Ddl Camera 2454 – Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo
Capo I
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE
Articolo 1.
(Cooperazione con Stati stranieri)
1. Al fine di favorire le elargizioni in favore di iniziative di sviluppo umanitario, di qualunque natura, al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 13-bis, comma 1, lettera i-bis), dopo le parole: “organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS),” sono inserite le seguenti: “delle iniziative umanitarie, religiose o laiche, gestite da fondazioni, associazioni, comitati ed enti individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, nei Paesi non appartenenti all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE)”;
b) all’articolo 65, comma 2, lettera c-sexies), dopo le parole: “a favore delle ONLUS” sono aggiunte, in fine, le seguenti: “, nonché le iniziative umanitarie, religiose o laiche, gestite da fondazioni, associazioni, comitati ed enti individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 13-bis, comma 1, lettera i-bis), nei Paesi non appartenenti all’OCSE;”.
2. Nella elaborazione e nella eventuale revisione dei programmi bilaterali di cooperazione e di aiuto per interventi non a scopo umanitario nei confronti dei Paesi non appartenenti all’Unione europea, con esclusione delle iniziative a carattere umanitario, il Governo tiene conto anche della esclusione delle iniziative a carattere umanitario, il Governo tiene conto anche della collaborazione prestata dai Paesi interessati alla prevenzione dei flussi migratori illegali e al contrasto delle organizzazioni criminali operanti nell’immigrazione clandestina, nel traffico di esseri umani, nello sfruttamento della prostituzione, nel traffico di stupefacenti, di armamenti, nonché in materia di cooperazione giudiziaria e penitenziaria e nella applicazione della normativa internazionale in materia di sicurezza della navigazione.
3. Si può procedere alla revisione dei programmi di cooperazione e di aiuto di cui al comma 2 qualora i Governi degli Stati interessati non adottino misure di prevenzione e vigilanza atte a prevenire il rientro illegale sul territorio italiano di cittadini espulsi.
Articolo 2.
(Comitato per il coordinamento e il monitoraggio)
1. Al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, di seguito denominato “testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998”, dopo l’articolo 2, è inserito il seguente:
“Articolo 2-bis. – (Comitato per il coordinamento e il monitoraggio). – 1. È istituito il Comitato per il coordinamento e il monitoraggio delle disposizioni del presente testo unico, di seguito denominato “Comitato”.
2. Il Comitato è presieduto dal Presidente o dal Vice Presidente del Consiglio dei ministri o da un Ministro delegato dal Presidente del Consiglio dei ministri, ed è composto dai Ministri interessati ai temi trattati in ciascuna riunione in numero non inferiore a quattro e da un presidente di regione o di provincia autonoma designato dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome.
3. Per l’istruttoria delle questioni di competenza del Comitato, è istituito un gruppo tecnico di lavoro presso il Ministero dell’interno, composto dai rappresentanti dei Dipartimenti per gli affari regionali, per le pari opportunità, per il coordinamento delle politiche comunitarie, per l’innovazione e le tecnologie, e dei Ministeri degli affari esteri, dell’interno, della giustizia, delle attività produttive, dell’istruzione, dell’università e della ricerca, del lavoro e delle politiche sociali, della difesa, dell’economia e delle finanze, della salute, delle politiche agricole e forestali, per i beni e le attività culturali, delle comunicazioni, oltre che da un rap presentante del Ministro per gli italiani nel mondo e da tre esperti designati dalla Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281. Alle riunioni, in relazione alle materie oggetto di esame, possono essere invitati anche rappresentanti di ogni altra pubblica amministrazione interessata all’attuazione delle disposizioni del presente decreto.
4. Con regolamento, da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro degli affari esteri, con il Ministro dell’interno e con il Ministro per le politiche comunitarie, sono definite le modalità di coordinamento delle attività del gruppo tecnico con le strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri”.
Articolo 3.
(Politiche migratorie)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, all’articolo 3, al comma 1, dopo le parole: “ogni tre anni” sono inserite le seguenti: “salva la necessità di un termine più breve”.
2. Al testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, all’articolo 3, il comma 4 è sostituito dal seguente:
“4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il Comitato di cui all’articolo 2-bis, comma 2, la Confe renza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e le competenti Commissioni parlamentari, sono annualmente definite, entro il termine del 30 novembre dell’anno precedente a quello di riferimento del decreto, sulla base dei criteri generali individuati nel documento programmatico, le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo, tenuto conto dei ricongiungimenti familiari e delle misure di protezione temporanea eventualmente disposte ai sensi dell’articolo 20. Qualora se ne ravvisi l’opportunità, ulteriori decreti possono essere emanati durante l’anno. I visti di ingresso ed i permessi di soggiorno per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo, sono rilasciati entro il limite delle quote predette. In caso di mancata pubblicazione del decreto di programmazione annuale, il Presidente del Consiglio dei ministri può provvedere in via transitoria, con proprio decreto, nel limite delle quote stabilite per l’anno precedente”.
Articolo 4
(Ingresso nel territorio dello Stato)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, all’articolo 4, il comma 2 è sostituito dal seguente:
“2. Il visto di ingresso è rilasciato dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane nello Stato di origine o di stabile residenza dello straniero. Per soggiorni non superiori a tre mesi sono equiparati ai visti rilasciati dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane quelli emessi, sulla base di specifici accordi, dalle autorità diplomatiche o consolari di altri Stati. Contestualmente al rilascio del visto di ingresso l’autorità diplomatica o consolare italiana consegna allo straniero una comunicazione scritta in lingua a lui comprensibile o, in mancanza, in inglese, frane i doveri dello straniero relativi all’ingresso ed al soggiorno in Italia. Qualora non sussistano i requisiti previsti dalla normativa in vigore per procedere al rilascio del visto, l’autorità diplomatica o consolare comunica il diniego allo straniero in lingua a lui comprensibile, o, in mancanza, in inglese, francese, spagnolo o arabo. In deroga a quanto stabilito dalla legge 7 agosto 1990, n.241, e successive modificazioni, per motivi di sicurezza o di ordine pubblico il diniego non deve essere motivato, salvo quando riguarda le domande di visto presentate ai sensi degli articoli 22, 24, 26, 27, 28, 29, 36 e 39. La presentazione di documentazione falsa o contraffatta o di false attestazioni a sostegno della domanda di visto non comporta la inammissibilità della domanda qualora il richiedente risulti estraneo ai fatti. Per lo straniero in possesso di permesso di soggiorno è sufficiente, ai fini del reingresso nel territorio dello Stato, una preventiva comunicazione all’autorità di frontiera”.
2 Al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, all’articolo 4, comma 3, l’ultimo periodo è sostituito dal seguente: “Non è ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti o che sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello stato o di uno dei paesi con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressone dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone o che risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall’articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite”.
Articolo 5.
(Permesso di soggiorno)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, all’articolo 5 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo le parole: “permesso di soggiorno rilasciati”, sono inserite le seguenti: “, e in corso di validità,”;
a-bis) dopo il comma 2, è inserito il seguente:
“2-bis. Lo straniero che richiede il permesso di soggiorno è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici”.
b) al comma 3, alinea, dopo le parole: “La durata del permesso di soggiorno” sono inserite le seguenti: “non rilasciato per motivi di lavoro”;
c) al comma 3, le lettere b) e d) sono abrogate;
d) dopo il comma 3, sono inseriti i seguenti:
“3-bis. Il permesso di soggiorno per motivi di lavoro è rilasciato a seguito della stipula del contratto di soggiorno per lavoro di cui all’articolo 5-bis. La durata del relativo permesso di soggiorno per lavoro è quella prevista dal contratto di soggiorno e comunque non può superare:
a) in relazione ad uno o più contratti di lavoro stagionale, la durata complessiva di nove mesi;
b) in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, la durata di un anno;
c) in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, la durata di due anni.
3-ter. Allo straniero che dimostri di essere venuto in Italia almeno due anni di seguito per prestare lavoro stagionale può essere rilasciato, qualora si tratti di impieghi ripetitivi, un permesso pluriennale, a tale titolo, fino a tre annualità, per la durata temporale annuale di cui ha usufruito nell’ultimo dei due anni precedenti con un solo provvedimento. Il relativo visto di ingresso è rilasciato ogni anno. Il permesso è revocato immediatamente nel caso in cui lo straniero violi le disposizioni del presente testo unico.
3-quater. Possono inoltre soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri muniti di permesso di soggiorno per lavoro autonomo rilasciato sulla base della certificazione della competente rappresentanza diplomatica o consolare italiana della sussistenza dei requisiti previsti dall’articolo 26 del presente decreto. Il permesso di soggiorno non può avere validità superiore ad un periodo di due anni.
3-quinquies. La rappresentanza diplomatica o consolare italiana che rilascia il visto di ingresso per motivi di lavoro, ai sensi dei commi 2 e 3 dell’articolo 4, ovvero il visto di ingresso per lavoro autonomo, ai sensi del comma 5 dell’articolo 26, ne dà comunicazione anche in via telematica al Ministero dell’interno e all’INPS per l’inserimento nell’archivio previsto dal comma 9 dell’articolo 22 entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione. Uguale comunicazione è data al Ministero dell’interno per i visti di ingresso per ricongiungimento familiare di cui all’articolo 29 entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione.
3-sexies. Nei casi di ricongiungimento familiare, ai sensi dell’articolo 29, la durata del permesso di soggiorno non può essere superiore a due anni”;
e) il comma 4 è sostituito dal seguente:
“4. Il rinnovo del permesso di soggiorno è richiesto dallo straniero al questore della provincia in cui dimora, almeno novanta giorni prima della scadenza nei casi di cui al comma 3-bis, lettera c), sessanta giorni prima nei casi di cui alla lettera b) del medesimo comma 3-bis, e trenta giorni nei restanti casi, ed è sottoposto alla verifica delle condizioni previste per il rilascio e delle diverse condizioni previste dal presente decreto. Fatti salvi i diversi termini previsti dal presente decreto e dal regolamento di attuazione, il permesso di soggiorno è rinnovato per una durata non superiore a quella stabilita con rilascio iniziale”;
e-bis) dopo il comma 4, è inserito il seguente:
“4-bis. Lo straniero che richiede il rinnovo del permesso di soggiorno è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici”.
f) il comma 8 è sostituito dal seguente:
“8. Il permesso di soggiorno e la carta di soggiorno di cui all’articolo 9 sono rilasciati mediante utilizzo di mezzi a tecnologia avanzata con caratteristiche anticontraffazione conformi ai tipi da approvare con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie in attuazione dell’Azione comune adottata dal Consiglio dell’Unione europea il 16 dicembre 1996, riguardante l’adozione di un modello uniforme per i permessi di soggiorno”;
g) dopo il comma 8, è inserito il seguente:
“8-bis. Chiunque contraffà o altera un visto di ingresso o reingresso, un permesso di soggiorno, un contratto di soggiorno o una carta di soggiorno, ovvero contraffà o altera documenti al fine di determinare il rilascio di un visto di ingresso o di reingresso, di un permesso di soggiorno, di un contratto di soggiorno o di una carta di soggiorno, è punito con la reclusione da uno a sei anni. Se la falsità concerne un atto o parte di un atto che faccia fede fino a querela di falso la reclusione è da tre a dieci anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale”.
Articolo 6.
(Contratto di soggiorno per lavoro subordinato)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, dopo l’articolo 5 è inserito il seguente:
“Articolo 5-bis. – (Contratto di soggiorno per lavoro subordinato) – 1. Il contratto di soggiorno per lavoro subordinato stipulato fra un datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia e un prestatore di lavoro, cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea o apolide, contiene:
a) la garanzia da parte del datore di lavoro della disponibilità di un alloggio per il lavoratore che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica;
b) l’impegno al pagamento da parte del datore di lavoro delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel Paese di provenienza.
2. Non costituisce titolo valido per il rilascio del permesso di soggiorno il contratto che non contenga le dichiarazioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1.
3. Il contratto di soggiorno per lavoro è sottoscritto in base a quanto previsto dall’articolo 22 presso lo sportello unico per l’immigrazione della provincia nella quale risiede o ha sede legale il datore di lavoro o dove avrà luogo la prestazione lavorativa secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione”.
Articolo 7.
(Facoltà inerenti il soggiorno)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, all’articolo 6, comma 1, dopo le parole: “prima della sua scadenza,” sono inserite le seguenti: “e previa stipula del contratto di soggiorno per lavoro ovvero previo rilascio della certificazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti dall’articolo 26,”.
2. All’articolo 6, comma 4, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, le parole: “può essere sottoposto a rilievi segnaletici” sono sostituite dalle seguenti: “è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici e segnaletici”.
Articolo 8.
(Sanzioni per l’inosservanza degli obblighi di comunicazione dell’ospitante e del datore di lavoro)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, all’articolo 7, dopo il comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente:
“2-bis. Le violazioni delle disposizioni di cui al presente articolo sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 160 a 1.100 euro”.
Articolo 9.
(Carta di soggiorno)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, all’articolo 9, comma 1, le parole: “cinque anni” sono sostituite dalle seguenti: “sei anni”.
Articolo 10.
