 2, del testo unico, possono iscriversi nel registro di cui all’articolo 52, comma 1, lettera b), gli enti e le associazioni di volontariato operanti nel settore dell’immigrazione da almeno tre anni, in possesso dei requisiti di cui al comma 1, lettere a), b) e c), comprovati con la documentazione di cui al comma 2, nonché dei seguenti ulteriori requisiti:
disponibilità di strutture alloggiative idonee, al fine di ospitare il cittadino straniero per il quale viene prestata garanzia;
patrimonio e disponibilità economica risultante dalla documentazione contabile e fiscale dell’ente o dell’associazione, adeguata ad assicurare il sostentamento e l’assistenza sanitaria dello straniero per la durata del permesso di soggiorno e l’eventuale rimpatrio.
Gli enti e le associazioni di cui al comma 3, al momento della richiesta di cui all’art. 23, comma 1, del testo unico devono indicare il luogo dove intendono ospitare il cittadino straniero e le relative caratteristiche strutturali e sanitarie, certificate a norma dell’articolo 16, comma 4, lettera b), del presente regolamento. Gli stessi soggetti devono altresì indicare la disponibilità economica adeguata per il sostentamento dello straniero, non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale aumentato a norma dell’articolo 29, comma 3, lettera b), del testo unico, ovvero, per un numero di ospiti superiore a cinque, aumentato del 75% per ciascuno di essi. Il decreto di cui all’articolo 54, comma 1, indica il numero massimo di garanzie annuali che possono essere presentate da ciascun ente o associazione iscritti al registro, individuato sulla base del suo patrimonio e della disponibilità di alloggio.
Nell’ambito del registro di cui all’articolo. 52, comma 1, lettera c), possono iscriversi le associazioni, gli enti e gli organismi privati abilitati alla realizzazione dei programmi di assistenza e integrazione sociale di cui all’articolo 18, comma 3, del testo unico. Nella fase di prima applicazione possono richiedere l’iscrizione solo gli organismi privati che, indipendentemente dalla natura giuridica, abbiano già svolto attività di assistenza sociale e di prestazione dei servizi in materia di violenza contro le donne, prostituzione, tratta, violenza e abusi sui minori, assistenza ai lavoratori in condizione di grave sfruttamento, con particolare riferimento al lavoro minorile.
Ai fini dell’iscrizione, i soggetti di cui al comma 5 presentano un curriculum attestante le precedenti esperienze, e una dichiarazione dalla quale risultino:
la disponibilità, a qualsiasi titolo, di operatori competenti nelle aree psicologica, sanitaria, educativa e dell’assistenza sociale, che assicurino prestazioni con carattere di continuità, ancorché volontarie;
la disponibilità, a qualsiasi titolo, di strutture alloggiative adeguate all’accoglienza e alla realizzazione del programma di assistenza e di integrazione sociale, con la specificazione delle caratteristiche tipologiche e della ricettività;
i rapporti instaurati con enti locali, regioni o altre istituzioni;
la descrizione del programma di assistenza e integrazione sociale che intendano svolgere, articolato in differenti programmi personalizzati. Il programma indica finalità, metodologia di intervento, misure specifica di tutela fisica e psicologica, tempi costi e risorse umane impiegate; prevede le modalità di prestazione di assistenza sanitaria e psicologica, e le attività di formazione, finalizzate ove necessario all’alfabetizzazione e all’apprendimento della lingua italiana, e comunque alla formazione professionale in relazione a specifici sbocchi lavorativi;
l’adozione di procedure per la tutela dei dati personali, ai sensi della legge 31 dicembre 1996, n. 675, anche relativi ai soggetti ospitati nelle strutture alloggiative; f) l’assenza, nei confronti del legale rappresentante e di ciascuno dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo dell’ente, delle condizioni interdittive di cui al comma 3 dell’articolo 52.
A decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente regolamento possono richiedere l’iscrizione anche organismi privati che non abbiano svolto precedentemente attività di assistenza nei campi indicati dal comma 6, purché stabiliscano un rapporto di partenariato con uno dei soggetti già iscritti nella sezione del registro di cui all’articolo 52, comma 1, lettera c). Tali organismi devono presentare una dichiarazione dalla quale risultino, oltre ai requisiti indicati dal comma 6, lettere a), b) e d), il curriculum di ciascuno dei componenti ed il rapporto di partenariato.
Art. 54
(Iscrizione nel Registro)
L’iscrizione degli organismi privati, degli enti e delle associazioni nel registro di cui all’articolo 52, è disposta dal Ministro per la solidarietà sociale, con proprio decreto, sentita la Commissione di cui all’articolo 25, comma 2, limitatamente all’iscrizione alla sezione di cui all’articolo 52, comma 1, lettera c).
L’iscrizione o il provvedimento di diniego dell’iscrizione è comunicato entro 90 giorni dalla richiesta. Trascorso tale termine l’iscrizione è da ritenersi avvenuta.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli affari sociali, provvede all’aggiornamento annuale del registro, di cui all’articolo 52, comma 1. A tal fine gli organismi privati e le associazioni e gli enti interessati trasmettono entro il 30 gennaio di ogni anno una relazione sull’attività svolta. Ogni cambiamento sostanziale di uno dei requisiti richiesti per l’iscrizione dovrà essere invece comunicato tempestivamente.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli affari sociali, può effettuare controlli o richiedere la trasmissione di documentazione. La rilevazione di comportamenti non compatibili con le finalità dei soggetti di cui al comma 1, comporta la cancellazione dal registro, a decorrere dalla data di comunicazione all’interessato.
L’elenco degli organismi privati e delle associazioni e degli enti iscritte al registro è comunicato annualmente alle regioni e alle province autonome.
Art. 55
(Funzionamento della Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie)
La Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie, di cui all’art. 42 del testo unico, istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, ha sede presso il Dipartimento per gli affari sociali. Con lo stesso decreto vengono nominati i componenti della Consulta ai sensi del comma 4 del predetto articolo 42 del testo unico.
Il Presidente della Consulta può invitare a partecipare ai lavori della Consulta i rappresentanti dei Consigli territoriali, di cui all’articolo 3, comma 6, del testo unico.
I componenti della Consulta rimangono in carica per tre anni.
La Consulta è convocata almeno ogni sei mesi. La Consulta si avvale di una propria segreteria composta da personale in servizio presso il Dipartimento per gli affari sociali, che assicura il supporto tecnico-organizzativo.
La Consulta acquisisce le osservazioni degli enti e delle associazioni nazionali maggiormente attivi nell’assistenza e nell’integrazione degli immigrati ai fini della predisposizione del Documento programmatico di cui all’articolo 3 del testo unico; in relazione alle condizioni degli immigrati, inoltre, esamina le problematiche relative alla loro integrazione a livello, economico, sociale e culturale; verifica lo stato di applicazione della legge evidenziandone difficoltà e disomogeneità a livello territoriale; elabora proposte e suggerimenti per una migliore convivenza tra immigrati e cittadinanza locale e per la tutela dei diritti fondamentali; assicura la diffusione delle informazioni relative alla realizzazione di esperienze positive maturate nel settore dell’integrazione a livello sociale, nel rispetto delle disposizioni in vigore in materia di dati personali.
Con il decreto di cui al comma 1, sentito il Presidente del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, può essere nominato il Vice presidente della Consulta e sono stabilite le modalità di raccordo e di collaborazione con l’attività dell’organismo di cui all’articolo 56.
Art. 56
(Organismo nazionale di coordinamento)
L’Organismo nazionale di coordinamento di cui all’articolo 42, comma 3, del testo unico opera in stretto collegamento con la Consulta per l’immigrazione di cui al comma 4 dello stesso articolo, con i Consigli territoriali per l’immigrazione, con i centri di osservazione, informazione e di assistenza legale contro le discriminazioni razziali, etniche, nazionali e religiose, con le istituzioni e gli altri organismi impegnati nelle politiche di immigrazione a livello locale, al fine di accompagnare e sostenere lo sviluppo dei processi locali di accoglienza ed integrazione dei cittadini stranieri, la loro rappresentanza e partecipazione alla vita pubblica,
La composizione dell’Organismo nazionale di cui al comma 1 è stabilita con determinazione del Presidente del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (C.N.E.L.), d’intesa con il Ministro per la solidarietà sociale.
L’Organismo nazionale si avvale di una segreteria composta da funzionari del C.N.E.L. e personale ed esperti con contratto a tempo determinato.
Art. 57
(Istituzione dei Consigli territoriali per l’immigrazione)
I Consigli territoriali per l’immigrazione di cui all’articolo 3, comma 6, del testo unico, con compiti di analisi delle esigenze e di promozione degli interventi da attuare a livello locale, sono istituiti, a livello provinciale, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottarsi di concerto con il Ministro dell’interno. E’ responsabilità del prefetto assicurare la formazione e il funzionamento di detti Consigli. Essi sono così composti:
dai rappresentanti dei competenti uffici periferici delle amministrazioni dello Stato;
dal Presidente della provincia;
da un rappresentante della regione;
dal sindaco del comune capoluogo, o da un suo delegato, nonché dal sindaco, o da un suo delegato, dei comuni della provincia di volta in volta interessati;
dal Presidente della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o da un suo delegato;
da almeno due rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro;
da almeno due rappresentanti delle associazioni più rappresentative degli stranieri extracomunitari operanti nel territorio;
da almeno due rappresentanti degli enti e delle associazioni localmente attivi nel soccorso e nell’assistenza agli immigrati.
Possono essere invitati a partecipare alle riunioni dei Consigli i rappresentanti delle Aziende sanitarie locali, nonché degli enti o altre istituzioni pubbliche interessati agli argomenti in trattazione.
I Consigli territoriali per l’immigrazione operano, per la necessaria integrazione delle rispettive attività, in collegamento con le Consulte regionali di cui all’articolo 42, comma 6, del testo unico, eventualmente costituite con legge regionale. Ai fini di una coordinata ed omogenea azione di monitoraggio ed analisi delle problematiche connesse al fenomeno dell’immigrazione e delle esigenze degli immigrati, nonché di promozione dei relativi interventi, il prefetto assicura il raccordo dei Consigli territoriali con la Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie, di cui all’articolo 42, comma 4, del testo unico.
Nell’adozione del decreto di cui al comma 1 del presente articolo, il Presidente del Consiglio dei Ministri tiene conto, ai fini dell’istituzione dei Consigli territoriali per l’immigrazione, degli eventuali organi costituiti, con analoghe finalità, presso i comuni. In tal caso, il prefetto assicura il raccordo tra i predetti organi e la Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie.
Art. 58
(Fondo nazionale per le politiche migratorie)
Il Ministro per la solidarietà sociale, con proprio decreto adottato di concerto con i Ministri interessati secondo quanto disposto dall’articolo 59, comma 46, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e dall’articolo 133, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ripartisce i finanziamenti relativi al Fondo nazionale per le politiche migratorie di cui all’articolo 45 del testo unico, in base alle seguenti quote percentuali:
una quota pari all’80% dei finanziamenti dell’intero Fondo è destinata ad interventi annuali e pluriennali attivati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, nonché dagli enti locali, per straordinarie esigenze di integrazione sociale determinate dall’afflusso di immigrati;
una quota pari al 20% dei finanziamenti è destinata ad interventi di carattere statale comprese le spese relative agli interventi previsti dagli articoli 20 e 46 del testo unico.
Le somme stanziate dall’articolo 18 del testo unico per interventi di protezione sociale confluiscono nel Fondo di cui all’articolo 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, per essere successivamente riassegnate al Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, adottato di concerto con i Ministri interessati, secondo quanto previsto dall’articolo 59, comma 46, della predetta legge n. 449 e dall’articolo 129, comma 1, lettera e), del predetto decreto legislativo n. 112 del 1998.
Le regioni possono impiegare una quota delle risorse loro attribuite ai sensi del comma 1, lettera a), per la realizzazione di programmi interregionali di formazione e di scambio di esperienze in materia di servizi per l’integrazione degli immigrati.
Le risorse attribuite alle regioni ai sensi del comma 1, lettera a), costituiscono quote di cofinanziamento dei programmi regionali relativi ad interventi nell’ambito delle politiche per l’immigrazione. A tal fine le regioni partecipano con risorse a carico dei propri bilanci per una quota non inferiore al 20% del totale di ciascun programma. Le risorse attribuite alle regioni possono altresì essere utilizzate come quota nazionale di cofinanziamento per l’accesso ai fondi comunitari.
Il decreto di ripartizione di cui al comma 1 tiene conto, sulla base dei dati rilevati dall’ISTAT e dal Ministero dell’interno:
della presenza degli immigrati sul territorio;
della composizione demografica della popolazione immigrata e del rapporto tra immigrati e popolazione locale;
delle situazioni di particolare disagio nelle aree urbane e della condizione socio-economica delle aree di riferimento.
Per la realizzazione della base informativa statistica necessaria alla predisposizione del decreto di cui al comma 1, il Ministero dell’interno trasmette all’ISTAT, secondo modalità concordate e nel rispetto della legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive modificazioni e integrazioni, le informazioni di interesse statistico sui cittadini stranieri, contenute nei propri archivi automatizzati, incluse quelle relative ai minorenni registrati sul permesso di soggiorno o carta di soggiorno dei genitori.
Il decreto di cui al comma 1 tiene altresì conto delle priorità di intervento e delle linee guida indicate nel documento programmatico relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri predisposto ogni tre anni ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del testo unico.
I programmi annuali e pluriennali predisposti dalle regioni sono finalizzati allo svolgimento di attività volte a:
favorire il riconoscimento e l’esercizio, in condizione di parità con i cittadini italiani, dei diritti fondamentali delle persone immigrate;
promuovere l’integrazione degli stranieri favorendone l’accesso al lavoro, all’abitazione, ai servizi sociali, alle istituzioni scolastiche;
prevenire e rimuovere ogni forma di discriminazione basata sulla razza, il colore, l’ascendenza o l’origine nazionale o etnica o religiosa;
tutelare l’identità culturale, religiosa e linguistica degli stranieri;
consentire un positivo reinserimento nel Paese d’origine.
Il Ministro per la solidarietà sociale predispone, con proprio decreto, sentita la Conferenza Unificata, un apposito modello uniforme per la comunicazione dei dati statistici e socio-economici e degli altri parametri necessari ai fini della redazione dei programmi regionali e statali, che devono essere trasmessi al Dipartimento per gli affari sociali ai sensi dell’articolo 59, comma 1, e dell’articolo 60, comma 2, e per la presentazione della relazione annuale ai sensi dell’articolo 59, comma 5, e dell’articolo 60, comma 4.
Art. 59
(Attività delle regioni e delle province autonome)
Entro sei mesi dalla data di pubblicazione del decreto del Ministro per la solidarietà sociale di cui all’articolo 58, comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sulla base delle risorse del Fondo rispettivamente assegnate, comunicano al Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri i programmi annuali o pluriennali, comunque della durata massima di tre anni, che intendono realizzare nell’ambito delle politiche per l’immigrazione. La comunicazione dei programmi é condizione essenziale per la erogazione del finanziamento annuale.
Per favorire l’elaborazione dei piani territoriali anche ai fini dell’armonizzazione con i piani di intervento nazionale, il Ministro per la solidarietà sociale, d’intesa con la Conferenza Unificata, adotta con proprio decreto linee guida per la predisposizione dei programmi regionali.
I programmi regionali indicano i criteri per l’attuazione delle politiche di integrazione degli stranieri ed i compiti attribuiti ai comuni quali soggetti preposti all’erogazione dei servizi sociali ai sensi dell’articolo 131, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. I programmi regionali prevedono accordi di programma con gli enti locali che indichino gli obiettivi da perseguire, gli interventi da realizzare, le modalità e i tempi di realizzazione, i costi e le risorse impegnate, i risultati perseguiti, i poteri sostitutivi in caso di ritardi e inadempienze.
Le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, ai fini dell’attuazione dei propri programmi, possono avvalersi della partecipazione delle associazioni di stranieri e delle organizzazioni stabilmente operanti in loro favore iscritte nel registro di cui all’articolo 52 comma 1, lettera a).
Le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, entro un anno dalla data di erogazione del finanziamento, presentano una relazione al Ministro per la solidarietà sociale sullo stato di attuazione degli interventi previsti nei programmi, sulla loro efficacia, sul loro impatto sociale, sugli obiettivi conseguiti e sulle misure da adottare per migliorare le condizioni di vita degli stranieri sul territorio. Nello stato di attuazione degli interventi deve essere specificato anche il grado di avanzamento dei programmi in termini di impegni di spesa, pagamenti e residui passivi desunti dai rispettivi bilanci.
Qualora le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano non adempiano nei termini all’obbligo di comunicazione dei programmi che intendono realizzare ovvero, entro dodici mesi dalla data di erogazione dei finanziamenti, non abbiano provveduto all’impegno contabile delle rispettive quote assegnate, il Ministro per la solidarietà sociale, sentita la Conferenza Unificata provvede alla revoca del finanziamento e alla ridestinazione dei fondi alle regioni e alle province autonome.
L’obbligo di comunicazione dei programmi di cui al comma 1 e quello dell’iscrizione nel registro di cui al comma 4 e le quote di cofinanziamento previste a carico delle regioni dall’articolo 58, comma 4, operano relativamente alla ripartizione degli stanziamenti previsti per gli esercizi finanziari successivi a quello di entrata in vigore del presente regolamento.
Art. 60
(Attività delle Amministrazioni statali)
Gli interventi realizzati dalle amministrazioni statali sono finanziati ai sensi dell’articolo 58, comma 1, lettera b), secondo le priorità indicate dal documento programmatico di cui all’articolo 3, comma 1, del testo unico.
Il Ministro per la solidarietà sociale promuove e coordina, d’intesa con i Ministri interessati, i programmi delle amministrazioni statali presentati al Dipartimento per gli affari sociali entro sei mesi dalla pubblicazione del decreto di ripartizione del Fondo.
Le amministrazioni statali predispongono i propri programmi anche avvalendosi delle associazioni di stranieri e delle organizzazioni stabilmente operanti in loro favore iscritte nel registro di cui all’articolo 52, comma 1, lettera a).
Le amministrazioni statali, entro un anno dalla data di erogazione del finanziamento, presentano una relazione al Ministro per la solidarietà sociale sullo stato di attuazione degli interventi previsti nei rispettivi programmi, sulla loro efficacia, sul loro impatto sociale e sugli obiettivi conseguiti.
Art. 61
(Disposizione transitoria)
La condizione dell’iscrizione al registro di cui all’articolo 52, comma 1, è richiesta per gli interventi adottati sugli stanziamenti previsti per gli esercizi finanziari degli anni successivi a quello di entrata in vigore del presente regolamento. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Direttiva del Presidente Consiglio dei Ministri del 4 agosto 1999 G.U. 6 settembre 1999 n. 209 – “Quote di ingresso per immigrati extracomunitari per l’anno 1999.”
Quote di ingresso per immigrati extracomunitari
Il Governo ha confermato per 1999 il numero (58 mila) del 1998
(Direttiva 4.8.99)
Sono 58.000 gli ingressi previsti nel provvedimento sui flussi migratori per il 1999 varato dal Consiglio dei Ministri il 4 agosto 1999 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 209 del 6 settembre 1999.
Non essendo ancora operativo il regolamento di attuazione (approvato sempre il 4 agosto 1999) della legge sull’immigrazione ed essendoci una consistente richiesta di lavoratori extracomunitari da parte delle imprese il governo ha deciso di confermare numericamente i flussi previsti per lo scorso anno.
I 58.000 ingressi sono comprensivi di quelli già effettuati sulla base di alcune circolari del ministero del Lavoro. Una parte degli ingressi è riservata a cittadini albanesi, tunisini e marocchini (in base ad accordi bilaterali), altri sono riservati a lavoratori stagionali, altri ad impieghi a tempo indeterminato e altri ancora ai lavoratori autonomi.
Direttiva del presidente del consiglio dei ministri 4 agosto 1999
Programmazione dei flussi di ingresso per lavoro, nell’anno 1999, di cittadini stranieri non comunitari.
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DE1 MINISTRI
Visto l’art. 5 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visto il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, emanato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modifiche, ed in particolare l’articolo 3, comma 4, il quale prevede che ogni anno siano emanati uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri per definire le quote massime di lavoratori stranieri non appartenenti all’Unione europea da ammettere sul territorio nazionale e che “in caso di mancata pubblicazione dei decreti di programmazione annuali, la determinazione delle quote è disciplinata in conformità con gli ultimi decreti pubblicati ai sensi del presente testo unico nell’anno precedente”;
Visto il documento programmatico relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 5 agosto 1998 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 settembre 1998;
Considerato che per il 1998 sono stati emanati due decreti di programmazione dei flussi di ingresso, uno il 27 dicembre 1997 per 20.000 unità ed uno il 16 ottobre 1998 per 38.000 persone, per un totale di 58.000 unità;
Considerato che il regolamento di attuazione, approvato dal Consiglio dei Ministri in data odierna, non è entrato ancora in vigore e che, conseguentemente, non possono ancora essere attuati tutti gli istituti previsti per la programmazione dei flussi migratori;
Sentito il Consiglio dei Ministri nella seduta del 4 agosto 1999;
EMANA la seguente direttiva:
Articolo 1
1. Sono confermate per l’anno 1999 le quote massime relative a stranieri non comunitari da ammettere nel territorio dello Stato già definite, per l’anno 1998, dal decreto interministeriale del 24 dicembre 1997 e dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 ottobre 1998.
2. Con riferimento agli ingressi relativi alle categorie di lavoro subordinato a tempo indeterminato e determinato, anche a carattere stagionale, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale impegnerà una quota complessiva non superiore a 54.500 ingressi. La residua quota di 3.500 permessi di soggiorno è riservata agli stranieri non comunitari per l’esercizio di lavoro autonomo, ivi compreso lo svolgimento di attività professionali.
Le amministrazioni competenti cureranno l’applicazione della presente direttiva che sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Decreto legislativo 2 agosto 1999 n. 358 – “Modifiche delle norme sul soggiorno dei cittadini appartenenti alla Unione Europea”.
Per cittadini comunitari, in attuazione di tre direttive CEE
Soggiorno stranieri, norme modificate
(Dlgs. 358/99)
Questo decreto legislativo, in aderenza alle direttive comunitarie, modifica le vecchie norme del 1992 per quanto riguarda il diritto di soggiorno di cittadini degli Stati membri della Unione europea.
Le novità riguardano gli studenti, la formazione lavoro, i disoccupati, lo status dei familiari a carico che non siano cittadini di uno Stato della Ue.
La normativa, oltre a regolamentare i diritti, delinea anche i doveri e la documentazione necessaria per ottenere dall’autorità di pubblica sicurezza la carta di soggiorno di cittadino di uno Stato membro dell’Ue.
DECRETO LEGISLATIVO 2 agosto 1999, n. 358.
Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 26 novembre 1992 n. 470. in attuazione delle direttive 90/364/CEE, 90/365/CEE,e 90/366/CEE concernenti il soggiorno di cittadini comunitari.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l’articolo 1, comma 7, della legge 24 aprile 1998, n. 128, recante delega al Governo ad emanare le disposizioni integrative e correttive necessarie ad adeguare la disciplina recata dal decreto legislativo 26 novembre 1992, n. 470, alle direttive del Consiglio 90/364/CEE 90/365/CEE e 93/96/CEE, nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui all’articolo 6, comma 1, lettere a), b), c) e d), della legge 19 febbraio 1992, n. 142;
Visto l’articolo 6, comma 1, lettere a), b), c) e d), della legge 19 febbraio 1992, n. 142;
Viste le direttive del Consiglio 90/364/CEE relativa al diritto di soggiorno di cittadini comunitari e 90/365/CEE relativa al diritto di soggiorno dei lavoratori salariati e non salariati che hanno cessato la propria attività professionale;
Vista la direttiva del Consiglio 93/96/CEE che ha sostituito la direttiva del Consiglio 90/366/CEE relativa al diritto di soggiorno degli studenti, annullata dalla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 7 luglio 1992, nella causa C-295/90;
Visto il decreto legislativo 26 novembre 1992, n. 470 di attuazione dell’articolo 6, comma I, della legge 19 febbraio 1992, n. 142;
Visto l’articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 9 aprile 1999;
Acquisiti i pareri delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 23 luglio 1999;
Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri degli affari esteri, di grazia e giustizia, del tesoro del bilancio e della programmazione economica, della sanità, del lavoro e della previdenza sociale e dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica;
E M A N A
il seguente decreto legislativo:
Art. 1.
1. Gli articoli 5-bis, 5-ter, 5-quater e 5-quinquies del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1965, n. 1656, come modificato dal decreto legislativo 26 novembre 1992, n. 470, sono sostituiti rispettivamente dai seguenti:
Art. 5-bis. -— 1. Hanno diritto al soggiorno nel territorio della Repubblica i cittadini di uno Stato membro delI’Unione europea, che abbiano o meno svolto un’attività lavorativa in uno Stato membro, a condizione che:
a)siano iscritti al Servizio sanitario nazionale italiano o siano titolari di una polizza assicurativa sanitaria per malattia, infortunio e per maternità;
b) dispongano di un reddito complessivo, che non sia inferiore all’assegno sociale di cui all’articolo 3 comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, tale reddito può essere comprensivo anche di pensione di invalidità da lavoro, di trattamento per pensionamento anticipato o di pensione di vecchiaia, ovvero di una rendita per infortunio sul lavoro o per malattia professionale.
2. Il diritto di cui al comma I è inoltre riconosciuto quale che sia la loro cittadinanza, al coniuge e ai discendenti a carico del titolare del diritto di soggiorno di cui al comma 1, agli ascendenti del medesimo e del coniuge che siano a carico dello stesso titolare nonché ad eventuali altri familiari a carico, come individuati dall’articolo 29, comma I, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, alle seguenti condizioni:
a)siano iscritti al Servizio sanitario nazionale italiano o siano titolari di una polizza assicurativa sanitaria per malattia, infortunio e per maternità;
b) il nucleo familiare di cui fanno parte goda di un reddito annuo non inferiore a quello definito ai sensi dell’articolo 29, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n 286.
3. L’autorità di pubblica sicurezza del luogo ove le persone di cui ai commi I e 2 si stabiliscono rilascia loro un documento rinnovabile, di validità decennale, denominato: “carta di soggiorno di cittadino di uno Stato membro dell’U.E.”.
4. Ai familiari a carico di cui al comma 2 che non siano cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea è pure rilasciata, con le modalità di cui all’articolo 5-quinquies, una carta di soggiorno di validità uguale a quella della carta di soggiorno rilasciata ai cittadini di cui al comma 1.
Art. 5-ter.—1. Hanno diritto al soggiorno nel territorio della Repubblica gli studenti, cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea, iscritti a un istituto riconosciuto per conseguirvi, a titolo principale, una formazione professionale, ovvero iscritti ad università o istituti universitari statali o istituti universitari liberi abilitati a rilasciare titoli aventi valore legale, a condizione che:
a)siano iscritti al Servizio sanitario nazionale italiano o siano titolari di una polizza assicurativa sanitaria per malattia, infortunio e per maternità;
b) dispongano di risorse economiche tali da non costituire un onere per l’assistenza sociale in Italia.
2. Il diritto di soggiorno è inoltre riconosciuto ai familiari a carico del titolare del diritto di soggiorno, come individuati dall’articolo 29, comma I, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, a condizione che:
a) siano iscritti al Servizio sanitario nazionale italiano o siano titolari di una polizza assicurativa sanitaria per malattia, infortunio e per maternità;
b) il nucleo familiare di cui fanno parte abbia risorse tali da non costituire un onere per l’assistenza san in Tt:
3. L’autorità di pubblica sicurezza del luogo ove le persone di cui ai commi I e 2 si stabiliscono rilascia loro un documento, di validità limitata alla durata della formazione, denominato: “carta di soggiorno di cittadino di uno Stato membro dell’U.E.”.
4. Ai familiari a carico di cui al comma 2 che non siano cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea si applica il disposto di cui all’articolo 5-bis, comma 4.
Art. 5-quater.—1. Per l’accesso alle attività lavorative dipendenti o autonome trovano applicazione, per le persone di cui agli articoli 5-bis, comma 2, e 5-ter, comma 2, le disposizioni vigenti in materia per i cittadini italiani, fatte salve quelle afferenti il pubblico impiego, nei termini previsti dall’articolo 37 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.
2. Il diritto di soggiorno di cui agli articoli 5-bis commi 1 e 2, e 5-ter, commi I e 2, sussiste finché i beneficiari soddisfino le condizioni ivi previste.
Art. 5-quinquies.—1. Le carte di soggiorno di cui agli articoli 5-bis, commi 3 e 4, e 5-ter, commi 3 e 4, sono rilasciate su modelli conformi a quelli stabiliti con decreti del Ministro dell’interno previa esibizione all’autorità di pubblica sicurezza del luogo ove si stabiliscono i beneficiari del presente decreto legislativo:
a) del passaporto, della carta d’identità o di altro documento di identificazione equipollente;
b) del documento di iscrizione al Servizio sanitario nazionale italiano o dell’originale o copia autenticata della polizza assicurativa sanitaria per malattia, infortunio e per maternità.