(Coordinamento dei controlli di frontiera)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, all’articolo 11, dopo il comma 1 è inserito il seguente:
“1-bis. Il Ministro dell’interno, sentito, ove necessario, il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, emana le misure necessarie per il coordinamento unificato dei controlli sulla frontiera marittima e terrestre italiana. Il Ministro dell’interno promuove altresì apposite misure di coordinamento tra le autorità italiane competenti in materia di controlli sull’immigrazione e le autorità europee competenti in materia di controlli sull’immigrazione ai sensi dell’Accordo di Schengen, ratificato ai sensi della legge 30 settembre 1993, n. 388”.
Articolo 11.
(Disposizioni contro le immigrazioni clandestine)
1. All’articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
“1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque in violazione delle disposizioni del presente decreto compie atti diretti a procurare l’ingresso nel territorio dello Stato di uno straniero ovvero atti diretti a procurare l’ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 15.000 euro per ogni persona”;
b) il comma 3 è sostituito dal seguente:
“3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre profitto anche indiretto, compie atti diretti a procurare l’ingresso di taluno nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del presente decreto, ovvero a procurare l’ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona. La stessa pena si applica quando il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti”;
c) dopo il comma 3, sono inseriti i seguenti:
“3-bis. Le pene di cui al comma 3 sono aumentate se:
a) il fatto riguarda l’ingresso o la permanenza illegale.
nel territorio dello Stato di cinque o più persone;
b) per procurare l’ingresso o la permanenza illegale la persona è stata esposta a pericolo per la sua vita o la sua incolumità;
c) per procurare l’ingresso o la permanenza illegale la persona è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante.
3-ter. Se i fatti di cui al comma 3 sono compiuti al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale ovvero riguardano l’ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento, si applica la pena della reclusione da cinque a quindici anni e la multa di 25.000 euro per ogni persona.
3-quater. Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall’articolo 98 del codice penale, concorrenti con le aggravanti di cui ai commi 3-bis e 3-ter, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti.
3-quater bis.1. Per i delitti previsti dai commi precedenti le pene sono diminuite sino alla metà nei confronti dell’imputato che si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti, per l’individuazione o la cattura di uno o più autori di reati e per la sottrazione di risorse rilevanti alla consumazione dei delitti.
3-quinquies. All’articolo 4-bis, comma 1, terzo periodo, della legge 26 luglio 1975, n.354, e successive modificazioni, dopo le parole: “609-octies del codice penale” sono inserite le seguenti: “nonché dall’articolo 12, commi 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286,”;
d) dopo il comma 9, sono aggiunti i seguenti:
“9-bis. La nave italiana in servizio di polizia, che incontri nel mare territoriale o nella zona contigua, una nave, di cui si ha fondato motivo di ritenere che sia adibita o coinvolta nel trasporto illecito di migranti, può fermarla, sottoporla ad ispezione e, se vengono rinvenuti elementi che confermino il coinvolgimento della nave in un traffico di migranti, sequestrarla conducendo la stessa in un porto dello Stato.
9-ter. Le navi della Marina militare, ferme restando le competenze istituzionali in materia di difesa nazionale, possono essere utilizzate per concorrere alle attività di cui al comma 9-bis.
9-quater. I poteri di cui al comma 9-bis possono essere esercitati al di fuori delle acque territoriali, oltre che da parte delle navi della Marina militare, anche da parte delle navi in servizio di polizia, nei limiti consentiti dalla legge, dal diritto internazionale o da accordi bilaterali o multilaterali, se la nave batte la bandiera nazionale o anche quella di altro Stato, ovvero si tratti di una nave senza bandiera o con bandiera di convenienza.
9-quinquies. Le modalità di intervento delle navi della Marina militare nonché quelle di raccordo con le attività svolte dalle altre unità navali in servizio di polizia sono definite con decreto interministeriale dei Ministri dell’interno, della difesa, dell’economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti.
9-sexies. Le disposizioni di cui ai commi 9-bis e 9-quater si applicano, in quanto compatibili, anche per i controlli concernenti il traffico aereo”.
Articolo 12.
(Espulsione amministrativa)
1. All’articolo 13 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 3 è sostituito dal seguente:
“3. L’espulsione è disposta in ogni caso con decreto motivato immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell’interessato. Quando lo straniero è sottoposto a procedimento penale e non si trova in stato di custodia cautelare in carcere, il questore, prima di eseguire l’espulsione, richiede il nulla osta all’autorità giudiziaria, che può negarlo solo in presenza di inderogabili esigenze processuali valutate in relazione all’accertamento della responsabilità di eventuali concorrenti nel reato o imputati in procedimenti per reati connessi, e all’interesse della persona offesa. In tal caso l’esecuzione del provvedimento è sospesa fino a quando l’autorità giudiziaria comunica la cessazione delle esigenze processuali. Il questore, ottenuto il nulla osta, provvede all’espulsione con le modalità di cui al comma 4. Il nulla osta si intende concesso qualora l’autorità giudiziaria non provveda entro quindici giorni dalla data di ricevimento della richiesta da parte dell’autorità giudiziaria competente. In attesa della decisione sulla richiesta di nulla osta, il questore può adottare la misura del trattenimento presso un centro di permanenza temporanea, ai sensi dell’articolo 14”;
b) dopo il comma 3, sono inseriti i seguenti:
“3-bis. Nel caso di arresto in flagranza o di fermo, il giudice rilascia il nulla osta all’atto della convalida, salvo che applichi la misura della custodia cautelare in carcere ai sensi dell’articolo 391, comma 5, del codice di procedura penale, o che ricorra una delle ragioni per le quali il nulla osta può essere negato ai sensi del comma 3.
3-ter. Le disposizioni di cui al comma 3 si applicano anche allo straniero sottoposto a procedimento penale, dopo che sia stata revocata o dichiarata estinta per qualsiasi ragione la misura della custodia cautelare in carcere applicata nei suoi confronti. Il giudice, con lo stesso provvedimento con il quale revoca o dichiara l’estinzione della misura, decide sul rilascio del nulla osta all’esecuzione dell’espulsione. Il provvedimento è immediatamente comunicato al questore.
3-quater. Nei casi previsti dai commi 3, 3-bis e 3-ter, il giudice, acquisita la prova dell’avvenuta espulsione, se non è ancora stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio, pronuncia sentenza di non luogo a procedere. È sempre disposta la confisca delle cose indicate nel secondo comma dell’articolo 240 del codice penale. Si applicano le disposizioni di cui ai commi 13, 13-bis, 13-ter e 14.
3-quinquies. Se lo straniero espulso rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima del termine previsto dal comma 14 ovvero, se di durata superiore, prima del termine di prescrizione del reato più grave per il quale si era proceduto nei suoi confronti, si applica l’arti-colo 345 del codice di procedura penale. Se lo straniero era stato scarcerato per decorrenza dei termini di durata massima della custodia cautelare, quest’ultima è ripristinata a norma dell’articolo 307 del codice di procedura penale.
3-sexies. Il nulla osta all’espulsione non può essere concesso qualora si proceda per uno o più delitti previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nonché dall’articolo 12 del presente decreto”;
c) il comma 4 è sostituito dal seguente:
“4. L’espulsione è sempre eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica ad eccezione dei casi di cui al comma 5”;
d) il comma 5 è sostituito dal seguente:
“5. Nei confronti dello straniero che si è trattenuto nel territorio dello Stato quando il permesso di soggiorno è scaduto di validità da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo, l’espulsione contiene l’intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni. Il questore dispone l’accompagnamento immediato alla frontiera dello straniero, qualora il prefetto rilevi il concreto pericolo che quest’ultimo si sottragga all’esecuzione del provvedimento”;
e) il comma 8 è sostituito dal seguente:
“8. Avverso il decreto di espulsione può essere presentato unicamente il ricorso al tribunale in composizione monocratica del luogo in cui ha sede l’autorità che ha disposto l’espulsione. Il termine è di sessanta giorni dalla data del provvedimento di espulsione. Il tribunale in composizione monocratica accoglie o rigetta il ricorso, decidendo con unico provvedimento adottato, in ogni caso, entro venti giorni dalla data di deposito del ricorso. Il ricorso di cui al presente comma può essere sottoscritto anche personalmente, ed è presentato anche per il tramite della rappresentanza diplomatica o consolare italiana nel Paese di destinazione. La sottoscrizione del ricorso, da parte della persona interessata, è autenticata dai funzionari delle rappresentanze diplomatiche o consolari che provvedono a certificarne l’autenticità e ne curano l’inoltro all’autorità giudiziaria. Lo straniero è ammesso all’assistenza legale da parte di un patrocinatore legale di fiducia munito di procura speciale rilasciata avanti all’autorità consolare. Lo straniero è altresì ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato, e, qualora sia sprovvisto di un difensore, è assistito da un difensore designato dal giudice nell’ambito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all’articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n.271, nonché, ove necessario, da un interprete”;
f) i commi 6, 9 e 10 sono abrogati;
g) il comma 13 è sostituito dai seguenti:
“13. Lo straniero espulso non può rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell’interno. In caso di trasgressione lo straniero è punito con l’arresto da sei mesi ad un anno ed è nuovamente espulso con accompagnamento immediato alla frontiera.
13-bis. Nel caso di espulsione disposta dal giudice, il trasgressore del divieto di reingresso è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La stessa pena si applica allo straniero che, già denunciato per il reato di cui al comma 13 ed espulso, abbia fatto reingresso sul territorio nazionale.
13-ter. Per i reati di cui ai commi 13 e 13-bis è sempre consentito l’arresto in flagranza dell’autore del fatto e, nell’ipotesi di cui al comma 13-bis, è consentito il fermo. In ogni caso contro l’autore del fatto si procede con rito direttissimo”;
h) il comma 14 è sostituito dal seguente:
“14. Salvo che sia diversamente disposto, il divieto di cui al comma 13 opera per un periodo di dieci anni. Nel decreto di espulsione può essere previsto un termine più breve, in ogni caso non inferiore a cinque anni, tenuto conto della complessiva condotta tenuta dall’interessato nel periodo di permanenza in Italia”.
Articolo 13.
(Esecuzione dell’espulsione)
1. All’articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 5 è sostituito dal seguente:
“5. La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi trenta giorni. Qualora l’accertamento dell’identità e della nazionalità, ovvero l’acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori trenta giorni. Anche prima di tale termine, il questore esegue l’espulsione o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al giudice”;
b) dopo il comma 5, sono inseriti i seguenti:
“5-bis. Quando non sia stato possibile trattenere lo straniero presso un centro di permanenza temporanea, ovvero siano trascorsi i termini di permanenza senza aver eseguito l’espulsione o il respingimento, il questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni. L’ordine è dato con provvedimento scritto, recante l’indicazione delle conseguenze penali della sua trasgressione.
5-ter. Lo straniero che senza giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato in violazione dell’ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis è punito con l’arresto da sei mesi ad un anno. In tale caso si procede a nuova espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.
5-quater. Lo straniero espulso ai sensi del comma 5-ter che viene trovato, in violazione delle norme del presente decreto, nel territorio dello Stato è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
5-quinquies. Per i reati previsti ai commi 5-ter e 5-quater è obbligatorio l’arresto dell’autore del fatto e si procede con rito direttissimo. Al fine di assicurare l’esecuzione dell’espulsione, il questore può disporre i provvedimenti di cui al comma 1 del presente articolo”.
2. Per la costruzione di nuovi centri di accoglienza è autorizzata la spesa nel limite massimo di 12,39 milioni di euro per l’anno 2002, 24,79 milioni di euro per l’anno 2003 e 24,79 milioni di euro per l’anno 2004.
Articolo 14
(Ulteriori disposizioni per l’esecuzione dell’espulsione)
1. All’articolo 15 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:
“1-bis. Della emissione del provvedimento di custodia cautelare o della definitiva sentenza di condanna ad una pena detentiva nei confronti di uno straniero proveniente da Paesi extracomunitari viene data tempestiva comunicazione al questore ed alla competente autorità consolare al fine di avviare la procedura di identificazione dello straniero e consentire, in presenza dei requisiti di legge, l’esecuzione della espulsione subito dopo la cessazione del periodo di custodia cautelare o di detenzione”.
2. La rubrica dell’articolo 15 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 è sostituita dalla seguente: “Esplusione a titolo di misura di sicurezza e disposizioni per l’esecuzione dell’espulsione”.
Articolo 15.
(Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione)
1. L’articolo 16 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 è sostituito dal seguente:
“Articolo 16. – (Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione) – 1. Il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna per un reato non colposo o nell’applicare la pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale nei confronti dello straniero che si trovi in taluna delle situazioni indicate nell’articolo 13, comma 2, quando ritiene di dovere irrogare la pena detentiva entro il limite di due anni e non ricorrono le condizioni per ordinare la sospensione condizionale della pena ai sensi dell’articolo 163 del codice penale né le cause ostative indicate nell’articolo 14, comma 1, del presente decreto, può sostituire la medesima pena con la misura dell’espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni.
2. L’espulsione di cui al comma 1 è eseguita dal questore anche se la sentenza non è irrevocabile, secondo le modalità di cui all’articolo 13, comma 4.
3. L’espulsione di cui al comma 1 non può essere disposta nei casi in cui la condanna riguardi uno o più delitti previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero i delitti previsti dal presente decreto, puniti con pena edittale superiore nel massimo a due anni.