2. Per il rilascio delle carte di soggiorno di cui al comma 1, è inoltre richiesta la produzione:
a) da parte dei cittadini di cui all’articolo 5-bis, comma 1, della documentazione prevista dallo Stato di origine o di provenienza, attestante la disponibilità di un reddito, eventualmente comprensivo di pensione o rendita per infortunio sul lavoro o per malattia professionale, non inferiore a quello di cui all’articolo 5-bis, comma 1, lettera b), o di altra documentazione comunque idonea a dimostrare la disponibilità del reddito stesso, con indicazione del relativo importo, ovvero di apposita dichiarazione, resa ai sensi dell’articolo 1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 403, comprovante la disponibilità del reddito medesimo;
b) da parte dei cittadini di cui all’articolo 5-ter. comma 1, e per i loro eventuali familiari a carico:
1) di apposita dichiarazione, resa ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 403, comprovante la disponibilità di risorse economiche tali da evitare che il titolare del diritto di soggiorno e gli eventuali familiari a carico possano costituire un onere per l’assistenza sociale in Italia o, a scelta, di qualsiasi altro documento che attesti che tale condizione è condizione è comunque soddisfatta;
2) del certificato di iscrizione del titolare del diritto di soggiorno al corso di formazione professionale o al corso di studi universitari con l’indicazione della durata del corso stesso, ovvero di apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio, ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 403, che comprovi tale iscrizione;
c) per i familiari a carico dei cittadini di cui all’articolo 5-bis, comma 1, della documentazione attestante la disponibilità del reddito richiesto ai sensi dell’articolo 5-bis, comma 2, lettera b), o altra documentazione comunque idonea a dimostrare la disponibilità dello stesso, con l’indicazione del relativo importo, ovvero di apposita dichiarazione, resa ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998 n. 403, comprovante la disponibilità del reddito medesimo;
d) per i familiari a carico dei cittadini di cui all’articolo 5-his, comma 1, e 5-ter, comma 1, della dichiarazione, resa ai sensi dell’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 403, ovvero di documentazione pertinente comprovante:
1) L’esistenza del vincolo di coniugio o di parentela o delle altre condizioni richieste ai sensi dell’articolo 29, comma 1, lettere b) e d), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, ove applicabile;
2) la condizione di familiare a carico, tale condizione non deve essere comprovata per i figli minori.
3. L’autorità di pubblica sicurezza del luogo ove si stabiliscono coloro che beneficiano del presente decreto legislativo riceve le dichiarazioni ed estrae copia dei documenti di cui ai commi I e 2.
4. Il rilascio e il rinnovo delle carte di soggiorno e dei certificati a tali fini necessari sono gratuiti.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Decreto Legislativo 13 aprile 1999, n. 113 – “Disposizioni correttive al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’articolo 47, comma 2, della legge 6 marzo 1998, n. 40”
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 27 aprile 1999
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l’articolo 47, comma 2, della legge 6 marzo 1998, n. 40, recante delega al Governo per l’emanazione di uno o piu’ decreti legislativi recanti le disposizioni correttive che si dimostrino necessarie per realizzare pienamente i principi della medesima legge o per assicurarne la migliore attuazione;
Vista la legge 23 agosto 1988, n 400;
Visto il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, adottato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 9 febbraio 1999;
Acquisito il parere delle competenti commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 9 aprile 1999;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri per la solidarieta’ sociale, degli affari esteri e dell’interno, di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, del lavoro e della previdenza sociale e di grazia e giustizia;
E m a n a
il seguente decreto legislativo:
Art. 1.
1. All’articolo 3 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo il comma 6, e’ inserito il seguente:
“6-bis. Fermi restando i trattamenti dei dati previsti per il perseguimento delle proprie finalita’ istituzionali, il Ministero dell’interno espleta, nell’ambito del Sistema statistico nazionale e senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, le attivita’ di raccolta di dati a fini statistici sul fenomeno dell’immigrazione extracomunitaria per tutte le pubbliche amministrazioni interessate alle politiche migratorie.”.
Art. 2.
1. All’articolo 12 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, il comma 4 e’ sostituito dal seguente:
” 4. Nei casi previsti dai commi 1 e 3 e’ obbligatorio l’arresto in flagranza ed e’ disposta la confisca del mezzo di trasporto utilizzato per i medesimi reati, anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti. Nei medesimi casi si procede comunque con giudizio direttissimo, salvo che siano necessarie speciali indagini.”.
2. All’articolo 12 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, il comma 8 e’ sostituito dai seguenti:
” 8. I beni sequestrati nel corso di operazioni di polizia finalizzate alla prevenzione e repressione dei reati previsti dal bpresente articolo, sono affidati dall’autorita’ giudiziaria procedente in custodia giudiziale, salvo che vi ostino esigenze processuali, agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l’impiego in attivita’ di polizia ovvero ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici per finalita’ di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale. I mezzi di trasporto non possono essere in alcun caso alienati. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 100, commi 2 e 3, del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.
8-bis. I beni acquisiti dallo Stato, a seguito di provvedimento definitivo di confisca, sono, a richiesta, assegnati all’amministrazione o trasferiti all’ente che ne abbiano avuto l’uso ai sensi del comma 8, ovvero sono alienati. I mezzi di trasporto che non sono assegnati o trasferiti per le finalita’ di cui al comma 8, non possono essere alienati e sono distrutti. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni vigenti in materia di gestione e destinazione dei beni confiscati.”.
Art. 3.
1. All’articolo 13 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, il comma 9 e’ sostituito dal seguente:
” 9. Il ricorso, a cui deve essere allegato il provvedimento impugnato, e’ presentato al pretore del luogo in cui ha sede l’autorita’ che ha disposto l’espulsione. Nei casi di espulsione con accompagnamento immediato, sempreche’ sia disposta la misura di cui al comma l dell’articolo 14, provvede il pretore competente per la convalida di tale misura. Il pretore accoglie o rigetta il ricorso decidendo con unico provvedimento adottato, in ogni caso, entro dieci giorni dalla data di deposito del ricorso, sentito l’interessato, nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.”.
Art. 4.
1. Dopo l’articolo 13 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, e’ inserito il seguente:
“Art. l3-bis (Partecipazione dell’amministrazione nei procedimenti in camera di consiglio).
1. Se il ricorso di cui all’articolo 13 e’ tempestivamente proposto, il pretore fissa l’udienza in camera di consiglio con decreto, steso in calce al ricorso. Il ricorso presentato fuori dei termini e’ inammissibile. Il ricorso con in calce il provvedimento del giudice e’ notificato, a cura della cancelleria, all’autorita’ che ha emesso il provvedimento.
2. L’autorita’ che ha emesso il decreto di espulsione puo’ stare in giudizio personalmente o avvalersi di funzionari appositamente delegati. La stessa facolta’ puo’ essere esercitata nel procedimento di cui all’articolo 14, comma 4.
3. Gli atti del procedimento e la decisione sono esenti da ogni tassa e imposta.
4. La decisione non e’ reclamabile, ma e’ impugnabile per Cassazione.”.
Art. 5.
1. All’articolo 33 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, il comma 2 e’ sostituito dal seguente:
” 2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro da lui delegato, sentiti i Ministri degli affari esteri, dell’interno e di grazia e giustizia, sono definiti i compiti del Comitato di cui al comma 1, concernenti la tutela dei diritti dei minori stranieri in conformita’ alle previsioni della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176. In particolare sono stabilite:
a) le regole e le modalita’ per l’ingresso ed il soggiorno nel territorio dello Stato dei minori stranieri in eta’ superiore a sei anni, che entrano in Italia nell’ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea promossi da enti, associazioni o famiglie italiane, nonche’ per l’affidamento temporaneo e per il rimpatrio dei medesimi;
b) le modalita’ di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati presenti nel territorio dello Stato, nell’ambito delle attivita’ dei servizi sociali degli enti locali e i compiti di impulso e di raccordo del Comitato di cui al comma 1 con le amministrazioni interessate ai fini dell’accoglienza, del rimpatrio assistito e del ricongiungimento del minore con la sua famiglia nel Paese d’origine o in un Paese terzo.”.
2. All’articolo 33 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo il comma 2 e’ inserito il seguente:
“2-bis. Il provvedimento di rimpatrio del minore straniero non accompagnato per le finalita’ di cui al comma 2, e’ adottato dal Comitato di cui al comma 1. Nel caso risulti instaurato nei confronti dello stesso minore un procedimento giurisdizionale, l’autorita’giudiziaria rilascia il nulla osta, salvo che sussistano inderogabili esigenze processuali.”.
Art. 6.
1. All’articolo 42, comma 4, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, la lettera a) e’ sostituita dalla seguente:
” a) rappresentanti delle associazioni e degli enti presenti nell’organismo di cui al comma 3 e rappresentanti delle associazioni che svolgono attivita’ particolarmente significative nel settore dell’immigrazione in numero non inferiore a dieci;”.
2. All’articolo 42, comma 4, lettera b), del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, le parole: “dei lavoratori” sono sostituite dalle seguenti: “degli stranieri”.
3. All’articolo 42, comma 4, lettera e), del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, la parola: “sette” e’ sostituita con la seguente: “otto” e dopo le parole: “dell’interno, ” sono inserite le seguenti: “di grazia e giustizia, “.
4. All’articolo 42, commma 4, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, la lettera f) e’ sostituita dalla seguente:
” f) otto rappresentanti delle autonomie locali, di cui due designati dalle regioni, uno dall’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), uno dall’Unione delle province italiane (UPI) e quattro dalla Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;”.
5. All’articolo 42, commma 4, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, dopo la lettera g) e’ aggiunta, in fine, la seguente:
“g-bis) esperti dei problemi dell’immigrazione in numero non superiore a dieci.”.
Art. 7.
1. All’articolo 46, comma 3, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, dopo le parole: “del Dipartimento per gli affari sociali” sono inserite le seguenti: “e del Dipartimento per le pari opportunita’” e dopo le parole: “dell’interno, ” sono inserite le seguenti: “di grazia e giustizia, “.
Art. 8.
1. All’articolo 49 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, la rubrica e’ sostituita dalla seguente: “Disposizioni finali e transitorie”.
2. All’articolo 49 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo il comma 1, e’ inserito il seguente:
“1-bis. Agli stranieri gia’ presenti nel territorio dello Stato anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40, in possesso dei requisiti stabiliti dal decreto di programmazione dei flussi per il 1998 emanato ai sensi dell’articolo
3, comma 4, in attuazione del documento programmatico di cui all’articolo 3, comma 1, che abbiano presentato la relativa domanda con le modalita’ e nei termini previsti dal medesimo decreto, puo’ essere rilasciato il permesso di soggiorno per i motivi ivi indicati. Per gli anni successivi al 1998, gli ingressi per motivi di lavoro di cui all’articolo 3, comma 4, restano disciplinati secondo le modalita’ ivi previste. In mancanza dei requisiti richiesti per l’ingresso nel territorio dello Stato, si applicano le misure previste dal presente testo unico.”.
3. All’articolo 49 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo il comma 2 e’ aggiunto, in fine, il seguente:
“2-bis. Per il perfezionamento delle operazioni di identificazione delle persone detenute o internate, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria adotta modalita’ di effettuazione dei rilievi segnaletici conformi a quelle gia’ in atto per le questure e si avvale delle procedure definite d’intesa con il Dipartimento della pubblica sicurezza.”.
Decreto Legislativo 19 ottobre 1998, n. 380 – “Disposizioni correttive al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’articolo 47, comma 2, della legge 6 marzo 1998, n 40”
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 257 del 3 novembre 1998
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l’articolo 47, comma 2, della legge 6 marzo 1998, n. 40, recante delega al Governo per l’emanazione di uno o piu’ decreti legislativi recanti le disposizioni correttive che si dimostrino necessarie per realizzare pienamente i principi della medesima legge o per assicurarne la migliore attuazione;
Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visto il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, adottato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 24 luglio 1998;
Acquisito il parere delle competenti commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione dell’8 ottobre 1998;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro per la solidarieta’ sociale, del Ministro degli affari esteri e del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica;
Emana
il seguente decreto legislativo:
Art. 1.
1. All’articolo 11 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, i commi 4 e 5 sono sostituiti dai seguenti:
“4. Il Ministero degli affari esteri e il Ministero dell’interno promuovono le iniziative occorrenti, d’intesa con i Paesi interessati, al fine di accelerare l’espletamento degli accertamenti ed il rilascio dei documenti eventualmente necessari per migliorarel’efficacia dei provvedimenti previsti dal presente testo unico, e per la reciproca collaborazione a fini di contrasto dell’immigrazione clandestina. A tale scopo, le intese di collaborazione possono prevedere la cessione a titolo gratuito alle autorita’ dei Paesi interessati di beni mobili ed apparecchiature specificamente individuate, nei limiti delle compatibilita’ funzionali e finanziarie definite dal Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e, se si tratta di beni, apparecchiature o servizi accessori forniti da altre amministrazioni, con il Ministro competente.
5. Per le finalita’ di cui al comma 4, il Ministro dell’interno predispone uno o piu’ programmi pluriennali di interventi straordinari per l’acquisizione degli impianti e mezzi tecnici e logistici necessari, per acquistare o ripristinare i beni mobili e le apparecchiature in sostituzione di quelli ceduti ai Paesi interessati, ovvero per fornire l’assistenza e altri servizi accessori. Se si tratta di beni, apparecchiature o servizi forniti da altre amministrazioni, i programmi sono adottati di concerto con il Ministro competente.
6. Presso i valichi di frontiera sono previsti servizi di accoglienza al fine di fornire informazioni e assistenza agli stranieri che intendano presentare domanda di asilo o fare ingresso in Italia per un soggiorno di durata superiore a tre mesi. Tali servizi sono messi a disposizione, ove possibile, all’interno della zona di transito.”.
Decreto Legislativo 25 Luglio 1998, n. 286 – “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 191 del 18 agosto 1998
Supplemento Ordinario n. 139
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visto l’articolo 87 della Costituzione;
Visto l’articolo 47, comma 1, della legge 6 marzo 1998, n. 40, recante delega al Governo per l’emanazione di un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni concernenti gli stranieri, nel quale devono essere riunite e coordinate tra loro e con le norme della citata legge 6 marzo 1998, n. 40, con le modifiche a tal fine necessarie, le disposizioni vigenti in materia di stranieri contenute nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, non compatibili con le disposizioni della predetta legge n. 40 del 1998, le disposizioni della legge 30 dicembre 1986, n. 943, e quelle dell’articolo 3, comma 13, della legge 8 agosto 1995 n. 335, compatibili con le disposizioni della medesima legge n. 40;
Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 9 giugno 1998;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 15 giugno 1998;
Acquisito il parere delle competenti commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;
Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle riunioni del 22 luglio 1998 e del 24 luglio 1998;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro per la solidarietà sociale, del Ministro degli affari esteri, del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, con il Ministro della sanità, con il Ministro della pubblica istruzione e dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e con il Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali;
EMANA
il seguente decreto legislativo:
TITOLO I
PRINCIPI GENERALI
Art. 1
(Ambito di applicazione)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 1)
1. Il presente testo unico, in attuazione dell’articolo 10, secondo comma, della Costituzione, si applica, salvo che sia diversamente disposto, ai cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea e agli apolidi, di seguito indicati come stranieri.
2. Il presente testo unico non si applica ai cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, se non in quanto si tratti di norme più favorevoli, e salvo il disposto dell’articolo 45 della legge 6 marzo 1998, n. 40.
3. Quando altre disposizioni di legge fanno riferimento a istituti concernenti persone di cittadinanza diversa da quella italiana ovvero ad apolidi, il riferimento deve intendersi agli istituti previsti dal presente testo unico. Sono fatte salve le disposizioni interne, comunitarie e internazionali più favorevoli comunque vigenti nel territorio dello Stato.
4. Nelle materie di competenza legislativa delle regioni, le disposizioni del presente testo unico costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione. Per le materie di competenza delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, esse hanno il valore di norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.
5. Le disposizioni del presente testo unico non si applicano qualora sia diversamente previsto dalle norme vigenti per lo stato di guerra.
6. Il regolamento di attuazione del presente testo unico, di seguito denominato regolamento di attuazione, è emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge 6 marzo 1998, n. 40.
7. Prima dell’emanazione, lo schema del regolamento di cui al comma 6 è trasmesso al Parlamento per l’acquisizione del parere delle Commissioni competenti per materia, che si esprimono entro trenta giorni. Decorso tale termine, il regolamento è emanato anche in mancanza del parere.
Art. 2
(Diritti e doveri dello straniero)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 2 legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 1)
1. Allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti.
2. Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore per l’Italia e il presente testo unico dispongano diversamente. Nei casi in cui il presente testo unico o le convenzioni internazionali prevedano la condizione di reciprocità, essa è accertata secondo i criteri e le modalità previste dal regolamento di attuazione.
3. La Repubblica italiana, in attuazione della convenzione dell’OIL n. 143 del 24 giugno 1975, ratificata con legge 10 aprile 1981, n. 158, garantisce a tutti i lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti nel suo territorio e alle loro famiglie parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani.
4. Lo straniero regolarmente soggiornante partecipa alla vita pubblica locale.
5. Allo straniero è riconosciuta parità di trattamento con il cittadino relativamente alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, nei rapporti con la pubblica amministrazione e nell’accesso ai pubblici servizi, nei limiti e nei modi previsti dalla legge.
6. Ai fini della comunicazione allo straniero dei provvedimenti concernenti l’ingresso, il soggiorno e l’espulsione, gli atti sono tradotti, anche sinteticamente, in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero, quando ciò non sia possibile, nelle lingue francese, inglese o spagnola, con preferenza per quella indicata dall’interessato.
7. La protezione diplomatica si esercita nei limiti e nelle forme previsti dalle norme di diritto internazionale. Salvo che vi ostino motivate e gravi ragioni attinenti alla amministrazione della giustizia e alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza nazionale, ogni straniero presente in Italia ha diritto di prendere contatto con le autorità del Paese di cui è cittadino e di essere in ciò agevolato da ogni pubblico ufficiale interessato al procedimento. L’autorità giudiziaria, l’autorità di pubblica sicurezza e ogni altro pubblico ufficiale hanno l’obbligo di informare, nei modi e nei termini previsti dal regolamento di attuazione, la rappresentanza diplomatica o consolare più vicina del Paese a cui appartiene lo straniero in ogni caso in cui esse abbiano proceduto ad adottare nei confronti di costui provvedimenti in materia di libertà personale, di allontanamento dal territorio dello Stato, di tutela dei minori di status personale ovvero in caso di decesso dello straniero o di ricovero ospedaliero urgente e hanno altresì l’obbligo di far pervenire a tale rappresentanza documenti e oggetti appartenenti allo straniero che non debbano essere trattenuti per motivi previsti dalla legge. Non si fa luogo alla predetta informazione quando si tratta di stranieri che abbiano presentato una domanda di asilo, di stranieri ai quali sia stato riconosciuto lo status di rifugiato, ovvero di stranieri nei cui confronti sono state adottate misure di protezione temporanea per motivi umanitari.
8. Gli accordi internazionali stipulati per le finalità di cui all’articolo 11, comma 4, possono stabilire situazioni giuridiche più favorevoli per i cittadini degli Stati interessati a speciali programmi di cooperazione per prevenire o limitare le immigrazioni clandestine.
9. Lo straniero presente nel territorio italiano è comunque tenuto all’osservanza degli obblighi previsti dalla normativa vigente.
Art. 3
(Politiche migratorie)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 3)
1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri interessati, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la Conferenza Stato-città e autonomie locali, gli enti e le associazioni nazionali maggiormente attivi nell’assistenza e nell’integrazione degli immigrati e le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale, predispone ogni tre anni il documento programmatico relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, che è approvato dal Governo e trasmesso al Parlamento. Le competenti Commissioni parlamentari esprimono il loro parere entro trenta giorni dal ricevimento del documento programmatico. Il documento programmatico è emanato, tenendo conto dei pareri ricevuti, con decreto del Presidente della Repubblica ed è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Il Ministro dell’Interno presenta annualmente al Parlamento una relazione sui risultati raggiunti attraverso i provvedimenti attuativi del documento programmatico.
2. Il documento programmatico indica le azioni e gli interventi che lo Stato italiano, anche in cooperazione con gli altri Stati membri dell’Unione europea, con le organizzazioni internazionali, con le istituzioni comunitarie e con organizzazioni non governative, si propone di svolgere in materia di immigrazione, anche mediante la conclusione di accordi con i Paesi di origine. Esso indica altresì le misure di carattere economico e sociale nei confronti degli stranieri soggiornanti nel territorio dello Stato, nelle materie che non debbono essere disciplinate con legge.
3. Il documento individua inoltre i criteri generali per la definizione dei flussi di ingresso nel territorio dello Stato, delinea gli interventi pubblici volti a favorire le relazioni familiari, l’inserimento sociale e l’integrazione culturale degli stranieri residenti in Italia, nel rispetto delle diversità e delle identità culturali delle persone, purchè non confliggenti con l’ordinamento giuridico, e prevede ogni possibile strumento per un positivo reinserimento nei Paesi di origine.
4. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri interessati e le competenti Commissioni parlamentari, sono definite annualmente, sulla base dei criteri e delle altre indicazioni del documento programmatico di cui al comma 1, le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato, per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo, tenuto conto dei ricongiungimenti familiari e delle misure di protezione temporanea eventualmente disposte a norma dell’articolo 20. I visti di ingresso per lavoro subordinato, anche stagionale, e per lavoro autonomo sono rilasciati entro il limite delle quote predette. In caso di mancata pubblicazione dei decreti di programmazione annuale, la determinazione delle quote è disciplinata in conformità con gli ultimi decreti pubblicati ai sensi del presente testo unico nell’anno precedente.
5. Nell’ambito delle rispettive attribuzioni e dotazioni di bilancio, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti locali adottano i provvedimenti concorrenti al perseguimento dell’obiettivo di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono il pieno riconoscimento dei diritti e degli interessi riconosciuti agli stranieri nel territorio dello Stato, con particolare riguardo a quelli inerenti all’alloggio, alla lingua, all’integrazione sociale, nel rispetto dei diritti fondamentali della persona umana.
6. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare di concerto con il Ministro dell’interno, si provvede all’istituzione di Consigli territoriali per l’immigrazione, in cui siano rappresentati le competenti amministrazioni locali dello Stato, la Regione, gli enti locali, gli enti e le associazioni localmente attivi nel soccorso e nell’assistenza agli immigrati, le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro, con compiti di analisi delle esigenze e di promozione degli interventi da attuare a livello locale.
7. Nella prima applicazione delle disposizioni del presente articolo, il documento programmatico di cui al comma 1 è predisposto entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40. Lo stesso documento indica la data entro cui sono adottati i decreti di cui al comma 4.
8. Lo schema del documento programmatico di cui al comma 7 è trasmesso al Parlamento per l’acquisizione del parere delle Commissioni competenti per materia, che si esprimono entro trenta giorni. Decorso tale termine, il decreto è emanato anche in mancanza del parere.
TITOLO II
DISPOSIZIONI SULL’INGRESSO, IL SOGGIORNO E
L’ALLONTANAMENTO DAL TERRITORIO DELLO STATO
CAPO I
DISPOSIZIONI SULL’INGRESSO E IL SOGGIORNO
Art. 4
(Ingresso nel territorio dello Stato)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 4)
1. L’ingresso nel territorio dello Stato è consentito allo straniero in possesso di passaporto valido o documento equipollente e del visto d’ingresso, salvi i casi di esenzione, e può avvenire, salvi i casi di forza maggiore, soltanto attraverso i valichi di frontiera appositamente istituiti.
2. Il visto di ingresso è rilasciato dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane nello stato di origine o di stabile residenza dello straniero. Per soggiorni non superiori a tre mesi, sono equiparati ai visti rilasciati dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane quelli emessi, sulla base di specifici accordi, dalle autorità diplomatiche o consolari di altri Stati. Contestualmente al rilascio del visto d’ingresso l’autorità diplomatica o consolare italiana consegna allo straniero una comunicazione scritta in lingua a lui comprensibile che illustri i diritti e i doveri dello straniero relativi all’ingresso ed al soggiorno in Italia. Il diniego del visto di ingresso o reingresso è adottato con provvedimento scritto e motivato che deve essere comunicato all’interessato unitamente alle modalità di impugnazione e ad una traduzione in lingua a lui comprensibile o, in mancanza, in inglese, francese, spagnolo o arabo. Per lo straniero in possesso di permesso di soggiorno è sufficiente, ai fini del reingresso nel territorio dello Stato, una preventiva comunicazione all’autorità di frontiera.
3. Ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 3, comma 4, l’Italia, in armonia con gli obblighi assunti con l’adesione a specifici accordi internazionali, consentirà l’ingresso nel proprio territorio allo straniero che dimostri di essere in possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno, nonchè la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno e, fatta eccezione per i permessi di soggiorno per motivi di lavoro, anche per il ritorno nel Paese di provenienza. I mezzi di sussistenza sono definiti con apposita direttiva emanata dal Ministro dell’interno, sulla base dei criteri indicati nel documento di programmazione di cui all’articolo 3, comma 1. Non potrà essere ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti o che sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone, con i limiti e le deroghe previsti nei suddetti accordi.
4. L’ingresso in Italia può essere consentito con visti per soggiorni di breve durata, validi fino a 90 giorni, e per soggiorni di lunga durata che comportano per il titolare la concessione di un permesso di soggiorno in Italia con motivazione identica a quella menzionata nel visto. Per soggiorni inferiori a tre mesi saranno considerati validi anche i motivi esplicitamente indicati in visti rilasciati da autorità diplomatiche o consolari di altri Stati in base a specifici accordi internazionali sottoscritti e ratificati dall’Italia ovvero a norme comunitarie.
5. Il Ministero degli affari esteri adotta, dandone tempestiva comunicazione alle competenti Commissioni parlamentari, ogni opportuno provvedimento di revisione o modifica dell’elenco dei Paesi i cui cittadini siano soggetti ad obbligo di visto, anche in attuazione di obblighi derivanti da accordi internazionali in vigore.
6. Non possono fare ingresso nel territorio dello Stato e sono respinti dalla frontiera gli stranieri espulsi, salvo che abbiano ottenuto la speciale autorizzazione o che sia trascorso il periodo di divieto di ingresso, gli stranieri che debbono essere espulsi e quelli segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore in Italia, ai fini del respingimento o della non ammissione per gravi motivi di ordine pubblico, di sicurezza nazionale e di tutela delle relazioni internazionali.
7. L’ingresso è comunque subordinato al rispetto degli adempimenti e delle formalità prescritti con il regolamento di attuazione.
Art. 5
(Permesso di soggiorno)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 5)
1. Possono soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri entrati regolarmente ai sensi dell’articolo 4, che siano muniti di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno rilasciati a norma del presente testo unico o che siano in possesso di permesso di soggiorno o titolo equipollente rilasciato dalla competente autorità di uno Stato appartenente all’Unione europea, nei limiti ed alle condizioni previsti da specifici accordi.
2. Il permesso di soggiorno deve essere richiesto, secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione, al questore della provincia in cui lo straniero si trova entro otto giorni lavorativi dal suo ingresso nel territorio dello Stato ed è rilasciato per le attività previste dal visto d’ingresso o dalle disposizioni vigenti. Il regolamento di attuazione può prevedere speciali modalità di rilascio relativamente ai soggiorni brevi per motivi di turismo, di giustizia, di attesa di emigrazione in altro Stato e per l’esercizio delle funzioni di ministro di culto nonchè ai soggiorni in case di cura, ospedali, istituti civili e religiosi e altre convivenze.
3. La durata del permesso di soggiorno è quella prevista dal visto d’ingresso, nei limiti stabiliti dal presente testo unico o in attuazione degli accordi e delle convenzioni internazionali in vigore. La durata non può comunque essere:
a) superiore a tre mesi, per visite, affari e turismo;
b) superiore a sei mesi, per lavoro stagionale, o nove mesi, per lavoro stagionale nei settori che richiedono tale estensione;
c) superiore ad un anno, in relazione alla frequenza di un corso per studio o per formazione debitamente certificata; il permesso è tuttavia rinnovabile annualmente nel caso di corsi pluriennali;
d) superiore a due anni, per lavoro autonomo, per lavoro subordinato a tempo indeterminato e per ricongiungimenti familiari;
e) superiore alle necessità specificamente documentate, negli altri casi consentiti dal presente testo unico o dal regolamento di attuazione.
4. Il rinnovo del permesso di soggiorno deve essere richiesto dallo straniero al questore della provincia in cui si trova almeno trenta giorni prima della scadenza ed è sottoposto alla verifica delle condizioni previste per il rilascio o delle diverse condizioni previste dal presente testo unico. Fatti salvi i diversi termini previsti dal presente testo unico o dal regolamento di attuazione, il permesso di soggiorno è rinnovato per una durata non superiore al doppio di quella stabilita con il rilascio iniziale.
5. Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili.
6. Il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano.
7. Gli stranieri muniti del permesso di soggiorno o titolo equipollente rilasciato dall’autorità di uno Stato appartenente all’Unione europea, valido per il soggiorno in Italia sono tenuti a dichiarare la loro presenza al questore con le modalità e nei termini di cui al comma 2. Agli stessi è rilasciata idonea ricevuta della dichiarazione di soggiorno. Ai contravventori si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 200 mila a lire 600 mila. Qualora la dichiarazione non venga resa entro 60 giorni dall’ingresso nel territorio dello Stato può essere disposta l’espulsione amministrativa.
8. Il permesso di soggiorno, la ricevuta di dichiarazione di soggiorno e la carta di soggiorno di cui all’articolo 9 sono rilasciati su modelli a stampa, con caratteristiche anticontraffazione, conformi ai tipi approvati dal Ministro dell’interno, in attuazione dell’Azione comune adottata dal Consiglio dell’Unione europea il 16 dicembre 1996.
9. Il permesso di soggiorno è rilasciato, rinnovato o convertito entro venti giorni dalla data in cui è stata presentata la domanda, se sussistono i requisiti e le condizioni previsti dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione per il permesso di soggiorno richiesto ovvero, in mancanza di questo, per altro tipo di permesso da rilasciare in applicazione del presente testo unico.
Art. 6
(Facoltà ed obblighi inerenti al soggiorno)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 6;
r.d. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 144, comma 2 e 148)
1. Il permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro subordinato, lavoro autonomo e familiari può essere utilizzato anche per le altre attività consentite. Quello rilasciato per motivi di studio e formazione può essere convertito, comunque prima della sua scadenza, in permesso di soggiorno per motivi di lavoro nell’ambito delle quote stabilite a norma dell’articolo 3, comma 4, secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione.
2. Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all’accesso a pubblici servizi, i documenti inerenti al soggiorno di cui all’articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati.
3. Lo straniero che, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non esibisce, senza giustificato motivo, il passaporto o altro documento di identificazione, ovvero il permesso o la carta di soggiorno, è punito con l’arresto fino a sei mesi e l’ammenda fino a lire ottocentomila.
4. Qualora vi sia motivo di dubitare della identità personale dello straniero, questi può essere sottoposto a rilievi segnaletici.
5. Per le verifiche previste dal presente testo unico o dal regolamento di attuazione, l’autorità di pubblica sicurezza, quando vi siano fondate ragioni, richiede agli stranieri informazioni e atti comprovanti la disponibilità di un reddito da lavoro o da altra fonte legittima, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi nel territorio dello Stato.
6. Salvo quanto è stabilito nelle leggi militari, il Prefetto può vietare agli stranieri il soggiorno in comuni o in località che comunque interessano la difesa militare dello Stato. Tale divieto è comunicato agli stranieri per mezzo della autorità locale di pubblica sicurezza o col mezzo di pubblici avvisi. Gli stranieri, che trasgrediscono al divieto, possono essere allontanati per mezzo della forza pubblica.
7. Le iscrizioni e variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani con le modalità previste dal regolamento di attuazione. In ogni caso la dimora dello straniero si considera abituale anche in caso di documentata ospitalità da più di tre mesi presso un centro di accoglienza. Dell’avvenuta iscrizione o variazione l’ufficio dà comunicazione alla questura territorialmente competente.
8. Fuori dei casi di cui al comma 7, gli stranieri che soggiornano nel territorio dello Stato devono comunicare al questore competente per territorio, entro i quindici giorni successivi, le eventuali variazioni del proprio domicilio abituale.
9. Il documento di identificazione per stranieri è rilasciato su modello conforme al tipo approvato con decreto del Ministro dell’interno. Esso non è valido per l’espatrio, salvo che sia diversamente disposto dalle convenzioni o dagli accordi internazionali.
10. Contro i provvedimenti di cui all’articolo 5 e al presente articolo è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale competente.
Art. 7
(Obblighi dell’ospitante e del datore di lavoro)
(R.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 147)
1. Chiunque, a qualsiasi titolo, da alloggio ovvero ospita uno straniero o apolide, anche se parente o affine. o lo assume per qualsiasi causa alle proprie dipendenze ovvero cede allo stesso la proprietà o il godimento di beni immobili, rustici o urbani, posti nel territorio dello Stato, è tenuto a darne comunicazione scritta, entro quarantotto ore, all’autorità locale di pubblica sicurezza.
2. La comunicazione comprende, oltre alle generalità del denunciante, quelle dello straniero o apolide, gli estremi del passaporto o del documento di identificazione che lo riguardano, l’esatta ubicazione dell’immobile ceduto o in cui la persona è alloggiata, ospitata o presta servizio ed il titolo per il quale la comunicazione è dovuta.
Art. 8
(Disposizioni particolari)
(R.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 149)
1. Le disposizioni del presente capo non si applicano ai componenti del sacro collegio e del corpo diplomatico e consolare.
Art. 9
(Carta di soggiorno)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 7)
1. Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato da almeno cinque anni, titolare di un permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi, il quale dimostri di avere un reddito sufficiente per il sostentamento proprio e dei familiari, può richiedere al questore il rilascio della carta di soggiorno per sè, per il coniuge e per i figli minori conviventi. La carta di soggiorno è a tempo indeterminato.
2. La carta di soggiorno può essere richiesta anche dallo straniero coniuge o figlio minore o genitore conviventi di un cittadino italiano o di cittadino di uno Stato dell’Unione europea residente in Italia.
3. La carta di soggiorno è rilasciata sempre che nei confronti dello straniero non sia stato disposto il giudizio per taluno dei delitti di cui all’articolo 380 nonchè, limitatamente ai delitti non colposi, all’articolo 381 del codice di procedura penale o pronunciata sentenza di condanna, anche non definitiva, salvo che abbia ottenuto la riabilitazione. Successivamente al rilascio della carta di soggiorno il questore dispone la revoca, se è stata emessa sentenza di condanna, anche non definitiva, per reati di cui al presente comma. Qualora non debba essere disposta l’espulsione e ricorrano i requisiti previsti dalla legge, è rilasciato permesso di soggiorno. Contro il rifiuto del rilascio della carta di soggiorno e contro la revoca della stessa è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale competente.
4. Oltre a quanto previsto per lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato, il titolare della carta di soggiorno può:
a) fare ingresso nel territorio dello Stato in esenzione di visto;
b) svolgere nel territorio dello Stato ogni attività lecita, salvo quelle che la legge espressamente vieta allo straniero o comunque riserva al cittadino;
c) accedere ai servizi ed alle prestazioni erogate dalla pubblica amministrazione, salvo che sia diversamente disposto;
d) partecipare alla vita pubblica locale, esercitando anche l’elettorato quando previsto dall’ordinamento e in armonia con le previsioni del capitolo C della Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992.
5. Nei confronti del titolare della carta di soggiorno l’espulsione amministrativa può essere disposta solo per gravi motivi di ordine pubblico o sicurezza nazionale, ovvero quando lo stesso appartiene ad una delle categorie indicate dall’articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall’articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, ovvero dall’articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall’articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646, sempre che sia applicata, anche in via cautelare, una delle misure di cui all’articolo 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55.
CAPO II
CONTROLLO DELLE FRONTIERE, RESPINGIMENTO ED ESPULSIONE
Art. 10
(Respingimento)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 8)
1. La polizia di frontiera respinge gli stranieri che si presentano ai valichi di frontiera senza avere i requisiti richiesti dal presente testo unico per l’ingresso nel territorio dello Stato.
2. Il respingimento con accompagnamento alla frontiera è altresì disposto dal questore nei confronti degli stranieri:
a) che entrando nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, sono fermati all’ingresso o subito dopo;
b) che, nelle circostanze di cui al comma 1, sono stati temporaneamente ammessi nel territorio per necessità di pubblico soccorso.
3. Il vettore che ha condotto alla frontiera uno straniero privo dei documenti di cui all’articolo 4 o che deve essere comunque respinto a norma del presente articolo è tenuto a prenderlo immediatamente a carico ed a ricondurlo nello Stato di provenienza, o in quello che ha rilasciato il documento di viaggio eventualmente in possesso dello straniero.
4. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 e quelle dell’articolo 4, commi 3 e 6, non si applicano nei casi previsti dalle disposizioni vigenti che disciplinano l’asilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero l’adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari.
5. Per lo straniero respinto è prevista l’assistenza necessaria presso i valichi di frontiera.
6. I respingimenti di cui al presente articolo sono registrati dall’autorità di pubblica sicurezza.
Art. 11
(Potenziamento e coordinamento dei controlli di frontiera)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 9)
1. Il Ministro dell’interno e il Ministro degli affari esteri adottano il piano generale degli interventi per il potenziamento e il perfezionamento, anche attraverso l’automazione delle procedure, delle misure di controllo di rispettiva competenza, nell’ambito delle compatibilità con i sistemi informativi di livello extranazionale previsti dagli accordi o convenzioni internazionali in vigore e delle disposizioni vigenti in materia di protezione dei dati personali.
2. Delle parti di piano che riguardano sistemi informativi automatizzati e dei relativi contratti è data comunicazione all’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione.
3. Nell’ambito e in attuazione delle direttive adottate dal Ministro dell’interno, i prefetti delle province di confine terrestre e i prefetti dei capoluoghi delle regioni interessate alla frontiera marittima promuovono le misure occorrenti per il coordinamento dei controlli di frontiera e della vigilanza marittima e terrestre, d’intesa con i prefetti delle altre province interessate, sentiti i questori e i dirigenti delle zone di polizia di frontiera, nonchè le autorità marittime e militari e i responsabili degli organi di polizia, di livello non inferiore a quello provinciale, eventualmente interessati, e sovrintendono all’attuazione delle direttive emanate in materia.
4*. Il Ministero degli affari esteri e il Ministero dell’interno promuovono le iniziative occorrenti, d’intesa con i Paesi interessati, al fine di accelerare l’espletamento degli accertamenti ed il rilascio dei documenti eventualmente necessari per migliorarel’efficacia dei provvedimenti previsti dal presente testo unico, e per la reciproca collaborazione a fini di contrasto dell’immigrazione clandestina. A tale scopo, le intese di collaborazione possono prevedere la cessione a titolo gratuito alle autorita’ dei Paesi interessati di beni mobili ed apparecchiature specificamente individuate, nei limiti delle compatibilita’ funzionali e finanziarie definite dal Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e, se si tratta di beni, apparecchiature o servizi accessori forniti da altre amministrazioni, con il Ministro competente.
5*. Per le finalita’ di cui al comma 4, il Ministro dell’interno predispone uno o piu’ programmi pluriennali di interventi straordinari per l’acquisizione degli impianti e mezzi tecnici e logistici necessari, per acquistare o ripristinare i beni mobili e le apparecchiature in sostituzione di quelli ceduti ai Paesi interessati, ovvero per fornire l’assistenza e altri servizi accessori. Se si tratta di beni, apparecchiature o servizi forniti da altre amministrazioni, i programmi sono adottati di concerto con il Ministro competente.
6*. Presso i valichi di frontiera sono previsti servizi di accoglienza al fine di fornire informazioni e assistenza agli stranieri che intendano presentare domanda di asilo o fare ingresso in Italia per un soggiorno di durata superiore a tre mesi. Tali servizi sono messi a disposizione, ove possibile, all’interno della zona di transito.
* commi 4 e 5 del presente T.U modificati con questi asteriscati dal Decreto Legislativo 19 ottobre 1998, n. 380 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 257 del 3 novembre 1998 a norma dell’articolo 47, comma 2, della legge 6 marzo 1998, n 40
Art. 12
(Disposizioni contro le immigrazioni clandestine)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 10)
1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie attività dirette a favorire l’ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del presente testo unico è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire trenta milioni.
2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 54 del codice penale, non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato.
3. Se il fatto di cui al comma 1 è commesso a fine di lucro o da tre o più persone in concorso tra loro, ovvero riguarda l’ingresso di cinque o più persone, e nei casi in cui il fatto è commesso mediante l’utilizzazione di servizi di trasporto internazionale o di documenti contraffatti, la pena è della reclusione da quattro a dodici anni e della multa di lire trenta milioni per ogni straniero di cui è stato favorito l’ingresso in violazione del presente testo unico. Se il fatto è commesso al fine di reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione ovvero riguarda l’ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento, la pena è della reclusione da cinque a quindici anni e della multa di lire cinquanta milioni per ogni straniero di cui è stato favorito l’ingresso in violazione del presente testo unico.
4. Nei casi previsti dai commi 1 e 3, è sempre consentito l’arresto in flagranza ed è disposta la confisca del mezzo di trasporto utilizzato per i medesimi reati, salvo che si tratti di mezzo destinato a pubblico servizio di linea o appartenente a persona estranea al reato. Nei medesimi casi si procede comunque con giudizio direttissimo, salvo che siano necessarie speciali indagini.
5. Fuori dei casi previsti dai commi precedenti, e salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero o nell’ambito delle attività punite a norma del presente articolo, favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico, è punito con la reclusione fino a quattro anni e con la multa fino a lire trenta milioni.
6. Il vettore aereo, marittimo o terrestre è tenuto ad accertarsi che lo straniero trasportato sia in possesso dei documenti richiesti per l’ingresso nel territorio dello Stato, nonchè a riferire all’organo di polizia di frontiera dell’eventuale presenza a bordo dei rispettivi mezzi di trasporto di stranieri in posizione irregolare. In caso di inosservanza anche di uno solo degli obblighi di cui al presente comma, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire un milione a lire cinque milioni per ciascuno degli stranieri trasportati. Nei casi più gravi è disposta la sospensione da uno a dodici mesi, ovvero la revoca della licenza, autorizzazione o concessione rilasciato dall’autorità amministrativa italiana, inerenti all’attività professionale svolta e al mezzo di trasporto utilizzato. Si osservano le disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689.
7. Nel corso di operazioni di polizia finalizzate al contrasto delle immigrazioni clandestine, disposte nell’ambito delle direttive di cui all’articolo 11, comma 3, gli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza operanti nelle province di confine e nelle acque territoriali possono procedere al controllo e alle ispezioni dei mezzi di trasporto e delle cose trasportate, ancorchè soggetti a speciale regime doganale, quando, anche in relazione a specifiche circostanze di luogo e di tempo, sussistono fondati motivi di ritenere che possano essere utilizzati per uno dei reati previsti dal presente articolo. Dell’esito dei controlli e delle ispezioni è redatto processo verbale in appositi moduli, che è trasmesso entro quarantotto ore al procuratore della Repubblica il quale, se ne ricorrono i presupposti, lo convalida nelle successive quarantotto ore. Nelle medesime circostanze gli ufficiali di polizia giudiziaria possono altresì procedere a perquisizioni, con l’osservanza delle disposizioni di cui all’articolo 352, commi 3 e 4, del codice di procedura penale.
8. I beni immobili e i beni mobili iscritti in pubblici registri, sequestrati nel corso di operazioni di polizia finalizzate alla prevenzione e repressione dei reati previsti dal presente articolo, possono essere affidati dall’autorità giudiziaria procedente in custodia giudiziale agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l’impiego immediato in attività di polizia; se vi ostano esigenze processuali, l’autorità giudiziaria rigetta l’istanza con decreto motivato. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 100, commi 2, 3 e 4, del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.
9. Le somme di denaro confiscate a seguito di condanna per uno dei reati previsti dal presente articolo, nonchè le somme di denaro ricavate dalla vendita, ove disposta, dei beni confiscati, sono destinate al potenziamento delle attività di prevenzione e repressione dei medesimi reati, anche a livello internazionale mediante interventi finalizzati alla collaborazione e alla assistenza tecnico-operativa con le forze di polizia dei Paesi interessati. A tal fine, le somme affluiscono ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate, sulla base di specifiche richieste, ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell’interno, rubrica “Sicurezza pubblica”.
Art. 13
(Espulsione amministrativa)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 11)
1. Per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, il Ministro dell’interno può disporre l’espulsione dello straniero anche non residente nel territorio dello Stato, dandone preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli affari esteri.
2. L’espulsione è disposta dal prefetto quando lo straniero:
a) è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto ai sensi dell’articolo 10;
b) si è trattenuto nel territorio dello Stato senza aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo;
c) appartiene a taluna delle categorie indicate nell’articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall’articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell’articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall’articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646.
3. L’espulsione è disposta in ogni caso con decreto motivato. Quando lo straniero è sottoposto a procedimento penale, l’autorità giudiziaria rilascia nulla osta salvo che sussistano inderogabili esigenze processuali. Nel caso di arresto in flagranza, il giudice rilascia il nulla osta all’atto della convalida, salvo che applichi una misura detentiva ai sensi dell’articolo 391, comma 5, del codice di procedura penale. Se tale misura non è applicata o è cessata, il questore può adottare la misura di cui all’articolo 14, comma 1.
4. L’espulsione è eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, quando lo straniero:
a) è espulso ai sensi del comma 1 o si è trattenuto indebitamente nel territorio dello Stato oltre il termine fissato con l’intimazione;
b) è espulso ai sensi del comma 2, lettera c), e il prefetto rilevi, sulla base di circostanze obiettive, il concreto pericolo che lo straniero si sottragga all’esecuzione del provvedimento.
5. Si procede altresì all’accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica dello straniero espulso ai sensi del comma 2, lettera a), qualora quest’ultimo sia privo di valido documento attestante la sua identità e nazionalità e il prefetto rilevi, tenuto conto di circostanze obiettive riguardanti il suo inserimento sociale, familiare e lavorativo, un concreto pericolo che lo straniero medesimo si sottragga all’esecuzione del provvedimento.
6. Negli altri casi, l’espulsione contiene l’intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni e ad osservare le prescrizioni per il viaggio e per la presentazione all’ufficio di polizia di frontiera. Quando l’espulsione è disposta ai sensi del comma 2, lettera b), il questore può adottare la misura di cui all’articolo 14, comma 1, qualora il prefetto rilevi, tenuto conto di circostanze obiettive riguardanti l’inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero, il concreto pericolo che quest’ultimo si sottragga all’esecuzione del provvedimento.
7. Il decreto di espulsione e il provvedimento di cui al comma 1 dell’articolo 14, nonchè ogni altro atto concernente l’ingresso, il soggiorno e l’espulsione, sono comunicati all’interessato unitamente all’indicazione delle modalità di impugnazione e ad una traduzione in una lingua da lui conosciuta, ovvero, ove non sia possibile, in lingua francese, inglese o spagnola.
8. Avverso il decreto di espulsione può essere presentato unicamente ricorso al pretore, entro cinque giorni dalla comunicazione del decreto o del provvedimento. Il termine è di trenta giorni qualora l’espulsione sia eseguita con accompagnamento immediato.
9. Il ricorso è presentato al pretore del luogo di residenza o di dimora dello straniero. Nei casi di espulsione con accompagnamento immediato, semprechè sia disposta la misura di cui al comma 1 dell’articolo 14, provvede il pretore competente per la convalida di tale misura. Il pretore accoglie o rigetta il ricorso decidendo con unico provvedimento adottato in ogni caso, entro dieci giorni dalla data di deposito del ricorso, sentito l’interessato, nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.
10. Il ricorso di cui ai commi 8, 9 e 11 può essere sottoscritto anche personalmente. Nel caso di espulsione con accompagnamento immediato, il ricorso può essere presentato anche per il tramite della rappresentanza diplomatica o consolare italiana nello Stato di destinazione, entro trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento; in tali casi, il ricorso può essere sottoscritto anche personalmente dalla parte alla presenza dei funzionari delle rappresentanze diplomatiche o consolari, che provvedono a certificarne l’autenticità e ne curano l’inoltro all’autorità giudiziaria. Lo straniero è ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato e, qualora sia sprovvisto di un difensore, è assistito da un difensore designato dal giudice nell’ambito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all’articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e successive modificazioni, nonchè, ove necessario, da un interprete.
11. Contro il decreto di espulsione emanato ai sensi del comma 1 è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma.
12. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 19, lo straniero espulso è rinviato allo Stato di appartenenza, ovvero, quando ciò non sia possibile, allo Stato di provenienza.
13. Lo straniero espulso non può rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell’interno; in caso di trasgressione, è punito con l’arresto da due mesi a sei mesi ed è nuovamente espulso con accompagnamento immediato.
14. Il divieto di cui al comma 13 opera per un periodo di cinque anni, salvo che il pretore o il tribunale amministrativo regionale, con il provvedimento che decide sul ricorso di cui ai commi 8 e 11, ne determinino diversamente la durata per un periodo non inferiore a tre anni, sulla base di motivi legittimi addotti dall’interessato e tenuto conto della complessiva condotta tenuta dall’interessato nel territorio dello Stato.
15. Le disposizioni di cui al comma 5 non si applicano allo straniero che dimostri sulla base di elementi obiettivi di essere giunto nel territorio dello Stato prima della data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40. In tal caso, il questore può adottare la misura di cui all’articolo 14, comma 1.
16. L’onere derivante dal comma 10 del presente articolo è valutato in lire 4 miliardi per l’anno 1997 e in lire 8 miliardi annui a decorrere dall’anno 1998.
Art. 14
(Esecuzione dell’espulsione)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 12)
1. Quando non è possibile eseguire con immediatezza l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento, perchè occorre procedere al soccorso dello straniero, ad accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità, ovvero all’acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per l’indisponibilità di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea e assistenza più vicino, tra quelli individuati o costituiti con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri per la solidarietà sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
2. Lo straniero è trattenuto nel centro con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza e il pieno rispetto della sua dignità. Oltre a quanto previsto dall’articolo 2, comma 6, è assicurata in ogni caso la libertà di corrispondenza anche telefonica con l’esterno.
3. Il questore del luogo in cui si trova il centro trasmette copia degli atti al pretore, senza ritardo e comunque entro le quarantotto ore dall’adozione del provvedimento.
4. Il pretore, ove ritenga sussistenti i presupposti di cui all’articolo 13 e al presente articolo, convalida il provvedimento del questore nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile, sentito l’interessato. Il provvedimento cessa di avere ogni effetto qualora non sia convalidato nelle quarantotto ore successive. Entro tale termine, la convalida può essere disposta anche in sede di esame del ricorso avverso il provvedimento di espulsione.
5. La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi venti giorni. Su richiesta del questore, il pretore può prorogare il termine sino a un massimo di ulteriori dieci giorni, qualora sia imminente l’eliminazione dell’impedimento all’espulsione o al respingimento. Anche prima di tale termine, il questore esegue l’espulsione o il respingimento non appena è possibile, dandone comunicazione senza ritardo al pretore.
6. Contro i decreti di convalida e di proroga di cui al comma 5 è proponibile ricorso per cassazione. Il relativo ricorso non sospende l’esecuzione della misura.
7. Il questore, avvalendosi della forza pubblica, adotta efficaci misure di vigilanza affinchè lo straniero non si allontani indebitamente dal centro e provvede a ripristinare senza ritardo la misura nel caso questa venga violata.
8. Ai fini dell’accompagnamento anche collettivo alla frontiera, possono essere stipulate convenzioni con soggetti che esercitano trasporti di linea o con organismi anche internazionali che svolgono attività di assistenza per stranieri.
9. Oltre a quanto previsto dal regolamento di attuazione e dalle norme in materia di giurisdizione, il Ministro dell’interno adotta i provvedimenti occorrenti per l’esecuzione di quanto disposto dal presente articolo, anche mediante convenzioni con altre amministrazioni dello Stato, con gli enti locali, con i proprietari o concessionari di aree, strutture e altre installazioni, nonchè per la fornitura di beni e servizi. Eventuali deroghe alle disposizioni vigenti in materia finanziaria e di contabilità sono adottate di concerto con il Ministro del tesoro del bilancio e della programmazione economica. Il Ministro dell’interno promuove inoltre le intese occorrenti per gli interventi di competenza di altri Ministri.
Art. 15
(Espulsione a titolo di misura di sicurezza)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 13)
1. Fuori dei casi previsti dal codice penale, il giudice può ordinare l’espulsione dello straniero che sia condannato per taluno dei delitti previsti dagli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, sempre che risulti socialmente pericoloso.
Art. 16
(Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della detenzione)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 14)
1. Il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna per un reato non colposo o nell’applicare la pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale nei confronti dello straniero che si trovi in taluna delle situazioni indicate nell’articolo 13, comma 2, quando ritiene di dovere irrogare la pena detentiva entro il limite di due anni e non ricorrono le condizioni per ordinare la sospensione condizionale della pena ai sensi dell’articolo 163 del codice penale nè le cause ostative indicate nell’articolo 14, comma 1, del presente testo unico, può sostituire la medesima pena con la misura dell’espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni.
2. L’espulsione è eseguita dal questore anche se la sentenza non è irrevocabile, secondo le modalità di cui all’articolo 13, comma 4.
Art. 17
(Diritto di difesa)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 15)
1. Lo straniero sottoposto a procedimento penale è autorizzato a rientrare in Italia per il tempo strettamente necessario per l’esercizio del diritto di difesa, al solo fine di partecipare al giudizio o al compimento di atti per i quali è necessaria la sua presenza. L’autorizzazione è rilasciata dal questore anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare su documentata richiesta dell’imputato o del difensore.
CAPO III
DISPOSIZIONI DI CARATTERE UMANITARIO
Art. 18
(Soggiorno per motivi di protezione sociale)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 16)
1. Quando, nel corso di operazioni di polizia, di indagini o di un procedimento per taluno dei delitti di cui all’articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, o di quelli previsti dall’articolo 380 del codice di procedura penale, ovvero nel corso di interventi assistenziali dei servizi sociali degli enti locali, siano accertate situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti di uno straniero ed emergano concreti pericoli per la sua incolumità, per effetto dei tentativi di sottrarsi ai condizionamenti di un’associazione dedita ad uno dei predetti delitti o delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio, il questore, anche su proposta del Procuratore della Repubblica, o con il parere favorevole della stessa autorità, rilascia uno speciale permesso di soggiorno per consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza e ai condizionamenti dell’organizzazione criminale e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale.
2. Con la proposta o il parere di cui al comma 1, sono comunicati al questore gli elementi da cui risulti la sussistenza delle condizioni ivi indicate, con particolare riferimento alla gravità ed attualità del pericolo ed alla rilevanza del contributo offerto dallo straniero per l’efficace contrasto dell’organizzazione criminale, ovvero per la individuazione o cattura dei responsabili dei delitti indicati nello stesso comma. Le modalità di partecipazione al programma di assistenza ed integrazione sociale sono comunicate al Sindaco.
3. Con il regolamento di attuazione sono stabilite le disposizioni occorrenti per l’affidamento della realizzazione del programma a soggetti diversi da quelli istituzionalmente preposti ai servizi sociali dell’ente locale, e per l’espletamento dei relativi controlli. Con lo stesso regolamento sono individuati i requisiti idonei a garantire la competenza e la capacità di favorire l’assistenza e l’integrazione sociale, nonchè la disponibilità di adeguate strutture organizzative dei soggetti predetti.
4. Il permesso di soggiorno rilasciato a norma del presente articolo ha la durata di sei mesi e può essere rinnovato per un anno, o per il maggior periodo occorrente per motivi di giustizia. Esso è revocato in caso di interruzione del programma o di condotta incompatibile con le finalità dello stesso, segnalate dal procuratore della Repubblica o, per quanto di competenza, dal servizio sociale dell’ente locale, o comunque accertate dal questore, ovvero quando vengono meno le altre condizioni che ne hanno giustificato il rilascio.
5. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo consente l’accesso ai servizi assistenziali e allo studio, nonchè l’iscrizione nelle liste di collocamento e lo svolgimento di lavoro subordinato, fatti salvi i requisiti minimi di età. Qualora, alla scadenza del permesso di soggiorno, l’interessato risulti avere in corso un rapporto di lavoro, il permesso può essere ulteriormente prorogato o rinnovato per la durata del rapporto medesimo o, se questo è a tempo indeterminato, con le modalità stabilite per tale motivo di soggiorno. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo può essere altresì convertito in permesso di soggiorno per motivi di studio qualora il titolare sia iscritto ad un corso regolare di studi.
6. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo può essere altresì rilasciato, all’atto delle dimissioni dall’istituto di pena, anche su proposta del procuratore della Repubblica o del giudice di sorveglianza presso il tribunale per i minorenni, allo straniero che ha terminato l’espiazione di una pena detentiva, inflitta per reati commessi durante la minore età, e ha dato prova concreta di partecipazione a un programma di assistenza e integrazione sociale.
7. L’onere derivante dal presente articolo è valutato in lire 5 miliardi per l’anno 1997 e in lire 10 miliardi annui a decorrere dall’anno 1998.
Art. 19
(Divieti di espulsione e di respingimento)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 17)
1. In nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.
2. Non è consentita l’espulsione, salvo che nei casi previsti dall’articolo 13, comma 1, nei confronti:
a) degli stranieri minori di anni diciotto, salvo il diritto a seguire il genitore o l’affidatario espulsi;
b) degli stranieri in possesso della carta di soggiorno, salvo il disposto dell’articolo 9;
c) degli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge, di nazionalità italiana;
d) delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono.
Art. 20
(Misure straordinarie di accoglienza per eventi eccezionali)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 18)
1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato d’intesa con i Ministri degli affari esteri, dell’interno, per la solidarietà sociale e con gli altri Ministri eventualmente interessati, sono stabilite, nei limiti delle risorse preordinate allo scopo nell’ambito del Fondo di cui all’articolo 45, le misure di protezione temporanea da adottarsi, anche in deroga a disposizioni del presente testo unico, per rilevanti esigenze umanitarie, in occasione di conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in Paesi non appartenenti all’Unione Europea.
2. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o un Ministro da lui delegato riferiscono annualmente al Parlamento sull’attuazione delle misure adottate.
TITOLO III
DISCIPLINA DEL LAVORO
Art. 21
(Determinazione dei flussi di ingresso)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 19; legge 30 dicembre 1986, n. 943, art.
9, comma 3, e art. 10; legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 13)
1. L’ingresso nel territorio dello Stato per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale, e di lavoro autonomo, avviene nell’ambito delle quote di ingresso stabilite nei decreti di cui all’articolo 3, comma 4. Con tali decreti sono altresì assegnate in via preferenziale quote riservate agli Stati non appartenenti all’Unione europea, con i quali il Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell’interno e con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, abbia concluso accordi finalizzati alla regolamentazione dei flussi d’ingresso e delle procedure di riammissione. Nell’ambito di tali intese possono essere definiti appositi accordi in materia di flussi per lavoro stagionale, con le corrispondenti autorità nazionali responsabili delle politiche del mercato del lavoro dei paesi di provenienza.
2. Le intese o accordi bilaterali di cui al comma 1 possono inoltre prevedere la utilizzazione in Italia, con contratto di lavoro subordinato, di gruppi di lavoratori per l’esercizio di determinate opere o servizi limitati nel tempo; al termine del rapporto di lavoro i lavoratori devono rientrare nel paese di provenienza.
3. Gli stessi accordi possono prevedere procedure e modalità per il rilascio delle autorizzazioni di lavoro.
4. I decreti annuali devono tenere conto delle indicazioni fornite, in modo articolato per qualifiche o mansioni, dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale sull’andamento dell’occupazione e dei tassi di disoccupazione a livello nazionale e regionale, nonchè sul numero dei cittadini stranieri non appartenenti all’Unione europea iscritti nelle liste di collocamento.