4. Se lo straniero espulso a norma del comma 1 rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima del termine previsto dall’articolo 13, comma 14, la sanzione sostitutiva è revocata dal giudice competente.
5. Nei confronti dello straniero, identificato, detenuto, che si trova in taluna delle situazioni indicate nell’articolo 13, comma 2, che deve scontare una pena detentiva, anche residua, non superiore a due anni, è disposta l’espulsione. Essa non può essere disposta nei casi in cui la condanna riguarda uno o più delitti previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero i delitti previsti dal presente decreto.
6. Competente a disporre l’espulsione di cui al comma 5 è il magistrato di sorveglianza, che decide con decreto motivato, senza formalità, acquisite le informazioni degli organi di polizia sull’identità e sulla nazionalità dello straniero. Il decreto di espulsione è comunicato allo straniero che, entro il termine di dieci giorni, può proporre opposizione dinanzi al tribunale di sorveglianza. Il tribunale decide nel termine di venti giorni.
7. L’esecuzione del decreto di espulsione di cui al comma 5 è sospesa fino alla decorrenza dei termini di impugnazione o della decisione del tribunale di sorveglianza e, comunque, lo stato di detenzione permane fino a quando non siano stati acquisiti i necessari documenti di viaggio. L’espulsione è eseguita dal questore competente per il luogo di detenzione dello straniero con la modalità dell’accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.
8. La pena è estinta alla scadenza del termine di dieci anni dall’esecuzione dell’espulsione di cui al comma 5, sempre che lo straniero non sia rientrato illegittimamente nel territorio dello Stato. In tale caso, lo stato di detenzione è ripristinato e riprende l’esecuzione della pena”.
Articolo 16.
(Determinazione dei flussi di ingresso)
1. All’articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo il primo periodo è inserito il seguente: “Nello stabilire le quote i decreti prevedono restrizioni numeriche all’ingresso di lavoratori di Stati che non collaborano adeguatamente nel contrasto all’immigrazione clandestina o nella riammissione di propri cittadini destinatari di provvedimenti di rimpatrio”;
b) al comma 1, secondo periodo, dopo le parole: “quote riservate” sono inserite le seguenti: “ai lavoratori di origine italiana per parte di almeno uno dei genitori fino al terzo grado in linea retta di ascendenza, residenti in Paesi non comunitari, che chiedano di essere inseriti in un apposito elenco, costituito presso le rappresentanze diplomatiche o consolari, contenente le qualifiche professionali dei lavoratori stessi, nonché”;
c) dopo il comma 4 è inserito il seguente:
“4-bis. Il decreto annuale ed i decreti infrannuali devono altresì essere predisposti in base ai dati sulla effettiva richiesta di lavoro suddivisi per regioni e per bacini provinciali di utenza, elaborati dall’anagrafe informatizzata, istituita presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di cui al comma 7. Il regolamento di attuazione prevede possibili forme di collaborazione con altre strutture pubbliche e private, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio”.
c-bis) dopo il comma 4 è inserito il seguente:
“4-bis. Le regioni possono trasmettere, entro il 30 novembre di ogni anno alla Presidenza del Consiglio dei ministri, un rapporto sulla presenza e sulla condizione degli immigrati extracomunitari nel territorio regionale, contenente anche le indicazioni previsionali relative ai flussi sostenibili nel triennio successivo in rapporto alla capacità di assorbimento del tessuto sociale e produttivo”.
Articolo 17.
(Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato e lavoro autonomo)
1. L’articolo 22 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998 è sostituito dal seguente:
“Articolo 22. – (Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato) – 1. In ogni provincia è istituito presso la prefettura-ufficio territoriale del Governo uno sportello unico per l’immigrazione, responsabile dell’intero procedimento relativo all’assunzione di lavoratori subordinati stranieri a tempo determinato ed indeterminato.
2. Il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia che intende instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato con uno straniero residente all’estero deve presentare allo sportello unico per l’immigrazione della provincia di residenza ovvero di quella in cui ha sede legale l’impresa, ovvero di quella ove avrà luogo la prestazione lavorativa:
a) richiesta nominativa di nulla osta al lavoro;
b) idonea documentazione relativa alle modalità di sistemazione alloggiativa per il lavoratore straniero;
c) la proposta di contratto di soggiorno con specificazione delle relative condizioni, comprensiva dell’impegno al pagamento da parte dello stesso datore di lavoro delle spese di ritorno dello straniero nel Paese di provenienza;
d) dichiarazione di impegno a comunicare ogni variazione concernente il rapporto di lavoro.
3. Nei casi in cui non abbia una conoscenza diretta dello straniero, il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia può richiedere, presentando la documentazione di cui alle lettere b) e c) del comma 2, il nulla osta al lavoro di una o più persone iscritte nelle liste di cui all’articolo 21, comma 5, selezionate secondo criteri definiti nel regolamento di attuazione.
4. Lo sportello unico per l’immigrazione comunica le richieste di cui ai commi 2 e 3 al centro per l’impiego di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, competente in relazione alla provincia di residenza, domicilio o sede legale. Il centro per l’impiego provvede a diffondere le offerte per via telematica agli altri centri ed a renderle disponibili su sito INTERNET o con ogni altro mezzo possibile ed attiva gli eventuali interventi previsti dall’articolo 2 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181. Decorsi venti giorni senza che sia stata presentata alcuna domanda da parte di lavoratore nazionale o comunitario anche per via telematica, il centro trasmette allo sportello unico richiedente una certificazione negativa, ovvero le domande acquisite comunicandole altresì al datore di lavoro. Ove tale termine sia decorso senza che il centro per l’impiego abbia fornito riscontro, lo sportello unico procede ai sensi del comma 5.
5. Lo sportello unico per l’immigrazione, nel complessivo termine massimo di quaranta giorni dalla presentazione della richiesta, a condizione che siano state rispettate le prescrizioni di cui al comma 2 e le prescrizioni del contratto collettivo di lavoro applicabile alla fattispecie, rilascia, in ogni caso, sentito il questore, il nulla osta nel rispetto dei limiti numerici, quantitativi e qualitativi determinati a norma dell’articolo 3, comma 4, e dell’articolo 21, e, a richiesta del datore di lavoro, trasmette la documentazione, ivi compreso il codice fiscale, agli uffici consolari, ove possibile in via telematica. Il nulla osta al lavoro subordinato ha validità per un periodo non superiore a sei mesi dalla data del rilascio.
6. Gli uffici consolari del Paese di residenza o di origine dello straniero provvedono, dopo gli accertamenti di rito, a rilasciare il visto di ingresso con indicazione del codice fiscale, comunicato dallo sportello unico per l’immigrazione. Entro otto giorni dall’ingresso, lo straniero si reca presso lo sportello unico per l’immigrazione che ha rilasciato il nulla osta per la firma del contratto di soggiorno che resta ivi conservato e, a cura di quest’ultimo, trasmesso in copia all’autorità consolare competente ed al centro per l’impiego competente.
7. Il datore di lavoro che omette di comunicare allo sportello unico per l’immigrazione qualunque variazione del rapporto di lavoro intervenuto con lo straniero, è punito con la sanzione amministrativa da 500 a 2.500 euro. Per l’accertamento e l’irrogazione della sanzione è competente il prefetto.
8. Salvo quanto previsto dall’articolo 23, ai fini dell’ingresso in Italia per motivi di lavoro, il lavoratore extracomunitario deve essere munito del visto rilasciato dal consolato italiano presso lo Stato di origine o di stabile residenza del lavoratore.
9. Le questure forniscono all’INPS, tramite collegamenti telematici, le informazioni anagrafiche relative ai lavoratori extracomunitari ai quali è concesso il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, o comunque idoneo per l’accesso al lavoro, e comunicano altresì il rilascio dei permessi concernenti i familiari ai sensi delle disposizioni di cui al titolo IV; l’INPS, sulla base delle informazioni ricevute, costituisce un “Archivio anagrafico dei lavoratori extracomunitari”, da condividere con altre amministrazioni pubbliche; lo scambio delle informazioni avviene in base a convenzione tra le amministrazioni interessate. Le stesse informazioni sono trasmesse, in via telematica, a cura delle questure, all’ufficio finanziario competente che provvede all’attribuzione del codice fiscale. 10. Lo sportello unico per l’immigrazione fornisce al Ministero del lavoro e delle politiche sociali il numero ed il tipo di nulla osta rilasciati secondo le classificazioni adottate nei decreti di cui all’articolo 3, comma 4.
11. La perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore a sei mesi. Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di comunicazione ai centri per l’impiego, anche ai fini dell’iscrizione del lavoratore straniero nelle liste di collocamento con priorità rispetto a nuovi lavoratori extracomunitari.
12. Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato, è punito con l’arresto da tre mesi ad un anno e con l’ammenda di 5000 euro per ogni lavoratore impiegato.
13. Salvo quanto previsto per i lavoratori stagionali dall’articolo 25, comma 5, in caso di rimpatrio il lavoratore extracomunitario conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati e può goderne indipendentemente dalla vigenza di un accordo di reciprocità.
14. Le attribuzioni degli istituti di patronato e di assistenza sociale, di cui alla legge 30 marzo 2001, n. 152, sono estese ai lavoratori extracomunitari che prestino regolare attività di lavoro in Italia.
15. I lavoratori italiani ed extracomunitari possono chiedere il riconoscimento di titoli di formazione professionale acquisiti all’estero; in assenza di accordi specifici, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la commissione centrale per l’impiego, dispone condizioni e modalità di riconoscimento delle qualifiche per singoli casi. Il lavoratore extracomunitario può inoltre partecipare, a norma del presente decreto, a tutti i corsi di formazione e di riqualificazione programmati nel territorio della Repubblica.
16. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi degli statuti e delle relative norme di attuazione”.
2. All’articolo 26, comma 5, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “La rappresentanza diplomatica o consolare rilascia, altresì, allo straniero la certificazione dell’esistenza dei requisiti previsti dal presente articolo ai fini degli adempimenti previsti dall’articolo 5, comma 3-quater, per la concessione del permesso di soggiorno per lavoro autonomo”.
Articolo 18.
(Titoli di prelazione).
1. L’articolo 23 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998 è sostituito dal seguente:
“Articolo 23. – (Titoli di prelazione) – 1. Nell’ambito di programmi approvati, an
che su proposta delle regioni e delle province autonome, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e realizzati anche in collaborazione con le regioni, le province autonome e altri enti locali, organizzazioni nazionali degli imprenditori e datori di lavoro e dei lavoratori, nonché organismi internazionali finalizzati al trasferimento dei lavoratori stranieri in Italia ed al loro inserimento nei settori produttivi del Paese, enti ed associazioni operanti nel settore dell’immigrazione da almeno tre anni, possono essere previste attività di istruzione e di formazione professionale nei Paesi di origine.
2. L’attività di cui al comma 1 è finalizzata:
a) all’inserimento lavorativo mirato nei settori produttivi italiani che operano all’interno dello Stato;
b) all’inserimento lavorativo mirato nei settori produttivi italiani che operano all’interno dei Paesi di origine;
c) allo sviluppo delle attività produttive o imprenditoriali autonome nei Paesi di origine.
3. Gli stranieri che abbiano partecipato alle attività di cui al comma 1 sono preferiti nei settori di impiego ai quali le attività si riferiscono ai fini della chiamata al lavoro di cui all’articolo 22, commi 3, 4 e 5, secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione del presente decreto.
4. Il regolamento di attuazione del presente decreto prevede agevolazioni di impiego per i lavoratori autonomi stranieri che abbiano seguito i corsi di cui al comma 1”.
Articolo 19.
(Lavoro stagionale)
Articolo 19.
(Lavoro stagionale).
1. L’articolo 24 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998 è sostituito dal seguente:
“Articolo 24. – (Lavoro stagionale) – 1. Il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia, o le associazioni di categoria per conto dei loro associati, che intendano instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a carattere stagionale con uno straniero devono presentare richiesta nominativa allo sportello unico per l’immigrazione della provincia di residenza ai sensi dell’articolo 22. Nei casi in cui il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante o le associazioni di categoria non abbiano una conoscenza diretta dello straniero, la richiesta, redatta secondo le modalità previste dall’articolo 22, deve essere immediatamente comunicata al centro per l’impiego competente, che verifica nel termine di cinque giorni l’eventuale disponibilità di lavoratori italiani o comunitari a ricoprire l’impiego stagionale offerto. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 22, comma 3.
2. 2. Lo sportello unico per l’immigrazione rilascia comunque l’autorizzazione nel rispetto del diritto di precedenza maturato, decorsi dieci giorni dalla comunicazione di cui al comma 1 e non oltre venti giorni dalla data di ricezione della richiesta del datore di lavoro.
3. L’autorizzazione al lavoro stagionale ha validità da venti giorni ad un massimo di nove mesi, in corrispondenza della durata del lavoro stagionale richiesto, anche con riferimento all’accorpamento di gruppi di lavori di più breve periodo da svolgere presso diversi datori di lavoro.
4. Il lavoratore stagionale, ove abbia rispettato le condizioni indicate nel permesso di soggiorno e sia rientrato nello Stato di provenienza alla scadenza del medesimo, ha diritto di precedenza per il rientro in Italia nell’anno successivo per ragioni di lavoro stagionale, rispetto ai cittadini del suo stesso Paese che non abbiano mai fatto regolare ingresso in Italia per motivi di lavoro. Può, inoltre, convertire il permesso di soggiorno per lavoro stagionale in permesso di soggiorno per lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, qualora se ne verifichino le condizioni.