5. Le intese o accordi bilaterali di cui al comma 1 possono prevedere che i lavoratori stranieri che intendono fare ingresso in Italia per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale, si iscrivano in apposite liste, identificate dalle medesime intese, specificando le loro qualifiche o mansioni, nonchè gli altri requisiti indicati dal regolamento di attuazione. Le predette intese possono inoltre prevedere le modalità di tenuta delle liste, per il successivo inoltro agli uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
6. Nell’ambito delle intese o accordi di cui al presente testo unico, il Ministro degli affari esteri, d’intesa con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, può predisporre progetti integrati per il reinserimento di lavoratori extracomunitari nei Paesi di origine, laddove ne esistano le condizioni e siano fornite idonee garanzie dai governi dei Paesi di provenienza, ovvero l’approvazione di domande di enti pubblici e privati, che richiedano di predisporre analoghi progetti anche per altri Paesi.
7. Il regolamento di attuazione prevede forme di istituzione di un’anagrafe annuale informatizzata delle offerte e delle richieste di lavoro subordinato dei lavoratori stranieri e stabilisce le modalità di collegamento con l’archivio organizzato dall’Istituto nazionale della previdenza sociale (I.N.P.S.) e con le questure.
8. L’onere derivante dal presente articolo è valutato in lire 350 milioni annui a decorrere dall’anno 1998.
Art. 22
(Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 20;
legge 30 dicembre 1986, n. 943, artt. 8, 9 e 11;
legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 13)
1. Il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia, che intende instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato con uno straniero residente all’estero, deve presentare all’ufficio periferico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale competente per territorio apposita richiesta nominativa di autorizzazione al lavoro. Nei casi in cui il datore di lavoro non abbia una conoscenza diretta dello straniero, può richiedere l’autorizzazione al lavoro di una o più persone iscritte nelle liste di cui all’articolo 21, comma 5, selezionate secondo criteri definiti nel regolamento di attuazione.
2. Contestualmente alla domanda di autorizzazione al lavoro, il datore di lavoro deve esibire idonea documentazione indicante le modalità della sistemazione alloggiativa per il lavoratore straniero.
3. L’ufficio periferico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale rilascia l’autorizzazione, nel rispetto dei limiti numerici, quantitativi e qualitativi, determinati a norma dell’articolo 3, comma 4, e dell’articolo 21, previa verifica delle condizioni offerte dal datore di lavoro allo straniero, che non possono essere inferiori a quelle stabilite dai contratti collettivi nazionali di lavoro applicabili.
4. Ai fini di cui al comma 3, l’ufficio periferico fornisce mensilmente al Ministero del lavoro e della previdenza sociale il numero e il tipo delle autorizzazioni rilasciate, secondo le medesime classificazioni adottate nei decreti di cui all’articolo 3, comma 4, precisando quelle relative agli Stati non appartenenti all’Unione europea con quote riservate.
5. L’autorizzazione al lavoro subordinato deve essere utilizzata entro e non oltre sei mesi dalla data del rilascio.
6. Salvo quanto previsto dall’articolo 23, ai fini dell’ingresso in Italia per motivi di lavoro, il lavoratore extracomunitario deve essere munito del visto rilasciato dal consolato italiano presso lo Stato di origine o di stabile residenza del lavoratore previa esibizione dell’autorizzazione al lavoro, corredata dal nulla osta provvisorio della questura competente.
7. Le questure forniscono all’INPS, tramite collegamenti telematici, le informazioni anagrafiche relative ai lavoratori extracomunitari ai quali è concesso il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, o comunque idoneo per l’accesso al lavoro; l’INPS, sulla base delle informazioni ricevute, costituisce un “Archivio anagrafico dei lavoratori extracomunitari”, da condividere con tutte le altre Amministrazioni pubbliche; lo scambio delle informazioni avverrà sulla base di apposita convenzione da stipularsi tra le Amministrazioni interessate.
8. Il datore di lavoro deve altresì esibire all’ufficio periferico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale competente per territorio copia del contratto di lavoro stipulato con lo straniero.
9. La perdita del posto di lavoro non costituisce motivo per privare il lavoratore extracomunitario ed i suoi familiari legalmente residenti del permesso di soggiorno. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore ad un anno. Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di comunicazione alla direzione provinciale del lavoro, anche ai fini dell’iscrizione del lavoratore straniero nelle liste di collocamento con priorità rispetto a nuovi lavoratori extracomunitari.
10. Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto, revocato o annullato, è punito con l’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da lire due milioni a lire sei milioni.
11. Salvo quanto previsto, per i lavoratori stagionali, dall’articolo 25, comma 5, in caso di rimpatrio il lavoratore extracomunitario conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati e può goderne indipendentemente dalla vigenza di un accordo di reciprocità. I lavoratori extracomunitari che abbiano cessato l’attività lavorativa in Italia e lascino il territorio nazionale hanno facoltà di richiedere, nei casi in cui la materia non sia regolata da convenzioni internazionali, la liquidazione dei contributi che risultino versati in loro favore presso forme di previdenza obbligatoria maggiorati del 5 per cento annuo.
12. Le attribuzioni degli istituti di patronato e di assistenza sociale, di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 29 luglio 1947, n. 804, e successive modificazioni ed integrazioni, sono estese ai lavoratori extracomunitari che prestino regolare attività di lavoro in Italia.
13. I lavoratori italiani ed extracomunitari possono chiedere il riconoscimento di titoli di formazione professionale acquisiti all’estero; in assenza di accordi specifici, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione centrale per l’impiego, dispone condizioni e modalità di riconoscimento delle qualifiche per singoli casi. Il lavoratore extracomunitario può inoltre partecipare, a norma del presente testo unico, a tutti i corsi di formazione e di riqualificazione programmati nel territorio della Repubblica.
Art. 23
(Prestazione di garanzia per l’accesso al lavoro)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 21)
1. Il cittadino italiano o straniero regolarmente soggiornante, che intenda farsi garante dell’ingresso di uno straniero, per consentirgli l’inserimento nel mercato del lavoro, deve presentare entro 60 giorni dalla pubblicazione dei decreti di cui all’articolo 3, comma 4, apposita richiesta nominativa, alla questura della provincia di residenza, la cui autorizzazione all’ingresso costituisce titolo per il rilascio del visto di ingresso. Il richiedente deve dimostrare di potere effettivamente assicurare allo straniero alloggio, copertura dei costi per il sostentamento e assistenza sanitaria per la durata del permesso di soggiorno. L’autorizzazione all’ingresso viene concessa, se sussistono gli altri requisiti per l’ingresso, nell’ambito delle quote stabilite e secondo le modalità indicate nei decreti di attuazione del documento programmatico per gli ingressi per lavoro e deve essere utilizzata entro e non oltre sei mesi dalla presentazione della domanda. Essa consente di ottenere, previa iscrizione alle liste di collocamento, un permesso di soggiorno per un anno a fini di inserimento nel mercato del lavoro.
2. Sono ammessi a prestare le garanzie di cui al comma 1, le regioni, gli enti locali e le associazioni professionali e sindacali, gli enti e le associazioni del volontariato operanti nel settore dell’immigrazione da almeno tre anni, provvisti dei requisiti patrimoniali e organizzativi individuati con regolamento da adottare con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, di concerto con i Ministri dell’interno e del lavoro e della previdenza sociale. Lo stesso regolamento può prevedere la formazione e le modalità di tenuta di un elenco degli enti e delle associazioni ammessi a prestare la suddetta garanzia.
3. La prestazione di garanzia per l’accesso al lavoro è ammessa secondo le modalità indicate nel regolamento di attuazione, il quale stabilisce in particolare il numero massimo di garanzie che ciascun soggetto può prestare in un anno.
4. Trascorso il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dei decreti di cui all’articolo 3, comma 4, nei limiti e secondo le modalità stabiliti da detti decreti, i visti d’ingresso per inserimento nel mercato del lavoro sono rilasciati su richiesta di lavoratori stranieri residenti all’estero e iscritti in apposite liste tenute dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane, con graduatoria basata sull’anzianità di iscrizione. Il regolamento di attuazione stabilisce i requisiti per ottenere il visto di cui al presente comma.
Art. 24
(Lavoro stagionale)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 22)
1. Il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia, o le associazioni di categoria per conto dei loro associati, che intendano instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a carattere stagionale con uno straniero devono presentare all’ufficio periferico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale competente per territorio apposita richiesta nominativa. Nei casi in cui il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante o le associazioni di categoria non abbiano una conoscenza diretta dello straniero, la richiesta può essere effettuata nei confronti di una o più persone iscritte nelle liste di cui all’articolo 21, comma 5, selezionate secondo criteri definiti nel regolamento di attuazione.
2. L’ufficio periferico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale rilascia l’autorizzazione nel rispetto del diritto di precedenza maturato, entro e non oltre quindici giorni dalla data di ricezione della richiesta del datore di lavoro.
3. L’autorizzazione al lavoro stagionale può avere la validità minima di venti giorni e massima di sei mesi, o di nove mesi nei settori che richiedono tale estensione, corrispondente alla durata del lavoro stagionale richiesto, anche con riferimento a gruppi di lavori di più breve periodo da svolgere presso diversi datori di lavoro.
4. Il lavoratore stagionale, ove abbia rispettato le condizioni indicate nel permesso di soggiorno e sia rientrato nello Stato di provenienza alla scadenza del medesimo, ha diritto di precedenza per il rientro in Italia nell’anno successivo per ragioni di lavoro stagionale, rispetto ai cittadini del suo stesso paese che non abbiano mai fatto regolare ingresso in Italia per motivi di lavoro. Può inoltre convertire il permesso di soggiorno per lavoro stagionale in permesso di soggiorno per lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, qualora se ne verifichino le condizioni.
5. Le Commissioni regionali per l’impiego possono stipulare con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello regionale dei lavoratori e dei datori di lavoro, con le regioni e con gli enti locali, apposite convenzioni dirette a favorire l’accesso dei lavoratori stranieri ai posti di lavoro stagionale individuati. Le convenzioni possono individuare il trattamento economico e normativo, comunque non inferiore a quello previsto per i lavoratori italiani e le misure per assicurare idonee condizioni di lavoro della manodopera, nonchè eventuali incentivi diretti o indiretti per favorire l’attivazione dei flussi e dei deflussi e le misure complementari relative all’accoglienza.
6. Il datore di lavoro che occupa alle sue dipendenze, per lavori di carattere stagionale, uno o più stranieri privi del permesso di soggiorno per lavoro stagionale, ovvero il cui permesso sia scaduto, revocato o annullato, è punito ai sensi dell’articolo 22, comma 10.
Art. 25
(Previdenza e assistenza per i lavoratori stagionali)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 23)
1. In considerazione della durata limitata dei contratti nonchè della loro specificità, agli stranieri titolari di permesso di soggiorno per lavoro stagionale si applicano le seguenti forme di previdenza e assistenza obbligatoria, secondo le norme vigenti nei settori di attività:
a) assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti;
b) assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;
c) assicurazione contro le malattie;
d) assicurazione di maternità.
2. In sostituzione dei contributi per l’assegno per il nucleo familiare e per l’assicurazione contro la disoccupazione involontaria, il datore di lavoro è tenuto a versare all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) un contributo in misura pari all’importo dei medesimi contributi ed in base alle condizioni e alle modalità stabilite per questi ultimi. Tali contributi sono destinati ad interventi di carattere socio-assistenziale a favore dei lavoratori di cui all’articolo 45.
3. Nei decreti attuativi del documento programmatico sono definiti i requisiti, gli ambiti e le modalità degli interventi di cui al comma 2.
4. Sulle contribuzioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano le riduzioni degli oneri sociali previste per il settore di svolgimento dell’attività lavorativa.
5. Ai contributi di cui al comma 1, lettera a), si applicano le disposizioni dell’articolo 22, comma 11, concernenti il trasferimento degli stessi all’istituto o ente assicuratore dello Stato di provenienza del lavoratore, ovvero, nei casi in cui la materia non sia regolata da accordi o da convenzioni internazionali, la loro liquidazione ai lavoratori che lasciano il territorio dello Stato è fatta salva la possibilità di ricostruzione della posizione contributiva in caso di successivo ingresso.
Art. 26
(Ingresso e soggiorno per lavoro autonomo)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 24)
1. L’ingresso in Italia dei lavoratori stranieri non appartenenti all’Unione europea che intendono esercitare nel territorio dello Stato un’attività non occasionale di lavoro autonomo può essere consentito a condizione che l’esercizio di tali attività non sia riservato dalla legge ai cittadini italiani, o a cittadini di uno degli Stati membri dell’Unione Europea.
2. In ogni caso lo straniero che intenda esercitare in Italia una attività industriale, professionale, artigianale o commerciale, ovvero costituire società di capitali o di persone o accedere a cariche societarie, deve altresì dimostrare di disporre di risorse adeguate per l’esercizio dell’attività che intende intraprendere in Italia; di essere in possesso dei requisiti previsti dalla legge italiana per l’esercizio della singola attività, compresi, ove richiesti, i requisiti per l’iscrizione in albi e registri; di essere in possesso di una attestazione dell’autorità competente in data non anteriore a tre mesi che dichiari che non sussistono motivi ostativi al rilascio dell’autorizzazione o della licenza prevista per l’esercizio dell’attività che lo straniero intende svolgere.
3. Il lavoratore non appartenente all’Unione europea deve comunque dimostrare di disporre di idonea sistemazione alloggiativa e di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria o di corrispondente garanzia da parte di enti o cittadini italiani o stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato.
4. Sono fatte salve le norme più favorevoli previste da accordi internazionali in vigore per l’Italia.
5. La rappresentanza diplomatica o consolare, accertato il possesso dei requisiti indicati dal presente articolo ed acquisiti i nulla osta del Ministero degli affari esteri, del Ministero dell’interno e del Ministero eventualmente competente in relazione all’attività che lo straniero intende svolgere in Italia, rilascia il visto di ingresso per lavoro autonomo, con l’espressa indicazione dell’attività cui il visto si riferisce, nei limiti numerici stabiliti a norma dell’articolo 3, comma 4, e dell’articolo 21.
6. Le procedure di cui al comma 5 sono effettuate secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione.
7. Il visto di ingresso per lavoro autonomo deve essere rilasciato o negato entro centoventi giorni dalla data di presentazione della domanda e della relativa documentazione e deve essere utilizzato entro centottanta giorni dalla data del rilascio.
Art. 27
(Ingresso per lavoro in casi particolari)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 25;
legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 14, commi 2 e 4)
1. Al di fuori degli ingressi per lavoro di cui agli articoli precedenti, autorizzati nell’ambito delle quote di cui all’articolo 3, comma 4, il regolamento di attuazione disciplina particolari modalità e termini per il rilascio delle autorizzazioni al lavoro, dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per lavoro subordinato, per ognuna delle seguenti categorie di lavoratori stranieri:
a) dirigenti o personale altamente specializzato di società aventi sede o filiali in Italia ovvero di uffici di rappresentanza di società estere che abbiano la sede principale di attività nel territorio di uno Stato membro dell’Organizzazione mondiale del commercio, ovvero dirigenti di sedi principali in Italia di società italiane o di società di altro Stato membro dell’Unione europea;
b) lettori universitari di scambio o di madre lingua;
c) professori universitari e ricercatori destinati a svolgere in Italia un incarico accademico o un’attività retribuita di ricerca presso università, istituti di istruzione e di ricerca operanti in Italia;
d) traduttori e interpreti;
e) collaboratori familiari aventi regolarmente in corso all’estero, da almeno un anno, rapporti di lavoro domestico a tempo pieno con cittadini italiani o di uno degli Stati membri dell’Unione europea residenti all’estero, che si trasferiscono in Italia, per la prosecuzione del rapporto di lavoro domestico;
f) persone che, autorizzate a soggiornare per motivi di formazione professionale, svolgano periodi temporanei di addestramento presso datori di lavoro italiani, effettuando anche prestazioni che rientrano nell’ambito del lavoro subordinato;
g) lavoratori alle dipendenze di organizzazioni o imprese operanti nel territorio italiano, che siano stati ammessi temporaneamente, a domanda del datore di lavoro, per adempiere funzioni o compiti specifici, per un periodo limitato o determinato, tenuti a lasciare l’Italia quando tali compiti o funzioni siano terminati;
h) lavoratori marittimi occupati nella misura e con le modalità stabilite nel regolamento di attuazione;
i) lavoratori dipendenti regolarmente retribuiti da datori di lavoro, persone fisiche o giuridiche, residenti o aventi sede all’estero e da questi direttamente retribuiti, i quali siano temporaneamente trasferiti dall’estero presso persone fisiche o giuridiche, italiane o straniere, residenti in Italia, al fine di effettuare nel territorio italiano determinate prestazioni oggetto di contratto di appalto stipulato tra le predette persone fisiche o giuridiche residenti o aventi sede in Italia e quelle residenti o aventi sede all’estero, nel rispetto delle disposizioni dell’articolo 1655 del codice civile, della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, e delle norme internazionali e comunitarie;
l) lavoratori occupati presso circhi o spettacoli viaggianti all’estero;
m) personale artistico e tecnico per spettacoli lirici, teatrali, concertistici o di balletto;
n) ballerini, artisti e musicisti da impiegare presso locali di intrattenimento;
o) artisti da impiegare da enti musicali teatrali o cinematografici o da imprese radiofoniche o televisive, pubbliche o private, o da enti pubblici, nell’ambito di manifestazioni culturali o folcloristiche;
p) stranieri che siano destinati a svolgere qualsiasi tipo di attività sportiva professionistica presso società sportive italiane ai sensi della legge 23 marzo 1981, n. 91;
q) giornalisti corrispondenti ufficialmente accreditati in Italia e dipendenti regolarmente retribuiti da organi di stampa quotidiani o periodici, ovvero da emittenti radiofoniche o televisive straniere;
r) persone che, secondo le norme di accordi internazionali in vigore per l’Italia, svolgono in Italia attività di ricerca o un lavoro occasionale nell’ambito di programmi di scambi di giovani o di mobilità di giovani o sono persone collocate “alla pari”.
2. In deroga alle disposizioni del presente testo unico i lavoratori extracomunitari dello spettacolo possono essere assunti alle dipendenze dei datori di lavoro per esigenze connesse alla realizzazione e produzione di spettacoli previa apposita autorizzazione rilasciata dall’ufficio speciale per il collocamento dei lavoratori dello spettacolo o sue sezioni periferiche che provvedono, sentito il Dipartimento dello spettacolo, previo nulla osta provvisorio dell’autorità provinciale di pubblica sicurezza. L’autorizzazione è rilasciata, salvo che si tratti di personale artistico ovvero di personale da utilizzare per periodi non superiori a tra mesi, prima che il lavoratore extracomunitario entri nel territorio nazionale. I lavoratori extracomunitari autorizzati a svolgere attività lavorativa subordinata nel settore dello spettacolo non possono cambiare settore di attività nè la qualifica di assunzione. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con le Autorità di Governo competenti in materia di turismo ed in materia di spettacolo, determina le procedure e le modalità per il rilascio dell’autorizzazione prevista dal presenta comma.
3. Rimangono ferme le disposizioni che prevedono il possesso della cittadinanza italiana per lo svolgimento di determinate attività.
4. Il regolamento di cui all’articolo 1 contiene altresì norme per l’attuazione delle convenzioni ed accordi internazionali in vigore relativamente all’ingresso e soggiorno dei lavoratori stranieri occupati alle dipendenze di rappresentanze diplomatiche o consolari o di enti di diritto internazionale aventi sede in Italia.
5. L’ingresso e il soggiorno dei lavoratori frontalieri non appartenenti all’Unione europea è disciplinato dalle disposizioni particolari previste negli accordi internazionali in vigore con gli Stati confinanti.
TITOLO IV
DIRITTO ALL’UNITà FAMILIARE E TUTELA DEI MINORI
Art. 28
(Diritto all’unità familiare)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 26)
1. Il diritto a mantenere o a riacquistare l’unità familiare nei confronti dei familiari stranieri è riconosciuto, alle condizioni previste dal presente testo unico, agli stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno, rilasciato per lavoro subordinato o per lavoro autonomo ovvero per asilo, per studio o per motivi religiosi.
2. Ai familiari stranieri di cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione Europea continuano ad applicarsi le disposizioni el decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1965, n. 1656, fatte salve quelle più favorevoli della presente legge o del regolamento di attuazione.
3. In tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali finalizzati a dare attuazione al diritto all’unità familiare e riguardanti i minori, deve essere preso in considerazione con carattere di priorità il superiore interesse del fanciullo, conformemente a quanto previsto dall’articolo 3, comma 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176.
Art. 29
(Ricongiungimento familiare)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 27)
1. Lo straniero può chiedere il ricongiungimento per i seguenti familiari:
a) coniuge non legalmente separato;
b) figli minori a carico, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati ovvero legalmente separati, a condizione che l’altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso;
c) genitori a carico;
d) parenti entro il terzo grado, a carico, inabili al lavoro secondo la legislazione italiana.
2. Ai fini del ricongiungimento si considerano minori i figli di età inferiore a 18 anni. I minori adottati o affidati o sottoposti a tutela sono equiparati ai figli.
3. Salvo che si tratti di rifugiato, lo straniero che richiede il ricongiungimento deve dimostrare la disponibilità:
a) di un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ovvero, nel caso di un figlio di età inferiore agli anni 14 al seguito di uno dei genitori, del consenso del titolare dell’alloggio nel quale il minore effettivamente dimorerà;
b) di un reddito annuo derivante da fonti lecite non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di un solo familiare, al doppio dell’importo annuo dell’assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di due o tre familiari, al triplo dell’importo annuo dell’assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di quattro o più familiari. Ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche del reddito annuo complessivo dei familiari conviventi con il richiedente.
4. è consentito l’ingresso, al seguito dello straniero titolare di carta di soggiorno o di un visto di ingresso per lavoro subordinato relativo a contratto di durata non inferiore a un anno, o per lavoro autonomo non occasionale, ovvero per studio o per motivi religiosi, dei familiari con i quali è possibile attuare il ricongiungimento, a condizione che ricorrano i requisiti di disponibilità di alloggio e di reddito di cui al comma 3.
5. Oltre a quanto previsto dall’articolo 28, comma 2, è consentito l’ingresso, al seguito del cittadino italiano o comunitario, dei familiari con i quali è possibile attuare il ricongiungimento.
6. Salvo quanto disposto dall’articolo 4, comma 6, è consentito l’ingresso, per ricongiungimento al figlio minore regolarmente soggiornante in Italia, del genitore naturale che dimostri, entro un anno dall’ingresso in Italia, il possesso dei requisiti di disponibilità di alloggio e di reddito di cui al comma 3.
7. La domanda di nulla osta al ricongiungimento familiare, corredata della prescritta documentazione, è presentata alla questura del luogo di dimora del richiedente, la quale ne rilascia copia contrassegnata con timbro datario e sigla del dipendente incaricato del ricevimento. Il questore, verificata l’esistenza dei requisiti di cui al presente articolo, emette il provvedimento richiesto, ovvero un provvedimento di diniego del nulla osta.
8. Trascorsi novanta giorni dalla richiesta del nulla osta, l’interessato può ottenere il visto di ingresso direttamente dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane, dietro esibizione della copia degli atti contrassegnata dalla questura, da cui risulti la data di presentazione della domanda e della relativa documentazione.
9. Le rappresentanze diplomatiche e consolari italiane rilasciano altresì il visto di ingresso al seguito nei casi previsti dal comma 5.
Art. 30
(Permesso di soggiorno per motivi familiari)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 28)
1. Fatti salvi i casi di rilascio o di rinnovo della carta di soggiorno, il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato:
a) allo straniero che ha fatto ingresso in Italia con visto di ingresso per ricongiungimento familiare, ovvero con visto di ingresso al seguito del proprio familiare nei casi previsti dall’articolo 29, ovvero con visto di ingresso per ricongiungimento al figlio minore;
b) agli stranieri regolarmente soggiornanti ad altro titolo da almeno un anno che abbiano contratto matrimonio nel territorio dello Stato con cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea, ovvero con cittadini stranieri regolarmente soggiornanti;
c) al familiare straniero regolarmente soggiornante, in possesso dei requisiti per il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno Stato membro dell’Unione europea residenti in Italia, ovvero con straniero regolarmente soggiornante in Italia. In tal caso il permesso del familiare è convertito in permesso di soggiorno per motivi familiari. La conversione può essere richiesta entro un anno dalla data di scadenza del titolo di soggiorno originariamente posseduto dal familiare. Qualora detto cittadino sia un rifugiato si prescinde dal possesso di un valido permesso di soggiorno da parte del familiare;
d) al genitore straniero, anche naturale, di minore italiano residente in Italia. In tal caso il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato anche a prescindere dal possesso di un valido titolo di soggiorno, a condizione che il genitore richiedente non sia stato privato della potestà genitoriale secondo la legge italiana.
2. Il permesso di soggiorno per motivi familiari consente l’accesso ai servizi assistenziali, l’iscrizione a corsi di studio o di formazione professionale, l’iscrizione nelle liste di collocamento, lo svolgimento di lavoro subordinato o autonomo, fermi i requisiti minimi di età per lo svolgimento di attività di lavoro.
3. Il permesso di soggiorno per motivi familiari ha la stessa durata del permesso di soggiorno del familiare straniero in possesso dei requisiti per il ricongiungimento ai sensi dell’articolo 29 ed è rinnovabile insieme con quest’ultimo.
4. Allo straniero che effettua il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno Stato membro dell’Unione europea, ovvero con straniero titolare della carta di soggiorno di cui all’articolo 9, è rilasciata una carta di soggiorno.
5. In caso di separazione legale o di scioglimento del matrimonio o, per il figlio che non possa ottenere la carta di soggiorno, al compimento del diciottesimo anno di età, il permesso di soggiorno può essere convertito in permesso per lavoro subordinato, per lavoro autonomo o per studio, fermi i requisiti minimi di età per lo svolgimento di attività di lavoro.
6. Contro il diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonchè contro gli altri provvedimenti dell’autorità amministrativa in materia di diritto all’unità familiare, l’interessato può presentare ricorso al pretore del luogo in cui risiede, il quale provvede, sentito l’interessato, nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il decreto che accoglie il ricorso può disporre il rilascio del visto anche in assenza del nulla osta. Gli atti del procedimento sono esenti da imposta di bollo e di registro e da ogni altra tassa. L’onere derivante dall’applicazione del presente comma è valutato in lire 150 milioni annui a decorrere dall’anno 1998.
Art. 31
(Disposizioni a favore dei minori)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 29)
1. Il figlio minore dello straniero con questi convivente e regolarmente soggiornante è iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno di uno o di entrambi i genitori fino al compimento del quattordicesimo anno di età e segue la condizione giuridica del genitore con il quale convive, ovvero la più favorevole tra quelle dei genitori con cui convive. Fino al medesimo limite di età il minore che risulta affidato ai sensi dell’articolo 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno dello straniero al quale è affidato e segue la condizione giuridica di quest’ultimo, se più favorevole. L’assenza occasionale e temporanea dal territorio dello Stato non esclude il requisito della convivenza e il rinnovo dell’iscrizione.
2. Al compimento del quattordicesimo anno di età al minore iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno del genitore ovvero dello straniero affidatario è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari valido fino al compimento della maggiore età, ovvero una carta di soggiorno.
3. Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni della presente legge. L’autorizzazione è revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificavano il rilascio o per attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia. I provvedimenti sono comunicati alla rappresentanza diplomatica o consolare e al questore per gli adempimenti di rispettiva competenza.
4. Qualora ai sensi del presente testo unico debba essere disposta l’espulsione di un minore straniero, il provvedimento è adottato, su richiesta del questore, dal tribunale per i minorenni.
Art. 32
(Disposizioni concernenti minori affidati al compimento della maggiore età)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 30)
1. Al compimento della maggiore età, allo straniero nei cui confronti sono state applicate le disposizioni di cui all’articolo 31, commi 1 e 2, e ai minori comunque affidati ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura. Il permesso di soggiorno per accesso al lavoro prescinde dal possesso dei requisiti di cui all’articolo 23.
Art. 33
(Comitato per i minori stranieri)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 31)
1. Al fine di vigilare sulle modalità di soggiorno dei minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio dello Stato e di coordinare le attività delle amministrazioni interessate è istituito, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato un Comitato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri composto da rappresentanti dei ministeri degli Affari esteri, dell’interno e di grazia e giustizia, del Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonchè da due rappresentanti dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), da un rappresentante dell’Unione province d’Italia (UPI) e da due rappresentanti di organizzazioni maggiormente rappresentative operanti nel settore dei problemi della famiglia.
2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro da lui delegato, sentiti i Ministri degli affari esteri, dell’interno e di grazia e giustizia, sono definiti i compiti del Comitato concernenti la tutela dei diritti dei minori stranieri in conformità alle previsioni della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, e sono stabilite le regole e le modalità per l’ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale dei minori stranieri, limitatamente a quelli in età superiore a sei anni che entrano in Italia nell’ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea promossi da enti, associazioni o famiglie italiane, nonchè per l’affidamento temporaneo e per il rimpatrio dei medesimi.
3. Il Comitato si avvale, per l’espletamento delle attività di competenza, del personale e dei mezzi in dotazione al Dipartimento degli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed ha sede presso il Dipartimento medesimo.
TITOLO V
DISPOSIZIONI IN MATERIA SANITARIA, NONCHè DI
ISTRUZIONE, ALLOGGIO, PARTECIPAZIONE ALLA VITA
PUBBLICA E INTEGRAZIONE SOCIALE.
CAPO I
DISPOSIZIONI IN MATERIA SANITARIA
Art. 34
(Assistenza per gli stranieri
iscritti al Servizio sanitario nazionale)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 32)
1. Hanno l’obbligo di iscrizione al Servizio sanitario nazionale e hanno parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani per quanto attiene all’obbligo contributivo, all’assistenza erogata in Italia dal Servizio sanitario nazionale e alla sua validità temporale:
a) gli stranieri regolarmente soggiornanti che abbiano in corso regolari attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o siano iscritti nelle liste di collocamento;
b) gli stranieri regolarmente soggiornanti o che abbiano chiesto il rinnovo del titolo di soggiorno, per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, per richiesta di asilo, per attesa adozione, per affidamento, per acquisto della cittadinanza.
2. L’assistenza sanitaria spetta altresì ai familiari a carico regolarmente soggiornanti. Nelle more dell’iscrizione al servizio sanitario nazionale ai minori figli di stranieri iscritti al servizio sanitario nazionale è assicurato fin dalla nascita il medesimo trattamento dei minori iscritti.
3. Lo straniero regolarmente soggiornante, non rientrante tra le categorie indicate nei commi 1 e 2 è tenuto ad assicurarsi contro il rischio di malattie, infortunio e maternità mediante stipula di apposita polizza assicurativa con un istituto assicurativo italiano o straniero, valida sul territorio nazionale, ovvero mediante iscrizione al servizio sanitario nazionale valida anche per i familiari a carico. Per l’iscrizione al servizio sanitario nazionale deve essere corrisposto a titolo di partecipazione alle spese un contributo annuale, di importo percentuale pari a quello previsto per i cittadini italiani, sul reddito complessivo conseguito nell’anno precedente in Italia e all’estero. L’ammontare del contributo è determinato con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e non può essere inferiore al contributo minimo previsto dalle norme vigenti.
4. L’iscrizione volontaria al servizio sanitario nazionale può essere altresì richiesta:
a) dagli stranieri soggiornanti in Italia titolari di permesso di soggiorno per motivi di studio;
b) dagli stranieri regolarmente soggiornanti collocati alla pari, ai sensi dell’accordo europeo sul collocamento alla pari, adottato a Strasburgo il 24 novembre 1969, ratificato e reso esecutivo ai sensi della legge 18 maggio 1973 n. 304.
5. I soggetti di cui al comma 4 sono tenuti a corrispondere per l’iscrizione al servizio sanitario nazionale, a titolo di partecipazione alla spesa, un contributo annuale forfettario negli importi e secondo le modalità previsti dal decreto di cui al comma 3.
6. Il contributo per gli stranieri indicati al comma 4, lettere a) e b) non è valido per i familiari a carico.
7. Lo straniero assicurato al servizio sanitario nazionale è iscritto nella azienda sanitaria locale del comune in cui dimora secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione.
Art. 35
(Assistenza sanitaria per gli stranieri
non iscritti al Servizio sanitario nazionale)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 33)
1. Per le prestazioni sanitarie erogate ai cittadini stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale devono essere corrisposte, dai soggetti tenuti al pagamento di tali prestazioni, le tariffe determinate dalle regioni e province autonome ai sensi dell’articolo 8, commi 5 e 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
2. Restano salve le norme che disciplinano l’assistenza sanitaria ai cittadini stranieri in Italia in base a trattati e accordi internazionali bilaterali o multilaterali di reciprocità sottoscritti dall’Italia.
3. Ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all’ingresso ed al soggiorno, sono assicurate, nei presidi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorchè continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva. Sono, in particolare, garantiti:
a) la tutela sociale della gravidanza e della maternità, a parità di trattamento con le cittadine italiane, ai sensi delle leggi 29 luglio 1975, n. 405, e 22 maggio 1978, n. 194, e del decreto del Ministro della sanità 6 marzo 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13 aprile 1995, a parità di trattamento con i cittadini italiani;
b) la tutela della salute del minore in esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176;
c) le vaccinazioni secondo la normativa e nell’ambito di interventi di campagne di prevenzione collettiva autorizzati dalle regioni;
d) gli interventi di profilassi internazionale;
e) la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive ed eventuale bonifica dei relativi focolai.
4. Le prestazioni di cui al comma 3 sono erogate senza oneri a carico dei richiedenti qualora privi di risorse economiche sufficienti, fatte salve le quote di partecipazione alla spesa a parità con i cittadini italiani.
5. L’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano.
6. Fermo restando il finanziamento delle prestazioni ospedaliere urgenti o comunque essenziali a carico del Ministero dell’interno, agli oneri recati dalle rimanenti prestazioni contemplate nel comma 3, nei confronti degli stranieri privi di risorse economiche sufficienti, si provvede nell’ambito delle disponibilità del Fondo sanitario nazionale, con corrispondente riduzione dei programmi riferiti agli interventi di emergenza.
Art. 36
(Ingresso e soggiorno per cure mediche)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 34)
1. Lo straniero che intende ricevere cure mediche in Italia e l’eventuale accompagnatore possono ottenere uno specifico visto di ingresso ed il relativo permesso di soggiorno. A tale fine gli interessati devono presentare una dichiarazione della struttura sanitaria italiana prescelta che indichi il tipo di cura, la data di inizio della stessa e la durata presunta del trattamento terapeutico, devono attestare l’avvenuto deposito di una somma a titolo cauzionale, tenendo conto del costo presumibile delle prestazioni sanitarie richieste, secondo modalità stabilite dal regolamento di attuazione, nonchè documentare la disponibilità in Italia di vitto e alloggio per l’accompagnatore e per il periodo di convalescenza dell’interessato. La domanda di rilascio del visto o di rilascio o rinnovo del permesso può anche essere presentata da un familiare o da chiunque altro vi abbia interesse.
2. Il trasferimento per cure in Italia con rilascio di permesso di soggiorno per cure mediche è altresì consentito nell’ambito di programmi umanitari definiti ai sensi dell’articolo 12, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, previa autorizzazione del Ministero della sanità, d’intesa con il ministero degli affari esteri. Le aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere, tramite le regioni, sono rimborsate delle spese sostenute che fanno carico al fondo sanitario nazionale.
3. Il permesso di soggiorno per cure mediche ha una durata pari alla durata presunta del trattamento terapeutico ed è rinnovabile finchè durano le necessità terapeutiche documentate.
4. Sono fatte salve le disposizioni in materia di profilassi internazionale.
CAPO II
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ISTRUZIONE
DIRITTO ALLO STUDIO E PROFESSIONE
Art. 37
(Attività professionali)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 35)
1. Agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, in possesso dei titoli professionali legalmente riconosciuti in Italia abilitanti all’esercizio delle professioni, è consentita, in deroga alle disposizioni che prevedono il requisito della cittadinanza italiana entro un anno dalla data di entrata in vigore dalla legge 6 marzo 1998, n. 40, l’iscrizione agli Ordini o Collegi professionali o, nel caso di professioni sprovviste di albi, l’iscrizione in elenchi speciali da istituire presso i Ministeri competenti, secondo quanto previsto dal regolamento di attuazione. L’iscrizione ai predetti albi o elenchi è condizione necessaria per l’esercizio delle professioni anche con rapporto di lavoro subordinato. Non possono usufruire della deroga gli stranieri che sono stati ammessi in soprannumero ai corsi di diploma, di laurea o di specializzazione, salvo autorizzazione del Governo dello Stato di appartenenza.
2. Le modalità, le condizioni ed i limiti temporali per l’autorizzazione all’esercizio delle professioni e per il riconoscimento dei relativi titoli abilitanti non ancora riconosciuti in Italia sono stabiliti con il regolamento di attuazione. Le disposizioni per il riconoscimento dei titoli saranno definite dai Ministri competenti, di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, sentiti gli Ordini professionali e le associazioni di categoria interessate.
3. Gli stranieri di cui al comma l, a decorrere dalla scadenza del termine ivi previsto, possono iscriversi agli Ordini, Collegi ed elenchi speciali nell’ambito delle quote definite a norma dell’articolo 3, comma 4, e secondo percentuali massime di impiego definite in conformità ai criteri stabiliti dal regolamento di attuazione.
4. In caso di lavoro subordinato è garantita la parità di trattamento retributivo e previdenziale con i cittadini italiani.
Art. 38
(Istruzione degli stranieri. Educazione interculturale)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 36
legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 9, commi 4 e 5)
1. I minori stranieri presenti sul territorio sono soggetti all’obbligo scolastico; ad essi si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all’istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla vita della comunità scolastica.
2. L’effettività del diritto allo studio è garantita dallo Stato, dalle Regioni e dagli enti locali anche mediante l’attivazione di appositi corsi ed iniziative per l’apprendimento della lingua italiana.
3. La comunità scolastica accoglie le differenze linguistiche e culturali come valore da porre a fondamento del rispetto reciproco, dello scambio tra le culture e della tolleranza; a tale fine promuove e favorisce iniziative volte alla accoglienza, alla tutela della cultura e della lingua d’origine e alla realizzazione di attività interculturali comuni.
4. Le iniziative e le attività di cui al comma 3 sono realizzate sulla base di una rilevazione dei bisogni locali e di una programmazione territoriale integrata, anche in convenzione con le associazioni degli stranieri, con le rappresentanze diplomatiche o consolari dei Paesi di appartenenza e con le organizzazioni di volontariato.
5.Le istituzioni scolastiche, nel quadro di una programmazione territoriale degli interventi, anche sulla base di convenzioni con le Regioni e gli enti locali, promuovono:
a) l’accoglienza degli stranieri adulti regolarmente soggiornanti mediante l’attivazione di corsi di alfabetizzazione nelle scuole elementari e medie;
b) la realizzazione di un’offerta culturale valida per gli stranieri adulti regolarmente soggiornanti che intendano conseguire il titolo di studio della scuola dell’obbligo;
c) la predisposizione di percorsi integrativi degli studi sostenuti nel Paese di provenienza al fine del conseguimento del titolo dell’obbligo o del diploma di scuola secondaria superiore;
d) la realizzazione ed attuazione di corsi di lingua italiana;
e) la realizzazione di corsi di formazione, anche nel quadro di accordi di collaborazione internazionale in vigore per l’Italia.
6. Le regioni, anche attraverso altri enti locali, promuovono programmi culturali per i diversi gruppi nazionali, anche mediante corsi effettuati presso le scuole superiori o istituti universitari. Analogamente a quanto disposto per i figli dei lavoratori comunitari e per i figli degli emigrati italiani che tornano in Italia, sono attuati specifici insegnamenti integrativi, nella lingue e cultura di origine.
7. Con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono dettate le disposizioni di attuazione del presente capo, con specifica indicazione:
a) delle modalità di realizzazione di specifici progetti nazionali e locali, con particolare riferimento all’attivazione di corsi intensivi di lingua italiana nonchè dei corsi di formazione ed aggiornamento del personale ispettivo, direttivo e docente delle scuole di ogni ordine e grado e dei criteri per l’adattamento dei programmi di insegnamento;
b) dei criteri per il riconoscimento dei titoli di studio e degli studi effettuati nei paesi di provenienza ai fini dell’inserimento scolastico, nonchè dei criteri e delle modalità di comunicazione con le famiglie degli alunni stranieri, anche con l’ausilio di mediatori culturali qualificati;
c) dei criteri per l’iscrizione e l’inserimento nelle classi degli stranieri provenienti dall’estero, per la ripartizione degli alunni stranieri nelle classi e per l’attivazione di specifiche attività di sostegno linguistico;
d) dei criteri per la stipula delle convenzioni di cui ai commi 4 e 5.
Art. 39
(Accesso ai corsi delle università)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 37)
1. In materia di accesso all’istruzione universitaria e di relativi interventi per il diritto allo studio è assicurata la parità di trattamento tra lo straniero e il cittadino italiano, nei limiti e con le modalità di cui al presente articolo.
2. Le università, nella loro autonomia e nei limiti delle loro disponibilità finanziarie, assumono iniziative volte al conseguimento degli obiettivi del documento programmatico di cui all’articolo 3, promuovendo l’accesso degli stranieri ai corsi universitari di cui all’articolo l della legge 19 novembre 1990, n. 341, tenendo conto degli orientamenti comunitari in materia, in particolare riguardo all’inserimento di una quota di studenti universitari stranieri, stipulando apposite intese con gli atenei stranieri per la mobilità studentesca, nonchè organizzando attività di orientamento e di accoglienza.
3. Con il regolamento di attuazione sono disciplinati:
a) gli adempimenti richiesti agli stranieri per il conseguimento del visto di ingresso e del permesso di soggiorno per motivi di studio anche con riferimento alle modalità di prestazione di garanzia di copertura economica da parte di enti o cittadini italiani o stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato in luogo della dimostrazione di disponibilità di mezzi sufficienti di sostentamento da parte dello studente straniero;
b) la rinnovabilità del permesso di soggiorno per motivi di studio e l’esercizio in vigenza di esso di attività di lavoro subordinato o autonomo da parte dello straniero titolare;
c) l’erogazione di borse di studio, sussidi e premi agli studenti stranieri, anche a partire da anni di corso successivi al primo, in coordinamento con la concessione delle provvidenze previste dalla normativa vigente in materia di diritto allo studio universitario e senza obbligo di reciprocità;
d) i criteri per la valutazione della condizione economica dello straniero ai fini dell’uniformità di trattamento in ordine alla concessione delle provvidenze di cui alla lettera c);
e) la realizzazione di corsi di lingua italiana per gli stranieri che intendono accedere all’istruzione universitaria in Italia;
f) il riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all’estero.
4. In base alle norme previste dal presente articolo e dal regolamento di attuazione, sulla base delle disponibilità comunicate dalle università, è disciplinato annualmente, con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica e con il Ministro dell’interno, il numero massimo dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per l’accesso all’istruzione universitaria degli studenti stranieri residenti all’estero. Lo schema del decreto è trasmesso al Parlamento per l’acquisizione del parere delle Commissioni competenti per materia che si esprimono entro i successivi trenta giorni.
5. è comunque consentito l’accesso ai corsi universitari, a parità di condizioni con gli studenti italiani, agli stranieri titolari di carta di soggiorno, ovvero di permesso di soggiorno per lavoro subordinato o per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, o per motivi religiosi, ovvero agli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di titolo di studio superiore conseguito in Italia o, se conseguito all’estero, equipollente.
CAPO III
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ALLOGGIO E
ASSISTENZA SOCIALE
Art. 40
(Centri di accoglienza. Accesso all’abitazione)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 38)
1. Le regioni, in collaborazione con le province e con i comuni e con le associazioni e le organizzazioni di volontariato, predispongono centri di accoglienza destinati ad ospitare, anche in strutture ospitanti cittadini italiani o cittadini di altri Paesi dell’Unione europea, stranieri regolarmente soggiornanti per motivi diversi dal turismo, che siano temporaneamente impossibilitati a provvedere autonomamente alle proprie esigenze alloggiative e di sussistenza. Il sindaco, quando vengano individuate situazioni di emergenza, può disporre l’alloggiamento nei centri di accoglienza di stranieri non in regola con le disposizioni sull’ingresso e sul soggiorno nel territorio dello Stato, ferme restando le norme sull’allontanamento dal territorio dello Stato degli stranieri in tali condizioni.
2. I centri di accoglienza sono finalizzati a rendere autosufficienti gli stranieri ivi ospitati nel più breve tempo possibile. I centri di accoglienza provvedono, ove possibile, ai servizi sociali e culturali idonei a favorire l’autonomia e l’inserimento sociale degli ospiti. Ogni regione determina i requisiti gestionali e strutturali dei centri e consente convenzioni con enti privati e finanziamenti.
3. Per centri di accoglienza si intendono le strutture alloggiative che, anche gratuitamente, provvedono alle immediate esigenze alloggiative ed alimentari, nonchè, ove possibile, all’offerta di occasioni di apprendimento della lingua italiana, di formazione professionale, di scambi culturali con la popolazione italiana, e all’assistenza socio-sanitaria degli stranieri impossibilitati a provvedervi autonomamente per il tempo strettamente necessario al raggiungimento dell’autonomia personale per le esigenze di vitto e alloggio nel territorio in cui vive lo straniero.
4. Lo straniero regolarmente soggiornante può accedere ad alloggi sociali, collettivi o privati, predisposti, secondo i criteri previsti dalle leggi regionali, dai comuni di maggiore insediamento degli stranieri o da associazioni, fondazioni o organizzazioni di volontariato ovvero da altri enti pubblici o privati, nell’ambito di strutture alloggiative, prevalentemente organizzate in forma di pensionato, aperte ad italiani e stranieri, finalizzate ad offrire una sistemazione alloggiativa dignitosa a pagamento, secondo quote calmierate, nell’attesa del reperimento di un alloggio ordinario in via definitiva.
5. Le regioni concedono contributi a comuni, province, consorzi di comuni, o enti morali pubblici o privati, per opere di risanamento igienico-sanitario di alloggi di loro proprietà o di cui abbiano la disponibilità legale per almeno quindici anni, da destinare ad abitazioni di stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per studio, per motivi familiari, per asilo politico o asilo umanitario. I contributi possono essere in conto capitale o a fondo perduto e comportano l’imposizione, per un numero determinato di anni, di un vincolo sull’alloggio all’ospitabilità temporanea o alla locazione a stranieri regolarmente soggiornanti. L’assegnazione e il godimento dei contributi e degli alloggi così strutturati è effettuata sulla base dei criteri e delle modalità previsti dalla legge regionale.
6. Gli stranieri titolari di carta di soggiorno e gli stranieri regolarmente soggiornanti che siano iscritti nelle liste di collocamento o che esercitino una regolare attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo hanno diritto di accedere, in condizioni di parità con i cittadini italiani, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ai servizi di intermediazione delle agenzie sociali eventualmente predisposte da ogni Regione o dagli enti locali per agevolare l’accesso alle locazioni abitative e al credito agevolato in materia di edilizia, recupero, acquisto e locazione della prima casa di abitazione.
Art. 41
(Assistenza sociale)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 39)
1. Gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonchè i minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno, sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, incluse quelle previste per coloro che sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomuti, per i ciechi civili, per gli invalidi civili e per gli indigenti.
CAPO IV
DISPOSIZIONI SULL’INTEGRAZIONE SOCIALE, SULLE
DISCRIMINAZIONI E ISTITUZIONE DEL FONDO PER LE
POLITICHE MIGRATORIE
Art. 42
(Misure di integrazione sociale)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 40;
legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 2)
1. Lo Stato, le regioni, le province e i comuni, nell’ambito delle proprie competenze, anche in collaborazione con le associazioni di stranieri e con le organizzazioni stabilmente operanti in loro favore, nonchè in collaborazione con le autorità o con enti pubblici e privati dei Paesi di origine, favoriscono:
a) le attività intraprese in favore degli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, anche al fine di effettuare corsi della lingua e della cultura di origine, dalle scuole e dalle istituzioni culturali straniere legalmente funzionanti nella Repubblica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 389, e successive modificazioni ed integrazioni;
b) la diffusione di ogni informazione utile al positivo inserimento degli stranieri nella società italiana in particolare riguardante i loro diritti e i loro doveri, le diverse opportunità di integrazione e crescita personale e comunitaria offerte dalle amministrazioni pubbliche e dall’associazionismo, nonchè alle possibilità di un positivo reinserimento nel Paese di origine;
c) la conoscenza e la valorizzazione delle espressioni culturali, ricreative, sociali, economiche e religiose degli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia e ogni iniziativa di informazione sulle cause dell’immigrazione e di prevenzione delle discriminazioni razziali o della xenofobia, anche attraverso la raccolta presso le biblioteche scolastiche e universitarie, di libri, periodici e materiale audiovisivo prodotti nella lingua originale dei Paesi di origine degli stranieri residenti in Italia o provenienti da essi;
d) la realizzazione di convenzioni con associazioni regolarmente iscritte nel registro di cui al comma 2 per l’impiego all’interno delle proprie strutture di stranieri, titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a due anni, in qualità di mediatori interculturali al fine di agevolare i rapporti tra le singole amministrazioni e gli stranieri appartenenti ai diversi gruppi etnici, nazionali, linguistici e religiosi;
e) l’organizzazione di corsi di formazione, ispirati a criteri di convivenza in una società multiculturale e di prevenzione di comportamenti discriminatori, xenofobi o razzisti, destinati agli operatori degli organi e uffici pubblici e degli enti privati che hanno rapporti abituali con stranieri o che esercitano competenze rilevanti in materia di immigrazione.
2. Per i fini indicati nel comma 1 è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli affari sociali un registro delle associazioni selezionate secondo criteri e requisiti previsti nel regolamento di attuazione.
3. Ferme restando le iniziative promosse dalle regioni e dagli enti locali, allo scopo di individuare, con la partecipazione dei cittadini stranieri, le iniziative idonee alla rimozione degli ostacoli che impediscono l’effettivo esercizio dei diritti e dei doveri dello straniero, è istituito presso il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, un organismo nazionale di coordinamento. I1 Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, nell’ambito delle proprie attribuzioni, svolge compiti di studio e promozione di attività volte a favorire la partecipazione degli stranieri alla vita pubblica e la circolazione delle informazioni sull’applicazione del presente testo unico.
4. Ai fini dell’acquisizione delle osservazioni degli enti e delle associazioni nazionali maggiormente attivi nell’assistenza e nell’integrazione degli immigrati di cui all’articolo 3, comma 1, e del collegamento con i Consigli territoriali di cui all’art. 3, comma 6, nonchè dell’esame delle problematiche relative alla condizione degli stranieri immigrati, è istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie, presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o da un Ministro da lui delegato. Della Consulta sono chiamati a far parte, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri:
a) rappresentanti delle associazioni e degli enti presenti nell’organismo di cui al comma 3, in numero non inferiore a sei;
b) rappresentanti dei lavoratori extracomunitari designati dalle associazioni più rappresentative operanti in Italia, in numero non inferiore a sei;
c) rappresentanti designati dalle confederazioni sindacali nazionali dei lavoratori, in numero non inferiore a quattro;
d) rappresentanti designati dalle organizzazioni sindacali nazionali dei datori di lavoro dei diversi settori economici, in numero non inferiore a tre;
e) sette esperti designati rispettivamente dai Ministeri del lavoro e della previdenza sociale, della pubblica istruzione, dell’interno, degli affari esteri, delle finanze e dai Dipartimenti della solidarietà sociale e delle pari opportunità;
f) quattro rappresentanti delle autonomie locali, di cui due designati dalle regioni, uno dall’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) ed uno dall’Unione delle provincie italiane (UPI);
g) due rappresentanti del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL).
5. Per ogni membro effettivo della Consulta è nominato un supplente.
6. Resta ferma la facoltà delle regioni di istituire, in analogia con quanto disposto al comma 4, lettere a), b), c), d) e g), con competenza nelle materie loro attribuite dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato, consulte regionali per i problemi dei lavoratori extracomunitari e delle loro famiglie.
7. Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di costituzione e funzionamento della Consulta di cui al comma 4 e dei consigli territoriali.
8. La partecipazione alla Consulte di cui ai commi 4 e 6 dei membri di cui al presente articolo e dei supplenti è gratuita, con esclusione del rimborso delle eventuali spese di viaggio per coloro che non siano dipendenti della pubblica amministrazione e non risiedano nel comune nel quale hanno sede i predetti organi.
Art. 43
(Discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 41)
1. Ai fini del presente capo, costituisce discriminazione ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l’ascendenza o l’origine nazionale o etnica, le convinzioni e le pratiche religiose, e che abbia lo scopo o l’effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, in condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica.
2. In ogni caso compie un atto di discriminazione:
a) il pubblico ufficiale o la persona incaricata di pubblico servizio o la persona esercente un servizio di pubblica necessità che nell’esercizio delle sue funzioni compia od ometta atti nei riguardi di un cittadino straniero che, soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità, lo discriminino ingiustamente;
b) chiunque imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire beni o servizi offerti al pubblico ad uno straniero soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità;
c) chiunque illegittimamente imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire l’accesso all’occupazione, all’alloggio, all’istruzione, alla formazione e ai servizi sociali e socio- assistenziali allo straniero regolarmente soggiornante in Italia soltanto in ragione della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità;
d) chiunque impedisca, mediante azioni od omissioni, l’esercizio di un’attività economica legittimamente intrapresa da uno straniero regolarmente soggiornante in Italia, soltanto in ragione della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, confessione religiosa, etnia o nazionalità;
e) il datore di lavoro o i suoi preposti i quali, ai sensi dell’articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificata e integrata dalla legge 9 dicembre l977, n. 903, e dalla legge 11 maggio 1990, n. 108, compiano qualsiasi atto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando, anche indirettamente, i lavoratori in ragione della loro appartenenza ad una razza, ad un gruppo etnico o linguistico, ad una confessione religiosa, ad una cittadinanza. Costituisce discriminazione indiretta ogni trattamento pregiudizievole conseguente all’adozione di criteri che svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori appartenenti ad una determinata razza, ad un determinato gruppo etnico o linguistico, ad una determinata confessione religiosa o ad una cittadinanza e riguardino requisiti non essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa.
3. Il presente articolo e l’articolo 44 si applicano anche agli atti xenofobi, razzisti o discriminatori compiuti nei confronti dei cittadini italiani, di apolidi e di cittadini di altri Stati membri dell’Unione europea presenti in Italia.
Art. 44
(Azione civile contro la discriminazione)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 42)
1. Quando il comportamento di un privato o della pubblica amministrazione produce una discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, il giudice può, su istanza di parte, ordinare la cessazione del comportamento pregiudizievole e adottare ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione.
2. La domanda si propone con ricorso depositato, anche personalmente dalla parte, nella cancelleria del pretore del luogo di domicilio dell’istante.
3. Il pretore, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento richiesto.
4. Il pretore provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto della domanda. Se accoglie la domanda, emette i provvedimenti richiesti che sono immediatamente esecutivi.
5. Nei casi di urgenza il pretore provvede con decreto motivato, assunte, ove occorra, sommarie informazioni. In tal caso fissa, con lo stesso decreto, l’udienza di comparizione delle parti davanti a se entro un termine non superiore a quindici giorni assegnando all’istante un termine non superiore a otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. A tale udienza il pretore, con ordinanza, conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati nel decreto.
6. Contro i provvedimenti del pretore è ammesso reclamo al tribunale nei termini di cui all’articolo 739, secondo comma, del codice di procedura civile. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737, 738 e 739 del codice di procedura civile.
7. Con la decisione che definisce il giudizio il giudice può altresì condannare il convenuto al risarcimento del danno, anche non patrimoniale.
8. Chiunque elude l’esecuzione di provvedimenti del pretore di cui ai commi 4 e 5 e dei provvedimenti del tribunale di cui al comma 6 è punito ai sensi dell’articolo 388, primo comma, del codice penale.
9. Il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza a proprio danno del comportamento discriminatorio in ragione della razza, del gruppo etnico o linguistico, della provenienza geografica, della confessione religiosa o della cittadinanza può dedurre elementi di fatto anche a carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi contributivi, all’assegnazione delle mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera e ai licenziamenti dell’azienda interessata. Il giudice valuta i fatti dedotti nei limiti di cui all’articolo 2729, primo comma, del codice civile.
10. Qualora il datore di lavoro ponga in essere un atto o un comportamento discriminatorio di carattere collettivo, anche in casi in cui non siano individuabili in modo immediato e diretto i lavoratori lesi dalle discriminazioni, il ricorso può essere presentato dalle rappresentanze locali delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentativi a livello nazionale. Il giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni sulla base del ricorso presentato ai sensi del presente articolo, ordina al datore di lavoro di definire, sentiti i predetti soggetti e organismi, un piano di rimozione delle discriminazioni accertate.
11. Ogni accertamento di atti o comportamenti discriminatori ai sensi dell’articolo 43 posti in essere da imprese alle quali siano stati accordati benefici ai sensi delle leggi vigenti dello Stato o delle regioni, ovvero che abbiano stipulato contratti di appalto attinenti all’esecuzione di opere pubbliche, di servizi o di forniture, è immediatamente comunicato dal pretore, secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione, alle amministrazioni pubbliche o enti pubblici che abbiano disposto la concessione del beneficio, incluse le agevolazioni finanziarie o creditizie, o dell’appalto. Tali amministrazioni o enti revocano il beneficio e, nei casi più gravi, dispongono l’esclusione del responsabile per due anni da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie, ovvero da qualsiasi appalto.
12. Le regioni, in collaborazione con le province e con i comuni, con le associazioni di immigrati e del volontariato sociale, ai fini dell’applicazione delle norme del presente articolo e dello studio del fenomeno, predispongono centri di osservazione, di informazione e di assistenza legale per gli stranieri, vittime delle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
Art. 45
(Fondo nazionale per le politiche migratorie)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 43)
1. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è istituito il Fondo nazionale per le politiche migratorie, destinato al finanziamento delle iniziative di cui agli articoli 20, 38, 40, 42 e 46, inserite nei programmi annuali o pluriennali dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni. La dotazione del Fondo, al netto delle somme derivanti dal contributo di cui al comma 3, è stabilita in lire 12.500 milioni per l’anno 1997, in lire 58.000 milioni per l’anno 1998 e in lire 68.000 milioni per l’anno 1999. Alla determinazione del Fondo per gli anni successivi si provvede ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lett. d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni. Al Fondo affluiscono altresì le somme derivanti da contributi e donazioni eventualmente disposti da privati, enti, organizzazioni, anche internazionali, da organismi dell’Unione europea, che sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere assegnati al predetto Fondo. Il Fondo è annualmente ripartito con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri interessati. Il regolamento di attuazione disciplina le modalità per la presentazione, l’esame, l’erogazione, la verifica, la rendicontazione e la revoca del finanziamento del Fondo.
2. Lo Stato, le regioni, le province e i comuni adottano, nelle materie di propria competenza, programmi annuali o pluriennali relativi a proprie iniziative e attività concernenti l’immigrazione, con particolare riguardo all’effettiva e completa attuazione operativa del presente testo unico e del regolamento di attuazione, alle attività culturali, formative, informative, di integrazione e di promozione di pari opportunità. I programmi sono adottati secondo i criteri e le modalità indicati dal regolamento di attuazione e indicano le iniziative pubbliche e private prioritarie per il finanziamento da parte del Fondo, compresa l’erogazione di contributi agli enti locali per l’attuazione del programma.