5. Le commissioni regionali tripartite, di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, possono stipulare con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello regionale dei lavoratori e dei datori di lavoro, con le regioni e con gli enti locali, apposite convenzioni dirette a favorire l’accesso dei lavoratori stranieri ai posti di lavoro stagionale. Le convenzioni possono individuare il trattamento economico e normativo, comunque non inferiore a quello previsto per i lavoratori italiani e le misure per assicurare idonee condizioni di lavoro della manodopera, nonché eventuali incentivi diretti o indiretti per favorire l’attivazione dei flussi e dei deflussi e le misure complementari relative all’accoglienza.
6. Il datore di lavoro che occupa alle sue dipendenze, per lavori di carattere stagionale, uno o più stranieri privi del permesso di soggiorno per lavoro stagionale, ovvero il cui permesso sia scaduto, revocato o annullato, è punito ai sensi dell’articolo 22, comma 12”.
Articolo 20.
(Ingresso e soggiorno per lavoro autonomo)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, all’articolo 26, dopo il comma 7, è aggiunto, in fine, il seguente:
“7-bis. La condanna con provvedimento irrevocabile per alcuno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice penale comporta la revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero e l’espulsione del medesimo con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica”.
Articolo 21.
(Attività sportive)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, all’articolo 27, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 1, dopo la lettera r) sono aggiunte le seguenti:
“r-bis) infermieri professionali assunti presso strutture sanitarie pubbliche e private;
b) dopo il comma 5 è aggiunto, in fine, il seguente:
“5-bis. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, su proposta del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), sentiti i Ministri dell’interno e del lavoro e delle politiche sociali, è determinato il limite massimo annuale d’ingresso degli sportivi stranieri che svolgono attività sportiva a titolo professionistico o comunque retribuita, da ripartire tra le federazioni sportive nazionali. Tale ripartizione è effettuata dal CONI con delibera da sottoporre all’approvazione del Ministro vigilante. Con la stessa delibera sono stabiliti i criteri generali di assegnazione e di tesseramento per ogni stagione agonistica anche al fine di assicurare la tutela dei vivai giovanili”.
Articolo 22.
(Ricongiungimento familiare)
1. All’articolo 29 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1:
1) alla lettera b) è inserita la seguente: “b-bis) i figli maggiorenni a carico, qualora non possano per ragioni oggettive provvedere al proprio sostentamento a causa del loro stato di salute che comporti invalidità totale”;
2) alla lettera c) sono aggiunte, infine, le seguenti parole: “qualora non abbiano altri figli nerl Paese di origine o di provenienza ovvero genitori ultrasessantacinquenni qualora gli altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per documentati gravi motivi di salute”;
3) la lettera d) è abrogata;
b) commi 7, 8 e 9 sono sostituiti dai seguenti:
“7. La domanda di nulla osta al ricongiungimento familiare, corredata della prescritta documentazione compresa quella attestante i rapporti di parentela, coniugio e la minore età, autenticata dall’autorità consolare italiana, è presentata allo sportello unico per l’immigrazione presso la prefettura-ufficio territoriale di Governo competente per il luogo di dimora del richiedente, la quale ne rilascia copia contrassegnata con timbro datario e sigla del dipendente incaricato del ricevimento. L’ufficio, verificata, anche mediante accertamenti presso la questura competente, l’esistenza dei requisiti di cui al presente articolo, emette il provvedimento richiesto, ovvero un provvedimento di diniego del nulla osta.
8. Trascorsi novanta giorni dalla richiesta del nulla osta, l’interessato può ottenere il visto di ingresso direttamente dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane, dietro esibizione della copia degli atti contrassegnata dallo sportello unico per l’immigrazione, da cui risulti la data di presentazione della domanda e della relativa documentazione.
9. Le rappresentanze diplomatiche e consolari italiane rilasciano altresì il visto di ingresso al seguito nei casi previsti dal comma 5”.
Articolo 22bis.
1. All’articolo 30 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, al comma 5, prima delle parole: “In caso di separazione”, sono aggiunte le seguenti: “In caso di morte del familiare in possesso dei requisiti per il ricongiungimento e”.
Articolo 22ter .
1. All’articolo 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo il comma 1, sono aggiunti i seguenti:
1-bis. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, sempreché non sia intervenuta una decisione del Comitato per i minori stranieri di cui all’articolo 33, ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394.
1-ter. L’ente gestore dei progetti deve garantire e provare con idonea documentazione, al momento del compimento della maggiore età del minore straniero di cui al comma 1-bis, che l’interessato si trova sul territorio nazionale da non meno di tre anni, che ha seguito il progetto per non meno di due anni, ha la disponibilità di un alloggio e che frequenta corsi di studio ovvero svolge attività lavorativa retribuita nelle forme e con le modalità previste dalla legge italiana oppure è in possesso di contratto di lavoro anche se non ancora iniziato.
1-quater. Il numero di permessi di soggiorno rilasciati ai sensi del presente articolo è portato in detrazione dalle quote di ingresso definite annualmente nei decreti di cui all’articolo 3, comma 4″.
Articolo 23.
(Accessi ai corsi delle università)
1. Il comma 5 dell’articolo 39 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998 è sostituito dal seguente:
“5. È comunque consentito l’accesso ai corsi universitari, a parità di condizioni con gli studenti italiani, agli stranieri titolari di carta di soggiorno, ovvero di permesso di soggiorno per lavoro subordinato o per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, o per motivi religiosi, ovvero agli stranieri regolarmente soggiornanti da almeno un anno in possesso di titolo di studio superiore conseguito in Italia, nonché agli stranieri, ovunque residenti, che sono titolari dei diplomi finali delle scuole italiane all’estero o delle scuole straniere o internazionali, funzionanti in Italia o all’estero, oggetto di intese bilaterali o di normative speciali per il riconoscimento dei titoli di studio e soddisfino le condizioni generali richieste per l’ingresso per studio”.
Articolo 24.
(Centri di accoglienza e accesso all’abitazione)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, all’articolo 40, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, l’ultimo periodo è soppresso;
b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:
“1-bis. L’accesso alle misure di integrazione sociale è riservato agli stranieri non appartenenti a Paesi dell’Unione europea che dimostrino di essere in regola con le norme che disciplinano il soggiorno in Italia ai sensi del presente decreto, e delle leggi e regolamenti vigenti in materia”.
c). Il comma 5 è abrogato;
d). Il comma 6 è sostituito dal seguente:
‘‘6. Gli stranieri titolari di carta di soggiorno e gli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno biennale e che esercitano una regolare attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo hanno diritto di accedere, in condizioni di parità con i cittadini italiani, nel limite del cinque per cento degli alloggi e delle agevolazioni, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica e ai servizi di intermediazione delle agenzie sociali eventualmente predisposte da ogni Regione o dagli enti locali per agevolare l’accesso alle locazioni abitative e al credito agevolato in materia di edilizia, recupero, acquisto e locazione della prima casa di abitazione”.
Articolo 25.
(Aggiornamenti normativi)
1. Nel testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, ovunque ricorrano, le parole: “ufficio periferico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale” sono sostituite dalle seguenti: “prefettura-ufficio territoriale del Governo” e le parole: “il pretore” sono sostituite dalle seguenti: “il tribunale in composizione monocratica”.
2. All’articolo 25 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, il primo periodo del comma 5 è sostituito dal seguente: “Ai contributi di cui al comma 1, lettera a), si applicano le disposizioni dell’articolo 22, comma 13, concernenti il trasferimento degli stessi all’istituto o ente assicuratore dello Stato di provenienza”.
3. All’articolo 26 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, nel comma 3, le parole da: “o di corrispondente garanzia” fino alla fine del comma sono soppresse.
Articolo 26.
(Matrimoni contratti al fine di eludere le norme sull’ingresso e sul soggiorno dello straniero)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, all’articolo 30, dopo il comma 1, è inserito il seguente:
“1-bis. Il permesso di soggiorno nei casi di cui al comma 1, lettera b), è immediatamente revocato qualora sia accertato che al matrimonio non è seguita l’effettiva convivenza salvo che dal matrimonio sia nata prole”.
CAPO II
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ASILO
Articolo 27.
(Permesso di soggiorno per i richiedenti asilo)
1. L’ultimo periodo del comma 5 dell’articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, è sostituito dal seguente: “Il questore territorialmente competente, quando non ricorrano le ipotesi previste negli articoli 1-bis e 1-ter, rilascia, su richiesta, un permesso di soggiorno temporaneo valido fino alla definizione della procedura di riconoscimento”.
Articolo 28.
(Procedura semplificata)
1. Al decreto-legge 30 dicembre 1989, n.416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n.39, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 1, il comma 7 è abrogato;
b) dopo l’articolo 1 sono inseriti i seguenti:
“Articolo 1-bis. – (Casi di trattenimento) – 1. Il richiedente asilo non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la domanda di asilo presentata. Esso può, tuttavia, essere trattenuto per il tempo strettamente necessario alla definizione delle autorizzazioni alla permanenza nel territorio dello Stato in base alle disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, nei seguenti casi:
a) per verificare o determinare la sua nazionalità o identità, qualora egli non sia in possesso dei documenti di viaggio o d’identità, oppure abbia, al suo arrivo nello Stato, presentato documenti risultati falsi;
b) per verificare gli elementi su cui si basa la domanda di asilo, qualora tali elementi non siano immediatamente disponibili;
c) in dipendenza del procedimento concernente il riconoscimento del diritto ad essere ammesso nel territorio dello Stato.
2. Il trattenimento deve sempre essere disposto nei seguenti casi:
a) a seguito della presentazione di una domanda di asilo presentata dallo straniero fermato per avere eluso il controllo di frontiera o subito dopo, o, comunque, in condizioni di soggiorno irregolare;
b) a seguito della presentazione di una domanda di asilo da parte di uno straniero già destinatario di un provvedimento di espulsione o respingimento.
3. Il trattenimento previsto nei casi di cui al comma 1, lettere a), b) e c), e nei casi di cui al comma 2, lettera a), è attuato nei centri di accoglienza per richiedenti asilo con regolamento. Il medesimo regolamento determina il numero, le caratteristiche
e le modalità di gestione di tali strutture e tiene conto degli atti adottati dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR), dal Consiglio d’Europa e dall’Unione europea. Nei centri di accoglienza per richiedenti asilo sarà comunque consentito l’accesso ai rappresentanti dell’ACNUR. L’accesso sarà altresì consentito agli avvocati e agli organismi ed enti di tutela dei rifugiati con esperienza consolidata nel settore, autorizzati dal Ministero dell’interno.
4. Per il trattenimento di cui al comma 2, lettera b), si osservano le norme di cui all’articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Nei centri di permanenza temporanea e assistenza di cui al medesimo articolo 14 sarà comunque consentito l’accesso ai rappresentanti dell’ACNUR. L’accesso sarà altresì consentito agli avvocati e agli organismi ed enti di tutela dei rifugiati con esperienza consolidata nel settore, autorizzati dal Ministero dell’interno.
5. Allo scadere del periodo previsto per la procedura semplificata di cui all’articolo 1-ter, e qualora la stessa non si sia ancora conclusa, allo straniero è concesso un permesso di soggiorno temporaneo fino al termine della procedura stessa.
Articolo 1-ter. – (Procedura semplificata) – 1. Nei casi di cui alle lettere a) e b) del comma 2 dell’articolo 1-bis è istituita la procedura semplificata per la definizione della istanza di riconoscimento dello status di rifugiato secondo le modalità di cui ai commi da 2 a 6.
2. Appena ricevuta la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato di cui all’articolo 1-bis, comma 2, lettera a), il questore competente per il luogo in cui la richiesta è stata presentata dispone il trattenimento dello straniero interessato in uno dei centri di accoglienza per richiedenti asilo di cui all’articolo 1-bis, comma 3. Entro due giorni dal ricevimento dell’istanza, il questore provvede alla trasmissione della documentazione necessaria alla commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato che, entro quindici giorni, provvede all’audizione. La decisione è adottata entro i successivi tre giorni.
3. Appena ricevuta la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato di cui all’articolo 1-bis, comma 2, lettera b), il questore competente per il luogo in cui la richiesta è stata presentata dispone il trattenimento dello straniero interessato in uno dei centri di permanenza temporanea di cui all’articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286; ove già sia in corso il trattenimento, il questore chiede al giudice unico la proroga del periodo di trattenimento per ulteriori trenta giorni per consentire l’espletamento della procedura di cui al presente articolo. Entro due giorni dal ricevimento dell’istanza, il questore provvede alla trasmissione della documentazione necessaria alla commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato che entro quindici giorni provvede all’audizione. La decisione è adottata entro i successivi tre giorni.
4. L’allontanamento non autorizzato dai centri di cui all’articolo 1-bis, comma 4, equivale a rinuncia alla domanda.
5. Lo Stato italiano è competente all’esame delle domande di riconoscimento dello status di rifugiato di cui al presente articolo, ove i tempi non lo consentano, ai sensi della Convenzione di Dublino ratificata ai sensi della legge 23 dicembre 1992, n. 523.