3. Con effetto dal mese successivo alla data di entrata in vigore della presente legge 6 marzo 1998, n. 40, e comunque da data non successiva al 1° gennaio 1998, il 95 per cento delle somme derivanti dal gettito del contributo di cui all’articolo 13, comma 2, della legge 30 dicembre 1986, n. 943, è destinato al finanziamento delle politiche del Fondo di cui al comma 1. Con effetto dal mese successivo alla data di entrata in vigore del presente testo unico tale destinazione è disposta per l’intero ammontare delle predette somme. A tal fine le predette somme sono versate dall’INPS all’entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate al predetto Fondo. Il contributo di cui all’articolo 13, comma 2, della legge 30 dicembre 1986, n. 943, è soppresso a decorrere dal 1° gennaio 2000.
Art. 46
(Commissione per le politiche di integrazione)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 44)
1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari sociali è istituita la Commissione per le politiche di integrazione.
2. La Commissione ha i compiti di predisporre per il Governo, anche ai fini dell’obbligo di riferire al Parlamento, il rapporto annuale sullo stato di attuazione delle politiche per l’integrazione degli immigrati, di formulare proposte di interventi di adeguamento di tali politiche nonchè di fornire risposta a quesiti posti dal Governo concernenti le politiche per l’immigrazione, interculturali, e gli interventi contro il razzismo.
3. La Commissione è composta da rappresentanti del Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri degli affari esteri, dell’interno, del lavoro e della previdenza sociale, della sanità, della pubblica istruzione, nonchè da un numero massimo di dieci esperti, con qualificata esperienza nel campo dell’analisi sociale, giuridica ed economica dei problemi dell’immigrazione, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro per la solidarietà sociale. Il presidente della commissione è scelto tra i professori universitari di ruolo esperti nelle materie suddette ed è collocato in posizione di fuori ruolo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Possono essere invitati a partecipare alle sedute della commissione i rappresentanti della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, della Conferenza Stato-città ed autonomie locali e di altre amministrazioni pubbliche interessate a singole questioni oggetto di esame.
4. Con il decreto di cui al comma 3 sono determinati l’organizzazione della segreteria della commissione, istituita presso il Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonchè i rimborsi ed i compensi spettanti ai membri della commissione e ad esperti dei quali la commissione intenda avvalersi per lo svolgimento dei propri compiti.
5. Entro i limiti dello stanziamento annuale previsto per il funzionamento della commissione dal decreto di cui all’articolo 45, comma 1, la Commissione può affidare l’effettuazione di studi e ricerche ad istituzioni pubbliche e private, a gruppi o a singoli ricercatori mediante convenzioni deliberate dalla commissione e stipulate dal presidente della medesima, e provvedere all’acquisto di pubblicazioni o materiale necessario per lo svolgimento dei propri compiti.
6. Per l’adempimento dei propri compiti la commissione può avvalersi della collaborazione di tutte le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, degli enti pubblici, delle Regioni e degli enti locali.
TITOLO VI
NORME FINALI
Art. 47
(Abrogazioni)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 46)
1. Dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, sono abrogati:
a) gli articoli 144, 147, 148 e 149 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;
b) le disposizioni della legge 30 dicembre 1986, n. 943, ad eccezione dell’art. 3;
c) il comma 13 dell’articolo 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335.
2. Restano abrogate le seguenti disposizioni:
a) l’articolo 151 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;
b) l’articolo 25 della legge 22 maggio 1975, n. 152;
c) l’articolo 12 della legge 30 dicembre 1986, n. 943;
d) l’articolo 5, commi sesto, settimo e ottavo, del decreto legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n 33;
e) gli articoli 2 e seguenti del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39;
f) l’articolo 4 della legge 18 gennaio 1994, n 50;
g) l’articolo 116 del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.
3 All’art. 20, comma 2, della legge 2 dicembre 1991, n. 390, restano soppresse le parole:
“sempre che esistano trattati o accordi internazionali bilaterali o multilaterali di reciprocità tra la Repubblica italiana e gli Stati di origine degli studenti, fatte salve le diverse disposizioni previste nell’ambito dei programmi in favore dei Paesi in via di sviluppo”.
4. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di attuazione del presente testo unico sono abrogate le disposizioni ancora in vigore del Titolo V del regolamento di esecuzione del Testo unico 18 giugno 1941, n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635.
Art. 48
(Copertura finanziaria)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 48)
1. All’onere derivante dall’attuazione della legge 6 marzo 1998, n. 40 e del presente testo unico, valutato in lire 42.500 milioni per il 1997 e in lire 124.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, si provvede:
a) quanto a lire 22.500 milioni per l’anno 1997 e a lire 104.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, mediante riduzione dello stanziamento iscritto ai fini del bilancio triennale 1997-1999 al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l’anno 1997, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a lire 22.500 milioni per l’anno 1997 e a lire 29.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, l’accantonamento relativo al Ministero del tesoro; quanto a lire 50.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999 l’accantonamento relativo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri; quanto a lire 20.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, l’accantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione; quanto a lire 5.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri;
b) quanto a lire 20.000 milioni per ciascuno degli anni 1997, 1998 e 1999, mediante riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1997-1999, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l’anno 1997, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al ministero dell’interno.
2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 49
(Disposizioni finali)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 49)
1. Nella prima applicazione delle disposizioni della legge 6 marzo 1998, n. 40, del presente testo unico si provvede a dotare le questure che ancora non ne fossero provviste delle apparecchiature tecnologiche necessarie per la trasmissione in via telematica dei dati di identificazione personale nonchè delle operazioni necessarie per assicurare il collegamento tra le questure e il sistema informativo della Direzione centrale della polizia criminale.
2. All’onere conseguente all’applicazione del comma 1, valutato in lire 8.000 milioni per l’anno 1998, si provvede a carico delle risorse di cui all’articolo 48 e comunque nel rispetto del tetto massimo di spesa ivi previsto.
La Cassazione a S.U., ha finito con la discriminazione riguardo i nati in precedenza al 1º gennaio 1948 da madre italiana e padre straniero. Illegittimita` costituzionale della l. N. 555 del 1912. Ambito di applicazione
Sentenza n. 4466 del 25/02/2009 Cassazione Sezioni Unite Civili, Presidente V. Carbone, Relatore F. Forte
Versione provvisoria
Svolgimento del processo
Mariam E., nata il 4 settembre 1962 al Cairo da Edward E., che non aveva la cittadinanza italiana quale figlio di Angelina C., che l’aveva perduta per effetto di matrimonio con un cittadino egiziano, dato che tale perdita e mancato acquisto di stato erano dipesi dall’applicazione di norme della legge 13 giugno 1912 n. 555 dichiarate illegittime nel 1975 e nel 1983 dalla Corte costituzionale, perché discriminatorie della posizione della donna rispetto a quella dell’uomo (articoli 3 e 29 della Cost.), con citazione del 27 agosto 2003, chiedeva al Tribunale di Roma in contraddittorio con il Ministero dell’Interno di dichiararla cittadina italiana iure sanauinis. per trasmissione dello stato dai suoi ascendenti. Il Ministero dell’Interno si costituiva e chiedeva il rigetto della domanda, respinta nel 2004 dall’adito Tribunale, per mancanza della dichiarazione della C. di voler riacquistare la cittadinanza perduta, ai sensi dell’articolo 219 della legge 19 maggio 1975 n. 151; avverso tale pronuncia l’attrice proponeva gravame respinto dalla sentenza di cui in epigrafe della Corte d’appello di Roma, la quale, riteneva inidonea la esibita dichiarazione della Costanzo sul riacquisto della cittadinanza. Per la cassazione di tale sentenza la E. ha proposto ricorso di quattro motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art, 378 c.p.c. e notificato a mezzo posta il 15 – 16 dicembre 2006 al Ministero dell’Interno e al Procuratore generale presso la Corte di cassazione e i due intimati non si sono difesi.
La prima sezione civile di questa Corte, con ordinanza n. 2563 del 4 febbraio 2008, ha rilevato che si ripropone la questione degli effetti retroattivi della incostituzionalità di norme precostituzionali, che, in relazione alla previgente legge n. 555 del 1912, è stata oggetto di contrasto tra più sentenze di questa Corte, risolto delle Sezioni unite nel senso che la incostituzionalità sopravvenuta di tali norme, non retroagisce oltre il 1 ^ gennaio 1948 né opera per i rapporti esauriti, tra cui s’è compreso quello di perdita dello stato per la donna a causa di matrimonio con cittadino straniero, anteriore a detta data. Si è negata la riespansibilità dei rapporti di cittadinanza estinti per effetto del matrimonio della donna con lo straniero, che aveva prodotto tale effetto irretrattabile, in ragione di una norma rat ione temporis. legittima; la prima sezione civile, pur ritenendo corretta la premessa dei principi enunciati dalle Sezioni Unite sulla retroattività delle sentenze della Corte Costituzionale dichiarative dell’illegittimità dì leggi vigenti prima dell’entrata in vigore della carta fondamentale e sulla loro incostituzionalità c.d. sopravvenuta, non ne ha condiviso il corollario, per cui dovrebbero ritenersi “esauriti” i rapporti di cittadinanza estinti o mai nati anteriormente al 1^ gennaio 1948, da ritenere insuscettibili di ripristino dopo la rimozione della norma che aveva prodotto tali conseguenze. Errata sarebbe, ad avviso della sezione semplice, la considerazione come conclusi o esauriti dei rapporti di cittadinanza perduti o non acquistati prima del 1948 per la pregressa disciplina ritenuta incostituzionale, desumendo tale esaurimento dalle norme dichiarate illegittime, in quanti i fatti preclusivi alla estensione retroattiva della illegittimità costituzionale possono ricavarsi solo da norme diverse da quelle valutate dal giudice della legge, essendo costituiti dagli effetti del giudicato, dal decorso dei termini di decadenza o dei tempi di prescrizione o da atti concludenti in tal senso, di natura processuale o sostanziale.
Pertanto i rapporti di perduta o mancata cittadinanza ex lege n. 555/1912 “non esauriti” al 1^ gennaio 1948, in assenza di eventi esterni che li abbiano definiti in precedenza, rendendoli non più giustiziabilì ovvero insuscettibili di tutela giurisdizionale, non possono ritenersi esauriti.
La perdita per la donna della cittadinanza a causa del “fatto” matrimonio con lo straniero, di cui all’articolo 10, terzo comma, della legge n. 555/1912 dichiarato incostituzionale almeno a decorrere dal 1 ^ gennaio 1948, non costituirebbe un effetto che necessariamente deve permanere oltre tale data, potendo considerarsi rimossa dalla stessa data per incostituzionalità sopravvenuta, qualora manchino fatti o eventi preclusivi a tale efficacia retroattiva assoluta della pronuncia di incostituzionalità.
Dato il virtuale contrasto di tale soluzione con quella enunciata da precedenti pronunce della Corte di legittimità risolutive dei predetti contrasti, il Primo Presidente ha assegnato la decisione alle sezioni unite, ai sensi dell’articolo 374 c.p.c..
Motivi della decisione
1.1 II primo motivo di ricorso deduce violazione o falsa applicazione dell’articolo 219 della legge 19 maggio 1975 n. 151 e insufficiente o omessa motivazione su punti decisivi, relativi all’esistenza dei presupposti di fatto per applicare tale norma.
Erroneamente la Corte territoriale ha negato il riacquisto della cittadinanza per la ricorrente, per mancanza della dichiarazione della sua ascendente di voler recuperare la cittadinanza italiana, regolata dall’articolo 219 della legge n. 151/1975, pur essendo in atti tale documento, che esprime la volontà di Angelina C. di voler ritornare ad essere cittadina italiana, regolarmente manifestata alle autorità consolari italiane in Egitto, risiedendo la donna in quel paese.
La Corte di merito afferma apoditticamente che l’atto della C. non costituisce “idonea documentazione al riguardo. . . per cui la cittadinanza non è mai stata dalla medesima riacquistata e quindi non può essere trasmessa ai figli e ai loro eredi”; infatti la dichiarazione resa all’autorità consolare in presenza di due testi dalla C., dì voler riacquistare la cittadinanza, è idonea al riacquisto dello stato e la sentenza di merito ha chiarì vizi di motivazione su tale punto decisivo della sentenza.
1.2. Il secondo motivo dì ricorso denuncia violazione di princìpi di diritto e insufficiente o omessa e contraddìttoria motivazione su punti decisivi della controversia, dato che, anche a ritenere il documento di cui al primo motivo di ricorso inidoneo allo scopo, la Corte territoriale ha errato nel negare che le pronunce di illegittimità costituzionale abbiano effetti retroattivi inapplicabili al rapporto di perduta cittadinanza per cui è causa, considerando quest’ultimo “esaurito”, pur essendo lo stato un rapporto imprescrittibile.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si solleva i dubbio sulla legittimità costituzionale dell’articolo 21 della legge n. 151 del 1975, la cui applicabilità è stata confermata dall’articolo 17 della legge sull cittadinanza 5 febbraio 1992 n. 91.
La condizione imposta da tali norme, per la quale, i assenza della dichiarazione da essa prevista, il riacquisto della cittadinanza sarebbe negato, è incostituzionale, perché in contrasto con gli articoli : e 10 della Cost., con la convenzione di New York del 18 dicembre 1979, ratificata dalla legge n. 132 del 14 marzo 1985 e con i principi di non discriminazione tra uomo e donna di cui alla Costituzione europea.
La perdita automatica della cittadinanza per la sola donna coniugata con straniero e non per l’ uomo è discriminatoria e la pretesa di ulteriori oneri a carico della stessa vittima dell’ingiustizia, per recuperate lo stato di cui illegittimamente è stata privata, è incostituzionale, in quanto l’uomo conserva la sua cittadinanza in ogni caso e, per i discendenti delle donne decedute tra il 1948 e il 1975, il riacquisto della cittadinanza non potrebbe esservi.
Si chiede quindi di ritenere automatico il riacquisto della cittadinanza, così come lo era stata la perdita per effetto della legge incostituzionale.
1.4. Infine il quarto motivo di ricorso chiede la riforma della decisione della Corte territoriale anche per lo jus superveniens di cui al D.lgs. 11 aprile 2006 n. 198, il c.d. “Codice della pari opportunità tra uomo e donna” e a norma dell’articolo 5 della legge 28 novembre 2005, n. 246.
2. Il secondo motivo di ricorso, che censura la sentenza di merito per aver negato l’automaticità del riacquisto della cittadinanza degli ascendenti della ricorrente e l’acquisto dello stato di cittadina per quest’ultima, per effetto delle sentenze della Corte costituzionale 16 aprile 1975 n. 87 e 9 febbraio 1983 n. 30, indipendentemente dalla dichiarazione della ascendente di lei, di cui all’articolo 219 della Legge n. 151 del 1975, è logicamente preliminare all’esame degli altri motivi di ricorso.
La pronuncia del 1975 ha dichiarato illegittimo l’articolo 10, comma 3, della legge 13 giugno 1912 n. 555, per la parte in cui prevedeva la perdita della cittadinanza per la donna senza la volontà di questa, in caso di matrimonio con cittadino straniero; la sentenza n. 30 del 1983 del giudice delle leggi ha rilevato la incostituzionalità degli articoli 1, n.ri 1 e 2, e 2, comma 2, della stessa legge per la parte in cui il primo non prevedeva l’acquisto della cittadinanza per i figli di madre cittadina e l’altro sanciva in ogni caso la prevalenza della cittadinanza del padre nella trasmissione dello stato di cittadino ai figli.
La controversia riguarda una discendente di soggetti che, anteriormente al 1948, hanno subito gli effetti delle norme dichiarate incostituzionali : la nonna della ricorrente, Angelina C., aveva perduto la cittadinanza italiana senza avervi rinunciato, per essersi “maritata” (così la parola usata nella legge n. 555 del 1912) con un’ egiziano e il figlio della coppia, nato nel 1942, aveva dovuto acquisire lo stato di cittadino del padre, come imposto dalla legge discriminatoria della condizione femminile, e non aveva potuto trasmettere la cittadinanza italiana alla figlia che ne chiede il riconoscimento in questa sede.
A differenza dei precedenti che hanno dato luogo al contrasto, nei quali agivano in giudizio soggetti sui quali avevano inciso direttamente le leggi dichiarate incostituzionali, cioè donne che avevano perduto la cittadinanza per il matrimonio con lo straniero o persone che non la avevano acquistata per essere figli di madri nella condizione indicata e di padre straniero, nel caso, la istante è solo discendente di soggetti che hanno subito le conseguenze della disciplina discriminatoria.
Il riconoscimento giudiziale della cittadinanza spetterebbe di diritto alla ricorrènte, per essere state dichiarate incostituzionali le norme sopra citate, dovendo ritenersi riacquisito o non perduto lo stato di cittadini italiani dal padre e dalla nonna, quanto meno a decorrere dal 1^ gennaio 1948, essendo incompatibili con il principio di non discriminazione tra i sessi gli effetti, perduranti nel tempo, della normativa incostituzionale non più applicabile quanto meno dalla data che precede.
2.1. La Corte Costituzionale nel 1975, dichiarando la illegittimità costituzionale dell’art, 10, comma terzo, della legge n. 555 del 1912 “nella parte in cui prevede la perdita della cittadinanza italiana indipendentemente dalla volontà della donna”, ha ritenuto tale disciplina discriminatoria della uguaglianza tra uomo e donna e violativa non solo dell’articolo 3 Cost., ma anche del principio di uguaglianza dei coniugi e dell’unità familiare di cui all’articolo 29 della Cost., potendo indurre la donna, per non perdere il proprio stato di cittadina, “a non compiere l’atto giuridico del matrimonio o a sciogliere questo una volta compiuto” {così testualmente la citata sentenza n. 87 del 1975), prevedendo la stessa norma, sul punto non dichiarata illegittima, il riacquisto della cittadinanza per il successivo scioglimento del vincolo coniugale, la cui permanenza era il presupposto giuridico del perdurare della perdita dello stato di cittadina, anche nel precedente regime.
Ad analoga ratio decidendi si ispira la pronuncia n.30 del 1983, che ritiene discriminante la disciplina della legge n. 555 del 1912 in ordine al mancato acquisto della cittadinanza, perché “tratta in modo diverso i figli legittimi di padre italiano e madre straniera rispetto ai figli legittimi di padre straniero e madre italiana”, come afferma la sentenza indicata, consentendo solo ai primi di acquisire lo stato di cittadino.
Nella stessa linea e con riferimento sempre agli articoli 3, comma primo, e 29, comma secondo, della Cost., si è infine dichiarato illegittimo, con la sentenza della C.Cost. 26 febbraio 1987 n. 81, l’ articolo 18 delle disposizioni preliminari al codice civile che, nel caso di diversa nazionalità dei coniugi e di mancanza di una legge nazionale comune ad entrambi, imponeva l’applicazione della legge nazionale del marito al tempo del matrimonio; la decisione assume rilievo in questa sede, perché la denegata posizione preminente del marito per individuare la legge applicabile ai due coniugi, importa che la trasmissione alla moglie della cittadinanza imposta dalla legge nazionale di lui per effetto del matrimonio al tempo in cui fu contratto possa permanere, senza essere considerata discriminatoria e violativa del diritto alla eguaglianza giuridica e morale dei coniugi.
2,2. Questa Corte, con sentenza 23 febbraio 1978 n. 903, ha negato che la pronuncia d’illegittimità costituzionale di norme anteriori all’entrata in vigore della Costituzione possa avere effetti prima del 1^ gennaio 1948, data di vigenza della carta fondamentale, rilevando che “la perdita della cittadinanza italiana, a causa dell’acquisto della cittadinanza straniera per effetto del matrimonio della donna contratto con cittadino di altro paese, è effetto istantaneo di tale atto, costituente fatto generatore dell’evento, sul quale non può produrre effetti la pronuncia dì illegittimità dell’articolo 10. 3′ comma, della 1. 13 giugno 1912 n. 555, di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 87 del 1975”.
La sentenza enuncia principi già all’epoca consolidati sulla c.d. incostituzionalità sopravvenuta delle norme precostituzionali dichiarate illegittime (cfr. infra n. 2.3.), ma ad essi non aderiscono due successive pronunce di questa Corte.
La Cass. 10 luglio 1996 n. 6297, sul presupposto che la stessa rilevanza della questione di legittimità costituzionale nel sistema dì giudizio incidentale nel quale essa è decisa, comporta la cessazione di efficacia erga omnes delle leggi precostituzionali in quanto applicabili ai rapporti non esauriti, ritiene che causa del mancato acquisto della cittadinanza per l’attore, nato anteriormente al 1^ gennaio 1948 e figlio di padre argentino e di madre che aveva perduto la cittadinanza per il matrimonio, non sia la nascita ma il rapporto di filiazione con uno dei genitori cittadino inciso ingiustamente dalla norma illegittima e riconosce all’istante la cittadinanza.
Nella stessa linea si muove Cass. 18 novembre 1996 n. 10086, relativa a un matrimonio del 1950 di una italiana con uno svizzero, e all’acquisto dello stato di cittadino del figlio; a seguito di queste due pronunce sorge il contrasto tra decisioni delle sezioni semplici, cui viene data una prima risoluzione, da questa Corte a sezioni unite con la sentenza 27 novembre 1998 n. 12061, che aderisce a quanto enunciato nel 1978, con la precisazione che la regola dell’incostituzionalità sopravvenuta impone che la perdita della cittadinanza per effetto del matrimonio della donna con uno straniero prima dell’entrata in vigore della carta costituzionale, evento ormai definitivo, permanga pure dopo l’entrata in vigore della Costituzione, salvo la facoltà per la donna di riacquistare il suo stato con gli strumenti previsti dalla legge ordinaria, cioè con la dichiarazione di cui all’articolo 219 della legge n. 151 del 1975.
In rapporto a una cittadina italiana nata in Libia, che aveva perso la cittadinanza per un matrimonio del 1944 con un tunisino, la Cass. 22 novembre 2000 n. 15062, discostandosi dai principi enunciati nel 1998 ed aderendo alla tesi della c.d. incostituzionalità sopravvenuta, ha affermato che, a decorrere dal 1^ gennaio 1948, il mancato esaurimento del rapporto di perdita della cittadinanza imposta dalla norma illegittima, ne comporta il recupero.
Si è rilevata il permanere degli effetti della perdita e del mancato acquisto dello stato contrastanti con principi e norme costituzionali dopo il 1^ gennaio 1948, riconoscendosi la cittadinanza italiana ai tre figli della donna, non cittadini solo per essere nati dopo che la madre aveva perduto lo stato di cittadina per la norma divenuta illegittima.
A causa del rinato contrasto degli orientamenti di questa Corte sulla perdita e sul mancato acquisto della cittadinanza, derivati tutti dalla previgente disciplina delle norme dichiarate illegittime della legge n. 555 del 1912, questa Corte a sezioni unite, con la sentenza 19 febbraio 2004 n. 3331, ha di nuovo confermato la irretrattabìlità della perdita dello stato di cittadina per la donna che abbia contratto matrimonio con uno straniero prima dell’entrata in vigore della Costituzione, essendo tale effetto sorto da un evento intervenuto in via definitiva e ormai esaurito, prima che il parametro costituzionale di riferimento che lo rendeva illegittimo fosse giuridicamente esistente e potendo comunque la donna riacquisire il suo stato con la dichiarazione, in tal caso avente effetti costitutivi, di cui all’articolo 219 della legge n. 151 del 1975.
2.3, Ad eccezione delle due sentenze del 1996, tutte le altre riaffermano il principio per il quale “la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma di legge è un accertamento con efficacia erga omnes. per cui, in conseguenza di esso, la norma di legge dichiarata costituzionalmente illegittima è espunta dal vigente sistema legislativo ex tunc. dal momento in cui è entrata in vigore, se si tratta di norma successiva alla Costituzione, ovvero dal momento di entrata in vigore di quest’ultima, se sì tratta di norma anteriore ad essa” (tra altre, con le pronunce citate, cfr. Cass. 4 giugno 1969 n. 1959, 4 febbraio 1975 n. 419 e 12 gennaio 1980 n. 260 e, nello stesso senso, C.Cost. 27 aprile 1967 n. 58).
Salvo il caso in cui la stessa sentenza della Corte costituzionale regoli in maniera diversa la propria retroattività, la questione degli effetti retroattivi delle declaratorie d’illegittimità di leggi precostituzionali viene di solito risolta con i principi sopra enunciati della c.d. incostituzionalità sopravvenuta, affermandosi che, solo a decorrere dalla entrata in vigore della Costituzione (1^ gennaio 1948) e non prima di tale data, possa avere rilievo il contrasto con le norme della legge fondamentale del diritto interno, mancando il parametro costituzionale di riferimento, non esistente né vigente.
Pure di incostituzionalità sopravvenuta di norme giuridiche esattamente si parla con riferimento a norme dichiarate incostituzionali per il loro contrasto con precetti nascenti da modifiche alla Costituzione successive alla entrata in vigore delle norme ordinarie dichiarate illegittime: ciò è accaduto con l’articolo 5 bis della legge n. 359 del 1992, in rapporto ali’articolo 117 Cost., sostituito dalla legge 18 ottobre 2001 n. 3, e alle pronunce della C.Cost. 24 ottobre 2007 n. 348 e 349.
In rapporto a tale questione Cass. 14 dicembre 2007 n. 26275 rileva correttamente che il carattere ; incidentale del giudizio di legittimità costituzionale impone che la norma che ne è oggetto regoli il rapporto controverso e che quindi questo sia ancora pendente perché, per la sua regolamentazione, possa in riferimento ad esso cessare l’efficacia della legge di cui s’è dichiarata l’incostituzionalità, dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza del giudice delle leggi (articolo 136 Cost.).
Per effetto dell’accoglimento dalla questione incidentale di illegittimità costituzionale, si rende inapplicabile la norma illegittima ai rapporti e ai casi ai quali essa sarebbe stata applicata, in mancanza della pronuncia del giudice delle leggi, che incide su tali situazioni solo se ed in quanto esse non siano ormai definite, consolidate e concluse, per effetto di altre norme (articolo 30, comma 3, della legge 11 marzo 1953 n. 87).
Si era già autorevolmente affermato in dottrina che i limiti della retroattività delle sentenze dichiarative dell’incostituzionalità del giudice della legge, assoluta ed erga omnes. corrispondono comunque a quelli della rilevanza della questione prospettata al giudice delle leggi, che ne afferma l’ammissibilità solo quando il rapporto cui la norma della cui costituzionalità sì dubita sia ancora giustiziabile, cioè assoggettabile a un giudizio che lo regoli in base alla disciplina in contrasto con la carta fondamentale e suscettibile di modifiche, e non quindi allorché esso sia ormai esaurito e concluso, per effetto di norme diverse che lo abbiano ormai chiuso in via definitiva (Cass. 18 luglio 2006 n. 16450) .
Se l’ esaurimento dì un rapporto si rileva da norme sostanziali o processuali diverse da quelle oggetto del giudizio di costituzionalità, la sua pendenza, necessaria per la rilevanza della questione, non può che desumersi dalla norma della cui costituzionalità si dubita, da rendere inefficace in relazione a situazioni che non debbano ritenersi già definite o ormai consolidate (così, Cass. 14 gennaio 2008 n. 599, la cit. n. 26275/2007, 28 luglio 2005 n, 15809).
Per le leggi precostituzionali, si afferma che i rapporti regolati da una normativa, sorti nella fase in cui questa non poteva valutarsi su parametri di costituzionalità inesistenti, di regola non possono neppure essere incisi dalla sopravvenuta illegittimità della legge, salvo diversa indicazione della sentenza del giudice delle leggi.
Quest’ultima pronuncia non può modificare i rapporti regolati dalla norma illegittima, salvo che questi non siano suscettibili di produrre, nella sfera giuridica di chi ne è titolare, ancora conseguenze per effetto della legge incostituzionale.
Nel caso di specie, la sentenza n. 87 del 1975 e la n. 30 del 1983 della Corte costituzionale chiariscono che, in ordine al matrimonio con lo straniero, la perdita della cittadinanza della moglie veniva meno con lo scioglimento del matrimonio e che il mancato acquisto dello stato derivava non dalla mera nascita da donna privata della cittadinanza, senza la sua volontà, ma dalla “filiazione” da questa, mostrando, con tale lettura delle norme incostituzionali della legge del 1912, che erano il coniugio con lo straniero e la filiazione da questo le cause permanenti della perdita e del mancato acquisto dello stato e non i fatti da cui i rapporti sorgevano, pur non avendo il marito rilievo preminente in essi (C.Cost. n.71/1987) .
3. La cittadinanza è una condizione personale che rende una persona membro del popolo di un certo paese e da essa sorgono diritti e doveri non solo nei confronti dello Stato ma anche nei rapporti del cittadino con la società e le altre persone che ad essa appartengono (articolo 4, l’è 2′ comma, Cost.).
Per la normativa ordinaria, alla cittadinanza ha diritto il figlio di padre o madre cittadini o di genitori ignoti, se nasce sul territorio nazionale (articolo 1 L. 5 febbraio 1992 n. 91), con riferimento ai concetti di jus sanguinis e ìus soli: la Costituzione vieta che lo stato possa perdersi per motivi politici (articolo 22 Cost, ) e la legge ordinaria precisa che ad esso può rinunciare solo chi ne è titolare (articolo il L. n. 92 del 1991).
La struttura normativa dell’istituto evidenzia che ogni persona ha un diritto soggettivo alla condizione personale costituita dallo stato di cittadino e in tal senso sono pure le convenzioni internazionali rilevanti in questa sede ai sensi dell’articolo 117 Cost . (dall’articolo 15 della Dichiarazione universale dei diritti dell ‘ uomo del 1948 al Trattato di Lisbona approvato dal Parlamento europeo il 16 gennaio 2008) .
La legge n. 92 del 1991 sulla cittadinanza riafferma l’esistenza di tale diritto che può essere solo riconosciuto dalle autorità amministrative competenti (Ministero dell’Interno: articoli 7 e 8} , prevedendo eccezionalmente atti concessori di esso da parte del Presidente della Repubblica, con una discrezionalità politica limitata, in rapporto alle cirC. speciali indicate dalla legge, per le quali la cittadinanza viene concessa (articolo 9).
Lo stato di cittadino è permanente ed ha effetti perduranti nel tempo che si manifestano nell’esercizio dei diritti conseguenti; esso, come si è rilevato, può perdersi solo per rinuncia, così come anche nella legislazione previgente (articolo 8 n. 2 L. 555 del 1912) .
Per la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, adottata a New York il 18 dicembre 1979 e ratificata in Italia dalla legge 14 marzo 1985 n. 132, richiamata in ricorso, alle donne spettano “diritti uguali a quelli degli uomini in materia di acquisto, mutamento e conservazione della cittadinanza” .
Nella legge del 1912, come interpretata dalla Corte Costituzionale nelle due richiamate sentenze, il rapporto di coniugio della donna “maritata” con straniero e quello di “filiazione” solo da padre cittadino comportavano rispettivamente la perdita o l’acquisto della cittadinanza, non spettante al figlio di donna che l’aveva perduta per matrimonio.
Nessun riferimento esclusivo alla nascita e al mero jus sanguinis giustificava o giustifica l’acquisto dello stato di cittadino, che sorge dalla filiazione, oggi anche adottiva, essendo dubitabile e superato il collegamento al mero fatto del nascere da un soggetto con una specifica cittadinanza dell’acquisto di questa, con una visione che pericolosamente si accosta al concetto di “razza”, incompatibile con la civiltà prima ancora che con l’articolo 3 della Costituzione.
La cittadinanza, come esattamente si afferma dalla migliore dottrina, assume il suo senso e significato non solo nella disciplina dei rapporti verticali del suo titolare con lo Stato che esercita poteri sovrani nei suoi confronti, ma anche in quelli orizzontali con gli altri appartenenti alla società cui egli partecipa con lui titolari del medesimo stato (articolo 4 Cost.}. Attraverso il rapporto di filiazione che collega una persona alla formazione sociale intermedia costituita dalla famiglia “società naturale” (articoli 2 e 29 della Cost. ), la persona entra in rapporto con 1’intera società e ha diritto al riconoscimento dello stato di cittadino e dei diritti e doveri conseguenti.
Perciò correttamente si afferma che lo stato di cittadino, effetto della condizione di figlio, come questa, costituisce una qualità essenziale della persona, con caratteri d’assolutezza, originarietà, indisponibilità ed imprescrittibilità; che lo rendono giustiziabile in ogni tempo e di regola non definibile come esaurito o chiuso, se non quando risulti denegato o riconosciuto da sentenza passata in giudicato. Tale ricostruzione del concetto di cittadinanza emerge dalle stesse sentenze sulla legge precostituzionale che la regolava della Corte Costituzionale, che ritengono la perdita e il mancato acquisto dello stato imposte dalla normativa illegittima, effetto di un matrimonio, sempre che questo permanga efficace e non sia stato sciolto, e dell’essere figlio di madre che la perdita dello stato abbia subito contro la sua volontà, senza rinunciarvi.
Si afferma nelle sentenze” delle S.U. del 1998 e del 2004, che il fatto causativo della privazione della cittadinanza per la donna sarebbe il solo evento del matrimonio contratto prima dell’entrata in vigore della costituzione, cui l’articolo 10 collegava la perdita della cittadinanza, qualificandosi tale effetto come conseguenza esaurita del matrimonio stesso, senza darsi rilievo alle indicate ragioni delle decisioni dichiarative della illegittimità della normativa, rilevata anche in base al perdurare del vincolo matrimoniale fino al suo scioglimento e alla filiazione della persona anche da madre cittadina. /
La stessa ordinanza interlocutoria della prima sezione civile esattamente afferma che lo stato di cittadino, se perduto, è comunque recuperabile, come accadeva anche nel vigore dell’articolo 10 della 1. n. 555 del 1912 sul punto non illegittimo, con lo scioglimento del vincolo e quindi che la perdita della cittadinanza costituisce un rapporto perdurante nel tempo, su cui incide lo stato di coniuge e non solo il fatto matrimonio e quello di figlio di donna e non di uomo cittadino, che, anche nella presente fattispecie, hanno inciso sulla cittadinanza degli ascendenti della ricorrente, in contrasto con i principi fondamentali e costituzionali di non discriminazione della donna e a causa di una diversità di trattamento fondata sulla distinzione sessuale e violativa del principio di tutela dell’unità familiare e di uguaglianza morale e giuridica dei coniugi.
In assenza di eventi o situazioni, regolate da norme diverse dalla legge n. 555 del 1912, come ad es. una sentenza passata in giudicato che abbia reso definitiva ed esaurita la perdita o il mancato acquisto della cittadinanza, il permanere di tali effetti comporta il perdurare delle conseguenze di una normativa discriminatoria e violativa di diritti fondamentali della donna, pure in assenza di un evento esterno che abbia reso definitivo il rapporto regolato dalle norme incostituzionali. Il carattere assoluto della tutela del diritto fondamentale a non essere discriminati per ragioni di sesso leso dalla normativa del 1912, potrebbe far riconoscere una retroattività oltre la data di entrata in vigore della Costituzione e un’incidenza nel tempo analoga a quella riconosciuta nello spazio da questa Corte (S.U. ord. 29 maggio 2008 n. 14201 e sent. 11 marzo 2004 n. 5044), essendo in gioco diritti inviolabili della donna ad essere trattata non diversamente dall’uomo, che la Carta all’articolo 2 “riconosce” e non attribuisce, anche in riferimento al ruolo dei coniugi nella famiglia (C. Cost. n. 81/87). Il mancato riferimento a tale più estesa retroattività dalle citate sentenze della Corte Costituzionale del 1975 e del 1983, il cui contenuto indica la loro efficacia retroattiva solo per i rapporti non esauriti sui quali le norme incostituzionali ancora incidano, non consente di superare nel caso i principi enunciati dell’incostituzionalità sopravvenuta e il limite della retroattività non oltre il 1^ gennaio 1948 della rilevata illegittimità delle norme precostituzionali.
3.1. I due precedenti del 1998 e del 2004 di questa Corte a sezioni unite collegano il recupero della cittadinanza alla dichiarazione prevista dall’articolo 219 della legge n. 251 del 1975, ritenendo la prima che il riferimento nella sentenza n. 87 del 1975 alla perdita della cittadinanza contro la volontà della donna, naturalmente escluda un riacquisto dello stato senza la volontà della stessa e affermandosi, nella seconda pronuncia, che tale atto avrebbe natura costitutiva almeno con riferimento alla cittadinanza perduta prima dell’entrata in vigore della legge n. 151 del 1975.
La norma, confermata dall’articolo 17 della L. N. 92 del 1991, prevede che “la donna che, per effetto di matrimonio con lo straniero … ha perduto la cittadinanza italiana prima dell’entrata in vigore della presente legge, la riacquista con dichiarazione resa all’autorità competente”, cioè all’ufficiale di stato civile della città dove la dichiarante risiede o intende stabilire la sua residenza o, in caso di residenza all’estero, alle autorità diplomatiche o consolari (cfr. articoli 7 e 23 della L. n. 92 del 1991 e articolo 1 del D.P.R. 18 aprile 1994 n. 362, norme che hanno sostituito l ‘ articolo 36 delle disp.att. del c. c. ) . In rapporto alla facoltà degli aventi diritto al recupero o all’acquisto della cittadinanza .di rinunciare allo stato di cittadino, prevista, nella previgente legge n. 555 del 1912 (articolo 8} e nella attuale normativa (articolo 11 della 1. n. 92 del 1991), l’ articolo 219 della L. n. 151 del 1975 impone la dichiarazione, che, dalla stessa norma si prevede sia “resa” all’autorità amministrativa con effetti ricognitivi del riacquisto della cittadinanza perduta prima dell’entrata in vigore della legge del 1975 e anteriormente al 1948.
L’affermazione della norma che il riacquisto si ha “con” la dichiarazione e non “per effetto” di questa, in nessun caso consente di qualificare tale atto come costitutivo, anche se le autorità amministrative sono tenute a “riconoscere”, con decreto ministeriale, il diritto al recupero della cittadinanza perduta a decorrere dal giorno successivo a quello in cui sono state adempiute tutte le formalità richieste {articolo 15 della legge n. 92 del 1991).
Deve ritenersi che, come previsto per lo stato di apolide, anche per lo stato di cittadino, la ricognizione amministrativa e il decreto del Ministro dell’interno che ad essa consegue (articolo 7 e 8 L. n. 92 del 1991), riguardando un diritto soggettivo, sono atti vincolati che non possono che fondarsi sui documenti prodotti da chi li richiede, in applicazione dei principi d’imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa (articolo97 Cost.).
L’accertamento giudiziale dello stato di cittadino invece non è vincolato ai medesimi limiti dell’azione della P.A. e, nel caso di perdita della cittadinanza per il matrimonio di donna con straniero anteriore al 1975, può avvenire senza tale atto, sempre che non sia provata dal Ministero la rinuncia dell’interessata allo stato stesso intervenuta nelle more (sul doppio binario, amministrativo e giurisdizionale, per il riconoscimento dello stato di apolidia, cfr. S.U. 9 dicembre 2008 n. 28873).
Tale lettura costituzionale dell’articolo 219 della legge n. 151 del 1975, assorbe ogni censura proposta nel primo motivo di ricorso e rende irrilevante la questione di legittimità costituzionale sollevata nel terzo motivo d’impugnazione.
3.2. La situazione a base delle domande oggetto di questo giudizio, cioè il diritto allo stato di cittadina della ricorrente, perché illegittimamente mai acquisito dal padre figlio di donna che lo ha perduto ingiustamente, è conseguenza “automatica” della applicazione di una legge incostituzionale a decorrere dal 1^ gennaio 1948.
Sul piano logico prima che su quello giuridico, ai sensi dell’articolo 136 della Cost. e dell’articolo 30 della L. 11 marzo 1953 n. 87, la cessazione degli effetti della legge illegittima perché discriminatoria, non può non incidere immediatamente e in via “automatica” sulle situazioni pendenti o ancora gìustiziabili, come il diritto alla cittadinanza, potendo in ogni tempo, dalla data in cui la legge è divenuta inapplicabile, essere riconosciuto l’imprescrittibile diritto alla mancata perdita o all’acquisto dello stato di cittadino degli ascendenti della ricorrente e quindi il diritto di questa alla dichiarazione del proprio stato, come figlia, di padre cittadino per la filiazione da donna che, dal 1 ^ gennaio 1948, deve ritenersi cittadina italiana.
Gli effetti prodotti da una legge ingiusta e discriminante nei rapporti di filiazione e coniugio e sullo stato di cittadinanza, che perdurino nel tempo, non possono che venire meno, anche in caso di morte di taluno degli ascendenti, con la cessazione di efficacia di tale legge, che decorre, dal 1^ gennaio 1948, data dalla quale la cittadinanza deve ritenersi automaticamente recuperata per coloro che l’hanno perduta o non l’hanno acquistata a causa di una norma ingiusta, ove non vi sia stata una espressa rinuncia allo stato degli aventi diritto.
Le norme precostituzionali riconosciute illegittime per effetto di sentenze del giudice della legge, sono inapplicabili e non hanno più effetto dal 1^ gennaio 1948 sui rapporti su cui ancora incidono, se permanga, la discriminazione delle persone per il loro sesso o la preminenza del marito nei rapporti familiari, sempre che vi sia una persona sulla quale determinano ancora conseguenze ingiuste, ma giustiziabilì, cioè tutelabili in sede giurisdizionale.
Di certo non può costituire criterio ermeneutico in senso opposto degli effetti delle sentenza d’incostituzionalità delle leggi, la diffidenza della prassi amministrativa verso una eccessiva espansione della retroattività, che potrebbe dar luogo ad una moltiplicazione di richieste di cittadinanza dai discendenti dei cittadini italiani emigrati in altri Stati, quale è l’attrice-ricorrente nella fattispecie (cfr. la circolare del Ministero dell’interno 11 novembre 1992, n. K.60.1, che in tali sensi interpreta la legge n. 91 del 1992, richiamando il parere della 1″ sezione del Consiglio di Stato del 15 gennaio 1983, che nega che le sentenze della Corte costituzionale possano retroagire oltre il 1^ gennaio 1948) . In realtà, anche a non tenere conto della diversità, rispetto ali’epoca della citata circolare ministeriale, dell’attuale condizione della società, in cui esistono forti flussi immigratori, oggi appare palese il favore del nostro legislatore per il recupero della cittadinanza dei discendenti degli emigrati all’estero, cui si tende a riconoscere il diritto di voto (la tendenza normativa emerge ad es. dalla legge 8 marzo 2006 n. 124, dal D.M. 5 aprile 2002 e dall’articolo 18 della legge n. 91 del 1992), dovendosi negare ogni rilievo alla nuova normativa sulle pari opportunità di cui al quarto motivo, assorbito per l’accoglimento della impugnazione.
5, In conclusione, il ricorso della E. è fondato, indipendentemente dalla dichiarazione della sua ascendente Angelina C. di voler riacquistare la cittadinanza, dovendo ritenersi tale effetto prodotto, a decorrere dal 1^ gennaio 1948, dalla sentenza della Corte Cost. n. 87 del 1975, con analoghe conseguenze, dalla stessa data, per il padre della ricorrente, figlio di madre cittadina avente diritto allo stato per effetto della filiazione indicato, in ragione della sentenza del giudice delle leggi n. 30 del 1983 e della fine della preminenza del marito nella vita della famiglia e delle norme che la regolano.
Tale riconoscimento non può negarsi neppure in caso dì morte degli ascendenti della ricorrente, salvo che vi sia stata, da costoro, rinuncia alla cittadinanza sempre consentita dalle leggi succedutesi nel tempo (articolo 8 L. n. 555 del 1912 e 11 L. n. 92 del 1991), rinuncia di cui deve dare la prova in questa sede chi sì oppone alla ricognizione del diritto. E in rapporto all’esercizio della facoltà di rinuncia alla cittadinanza e all’applicazione dei principi di buona amministrazione di cui ali’articolo 97 della Cost., che si è prevista la dichiarazione di cui ali’articolo 219 della L. n. 151 del 1975 per il riacquisto della cittadinanza: trattasi di un documento necessario al fine del riconoscimento in sede amministrativa dello stato di cittadino della donna e dei suoi discendenti, comprovante la mancanza di una rinuncia alla cittadinanza e con effetti non costitutivi. La dichiarazione è necessaria con altre formalità, perche resa all’autorità competente, vincola il Ministero dell’interno alla ricognizione con decreto dello stato già recuperato per legge.
Lo stesso documento non ha invece il medesimo rilievo decisivo per la tutela giurisdizionale dello stato di cittadino, recuperato automaticamente per la inapplicabilità sopravvenuta della legge dichiarata costituzionalmente illegittima, che fa cessare gli effetti di essa perduranti nel tempo, anche in costanza del rapporto di coniugio della donna a base della perdita, che,a decorrere dal 1948 non può aar luogo alla privazione dello stato.
Deve quindi enunciarsi il seguente principio dì diritto “La titolarità della cittadinanza italiana va riconosciuta in sede giudiziaria, indipendentemente dalla dichiarazione resa dall’interessata ai sensi dell’articolo 219 della legge n. 151 del 1975, alla donna che l’ha perduta per essere coniugata con cittadino straniero anteriormente al 1^ gennaio 1948, in quanto la perdita senza la volontà della titolare della cittadinanza è effetto perdurante, dopo la data indicata, della norma incostituzionale, effetto che contrasta con il principio della parità dei sessi e della eguaglianza giuridica e morale dei coniugi (articolo 3 e 29 Cost.). Per lo stesso principio, riacquista la cittadinanza italiana dal 1^ gennaio 1948, anche il figlio dì donna nella situazione descritta, nato prima di tale data e nel vigore della legge n. 255 del 1912, determinando il rapporto di filiazione, dopo l’entrata in vigore della Costituzione, la trasmissione a lui dello stato di cittadino, che gli sarebbe spettato di diritto senza la legge discriminatoria; da quest’ultimo quindi lo stato, per il rapporto dì paternità, deve trasmettersi alla figlia, ricorrente in questa sede e alla quale deve riconoscerai”.
Ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., questa Corte, accolto il ricorso, deve quindi cassare la sentenza impugnata che ha applicato principi diversi e accogliere la domanda della E., non essendo provati dal Ministero fatti ostativi alla ricognizione richiesta e dovendosi ritenere acquisito automaticamente dalla ricorrente, alla data della nascita (settembre 1962), lo stato di cittadina per le ragioni richiamate.
Al riconoscimento devono seguire le formalità di legge da disporsi in via accessoria; le incertezze giurisprudenziali nella materia giustificano la totale compensazione delle spese dell’intero giudizio tra le parti.
P.Q.M,
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito ai sensi dell’articolo 384 c.p.c.. : a) accoglie la domanda di E. Mariam, nata a II Cairo (Egitto) il 4 settembre 1962 e la dichiara cittadina italiana;
b) ordina al Ministero dell’interno e, per esso, all’ufficiale dello stato civile competente, dì procedere alle iscrizioni, trascrizioni e annotazioni di legge, nei registri dello stato civile, della cittadinanza della persona indicata, provvedendo alle eventuali comunicazioni alle autorità consolari competenti; cj compensa le spese dell’intero giudizio tra le parti. Così deciso nella camera di consiglio delle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione il 3 febbraio 2009.
In sintesi la regolamentazione dell’immigrazione
IN SINTESI LA LEGGE SULL’IMMIGRAZIONE – vedere nuova Legge Fini-Bossi
( Legge 6/3/98, n. 40 sull’immigrazione )
L’intento del legislatore circa le modalità di ingresso nel territorio dello Stato e le condizioni per il protrarsi della permanenza degli stranieri, è rivolto a dettare criteri chiari e che tengano conto di una realtà complessa. Si parte (art. 4) dal dato formale del possesso di passaporto valido o documento equipollente e del visto di ingresso.
Questo potrà essere rilasciato allo straniero che dimostri lo scopo e le condizioni del soggiorno, nonché la disponibilità di mezzi di sussistenza per la durata del soggiorno e per il ritorno nel paese di provenienza. L’ingresso in Italia può essere autorizzato da un visto in caso di soggiorni brevi (non più di 90 giorni) o da un permesso di soggiorno per periodi più lunghi. In quest’ultimo caso lo straniero dovrà (art. 5), entro otto giorni dal suo ingresso nel territorio dello Stato, richiedere il permesso di soggiorno al questore della Provincia in cui dimora. La durata non potrà comunque essere superiore a tre mesi per visite, affari e turismo; superiore a sei mesi per lavoro stagionale (portati a nove per particolari settori); superiore a un anno per studio o formazione (rinnovabile annualmente per corsi pluriennali); superiore a due anni per lavoro autonomo, per lavoro subordinato a tempo indeterminato e per ricongiungimenti familiari. Il rinnovo del permesso va chiesto entro 30 giorni dalla scadenza e viene concesso (o negato) entro 20 giorni dalla richiesta. L’articolo 6 concerne le vicende inerenti al soggiorno, in particolare per quanto riguarda la variazione delle ragioni per cui è stato richiesto e rilasciato, gli adempimenti in materia di iscrizioni o variazioni anagrafiche e la violazione dell’obbligo di esibire i documenti identificativi oppure il permesso o la carta di soggiorno alle autorità di pubblica sicurezza (punito con l’arresto fino a sei mesi e l’ammenda fino a lire ottocentomila). Avverso i provvedimenti di cui agli art. 5 e 6 lo straniero può proporre ricorso al T. A. R. competente.
CARTA DI SOGGIORNO
Ma la novità di maggior rilievo rispetto alla precedente normativa riguarda la possibilità per lo straniero di ottenere la carta di soggiorno (art. 7). Questa verrà rilasciata a chi, regolarmente soggiornante da almeno cinque anni nel territorio dello Stato, dimostri di essere in grado di avere un reddito sufficiente per mantenere se e i propri familiari. La carta sarà a tempo indeterminato e potrà essere richiesta anche a favore del coniuge e dei figli minori conviventi. La sua revoca potrà essere disposta dal questore qualora venga emessa sentenza di condanna, anche non definitiva, per i reati non colposi di cui agli art. 380 e 381 del Codice di procedura penale (si tratta di reati per cui è obbligatorio o facoltativo l’arresto in flagranza di reato). Il titolare della carta di soggiorno avrà, tra l’altro, l’esenzione dal visto di ingresso, la possibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa (escluse quelle espressamente riservate al cittadino) e potrà accedere ai servizi e alle prestazioni erogate dalla pubblica amministrazione, quindi anche quelle previdenziali e sanitarie.
ESPULSIONI E RESPINGIMENTI
Per gestire i flussi migratori e controllare le frontiere sono previsti due istituti: l’espulsione e il respingimento. Con quest’ultimo strumento (art. 8) si intende impedire l’ingresso nel territorio dello Stato allo straniero che si presenti alle frontiere senza i requisiti richiesti dalla nuova normativa o che abbia tentato di introdursi Clandestinamente. Per perseguire tale finalità vengono inoltre posti a carico del vettore alcuni obblighi che, in caso di gravità inadempienze, comportano severe sanzioni. Nel caso in cui lo straniero sia stato accettato come passeggero senza documenti legittimanti l’ingresso in Italia, il vettore è obbligato a riprenderlo in carico per ricondurlo nello Stato di provenienza, assicurando in ogni caso la schedatura dei contravventori. Inoltre, (art. 10), vengono inasprite le pene a carico di coloro che organizzano reti criminali per favorire l’immigrazione clandestina; le pene possono raggiungere i 12 anni di reclusione e la multa di trenta milioni per ogni straniero di cui sia stato favorito l’ingresso, che possono diventare quindici anni di reclusione e cinquanta milioni di multa in caso di reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o sfruttamento di minori. Chi approfitta della condizione dello straniero irregolare, favorendone la permanenza in Italia e traendo da ciò vantaggio (sfruttamento del lavoro in nero, affitto di appartamenti a prezzi spropositati) sarà punito con la reclusione fino a quattro anni e con la multa fino a trenta milioni. Disposizioni speciali disciplinano le operazioni di polizia finalizzate al contrasto dell’immigrazione clandestina e dei traffici illeciti.
L’espulsione (art. 11) viene disposta dal ministro dell’Interno o dal prefetto per motivi di ordine pubblico, commissione di reati, irregolarità di ingresso, o per contrastare la permanenza abusiva sul territorio dello Stato. Nel caso di procedimento penale in corso o arresto in flagranza è preceduta dal nulla osta del giudice che procede. L’espulsione è eseguita dal questore, con accompagnamento alla frontiera tramite la forza pubblica, quando lo straniero resta in territorio italiano oltre il limite fissato con l’intimazione o quando per circostanze obbiettive vi sia il concreto pericolo che lo straniero si dia alla clandestinità. Avverso il decreto di espulsione può essere presentato ricorso al pretore entro cinque giorni dalla comunicazione. Il rimedio giurisdizionale previsto non è però sospensivo. Per l’espulsione relativa a motivi di ordine pubblico è ammesso il ricorso al Tar del Lazio. Quando (art. 12) non è possibile eseguire con immediatezza l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di assistenza più vicino. L’espulsione può anche essere disposta dal giudice in esito a una sentenza di condanna per i reati per i quali sia obbligatorio o facoltativo l’arresto in flagranza di reato. L’espulsione può altresì essere disposta come sostitutiva della detenzione, quando la condanna sia inferiore ai due anni di detenzione. In tal caso l’espulsione non può avere durata inferiore ai cinque anni ed è eseguita dal questore anche se la sentenza non è passata in giudicato.
LAVORO
Tra le novità della nuova normativa le regole che disciplinano l’ingresso e il soggiorno per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale, e di lavoro autonomo (art. 19 e ss. ). Le quote di ingresso dovranno essere stabilite annualmente con uno o più decreti che tengano conto dei dati occupazionali. D’intesa con i Paesi di origine verranno predisposte apposite liste a cui potranno iscriversi i lavoratori stranieri che intendono fare ingresso in Italia per motivi di lavoro. Il datore di lavoro che intenda instaurare un rapporto di lavoro con uno straniero potrà attingere da tali liste. La richiesta potrà anche essere nominativa nei casi di conoscenza diretta del lavoratore. Contestualmente alla domanda di autorizzazione il datore di lavoro dovrà esibire idonea documentazione circa la sistemazione logistica del lavoratore. Le condizioni economiche offerte allo straniero non dovranno essere inferiori a quelle stabilite nei contratti collettivi nazionali del settore interessato. L’autorizzazione deve essere utilizzata entro sei mesi dalla data del rilascio e copia del contratto di lavoro stipulato a seguito della stessa dovrà essere prodotta all’ufficio periferico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale competente per territorio. La legge introduce inoltre Ia nuova figura del garante per il cittadino straniero che intenda entrare in Italia per trovare lavoro (art. 21). Un cittadino italiano o straniero regolarmente soggiornante, oppure le regioni, gli enti locali, le associazioni sindacali e professionali, le associazioni del volontariato operanti da almeno tre anni nel settore dell’immigrazione, in presenza dei requisiti fissati con apposito decreto, potranno farsi garanti assicurando allo straniero l’alloggio e la copertura dei costi di mantenimento e assistenza sanitaria per la durata, annuale, del permesso di soggiorno.
Per la peculiarità del lavoro stagionale l’art. 22 stabilisce che la richiesta di manodopera, riferita alle apposite liste o nominativa, può essere presentata anche dalle associazioni di categoria per conto degli associati. L’autorizzazione ha validità minima di venti giorni e massima di sei mesi estensibile a nove per particolari settori anche con riferimento a gruppi di lavori di più breve periodo da svolgere presso imprese diverse. Se il lavoratore stagionale dopo aver portato ad esecuzione il contratto rientra regolarmente nel Paese di provenienza, avrà diritto di precedenza negli avviamenti per la stagione successiva. Potrà inoltre convertire il permesso di soggiorno per lavoro stagionale in permesso per lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato. Il datore di lavoro che occupa alle sue dipendenze, per lavoro stagionale, lavoratori non in regola con il permesso di soggiorno, sarà punito con l’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da due a sei milioni. Lo straniero che intenda esercitare un’attività di lavoro autonomo (art. 24), non occasionale o riservata ai cittadini italiani, deve dimostrare di possedere i requisiti professionali richiesti e di disporre di risorse adeguate all’attività che vuole intraprendere.
FAMIGLIA E SANITÀ
Sono favoriti i ricongiungimenti familiari (art. 27) se lo straniero dimostra la disponibilità di un alloggio e di un reddito che va da 480 a 1. 440 mila lire mensili a seconda del numero di familiari per cui si chiede il ricongiungimento. Lo straniero regolarmente soggiornante o che abbia chiesto il rinnovo del titolo per lavoro, motivi familiare, asilo politico o umanitario, adozione, affidamento, acquisto della cittadinanza è iscritto di diritto al servizio sanitario nazionale (art. 3 2). L’assistenza sanitaria spetta anche ai familiari a carico regolarmente soggiornanti. Chi non è ricompreso in queste categorie deve assicurarsi contro il rischio di malattie, infortunio e maternità, sottoscrivendo una polizza assicurativa in un istituto italiano o straniero valida sul territorio oppure mediante iscrizione al servizio sanitario nazionale. Ai cittadini stranieri irregolari sono però assicurate nei presidi pubblici le cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti o essenziali, anche continuative, per malattie e infortunio. In particolare sono garantite: la tutela sociale della gravidanza e della maternità, la tutela della salute del minore, le vaccinazioni, gli interventi di profilassi internazionale e la cura delle malattie infettive. Anche i minori stranieri saranno soggetti all’obbligo scolastico (art. 36). Inoltre, è prevista (art. 38) la possibilità di accedere, in condizioni di parità con i cittadini italiani, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica.