6. L’eventuale ricorso avverso la decisione della commissione territoriale è presentato al tribunale in composizione monocratica territorialmente competente entro quindici giorni, anche dall’estero tramite le rappresentanze diplomatiche. Il ricorso non sospende il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale; il richiedente asilo può tuttavia chiedere al prefetto competente di essere autorizzato a rimanere sul territorio nazionale fino all’esito del ricorso. La decisione di rigetto del ricorso è immediatamente esecutiva.
Articolo 1-quater. – (Commissioni territoriali) – 1. Presso le prefetture – uffici territoriali del Governo indicati con il regolamento di cui all’articolo 1-bis, comma 3, sono istituite le commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato. Le predette commissioni, nominate con decreto del Ministro dell’interno, sono presiedute da un funzionario della carriera prefettizia e composte da un funzionario della Polizia di Stato, da un rappresentante dell’ente territoriale designato dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e da un rappresentante dell’ACNUR. Per ciascun componente deve essere previsto un componente supplente. Tali commissioni possono essere integrate, su richiesta del Presidente della Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato prevista dall’articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1990, n.136, da un funzionario del Ministero degli affari esteri con la qualifica di componente a tutti gli effetti, ogni volta che sia necessario, in relazione a particolari afflussi di richiedenti asilo, in ordine alle domande dei quali occorra disporre di particolari elementi di valutazione in merito alla situazione dei Paesi di provenienza di competenza del Ministero degli affari esteri. In caso di parità, prevale il voto del Presidente. Ove necessario, in relazione a particolari afflussi di richiedenti asilo, le commissioni possono essere composte da personale posto in posizione dì distacco o di collocamento a riposo. La partecipazione del personale di cui al precedente periodo ai lavori delle commissioni non comporta la corresponsione di compensi o di indennità di qualunque natura.
2. Entro due giorni dal ricevimento dell’istanza, il questore provvede alla trasmissione della documentazione necessaria alla commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato che entro trenta giorni provvede all’audizione. La decisione è adottata entro i successivi tre giorni.
3. Durante lo svolgimento dell’audizione, ove necessario, le commissioni territoriali si avvalgono di interpreti. Del colloquio con il richiedente viene redatto verbale. Le decisioni sono adottate con atto scritto e motivato. Le stesse verranno comunicate al richiedente, unitamente all’informazione sulle modalità di impugnazione, nelle forme previste dall’articolo 2, comma 6, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
3-bis. Nell’esaminare la domanda di asilo le commissioni territoriali valutano per i provvedimenti di cui all’articolo 5, comma 6, del presente testo unico le conseguenze di un rimpatrio alla luce degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali di cui l’Italia è firmataria e, in particolare, dell’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848.
4. Avverso le decisioni delle commissioni territoriali è ammesso ricorso al tribunale ordinario territorialmente competente che decide ai sensi dell’articolo 1-ter, comma 6.
Articolo 1-quinquies. – (Commissione nazionale per il diritto di asilo) – 1. La Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato prevista dall’articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1990, n. 136, è trasformata in Commissione nazionale per il diritto di asilo, di seguito denominata “Commissione nazionale”, nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta congiunta dei Ministri dell’interno e degli affari esteri. La Commissione è presieduta da un prefetto ed è composta da un dirigente in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, da un funzionario della carriera diplomatica, da un funzionario della carriera prefettizia in servizio presso il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione e da un dirigente del Dipartimento della pubblica sicurezza. Alle riunioni partecipa un rappresentante del delegato in Italia dell’ACNUR. Ciascuna amministrazione designa, altresì, un supplente. La Commissione nazionale, ove necessario, può essere articolata in sezioni di analoga composizione.
2. La Commissione nazionale ha compiti di indirizzo e coordinamento delle commissioni territoriali, di formazione e aggiornamento dei componenti delle medesime commissioni, di raccolta di dati statistici oltre che poteri decisionali in tema di revoche e cessazione degli status concessi.
3. Con il regolamento di cui all’articolo 1-bis, comma 3, sono stabilite le modalità di funzionamento della Commissione nazionale e di quelle territoriali.
Articolo 1-sexies. (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). – 1. Gli enti locali che prestano servizi finalizzati all’accoglienza dei richiedenti asilo e alla tutela dei rifugiati e degli stranieri destinatari di altre forme di protezione umanitaria possono accogliere nell’ambito dei servizi medesimi il richiedente asilo privo di mezzi di sussistenza nel caso in cui non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli 1-bis e 1-ter.
2. Il Ministro dell’interno, con proprio decreto, sentita la Conferenza unificata, provvede, annualmente, e nei limiti delle risorse del fondo di cui all’articolo 1-septies, al sostegno finanziario dei servizi di accoglienza di cui al comma 3, in misura non superiore all’80 per cento del costo complessivo di ogni singola iniziativa territoriale.
3. In fase di prima attuazione, il decreto di cui al comma 3 stabilisce:
a) le linee guida e il formulario per la presentazione delle domande di contributo, i criteri per la verifica della corretta gestione dello stesso e le modalità per la sua eventuale revoca;
b) assicura, nei limiti delle risorse finanziarie del fondo di cui all’articolo 1-septies, la continuità degli interventi e dei servizi già in atto, così come previsti dal Fondo europeo per i rifugiati;
c) determina, nei limiti delle risorse finanziarie del fondo di cui all’articolo 1-septies, le modalità e la misura dell’erogazione di un contributo economico di prima assistenza in favore del richiedente asilo che non rientra nei casi previsti dagli articoli 1-bis e 1-ter e che non è accolto nell’ambito dei servizi di accoglienza di cui al comma 2.
4. Al fine di razionalizzare e ottimizzare il sistema di protezione del richiedente asilo, del rifugiato e dello straniero con permesso umanitario di cui all’articolo 18 e di facilitare il coordinamento, a livello nazionale, dei servizi di accoglienza territoriali, il Ministero dell’interno attiva, sentiti l’Associazione nazionale dei comuni italiani e l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati, un servizio centrale di informazione, promozione, consulenza, monitoraggio e supporto tecnico agli enti locali che prestano i servizi di accoglienza di cui al comma 2. Il servizio centrale è affidato, con apposita convenzione, all’Associazione nazionale dei comuni italiani.
5. Il servizio provvede a:
a) monitorare la presenza sul territorio dei richiedenti asilo, dei rifugiati e degli stranieri con permesso umanitario;
b) creare una banca dati degli interventi realizzati a livello locale in favore dei richiedenti asilo e dei rifugiati;
c) favorire la dffusione delle informazioni sugli interventi;
d) fornire assistenza tecnica agli enti locali, anche nella predisposizione dei servizi di cui al comma 2;
e) promuovere e attuare, d’intesa con il Ministero degli affari esteri, programmi di rimpatrio attraverso l’Organizzazione internazionale per le migrazioni o altri organismi, nazionali o internazionali, a carattere umanitario.
6. Le spese di funzionamento e di gesione del servizio sono finanziate nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo di cui all’articolo 1-septies.
Articolo 1-septies. (Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo). 1. Ai fini del finanziamento delle attività e degli interventi di cui all’articolo 1-sexies, presso il Ministero dell’interno, è istituito il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, la cui dotazione è costituita da:
a) le risorse iscritte nell’unità previsionale di base 4.1.2.5 “Immigrati profughi e rifugiati” – cap. 2359 – dello stato di previsione del Ministero dell’interno per l’anno 2002, già destinate agli interventi di cui all’articolo 1-sexies e corrispondenti a 5,160 milioni di euro;
b) le assegnazioni annuali del Fondo europeo per i rifugiati, ivi comprese quelle già attribuite all’Italia per gli anni 2000, 2001, 2002 ed in via di accreditamento al Fondo di rotazione del Ministero dell’economia e delle finanze;
c) i contributi e le donazioni eventualmente disposti da privati, enti o organizzazioni, anche internazionali, e da altri organismi dell’Unione europea.
2. Le somme di cui al comma 1, lettere b) e c), sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo di cui al comma 1.
3. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. ”
2. Per la costruzione di nuovi centri di identificazione è autorizzata la spesa nel limite massimo di 25,31 milioni di euro per l’anno 2003.
Articolo 29
(Dichiarazione di emersione di lavoro irregolare)
1. Chiunque, nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della presente legge, ha occupato alle proprie dipendenze personale di origine extracomunitaria, adibendolo ad attività di assistenza a componenti della famiglia affetti da patologie o handicap che ne limitano l’autosufficienza ovvero al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare, può denunciare, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la sussistenza del rapporto di lavoro mediante presentazione alla prefettura-ufficio territoriale del Governo competente per territorio della dichiarazione di emersione nelle forme previste dal presente articolo. La denuncia di cui al primo periodo del presente comma è limitata ad una unità per nucleo familiare, con riguardo al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.
2. La dichiarazione di emersione contiene a pena di inammissibilità:
a) le generalità del datore di lavoro, ed una dichiarazione attestante la cittadinanza italiana o, comunque, la regolarità della sua presenza in Italia;
b) l’indicazione delle generalità e della nazionalità dei lavoratori occupati;
c) certificazione medica della patologia o handicap del componente la famiglia alla cui assistenza è destinato il lavoratore. Tale certificazione non è richiesta qualora il lavoratore extracomunitario sia adibito al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare;
d) l’indicazione della tipologia e delle modalità di impiego;
e) l’indicazione della retribuzione convenuta, in misura non inferiore a quella prevista dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento.
3. Ai fini della ricevibilità, alla dichiarazione di emersione sono allegati:
a) attestato di pagamento di un contributo forfettario, pari all’importo trimestrale corrispondente al rapporto di lavoro dichiarato, senza aggravio di ulteriori somme a titolo di penali ed interessi;
b) copia di impegno a stipulare con il prestatore d’opera, nei termini di cui al comma 5, il contratto di soggiorno previsto dall’articolo 5-bis del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998.
4. Nei venti giorni successivi alla presentazione della dichiarazione di cui al comma 1, la prefettura-ufficio territoriale del Governo competente per territorio verifica l’ammissibilità e la ricevibilità della dichiarazione e il questore rilascia al prestatore di lavoro un permesso, della durata di un anno, rinnovabile per uguali, successivi periodi, se è data prova della continuazione del rapporto e della regolarità della posizione contributiva della manodopera occupata. Lo stesso ufficio assicura la tenuta di un registro informatizzato di coloro che hanno presentato la denuncia di cui al comma 1 e dei lavoratori extracomunitari cui è riferita la denuncia.
5. Nei dieci giorni successivi alla comunicazione del rilascio del permesso di soggiorno di cui al comma 4, le parti stipulano nelle forme previste dalla presente legge il contratto di soggiorno alle condizioni previste nella dichiarazione di emersione. La mancata stipulazione del contratto determina in ogni caso la decadenza dal permesso di soggiorno.
6. I datori di lavoro che presentano la dichiarazione di emersione del lavoro irregolare ai sensi dei commi da 1 a 5, non sono punibili per le violazioni delle norme relative al soggiorno, al lavoro e di carattere finanziario, compiute, antecedentemente al 1° gennaio 2002, in relazione all’occupazione dei lavoratori extracomunitari indicati nella dichiarazione di emersione presentata. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali determina con proprio decreto i parametri retributivi e le modalità di calcolo e di corresponsione delle somme di cui al comma 3, lettera a), nonché le modalità per la successiva imputazione delle stesse alla posizione contributiva del lavoratore interessato in modo da garantire l’equilibrio finanziario delle relative gestioni previdenziali. Il Ministro, con proprio decreto, determina altresì le modalità di corresponsione delle somme e degli interessi dovuti per i contributi previdenziali concernenti periodi denunciati antecedenti ai tre mesi di cui al comma 3.
7. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai rapporti di lavoro che
occupino prestatori d’opera extracomunitari nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno ovvero sia intervenuta una sentenza di condanna, anche non definitiva, pronunciata in Italia o in uno dei Paesi dell’Unione europea per uno dei delitti indicati negli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale. Le disposizioni del presente articolo non costituiscono comunque impedimento all’espulsione dei soggetti extracomunitari che risultino pericolosi per la sicurezza dello Stato.
8. Chiunque presenti una falsa dichiarazione di emersione ai sensi del comma 1 su falsi presupposti, conoscendone la non veridicità, al fine di eludere le disposizioni in materia di immigrazione della presente legge, è punito, solo per questo, con la pena da due a nove mesi di reclusione.
CAPO III
DISPOSIZIONI DI COORDINAMENTO
Articolo 30.
(Norme transitorie e finali)
1. Entro sei mesi dalla data della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale si procede, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, all’emanazione delle norme di attuazione ed integrazione della presente legge, nonché alla revisione ed armonizzazione delle disposizioni contenute nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394.
2. Entro quattro mesi dalla data della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale si procede, con regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, alla revisione ed integrazione delle disposizioni regolamentari vigenti sull’immigrazione, sulla condizione dello straniero e sul diritto di asilo, limitatamente alle seguenti finalità:
a) razionalizzare l’impiego della telematica nelle comunicazioni, nelle suddette materie, tra le amministrazioni pubbliche;
b) assicurare la massima interconnessione tra gli archivi già realizzati a riguardo o in via di realizzazione presso le amministrazioni pubbliche;
c) promuovere le opportune iniziative per la riorganizzazione degli archivi esistenti.