Legge 6 marzo 1998 n. 40: Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero
Legge 6 marzo 1998 n. 40
Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero
INDICE della Legge n. 40/1998:
TITOLO I – Principi generali
1″>Art. 1 – Ambito di applicazione
2″>Art. 2 – Diritti e doveri dello straniero
3″>Art. 3 – Politiche migratorie
TITOLO II – Disposizioni sull’ingresso, il soggiorno e l’allontanamento dal territorio dello Stato
CAPO I – Disposizioni sull’ingresso e il soggiorno
4″>Art. 4 – Ingresso nel territorio dello Stato
5″>Art. 5 – Permesso di soggiorno
6″>Art. 6 – Facoltà ed obblighi inerenti al soggiorno
7″>Art. 7 – Carta di soggiorno
CAPO II – Controllo delle frontiere, respingimento ed espulsione
8″>Art. 8 – Respingimento
9″>Art. 9 – Potenziamento e coordinamento dei controlli di frontiera
10″>Art. 10 – Disposizioni contro le immigrazioni clandestine
11″>Art. 11 – Espulsione amministrativa
12″>Art. 12 – Esecuzione dell’espulsione
13″>Art. 13 – Espulsione a titolo di misura di sicurezza
14″>Art. 14 – Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della detenzione
15″>Art. 15 – Diritto di difesa
CAPO III – Disposizioni di carattere umanitario
16″>Art. 16 – Soggiorno per motivi di protezione sociale
17″>Art. 17 – Divieti di espulsione e di respingimento
18″>Art. 18 – Misure straordinarie di accoglienza per eventi eccezionali
TITOLO III – Disciplina del lavoro
19″>Art. 19 – Determinazione dei flussi di ingresso
20″>Art. 20 – Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato
21″>Art. 21 – Prestazione di garanzia per l’accesso al lavoro
22″>Art. 22 – Lavoro stagionale
23″>Art. 23 – Previdenza e assistenza per i lavoratori stagionali
24″>Art. 24 – Ingresso e soggiorno per lavoro autonomo
25″>Art. 25 – Ingresso per lavoro in casi particolari
TITOLO IV – Diritto all’unità familiare e tutela dei minori
26″>Art. 26 – Diritto all’unità familiare
27″>Art. 27 – Ricongiungimento familiare
28″>Art. 28 – Permesso di soggiorno per motivi familiari
29″>Art. 29 – Disposizioni a favore dei minori
30″>Art. 30 – Disposizioni concernenti minori affidati al compimento della maggiore età
31″>Art. 31 – Comitato per i minori stranieri
TITOLO V – Disposizioni in materia sanitaria, nonché di istruzione, alloggio, partecipazione alla vita pubblica e integrazione sociale
CAPO I – Disposizioni in materia sanitaria
32″>Art. 32 – Assistenza per gli stranieri iscritti al servizio sanitario nazionale
33″>Art. 33 – Assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al servizio sanitario nazionale
34″>Art. 34 – Ingresso e soggiorno per cure mediche
CAPO II – Disposizioni in materia di istruzione e diritto allo studio e professione
35″>Art. 35 – Attività professionali
36″>Art. 36 – Istruzione degli stranieri – Educazione interculturale
37″>Art. 37 – Accesso ai corsi delle università
CAPO III – Disposizioni in materia di alloggio e assistenza sociale
38″>Art. 38 – Centri di accoglienza – Accesso all’abitazione
39″>Art. 39 – Assistenza sociale
CAPO IV – Disposizioni sull’integrazione sociale sulle discriminazioni e istituzione del fondo per le politiche migratorie
40″>Art. 40 – Misure di integrazione sociale
41″>Art. 41 – Discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi
42″>Art. 42 – Azione civile contro la discriminazione
43″>Art. 43 – Fondo nazionale per le politiche migratorie
44″>Art. 44 – Commissione per le politiche di integrazione
TITOLO VI – Disposizioni concernenti i cittadini degli stati membri dell’Unione Europea
45″>Art. 45 – Delega legislativa per l’attuazione delle norme comunitarie in materia di ingresso, soggiorno e allontanamento dei cittadini degli stati membri dell’unione europea
TITOLO VII – Norme finali
46″>Art. 46 – Abrogazioni
47″>Art. 47 – Testo unico – Disposizioni correttive
48″>Art. 48 – Copertura finanziaria
49″>Art. 49 – Disposizioni finali
NOTE”>NOTE
LEGGE 6 marzo 1998 n. 40. ( indice )
(pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 13 marzo 1998 n.59, S.O.)
DISCIPLINA DELL’IMMIGRAZIONE E NORME SULLA CONDIZIONE DELLO STRANIERO.
( ITER LEGISLATIVO )
TITOLO I – Principi Generali
Art. 1 (corredato di nota)
Ambito di applicazione
Art. 2
Diritti e doveri dello straniero
Art. 3
Politiche migratorie
TITOLO II – Disposizioni sull’ingresso, il soggiorno e l’allontanamento dal territorio dello Stato
CAPO I – Disposizioni sull’ingresso e il soggiorno
Art. 4
Ingresso nel territorio dello Stato
Art. 5
Permesso di soggiorno
Art. 6
Facoltà ed obblighi inerenti al soggiorno
Art. 7 (corredato di nota)
Carta di soggiorno
CAPO II – Controllo delle frontiere, respingimento ed espulsione
Art. 8
Respingimento
Art. 9
Potenziamento e coordinamento dei controlli di frontiera
Art. 10 (corredato di nota)
Disposizioni contro le immigrazioni clandestine
Art. 11 (corredato di nota)
Espulsione amministrativa
Art. 12 (corredato di NOTART12″>nota)
Esecuzione dell’espulsione
Art. 13 (corredato di NOTART1″>nota)
Espulsione a titolo di misura di sicurezza
Art. 14 (corredato di NOTART14″> nota)
Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della detenzione
Art. 15
Diritto di difesa
CAPO III – Disposizioni di carattere umanitario
Art. 16 (corredato di NOTART16″> nota)
Soggiorno per motivi di protezione sociale
Art. 17
Divieti di espulsione e di respingimento
Art. 18
Misure straordinarie di accoglienza per eventi eccezionali
TITOLO III – Disciplina del lavoro
Art. 19
Determinazione dei flussi di ingresso
Art. 20
Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato
Art. 21
Prestazione di garanzia per l’accesso al lavoro
Art. 22
Lavoro stagionale
Art. 23 (corredato di NOTEART23″>nota)
Previdenza e assistenza per i lavoratori stagionali
Art. 24
Ingresso e soggiorno per lavoro autonomo
Art. 25 (corredato di NOTART25″>nota)
Ingresso per lavoro in casi particolari
TITOLO IV – Diritto all’unità familiare e tutela dei minori
Art. 26 (corredato di NOTART26″>nota)
Diritto all’unità familiare
Art. 27
Ricongiungimento familiare
Art. 28 (corredato di NOTART28″>nota)
Permesso di soggiorno per motivi familiari
Art. 29 (corredato di NOTART29″>nota)
Disposizioni a favore dei minori
Art. 30 (corredato di NOTART30″>nota)
Disposizioni concernenti minori affidati al compimento della maggiore età
Art. 31
Comitato per i minori stranieri
TITOLO V – Disposizioni in materia sanitaria, nonché di istruzione, alloggio, partecipazione alla vita pubblica e integrazione sociale
CAPO I – Disposizioni in materia sanitaria
Art. 32 (corredato di nota)
Assistenza per gli stranieri iscritti al servizio sanitario nazionale
Art. 33 (corredato di nota)
Assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al servizio sanitario nazionale
Art. 34 (corredato di nota)
Ingresso e soggiorno per cure mediche
CAPO II – Disposizioni in materia di istruzione e diritto allo studio e professione
Art. 35
Attività professionali
Art. 36 (corredato di NOTART36>nota)
Istruzione degli stranieri – Educazione interculturale
5.le istituzioni scolastiche, nel quadro di una programmazione territoriale degli interventi, anche sulla base di convenzioni con le regioni e gli enti locali, promuovono:
Art. 37 (corredato di nota)
Accesso ai corsi delle università
CAPO III – Disposizioni in materia di alloggio e assistenza sociale
Art. 38
Centri di accoglienza – Accesso all’abitazione
Art. 39
Assistenza sociale
CAPO IV – Disposizioni sull’integrazione sociale sulle discriminazioni e istituzione del fondo per le politiche migratorie
Art. 40 (corredato di nota)
Misure di integrazione sociale
Art. 41 (corredato di nota)
Discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi
Art. 42 (corredato di nota)
Azione civile contro la discriminazione
Art. 43 (corredato di nota)
Fondo nazionale per le politiche migratorie
Art. 44
Commissione per le politiche di integrazione
TITOLO VI – Disposizioni concernenti i cittadini degli stati membri dell’Unione Europea
Art. 45
Delega legislativa per l’attuazione delle norme comunitarie in materia di ingresso, soggiorno e allontanamento dei cittadini degli stati membri dell’unione europea
TITOLO VII – Norme finali
Art. 46 (corredato di NOTART46″>nota)
Abrogazioni
Art. 47 (corredato di nota)
Testo unico – Disposizioni correttive
Art. 48
Copertura finanziaria
Art. 49
Disposizioni finali
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana. É fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare.
NOTE
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato è stato redatto ai sensi dell’art. 10, comma 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sulla emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o delle quali è operato il rinvio. Restano invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Note all’art. 1
– Si riporta il testo dell’art. 10, comma secondo, della Costituzione della Repubblica Italiana: <<La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali>>.
– Si riporta il testo dell’art. 117 della Costituzione della Repubblica italiana: <<Art. 117. – La regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, semprechè le norme stesse non siano in contrasto con l’interesse nazionale e con quello di altre regioni: ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla regione; circoscrizioni comunali; polizia locale urbana e rurale; fiere e mercati;beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera; istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica;musei e biblioteche di enti locali; urbanistica;turismo ed industria alberghiera; tramvie e linee automobilistiche d’interesse regionale;viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale;navigazione e porti lacuali; acque minerali e termali; cave e torbiere; caccia; pesca nelle acque interne;agricoltura e foreste; artigianato;altre materie indicate da leggi costituzionali.
Le leggi della Repubblica possono demandare alla regione il potere di emanare norme per la loro attuazione>>.
– Si riporta il testo dell’art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri): <<1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare:
Note all’art. 7
– Si veda il testo degli articoli
– Si riporta il testo vigente dell’art. 1 della legge 27 dicembre 1956,n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e la pubblica moralità): <<Art. 1. – I provvedimenti previsti dalla presente legge si applicano:
1) coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, chi sono abitualmente dediti a traffici delittuosi;
2) coloro che per condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi del fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose;
3) coloro che per il loro comportamento debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica>>.
– Si riporta il testo vigente dell’art.1 della legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro la mafia): <<Art. 1. – La presente legge si applica agli indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni, comunque localmente denominate, che perseguono finalità o agiscono con metodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso>>.
– Si riporta il testo dell’art. 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55 (Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale): <<Art 14. 1. Salvo che si tratti di procedimenti di prevenzione già pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, da tale data le disposizioni della legge 31 maggio 1965, n. 575, concernenti le indagini e l’applicazione delle misure di prevenzione di carattere patrimoniale, nonché quelle contenute negli articoli da 10 a 10-sexies della medesima legge, si applicano con riferimento ai soggetti indiziati di appartenere alle associazioni indicate nell’articolo 1 della predetta legge o a quelle previste dall’ articolo 75 della legge 22 dicembre 1975, n. 685 , ovvero ai soggetti indicati nei numeri 1 e 2 del primo comma dell’ articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 , quando l’attività delittuosa da cui si ritiene derivino i proventi sia una di quelle previste dagli articoli 629, 630, 644, 648-bis o 648-ter del codice penale ovvero quella di contrabbando.
Note all’art. 10
– Si riporta il testo dell’art. 54 del codice penale:
<<Art. 54 (Stato di necessità). – Non é punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sè od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.
Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo.
La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità è determinato dall’altrui minaccia; ma in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l’ha costretta a commetterlo.
– La legge 24 novembre 1981, n. 689, reca: <<Modifiche al sistema penale>>.
– Si riporta il testo dell’art. 352, commi 3 e 4, del codice di procedura penale: <<3. La perquisizione domiciliare puo’ essere eseguita anche fuori dei limiti temporali dell’articolo 251 quando il ritardo potrebbe pregiudicarne l’esito.
– Si riporta il testo dell’art. 100, commi 2, 3 e 4, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi sistemi di tossico dipendenza): <<2. Se risulta che i beni appartengono a terzi, i proprietari sono convocati dall’autorità giudiziaria procedente per svolgere, anche con l’assistenza di un difensore, le loro deduzioni e per chiedere l’acquisizione di elementi utili ai fini della restituzione. Si applicano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale.
Note all’art. 11
– Per il testo dell’art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, v. note all’art. 7.
– Per il testo dell’art. 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, v. note all’art. 7.
– Si riporta il testo dell’art. 391, comma 5, del codice di procedura penale: <<5. Se ricorrono le condizioni di applicabilità previste dall’articolo 273 e taluna delle esigenze cautelari previste dall’articolo 274, il giudice dispone l’applicazione di una misura coercitiva a norma dell’articolo 291. Quando l’arresto é stato eseguito per uno dei delitti indicati nell’articolo 381 comma 2, l’applicazione della misura é disposta anche al di fuori dei limiti previsti dall’articolo 280>>.
– Si riporta il testo degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile:
<<Art. 737 (Forma della domanda e del provvedimento). – I provvedimenti che debbono essere pronunciati in camera di consiglio si chiedono con ricorso al giudice competente e hanno forma di decreto motivato, salvo che la legge disponga altrimenti>>.
<<Art. 738 (Procedimento). – Il presidente nomina tra i componenti del collegio un relatore, che riferisce in camera di consiglio.
Se deve essere sentito il pubblico ministero, gli atti sono a lui previamente comunicati ed egli stende le sue conclusioni in calce al provvedimento del presidente.
Il giudice può assumere informazioni>>.
<<Art. 739 (Reclami delle parti). – Contro i decreti del giudice tutelare si può proporre reclamo con ricorso al tribunale, che pronuncia in camera di consiglio. Contro i decreti pronunciati dal tribunale in camera di consiglio in primo grado si può proporre reclamo con ricorso alla Corte di appello, che pronuncia anche essa in camera di consiglio.
Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto, se è dato in confronto di una sola parte, o dalla notificazione se è dato in confronto di più parti.
Salvo che la legge disponga altrimenti, non è ammesso reclamo contro i decreti della Corte d’appello e contro quelli del tribunale pronunciati in sede di reclamo>>.
<<Art. 740 (Reclami del pubblico ministero). – Il pubblico ministero, entro dieci giorni dalla comunicazione, può proporre reclamo contro i decreti del giudice tutelare e quelli del tribunale per i quali è necessario il suo parere>>.
<<Art. 741 (Efficacia dei provvedimenti). – I decreti acquistano efficacia quando sono decorso i termini di cui agli articoli precedenti senza che sia stato proposto reclamo.
Se vi sono ragioni d’urgenza, il giudice può tuttavia disporre che il decreto abbia efficacia immediata>>.
<<Art. 742 (Revocabilità dei provvedimenti). – I decreti possono essere in ogni tempo modificati o revocati, ma restano salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in forza di convenzioni anteriori alla modificazione o alla revoca>>.
<<Art. 742-bis (Ambito di applicazione degli articoli precedenti). Le disposizioni del presente capo si applicano a tutti i procedimenti in camera di consiglio, ancorchè non regolati dai capi precedenti o che non riguardino materia di famiglia o di stato delle persone>>.
– Si riporta il testo dell’art. 29 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n.( 271 Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale):
<<Art. 29 (Elenchi e tabelle dei difensori di ufficio) . – 1. Il consiglio dell’ordine forense predispone e aggiorna almeno ogni tre mesi l’elenco alfabetico degli iscritti negli albi idonei e disponibili ad assumere le difese di ufficio.
Nota all’art. 12
– Per il testo degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile v. nelle note all’art. 11.
Nota all’art. 13
– Per il testo degli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale v. nelle note all’art. 7.
Nota all’art. 14
– Si riporta il testo dell’art. 444 del codice di procedura penale:
<<Art. 444 (Applicazione della pena su richiesta). – 1. L’imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l’applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiva , o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera due anni di reclusione o di arresto, soli e congiunti a pena pecuniaria.
– Si riporta il testo dell’art. 163 del codice penale:
<<Art. 163 (Sospensione condizionale della pena). – Nel pronunziare sentenza di condanna alla reclusione o all’arresto per un tempo non superiore a due anni, ovvero a pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva e ragguagliata a norma dell’art. 135, sia equivalente ad una pena privativa della libertà personale per un tempo non superiore, nel complesso, a due anni, il giudice può ordinare che l’esecuzione della pena rimanga sospesa per il termine di cinque anni se la condanna è per delitto e di due anni se la condanna è per contravvenzione.
Se il reato è stato commesso da un minore degli anni diciotto, la sospensione può essere ordinata quando si infligga una pena restrittiva della libertà personale non superiore a tre anni, ovvero una pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva e ragguagliata a norma dell’art. 135, sia equivalente ad una pena privativa della libertà personale per un tempo non superiore, nel complesso, a tre anni.
Se il reato è stato commesso da persona di età superiore agli anni diciotto ma inferiore agli anni ventuno o da chi ha compiuto gli anni settanta, la sospensione può essere ordinata quando si infligga una pena restrittiva della libertà personale non superiore a due anni e sei mesi ovvero una pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva e ragguagliata a norma dell’art. 135, sia equivalente ad una pena privativa della libertà personale per un tempo non superiore, nel complesso, a due anni e sei mesi>>.
Note all’art. 16
– Si riporta il testo dell’art. 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75 (Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui):
<<Art. 3. – Le disposizioni contenute negli articoli 531 a 536 del codice penale sono sostituite dalle seguenti:
“E’ punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da lire 100.000 a lire 4.000.000, salvo in ogni caso l’applicazione dell’art. 240 del codice penale:
1) chiunque, trascorso il termine indicato nell’art. 2, abbia la proprietà o l’esercizio, sotto qualsiasi denominazione, di una casa di prostituzione, o comunque la controlli, o diriga, o amministri, ovvero partecipi alla proprietà, esercizio, direzione o amministrazione di essa;
2) chiunque, avendo la proprietà o l’amministrazione di una casa od altro locale, li conceda in locazione a scopo di esercizio di una casa di prostituzione;
3) chiunque, essendo proprietario, gerente o preposto a un albergo, casa mobiliata, pensione, spaccio di bevande, circolo, locale da ballo, o luogo di spettacolo, o loro annessi e dipendenze, o qualunque locale aperto al pubblico od utilizzato dal pubblico, vi tollera abitualmente la presenza di una o più persone che, all’interno del locale stesso, si danno alla prostituzione;
4) chiunque recluti una persona al fine di farle esercitare la prostituzione, o ne agevoli a tal fine la prostituzione;
5) chiunque induca alla prostituzione una donna di età maggiore, o compia atti di lenocinio, sia personalmente in luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia a mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità;
6) chiunque induca una persona a recarsi nel territorio di un altro stato o comunque in luogo diverso da quello della sua abituale residenza, al fine di esercitarvi la prostituzione, ovvero si intrometta per agevolarne la partenza;
7) chiunque esplichi un’attività in associazioni ed organizzazioni nazionali od estere dedite al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione od allo sfruttamento della prostituzione, ovvero in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo agevoli o favorisca l’azione o gli scopi delle predette associazioni od organizzazioni;
8) chiunque in qualsiasi modo favorisca o sfrutti la prostituzione altrui. In tutti i casi previsti nel numero 3) del presente articolo, alle pene in essi comminate sarà aggiunta la perdita della licenza d’esercizio e potrà anche essere ordinata la chiusura definitiva dell’esercizio.
I delitti previsti dai numeri 4) e 5), se commessi da un cittadino in territorio estero, sono punibili in quanto le convenzioni internazionali lo prevedano”.
– Per il testo dell’art. 380 del codice di procedura penale v. nelle note all’art. 7.
Note all’art. 23
– Si riporta il testo dell’art. 3, comma 13, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare):
<<13. I datori di lavoro che, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, denunciano per la prima volta rapporti di lavoro pregressi o in atto alla anzidetta data con cittadini extracomunitari, possono regolarizzare, nello stesso termine, la loro posizione debitoria nei confronti degli enti previdenziali ed assistenziali, attraverso il versamento dei contributi dovuti maggiorati del 5 per cento annuo. La regolarizzazione estingue i reati previsti da leggi speciali in materia di versamento di contributi e di premi e le obbligazioni per sanzioni amministrative e per ogni altro onere accessorio, connessi con le violazioni delle norme sul collocamento nonché con la denuncia e con il versamento dei contributi o dei premi medesimi, ivi compresi quelli di cui all’articolo 51 del testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con decreto del presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124.
I lavoratori extracomunitari che abbiano cessato l’attività lavorativa in Italia e lascino il territorio nazionale hanno facoltà di richiedere, nei casi in cui la materia non sia regolata da convenzioni internazionali, la liquidazione dei contributi che risultino versati in loro favore presso forme di previdenza obbligatoria maggiorati del 5 per cento annuo. Le questure forniscono all’INPS, tramite collegamenti telematici, le informazioni anagrafiche relative ai lavoratori extracomunitari ai quali é concesso il permesso di soggiorno; l’INPS, sulla base delle informazioni ricevute, costituisce un “Archivio anagrafico dei lavoratori extracomunitari”, da condividere con tutte le altre Amministrazioni pubbliche; lo scambio delle informazioni avverrà sulla base di apposita convenzione da stipularsi tra le Amministrazioni interessate, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge>>.
Note all’art. 25
– Si riporta il testo dell’art. 1655 del codice civile:
<<Art. 1655 (Nozione). – L’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari, e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro>>.
– La legge 23 ottobre 1960, n. 1369, reca: <<Divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell’impiego di mano d’opera negli appalti di opere e di servizi>>.
– La legge 23 marzo 1981, n. 91, reca: <<Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti>>.
Note all’art. 26
– Il D.P.R. 30 dicembre 1965, n. 1656, reca: <<Norme sulla circolazione e il soggiorno dei cittadini degli Stati membri della C.E.E.>>.
– Si riporta il testo dell’art. 3, comma 1, della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991, n. 176:
<<1. In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente>>.
Nota all’art. 28
– Per il testo degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile v. nelle note all’art. 11.
Nota all’art. 29
– Si riporta il testo dell’art. 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori):
<<Art. 4. – L’affidamento familiare é disposto dal servizio locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la potestà, ovvero dal tutore, sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e, se opportuno, anche di età inferiore. Il giudice tutelare del luogo ove si trova il minore rende esecutivo il provvedimento con decreto.
Ove manchi l’assenso dei genitori esercenti la potestà o del tutore, provvede il tribunale per i minorenni. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile .
Nel provvedimento di affidamento familiare debbono essere indicate specificatamente le motivazioni di esso, nonché i tempi e i modi dell’esercizio dei poteri riconosciuti all’affidatario. Deve inoltre essere indicato il periodo di presumibile durata dello affidamento ed il servizio locale cui é attribuita la vigilanza durante l’affidamento con l’obbligo di tenere costantemente informati il giudice tutelare od il tribunale per i minorenni, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi del primo o del secondo comma.
L’affidamento familiare cessa con provvedimento della stessa autorità che lo ha disposto, valutato l’interesse del minore, quando sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia di origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore.
Il giudice tutelare, trascorso il periodo di durata previsto ovvero intervenute le circostanze di cui al comma precedente, richiede, se necessario, al competente tribunale per i minorenni l’adozione di ulteriori provvedimenti nell’interesse del minore.
Il tribunale, sulla richiesta del giudice tutelare o d’ufficio nell’ipotesi di cui al secondo comma, provvede ai sensi dello stesso comma>>.
Nota all’art. 30
– Si riporta il testo dell’art. 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (per l’argomento v. nelle note all’art. 29):
<<Art. 2. – Il minore che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo puo’ essere affidato ad un’altra famiglia, possibilmente con figli minori, o ad una persona singola, o ad una comunità di tipo familiare, al fine di assicurargli il mantenimento, l’educazione e l’istruzione.
Ove non sia possibile un conveniente affidamento familiare, é consentito il ricovero del minore in un istituto di assistenza pubblico o privato, da realizzarsi di preferenza nell’ambito della regione di residenza del minore stesso>>.
Nota all’art. 32
– Il titolo della legge 18 maggio 1973, n. 304 (in Gazzetta Ufficiale 18 giugno 1973, n. 155) è il seguente: <<Ratifica ed esecuzione dell’accordo europeo sul collocamento alla pari, con allegati e protocollo, adottato a Strasburgo il 24 novembre 1969>>.
Note all’art. 33
– Si riporta il testo vigente dell’art. 8, commi 5 e 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria a norma dell’art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421):
<<5. L’unità sanitaria locale assicura ai cittadini la erogazione delle prestazioni specialistiche, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio ed ospedaliere contemplate dai livelli di assistenza secondo gli indirizzi della programmazione e le disposizioni regionali. Allo scopo si avvale dei propri presidi, nonché delle aziende e degli istituti ed enti di cui all’art. 4, delle istituzioni sanitarie pubbliche, ivi compresi gli ospedali militari, o private, sulla base di criteri di integrazione con il servizio pubblico, e dei professionisti. Con tali soggetti l’unità sanitaria locale intrattiene appositi rapporti fondati sulla corresponsione di un corrispettivo predeterminato a fronte della prestazione resa, con l’eccezione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta.
Ferma restando la facoltà di libera scelta delle suddette strutture o dei professionisti eroganti da parte dell’assistito, l’erogazione delle prestazioni di cui al presente comma é subordinata all’apposita prescrizione, proposta o richiesta compilata sul modulario del servizio sanitario nazionale dal medico di fiducia dell’interessato. Nell’attuazione delle previsioni di cui al presente comma sono tenute presenti le specificità degli organismi di volontariato e di privato sociale non a scopo di lucro>>.
<<7. Fermo restando quanto previsto dall’art. 4, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (m), da attuare secondo programmi coerenti con i principi di cui al comma 5, entro il 30 giugno 1994 le regioni e le unità sanitarie locali per quanto di propria competenza adottano i provvedimenti necessari per la instaurazione dei nuovi rapporti previsti dal presente decreto fondati sul criterio dell’accreditamento delle istituzioni, sulla modalità di pagamento a prestazione e sull’adozione del sistema di verifica e revisione della qualità delle attività svolte e delle prestazioni erogate. I rapporti vigenti secondo la disciplina di cui agli accordi convenzionali in atto, ivi compresi quelli operanti in regime di proroga, cessano comunque entro un triennio dalla data di entrata in vigore del presente decreto>>.
– La legge 29 luglio 1975, n. 405, reca: <<Istituzione dei consultori familiari>>.
– La legge 22 maggio 1978, n. 194, reca: <<Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza>>.
– Il decreto del Ministro della sanità 6 marzo 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87, del 13 aprile 1995, reca: <<Aggiornamento del decreto ministeriale 14 aprile 1984 recante protocolli di accesso agli esami di laboratorio e di diagnostica strumentale per le donne in stato di gravidanza ed a tutela della maternità responsabile>>.
– Per quanto concerne la legge 27 maggio 1991, n. 176, v. nelle note all’art. 26.
Nota all’art. 34
– Per completezza si riporta il testo vigente dell’art. 12, comma 2, nonchè la lettera c), dello stesso comma, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (per l’argomento v. nelle note all’art. 33):
<<2. Una quota pari all’1% del Fondo sanitario nazionale complessivo di cui al comma precedente, prelevata dalla quota iscritta nel bilancio del Ministero del tesoro e del Ministero del bilancio per le parti di rispettiva competenza, è trasferita nei capitoli da istituire nello stato di previsione del Ministero della sanità ed utilizzata per il finanziamento di:
a)-b) (Omissis);
Nota all’art. 36
– Per il testo dell’art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, v. nelle note all’art. 1.
Nota all’art. 37
– Si riporta il testo dell’art. 1 della legge 19 novembre 1990, n. 341 (Riforma degli ordinamenti didattici universitari):
<<Art. 1 (Titoli universitari). 1. Le università rilasciano i seguenti titoli:
Nota all’art. 40
– Il D.P.R. 18 aprile 1994, n. 389, reca: <<Regolamento recante semplificazione dei procedimenti di autorizzazione al funzionamento di scuole e di istituzioni culturali straniere in Italia>>.
Nota all’art. 41
– Si riporta il testo vigente dell’art. 15 della legge 10 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento):
<<Art. 15 (Atti discriminatori). – E’ nullo qualsiasi patto od atto diretto a:
Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresì ai patti o atti diretti a fini di discriminazione politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso>>.
Note all’art. 42
– Per il testo degli articoli 737, 738 e 739 del codice di procedura civile v. nelle note all’art. 11.
– Si riporta il testo dell’art. 388, comma primo, del codice penale:
<<Chiunque, per sottrarsi all’adempimento degli obblighi civili nascenti da una sentenza di condanna, o dei quali è incorso l’accertamento dinanzi l’Autorità giudiziaria, compie, sui propri o sugli altri beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti, è punito, qualora non ottemperi alla ingiunzione di eseguire la sentenza, con la reclusione fino a tre anni o con la multa da lire duecentomila a due milioni>>.
– Si riporta il testo dell’art. 2729, comma primo, del codice civile:
<<Le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice, il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti>>.
Note all’art. 43
– Per completezza si riporta il testo vigente dell’art. 11, comma 3, nonché la lettera d), dello stesso comma, della legge 5 agosto 1978, n. 468 (Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio):
<<3. La legge finanziaria non può introdurre nuove imposte, tasse e contributi, né può disporre nuove o maggiori spese, oltre a quanto previsto dal presente articolo. Essa contiene:
– L’art. 13 della legge 30 dicembre 1986, n. 943 (Norme in materia di collocamento e di trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e contro le immigrazioni clandestine), prevede, al comma 1, l’istituzione, presso l’INPS, di un fondo con lo scopo di assicurare i necessari mezzi economici per il rimpatrio del lavoratore extracomunitario che ne sia privo. Si riporta il comma 2 dello stesso articolo:
<<2. Il fondo, per le cui entrare ed uscite è tenuta una contabilità separata nella gestione dell’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione, è alimentato con un contributo, a carico del lavoratore extracomunitario, pari allo 0,50 per cento della retribuzione di cui all’art. 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153. Per tale contributo, al cui versamento è tenuto il datore di lavoro, si osservano le disposizioni vigenti per l’accertamento e la riscossione dei contributi dovuti al Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti.
Nota all’art. 46
– L’art. 20 della legge 2 dicembre 1991, n. 390 (Norme sul diritto agli studi universitari), prevede, al comma 1, che gli studenti di nazionalità straniera fruiscano dei servizi e delle provvidenze previste sia dalla succitata legge che da leggi regionali nei modi e nelle forme stabilite per i cittadini italiani. Si riporta il comma 2 dello stesso articolo, come modificato dalla presente legge:
<<2. Gli studenti di cui al comma 1 fruiscono dei servizi e delle provvidenze per concorso; essi fruiscono dell’assistenza sanitaria con le modalità di cui all’art. 6, primo comma, lettera a), della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive modificazioni e integrazioni, ed all’art. 5 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni , dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33>>.
Note all’art. 47
– Il regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, reca: <<Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza>>.
– Per l’argomento della legge 30 dicembre 1986, n. 943, v. nelle note all’art. 43.
– Per il testo dell’art. 3, comma 13, della legge 8 agosto 1995, n. 335, v. nelle note all’art. 23.