3. Il regolamento previsto dall’articolo 1-bis, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, introdotto dall’articolo 28, è emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Le disposizioni di cui agli articoli 27 e 28 si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore del predetto regolamento; fino a tale data si applica la disciplina anteriormente vigente.
4. Fino al completamento di un adeguato programma di realizzazione di una rete di centri di permanenza temporanea e assistenza, accertato con decreto del Ministro dell’interno, sentito il Comitato di cui al comma 2 dell’articolo 2-bis del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, introdotto dall’articolo 2 della presente legge, il sindaco, in particolari situazioni di emergenza, può disporre l’alloggiamento, nei centri di accoglienza di cui all’articolo 40 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, di stranieri non in regola con le disposizioni sull’ingresso e sul soggiorno nel territorio dello Stato, fatte salve le disposizioni sul loro allontanamento dal territorio medesimo.
Articolo 30-bis.
(Istituzione della Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere).
1. È istituita, presso il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno, la Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere con compiti di impulso e di coordinamento delle attività di polizia di frontiera e di contrasto dell’immigrazione clandestina, nonché delle attività demandate alle autorità di pubblica sicurezza in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri. Alla suddetta direzione centrale è preposto un prefetto, nell’ambito della dotazione organica esistente.
2. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, la determinazione del numero e delle competenze degli uffici in cui si articola la Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere, nonché la determinazione delle piante organiche e dei mezzi a disposizione, sono effettuate con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, ai sensi dell’articolo 5 della legge 1o aprile 1981, n. 121. Dall’istituzione della Direzione centrale, che si avvale delle risorse umane, strumentali e finanziarie esistenti, non derivano nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato.
3. La denominazione della Direzione centrale di cui all’articolo 4, comma 1, lettera h), del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2001, n. 398, è conseguentemente modificata in “Direzione centrale per la polizia stradale, ferroviaria, delle comunicazioni e per i reparti speciali della Polizia di Stato”.
4. Eventuali integrazioni e modifiche delle disposizioni di cui ai commi precedenti sono effettuate con la procedura di cui all’articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
Articolo 30 ter
1. Nell’ambito delle strategie finalizzate alla prevenzione dell’immigrazione clandestina, il Ministero dell’interno, d’intesa con il Ministero degli affari esteri, può inviare presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari funzionari della Polizia di Stato, in qualità di esperti nominati secondo le procedure e le modalità previste dall’articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18. A tali fini il contingente previsto dal predetto articolo è aumentato sino ad un massimo di ulteriori undici unità, riservate agli esperti della Polizia di Stato, corrispondenti agli esperti nominati ai sensi del presente comma.
2. All’onere derivante dall’attuazione del presente articolo, determinato nella misura di euro 778.817 per l’anno 2002 e di euro 1.557.633, annui a decorrere dall’anno 2003, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.
Articolo 31.
(Disposizioni relative al Comitato parlamentare di controllo e vigilanza in materia di immigrazione ed asilo)
1. Al Comitato parlamentare istituito dall’articolo 18 della legge 30 settembre 1993, n. 388, che assume la denominazione di “Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione” sono altresì attribuiti compiti di indirizzo e vigilanza circa la concreta attuazione della presente legge, nonché degli accordi internazionali e della restante legislazione in materia di immigrazione ed asilo. Su tali materie il Governo presenta annualmente al Comitato una relazione. Il Comitato riferisce annualmente alle Camere sulla propria attività.
Articolo 32
(Norma finanziaria)
1. Dall’applicazione degli articoli 2, 5, 16, 17, 18, 19, 22 ter e 30 non devono derivare oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.
2. All’onere derivante dall’attuazione degli articoli 1, 12, comma 1, lettera c), 13 e 28, valutato in 25,91 milioni di euro per l’anno 2002, 130,65 milioni di euro per l’anno 2003, 125,62 milioni di euro per l’anno 2004, e 117,75 milioni di euro a decorrere dall’anno 2005, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.
3. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Sentenza numero 62/2000 della Corte di Cassazione – Sez. Unite – “La sentenza rigetta l’opposizione all’ordinanza ingiunzione dell’Ispettorato provinciale del lavoro con la quale era stata irrogata al datore di lavoro la prevista sanzione amministrativa per aver assunto un lavoratore extracomunitario senza il tramite dell’ufficio di collocamento. “
La Suprema Corte di Cassazione rigetta l’opposizione all’ordinanza ingiunzione dell’Ispettorato provinciale del lavoro con la quale le era stata irrogata la prevista sanzione amministrativa per aver assunto un lavoratore extracomunitario senza il tramite dell’ufficio di collocamento.
CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE
SENTENZA 62/2000
(… omissis …)
Svolgimento del processo
Con ricorso al Pretore del lavoro di Salerno la signora Antonia I. proponeva opposizione all’ordinanza ingiunzione dell’Ispettorato provinciale del lavoro con la quale le era stata irrogata la prevista sanzione amministrativa per aver assunto un lavoratore extracomunitario senza il tramite dell’ufficio di collocamento. Assumeva al riguardo la opponente che il divieto di assunzione diretta, generalmente non applicabile alle imprese – come la sua – con meno di tre dipendenti, avrebbe dovuto essere ritenuto non applicabile neppure nel caso di specie, di assunzione di lavoratore extracomunitario residente in Italia, in virtù delle leggi n. 943 del 1986 e n. 39 del 1990.
L’Ispettorato convenuto contestava la fondatezza dell’opposizione, che il Pretore adito peraltro accoglieva, osservando che l’art. 1 della legge n. 943 del 1986 [1] garantisce a tutti i lavoratori extracomunitari legalmente residenti in Italia parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani e che tale norma, non è stata abrogata da successive disposizioni. L’art. 6 della legge “n. 39 del 1990” (recte: n.943 del 1986) [2], d’altra parte, estende ai lavoratori extracomunitari la disciplina vigente per quelli italiani in materia di chiamata nominativa e di passaggio diretto, mentre il mancato richiamo all’istituto dell’assunzione diretta non è significativo nella specie, essendo verosimilmente dovuto al carattere eccezionale di tale procedura. La sanzione amministrativa, poi, è applicabile soltanto per violazione di precetti espressi e codificati e non anche, come nel caso de quo, di precetti risultanti da semplici interpretazioni di un contesto normativo.
Avverso questa sentenza l’Ispettorato soccombente ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un unico motivo di censura.
La I. ha presentato controricorso.
Il ricorso e stato assegnato dal Primo Presidente a queste Sezioni Unite poiché presenta una questione di diritto già decisa dalla Sezione Lavoro in senso difforme.
Motivi della decisione
L’Ispettorato ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 1,.primo comma, della legge n. 943 del 1986 e dell’art. 6, primo comma, della legge n. 39 del 1990, nonché vizi di motivazione, assume che da questa normativa. così come interpretata dal Ministero del lavoro con apposite circolari, discenda la inapplicabilità dell’assunzione diretta nei confronti dei lavoratori extracomunitari, posto che l’equiparazione di tali lavoratori a quelli italiani opererebbe solo ad instaurazione già avvenuta del rapporto lavorativo, previo il rilascio del nulla osta da parte delle autorità di controllo, sicché l’assunzione di quei lavoratori non potrebbe avvenire senza il tramite dell’ufficio di collocamento. Ed una riprova di tale regola discenderebbe dal rilievo che, per gli extracomunitari, l’unica ipotesi del lavoro domestico, in cui, per i lavoratori italiani, tra le altre, è consentita la chiamata diretta, è disciplinata per gli extracomunitari con una specifica deroga normativa, essendo disposta per costoro la chiamata nominativa.
Il ricorso deve ritenersi infondato.
L’art. 1 della legge 30 dicembre 1986 n. 943, recante “norme in materia di collocamento e di trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e contro le immigrazioni clandestine”, in attuazione della convenzione dell’O.I.L. n. 143 del 1975, ratificata con legge n. 158 del 1981, afferma che “La Repubblica italiana garantisce a tutti i lavoratori extracomunitari legalmente residenti nel suo territorio e alle loro famiglie parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani”.
L’art. 6 della stessa legge dispone poi l’estensione agli extracomunitari della disciplina vigente per i lavoratori italiani in ordine all’avviamento al lavoro con chiamata nominativa ed al passaggio diretto da un azienda all’altra (primo comma), e, per quanto riguarda la loro assunzione per i servizi domestici, stabilisce che questa deve avvenire con richiesta nominativa (secondo comma).
Successivamente – per quanto nella specie interessa ratione temporis – è intervenuta la legge 28 febbraio 1990 n. 39, di conversione del D.L. 30 dicembre 1989 n. 416, recante “Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato, disposizioni in materia di asilo”, il cui art. 9, terzo comma, stabilisce che il permesso di soggiorno per motivi di lavoro dà facoltà di iscrizione nelle liste di collocamento predisposte per i lavoratori italiani.
Tale disciplina ha dato luogo, sia in dottrina che in sede giurisprudenziale, a differenti orientamenti interpretativi, con riferimento, in particolare, alla ammissibilità, per i lavoratori extracomunitari, dell’assunzione per chiamata diretta nei casi previsti dalla legge per i lavoratori italiani, tra i quali il caso, di cui alla fattispecie in esame, dell’assunzione da parte di aziende con non più di tre dipendenti.
L’orientamento giurisprudenziale contrario alla predetta ammissibilità è espresso nelle sentenze di questa Corte 11 febbraio 1997 n. 1239, 24 ottobre 1997 n. 10473 e 16 gennaio 1999 n. 425, nelle quali è affermato che, nel silenzio della legge n. 39 del 1990 in materia di avviamento al lavoro, l’art. 6 della legge n. 943 del 1986, con la sua “pacifica” esclusione dell’assunzione diretta per i lavoratori extracomunitari, deve considerarsi tuttora in vigore, non sussistendo alcuna altra norma di legge che espressamente o implicitamente l’abbia abrogato. Non è dato rilevare, in particolare, quale incompatibilità possa sussistere fra la successiva permissione legislativa ai lavoratori extracomunitari di ottenere la immediata iscrizione nelle liste di collocamento predisposte per i lavoratori italiani con il solo permesso di soggiorno, e la precedente previsione specifica per la procedura di avviamento al lavoro, che “pacificamente” esclude gli stessi lavoratori extracomunitari dall’assunzione diretta. Le successive disposizioni, invero, non possono incidere sulle precedenti, oltre che per l’insussistente loro incompatibilità anche per le motivazioni sottese a queste ultime, quali quelle di una maggiore tutela, attraverso accertamenti preventivi, di un corretto inserimento di detti lavoratori, certamente a rischio di sfruttamento, nel mondo del lavoro. D’altra parte, l’istituto della chiamata diretta costituisce vera e propria eccezione nell’ambito delle procedure di avviamento al lavoro, e, come tale, mal si concilia con una superficiale ed immotivata estensione non specificamente prevista da espressa disposizione legislativa. Né appare determinante il riferimento al dato testuale dell’art. 6 della legge n. 943 del 1986 che prevede al secondo comma la chiamata nominativa per i lavoratori extracomunitari da adibirsi ai lavori domestici, in quanto, secondo la tesi contraria, riferendosi ad una sola delle ipotesi di chiamata diretta di cui all’art. 11 della legge n. 264 del 1949, confermerebbe per le residue ipotesi, fra le quali quella in esame per le aziende con non più di tre dipendenti, la generale applicabilità di detto istituto anche ai lavoratori extracomunitari. Invero, la previsione che l’assunzione di questi ultimi da adibire ai lavori domestici deve avvenire per chiamata nominativa, riconfermerebbe, in via conclusiva e definitiva, l’esclusione di qualsiasi possibilità assunzione per chiamata diretta in ogni altro caso.
L’opposto orientamento giurisprudenziale è espresso nelle sentenze di questa Corte 22 maggio 1997 n. 4548 e 21 agosto 1997 n. 7839, nelle quali si è affermato che la disciplina dell’assunzione diretta è applicabile anche ai lavoratori extracomunitari, con la sola esclusione di quelli da adibire ai servizi domestici, per i quali l’art. 6, secondo comma, della legge n. 943 del 1986 richiede l’assunzione con richiesta nominativa., invero, nel silenzio della normativa della legge n. 943 del 1986, non può non valere il carattere generale del disposto dell’art. 11 legge 29 aprile 1949 n. 264, che non pone alcuna distinzione tra lavoratori italiani e stranieri per quanto attiene all’assunzione diretta, tanto più che, in assenza di specifiche disposizioni contrarie, l’intera legge n. 264 è suscettibile di applicazione ai lavoratori stranieri, tenuto conto dell’esistenza nell’art. 9 della stessa legge di un comma aggiunto dall’art. 3 legge 10 febbraio 1961 n. 5, che fa espresso riferimento ai “lavoratori stranieri che chiedono di iscriversi nelle liste di collocamento” per stabilire che devono essere muniti di permesso di soggiorno o di un documento equipollente. D’altra parte, l’esclusione dell’assunzione diretta non sarebbe giustificabile né con l’esigenza di “monitorare” i flussi di manodopera straniera, che può essere soddisfatta con lo strumento della comunicazione dell’avvenuta assunzione diretta che i datori di lavoro sono tenuti ad inviare agli uffici di collocamento, né con l’esigenza di tutelare fasce della forza lavoro particolarmente esposte a odiose forme di sfruttamento, che non sussiste certamente nei casi, previsti dallo stesso art. 11, nei quali l’elemento fiduciario è, da solo, determinante proprio per consentire la chiamata diretta. Inoltre, l’art. 9, terzo comma, legge n. 39 del 1990, attribuendo ai lavoratori extracomunitari che abbiano ottenuto il rilascio del permesso di soggiorno la facoltà di iscrizione nelle liste di collocamento predisposte per i lavoratori italiani, sta a confermare il diritto dei lavoratori stessi ad accedere alla fruizione di tutte le opportunità occupazionali previste dall’ordinamento nel rispetto delle procedure e delle modalità previste dalla disciplina generale, con la sola eccezione della richiesta nominativa prescritta, in luogo dell’assunzione diretta, per i lavori domestici degli extracomunitari dall’art. 6, secondo comma, cit.. E pertanto, in un quadro normativo siffatto, la differenziazione della disciplina delle assunzioni dei lavoratori extracomunitari da adibire ai servizi domestici rispetto a quella applicabile ai lavoratori italiani costituisce l’unica eccezione ad un sistema paritario di avviamento al lavoro, anziché la conferma implicita di un generale divieto di assunzione diretta dei lavoratori extracomunitari.
Orbene, deve ritenersi che debba essere seguito questo secondo orientamento per la sua maggiore aderenza al dettato normativo.
Invero, i casi nei quali è ammessa la assunzione diretta dei lavoratori italiani sono previsti dagli artt.11, terzo e quarto comma, e 19 legge 29 aprile 1949, 264 (nonché dall’art. 23, terzo comma, legge 28 febbraio 1987 n. 56) e concernono, tra gli altri, i domestici, i lavoratori addetti ad aziende con non più di tre dipendenti ed i lavoratori che passino direttamente ed immediatamente dall’azienda nella quale sono occupati ad un’altra.
Ora, poiché, come si è visto, l’art. 6, primo comma, legge n. 943 del 1986 stabilisce che per l’avviamento con chiamata nominativa e per il passaggio diretto si applica la disciplina vigente per i lavoratori italiani e lo stesso art. 6, secondo comma, legge n. 943 del 1986 prevede che l’assunzione di lavoratori extracomunitari da adibirsi ai servizi domestici avviene con richiesta nominativa, potrebbe ritenersi che dal rapporto tra questa specificazione per gli stranieri e la regola generale per i lavoratori italiani possano trarsi argomentazioni opposte, nel senso che potrebbe sembrare corretto inferirne che la previsione espressa dell’applicabilità ai lavoratori extracomunitari della disciplina vigente per i lavoratori italiani solo per l’avviamento con chiamata nominativa e per il passaggio diretto escluda gli extracomunitari medesimi dall’ambito di applicazione in generale delle norme che regolano l’assunzione diretta, ovvero, viceversa, detta previsione costituisca, insieme con la previsione specifica della chiamata nominativa per i lavori domestici, eccezione alla regola generale dell’applicabilità agli extracomunitari della disciplina della chiamata diretta dettata per i lavoratori italiani per gli altri casi.
Sennonché, mentre deve rilevarsi il carattere apodittico dell’affermazione secondo cui sarebbe “pacifica” l’esclusione dell’assunzione diretta per i lavoratori extracomunitari, laddove è proprio tale esclusione l’oggetto. oltre che di un vivace dibattito dottrinale. delle controversie giudiziarie in tale materia, va affermato che la possibilità di trarre opposte argomentazioni dalle predette specifiche norme risulta del tutto apparente, posto che l’anfibologia si risolve sulla base del dettato normativo di cui all’art. 1 legge n. 943 del 1986, che garantisce ai lavoratori extracomunitari regolarmente soggiornanti in Italia “parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani”, così come ora ribadisce l’art. 2 del decreto legislativo n. 286 del 1998, precisando che lo straniero regolarmente soggiornante in Italia gode dei diritti in materia civile riconosciuti al cittadino italiano.
Di conseguenza, posto che, come ha affermato la Corte Costituzionale nella sentenza 30 dicembre 1998 n. 454, deve ritenersi erroneo il criterio di considerare vietato ciò che non è esplicitamente consentito, per affermare l’esclusione del diritto degli extracomunitari all’assunzione diretta sarebbe necessaria una norma che esplicitamente o implicitamente derogasse in tal senso al principio della piena uguaglianza dei diritti sancito da dette disposizioni.
Tale norma è peraltro insussistente nella materia in esame, e, d’altra parte, il carattere eccezionale della disposizione di cui all’art. 6, secondo comma legge n. 943 del 1986 si evince dal suo dato testuale, dal quale emerge che ivi è regolata in via derogatoria soltanto una delle ipotesi di chiamata diretta, quella dei lavoratori domestici, disciplinata unitamente ad altre distinte categorie di lavoratori (portieri, addetti a studi professionali, ecc.) dal n. 5 dell’art. 11 legge n. 264 del 1949, mentre nessuna specifica regolamentazione dettano il suddetto art. 6 e l’intera normativa della legge n. 943 del 1986, per le restanti ipotesi di chiamata diretta, di cui all’art. 11 (tra gli altri) della legge di avviamento al lavoro, da ritenere, come si rileverà tra poco argomentando dall’art. 3 legge n. 5 del 1961, di applicazione generalizzata.
Del pari devesi ritenere erroneo l’assunto secondo cui detto principio sarebbe valido soltanto successivamente alla costituzione del rapporto di lavoro.
Invero, la parità di opportunità e di trattamento in materia di occupazione e di professione che l’art. 10 della convenzione OIL n. 143 del 1975 (resa esecutiva in Italia con la legge 10 aprile 1981 n. 158) impegna ciascuno Stato membro a garantire ai lavoratori migranti che si trovano nel territorio italiano, così come la parità di trattamento e la piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani che, in attuazione della predetta convenzione, l’art. 1 legge n. 943 del 1986 garantisce ai lavoratori extracomunitari legalmente residenti in Italia, comprendono la possibilità per costoro di concorrere con i lavoratori italiani nell’accesso alle occasioni di lavoro in tutti i casi previsti dalle leggi in materia, salve ovviamente le espresse deroghe ivi contenute.
E che la parità sia estesa alla fase anteriore alla costituzione del rapporto di lavoro si evince chiaramente anche dal rilievo che la legge 10 febbraio 1961 n. 5, proprio sul presupposto dell’applicazione generalizzata della legge n. 264 del 1949 in materia di collocamento (sicché le disposizioni dell’intera legge sono suscettibili, in assenza di specifiche disposizioni contrarie, di applicazione anche per le fattispecie interessanti i lavoratori stranieri), ha apportato nell’art. 3 modifiche all’art. 9 di quest’ultima, statuendo che “i lavoratori stranieri che chiedono di iscriversi nelle liste di collocamento devono essere muniti di permesso di soggiorno per motivi di lavoro”.
D’altra parte, per andare di contrario avviso non possono addursi l’esigenza di .”monitorare” costantemente i flussi occupazionali di manodopera straniera, meglio garantiti dalla richiesta nominativa, e l’ulteriore esigenza di tutelare fasce deboli della forza lavoro, spesso oggetto di odiose forme di sfruttamento.
Tali obiezioni, invero, se fondate (ma sembra agevole rilevare che la possibilità di forme di monitoraggio e di controlli indispensabili per una ordinata collocazione della manodopera straniera è sempre possibile sia in via preventiva in sede di immigrazione sia in via successiva attraverso lo strumento della comunicazione prevista nelle diverse ipotesi di assunzione diretta), rivelerebbero unicamente degli inconvenienti della legge ma non potrebbero essere assunte a criteri ermeneutici idonei ad invalidare i rilievi sopra svolti, fondati su precisi dati testuali.
Risulta quindi corretto (oltre che conforme a quanto affermato dalla Corte Costituzionale con le sentenze interpretative di rigetto n. 454 del 30 dicembre 1998 e n. 249 del 16 giugno 1995) il principio che, in difetto di una esplicita esclusione, come quella fatta per i lavoratori da adibire ai servizi domestici, per i quali comunque l’assunzione può avvenire con richiesta nominativa, anche i lavoratori extracomunitari aventi titolo per accedere al lavoro subordinato in Italia in condizioni di parità con i cittadini italiani possono essere assunti direttamente in tutti i casi previsti dalla legge (in particolare dall’art. 11 della legge n. 264 del 1949), e, quindi, anche nel caso di specie, della chiamata da parte di azienda con non più di tre dipendenti.
In definitiva il ricorso deve essere rigettato.
Quanto alle spese giudiziali, nell’esistenza del contrasto giurisprudenziale solo ora composto si ravvisano giusti motivi per la loro integrale compensazione tra le parti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Sentenza numero 376 del 12 luglio 2000 della Corte Costituzionale – “La sentenza dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 2, lettera d) della legge 6 marzo 1998, n. 40, ora sostituito dall’art. 19, comma 2, lett. d) del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico disciplina immigrazione), nella parte in cui non estende il divieto di espulsione al marito convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio “
La Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 2, lettera d) della legge 6 marzo 1998, n. 40, ora sostituito dall’art. 19, comma 2, lett. d) del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico disciplina immigrazione), nella parte in cui non estende il divieto di espulsione al marito convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio.
CORTE COSTITUZIONALE
SENTENZA N. 376 – ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
– Cesare MIRABELLI Presidente
– Francesco GUIZZI Giudice
– Fernando SANTOSUOSSO
– Massimo VARI
– Cesare RUPERTO
– Riccardo CHIEPPA
– Valerio ONIDA
– Carlo MEZZANOTTE
– Fernanda CONTRI
– Guido NEPPI MODONA
– Piero Alberto CAPOTOSTI
– Annibale MARINI
– Franco BILE
– Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 2, lett. d) della legge 6 marzo 1998, n. 40 (Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), promosso con ordinanza emessa il 29 marzo 1999 dal Pretore di Termini Imerese nel procedimento civile tra Dylmishi Selim e il Prefetto di Palermo, iscritta al n. 302 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 1999.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 10 maggio 2000 il Giudice relatore Fernanda Contri.
Ritenuto in fatto
1. – Il Pretore di Termini Imerese è investito della decisione di un ricorso proposto da un cittadino albanese – ai sensi dell’art. 11, comma 8, della legge n. 40 del 1998 – avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Palermo perché non aveva chiesto nei termini prescritti il rinnovo del permesso di soggiorno; a sostegno della domanda il ricorrente ha dichiarato di risiedere in Italia da circa dieci anni, di svolgere attività di collaboratore domestico, di essere coniugato e convivente con una sua concittadina in stato di gravidanza a rischio di aborto prematuro, di esser stato in possesso di un regolare permesso di soggiorno e di non averlo potuto rinnovare per cause di forza maggiore.
Il giudice a quo, ritenuto che il decreto di espulsione impugnato sia legittimo, in considerazione sia del negligente ritardo con cui l’interessato aveva richiesto il rinnovo del permesso di soggiorno che dell’insussistenza della causa di forza maggiore invocata dal ricorrente, ha sollevato d’ufficio questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 2, lettera d) della legge 6 marzo 1998, n. 40 (Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) nella parte in cui non prevede il divieto di espulsione dello straniero coniugato e convivente con donna in stato di gravidanza e nei sei mesi successivi alla nascita di un figlio, per violazione degli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione.
Secondo il rimettente l’art. 2 Cost. riconosce anche allo straniero i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, mentre l’art. 10 Cost. gli riconosce i diritti derivanti dalle norme e dai trattati internazionali; il diritto di formare una famiglia e di mantenere l’unità del nucleo familiare, previsti dall’art. 12 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata dall’Italia con la legge 4 agosto 1955, n. 848, così come tutti i diritti e le potestà di cui agli artt. 29 e 30 Cost., dovrebbero perciò essere garantiti allo straniero come al cittadino; al riguardo il giudice a quo ritiene che l’omessa previsione del divieto di espulsione dello straniero, coniugato e convivente con una donna in stato di gravidanza e nei sei mesi successivi alla nascita del figlio, determinerebbe l’impossibilità per l’espulso di esercitare i diritti e di adempiere i doveri nei confronti del coniuge, del nascituro e del figlio dopo la nascita.
Secondo il giudice a quo tale omissione violerebbe anche l’art. 3 Cost., dal momento che la mancata previsione del divieto di espulsione del padre, coniugato e convivente con la donna incinta e nei sei mesi successivi alla nascita del figlio, creerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra i coniugi e renderebbe di difficile attuazione lo stesso divieto di espulsione nei confronti delle madri straniere, le quali ben difficilmente, in caso di allontanamento del marito, potrebbero decidere di restare in Italia senza l’adeguato sostegno materiale e morale del coniuge.
Ritiene infine il rimettente che anche l’unità familiare e la tutela dei minori, che pure sono tra gli obbiettivi degli artt. 26 e segg. della stessa legge n. 40 del 1998, finirebbero per essere non garantiti nel caso di espulsione del “capofamiglia”.
2. – E’ intervenuto nel giudizio di legittimità costituzionale il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo alla Corte, in via preliminare, di restituire gli atti al giudice a quo per un nuovo esame della rilevanza della questione alla luce dello jus superveniens, intervenuto in epoca successiva alla ordinanza di rimessione e, in subordine, di dichiarare la questione infondata.
Quanto al primo profilo, l’Avvocatura osserva che il nuovo testo dell’art. 49, comma 2, del testo unico n. 286 del 1998, introdotto dall’art. 8 del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Disposizioni correttive al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’art. 47, comma 2, della legge 6 marzo 1998, n. 40) ha disciplinato la c.d. regolarizzazione degli stranieri, presenti sul territorio dello Stato anteriormente alla data di entrata in vigore della legge n. 40 del 1998, che siano in possesso di determinati requisiti; dal momento che lo straniero che ha proposto opposizione all’espulsione davanti al Pretore di Termini Imerese sembrerebbe rientrare tra coloro i quali possono beneficiare della regolarizzazione, ciò imporrebbe, ad avviso della difesa erariale, una nuova valutazione della rilevanza della questione da parte del giudice a quo.
Nel merito l’Avvocatura ritiene che la questione sia infondata, dal momento che con essa si richiede al giudice delle leggi un intervento additivo che non potrebbe essere assunto se non nel quadro di ripensamenti più generali del complesso sistema normativo riguardante la materia; nel predisporre la disciplina di cui si tratta, il legislatore avrebbe operato un bilanciamento di interessi tra l’esigenza di riconoscere agli stranieri una serie di facoltà e quella, pure apprezzabile, di disciplinare l’ingresso ed il soggiorno nello Stato dei non cittadini; sotto questo profilo nella norma denunciata non sarebbero ravvisabili violazioni degli artt. 2, 10, 29 e 30 Cost.
Sempre secondo l’Avvocatura non vi sarebbe neppure violazione dell’art. 3 Cost., dal momento che il divieto di espulsione della donna incinta o che abbia partorito da meno di sei mesi costituirebbe una eccezione alla regola generale, determinata dalla necessità di far fronte ad esigenze primarie della madre e del bambino, e non sarebbe assimilabile a quella del padre che versi in situazione di illegalità.
Considerato in diritto
1. – Il Pretore di Termini Imerese dubita della legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 2, lettera d) della legge 6 marzo 1998, n. 40 (Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) nella parte in cui non prevede il divieto di espulsione dello straniero coniugato e convivente con donna in stato di gravidanza e nei sei mesi successivi alla nascita di un figlio, per la violazione: (a) degli artt. 2 e 10 della Costituzione, perché la norma impugnata non tutelerebbe i diritti inviolabili dell’uomo, ed in particolare il diritto di formare una famiglia riconosciuto dall’art. 12 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata dall’Italia con la legge 4 agosto 1955, n. 848; (b) dell’art. 3 Cost., perché la disposizione prevederebbe per il coniuge straniero di sesso maschile un trattamento diverso e meno favorevole rispetto a quello della donna incinta e della donna che ha partorito da non oltre sei mesi, per le quali vige il divieto di espulsione; (c) degli artt. 29 e 30 Cost., perché essa non garantirebbe l’unità familiare e non consentirebbe allo straniero di esercitare i diritti e i doveri nei riguardi dei figli minori e del coniuge.
2. – Occorre preliminarmente osservare che la norma impugnata dal Pretore di Termini Imerese è stata interamente trasfusa, senza modificazione alcuna, nell’art. 19, comma 2, lett. d) del d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) in forza della delega legislativa contenuta nell’art. 47 della stessa legge n. 40 del 1998; la questione di legittimità costituzionale deve intendersi perciò trasferita sulla norma del testo unico, rinvenendosi tuttora nell’ordinamento la norma impugnata, secondo il principio affermato da questa Corte nelle sentenze n. 84 del 1996 e n. 454 del 1998.
3. – Sempre in via preliminare deve essere disattesa la richiesta dell’Avvocatura dello Stato di restituzione degli atti al giudice rimettente per una nuova valutazione della rilevanza della questione alla luce dello jus superveniens costituito dall’art. 8 del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Disposizioni correttive al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’art. 47, comma 2, della legge 6 marzo 1998, n. 40); infatti la norma indicata dalla difesa erariale – che ha disposto una sanatoria per alcune categorie di stranieri presenti sul territorio dello Stato – non ha inciso, né direttamente né indirettamente, su quella impugnata dal giudice rimettente e non è perciò suscettibile di essere applicata nel giudizio in corso davanti al Pretore di Termini Imerese, nel quale il thema decidendum continua ad essere rappresentato dalla domanda del ricorrente; l’eventuale possibilità per lo straniero di usufruire delle norme di sanatoria risulta quindi una questione di mero fatto, che non può incidere sul presente giudizio di legittimità costituzionale.
4. – La questione, nei termini in cui è stata rimessa a questa Corte dal giudice a quo, è fondata.
5. – La norma impugnata, collocata al Capo III (Disposizioni di carattere umanitario) del Titolo II della legge n. 40 del 1998, sotto l’onnicomprensiva intitolazione “Divieti di espulsione e di respingimento” prevede alcuni divieti di espulsione degli stranieri che si trovino in posizione irregolare sul territorio dello Stato e disciplina situazioni che sono fra loro non omogenee. In particolare, mentre il comma 1 stabilisce un divieto assoluto ed incondizionato di espulsione e di respingimento dello straniero verso uno Stato ove egli possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, sesso, lingua, cittadinanza, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali, il comma 2 prevede – salvo i casi in cui ricorrano esigenze di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, disciplinati dall’art. 11, comma 1 della stessa legge – divieti di espulsione e di respingimento per alcune categorie di stranieri in relazione a loro particolari e specifiche condizioni personali o familiari. Il divieto in questi casi riguarda: lo straniero minorenne, che non può mai essere espulso salvo il suo diritto di seguire il genitore o l’affidatario che siano stati espulsi; gli stranieri che siano in possesso della carta di soggiorno, per i quali le condizioni di espulsione sono indicate dall’art. 7, comma 5 della legge; coloro che sono sposati e convivono con un cittadino e coloro che convivono con cittadini italiani, loro parenti entro il quarto grado; e infine le donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi al parto. In quest’ultimo caso si tratta dunque, più che di un divieto assoluto di espulsione o di respingimento, di una temporanea sospensione del relativo potere fondata sulla particolare tutela che l’ordinamento, in questa come in varie altre materie, appresta per la donna in stato di gravidanza e nel periodo immediatamente successivo alla nascita del figlio; tutela che viene riconosciuta in vista della protezione sia della stessa donna che del figlio minore, nato o nascituro. Non va dimenticato peraltro che queste esigenze di tutela del nucleo familiare, individuate dal legislatore e nella specie previste a favore della donna, cedono di fronte a quelle di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato che sono affermate nell’art. 11, comma 1, della legge n. 40 del 1998, richiamato espressamente dall’art. 17, comma 2; infatti questa norma fa comunque salvo, in tutti i casi, il potere del Ministro dell’interno di disporre l’espulsione dello straniero per i sopracitati motivi.
La particolare ratio delle norme che prevedono benefici a favore della donna nel periodo immediatamente antecedente e in quello successivo al parto è stata già considerata da questa Corte che, nella sentenza n. 1 del 1987, ha osservato come la norma in materia di astensione obbligatoria dal lavoro della donna che ha partorito, se ha “certamente il fine di tutelare la salute della donna nel periodo immediatamente susseguente al parto…. considera e protegge anche il rapporto che in tale periodo necessariamente si svolge tra madre e figlio, e tanto non solo per ciò che attiene i bisogni più propriamente biologici, ma anche in riferimento alle esigenze di carattere relazionale ed affettivo che sono collegate allo sviluppo della personalità del bambino”. La norma in esame si colloca – nel quadro delle disposizioni che vietano l’espulsione ed il respingimento dello straniero per ragioni di carattere umanitario e più in generale all’interno della disciplina sull’ingresso ed il soggiorno degli stranieri – nella stessa peculiare posizione; anche in questo caso infatti viene in rilievo, oltre alla tutela della salute della donna straniera incinta o che abbia partorito da non oltre sei mesi – situazione soggettiva che come tale giustificherebbe ex se una tutela rafforzata – l’esigenza di assicurare una speciale protezione alla famiglia in generale, ed ai figli minori in particolare, che hanno il diritto di essere educati all’interno del nucleo familiare per conseguire un idoneo sviluppo della loro personalità; una protezione che non può non ritenersi estesa anche agli stranieri che si trovino a qualunque titolo sul territorio dello Stato perché, come questa Corte ha già più volte avuto modo di affermare, “il diritto e il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, e perciò di tenerli con sé, e il diritto dei genitori e dei figli minori ad una vita comune nel segno dell’unità della famiglia, sono ….. diritti fondamentali della persona che perciò spettano in via di principio anche agli stranieri” (sentenza n. 28 del 1995, richiamata anche dalla sentenza n. 203 del 1997).
6. – I principi di protezione dell’unità familiare, con specifico riguardo alla posizione assunta nel nucleo dai figli minori in relazione alla comune responsabilità educativa di entrambi i genitori, non trovano riconoscimento solo nella nostra Costituzione ma sono affermati anche da alcune disposizioni di trattati internazionali ratificati dall’Italia, tra le quali: quelle di cui agli artt. 8 e 12 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848; l’art. 10 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali e l’art. 23 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966, ratificati e resi esecutivi dalla legge 25 ottobre 1977, n. 881; gli artt. 9 e 10 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo, ratificata e resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991, n. 176; dal complesso di queste norme, pur nella varietà delle loro formulazioni, emerge un principio, pienamente rinvenibile negli artt. 29 e 30 Cost., in base al quale alla famiglia deve essere riconosciuta la più ampia protezione ed assistenza, in particolare nel momento della sua formazione ed in vista della responsabilità che entrambi i genitori hanno per il mantenimento e l’educazione dei figli minori; tale assistenza e protezione non può non prescindere dalla condizione, di cittadini o di stranieri, dei genitori, trattandosi di diritti umani fondamentali, cui può derogarsi solo in presenza di specifiche e motivate esigenze volte alla tutela delle stesse regole della convivenza democratica.
7. – La norma in esame, pur apprestando nella particolare materia dell’ingresso e del soggiorno degli stranieri sul territorio dello Stato una tutela adeguata nei riguardi della donna incinta e di colei che ha partorito da non oltre sei mesi, omette tra l’altro di considerare proprio quelle ulteriori esigenze del minore e cioè il suo diritto ad essere educato, tutte le volte che ciò sia possibile, in un nucleo familiare composto da entrambi i genitori e non dalla sola madre; consentendo l’espulsione del marito convivente, come esattamente osserva il giudice rimettente, la norma mette oltretutto la donna straniera che si trova nel territorio dello Stato in una alternativa drammatica tra il seguire il marito espulso all’estero e l’affrontare il parto ed i primi mesi di vita del figlio senza il sostegno del coniuge, e questo proprio nel momento in cui si va formando quel nuovo più ampio nucleo familiare che la legge, in forza degli artt. 29 e 30 Cost., deve appunto tutelare.
8. – Come questa Corte ha già stabilito (sentenza n. 341 del 1991), esiste un principio di “paritetica partecipazione di entrambi i coniugi alla cura e all’educazione della prole, senza distinzione o separazione di ruoli tra uomo e donna, ma con reciproca integrazione di essi”, in forza del quale deve ritenersi costituzionalmente illegittima la norma de qua nella parte in cui non prevede un divieto di espulsione anche nei riguardi del marito convivente della donna incinta o della donna che abbia partorito da non oltre sei mesi; la presenza del padre è infatti essenziale nel delicato periodo preso in considerazione dal legislatore quando ha stabilito, all’art. 17, comma 2 della legge, la particolare tutela della madre e del bambino. La giurisprudenza di questa Corte ha già più volte sottolineato come numerose norme, a partire dagli anni ’70, abbiano “dato sempre maggiore realizzazione ai valori costituzionalmente garantiti della parità fra uomini e donne, della funzione sociale della maternità”, avuto riguardo ai “superiori interessi del bambino come oggetto di tutela diretta, quando non prevalente ed esclusiva” (sentenza n. 179 del 1993).
Lo stesso legislatore, del resto, nella recente legge 8 marzo 2000, n. 52 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città), ha previsto speciali disposizioni a sostegno, oltre che della maternità, anche della paternità.
E’ quindi evidente che, una volta parificata la posizione del marito convivente con donna incinta, o che ha partorito da non oltre sei mesi, con quella della stessa, deve essere esteso anche a tale soggetto il divieto di espulsione, salvo che sussistano i motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato previsti dall’art. 11, comma 1, richiamato dall’art. 17, comma 2 della legge.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 2, lettera d) della legge 6 marzo 1998, n. 40 (Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), ora sostituito dall’art. 19, comma 2, lett. d) del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nella parte in cui non estende il divieto di espulsione al marito convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2000.
F:to:
Cesare MIRABELLI, Presidente
Fernanda CONTRI, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in cancelleria il 27 luglio 2000.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
Le Pacte de Brunnen (1315)
Le Pacte de Brunnen (1315)
Dans la lutte pour le titre impérial, en 1314, les Waldstätten prennent parti pour Louis de Bavière contre Frédéric le Beau d’Habsbourg-Autriche. De plus, profitant de ce temps troublé, ils attaquent l’abbaye d’Einsiedeln le 6 janvier 1314 pour une vieille lutte pour la possession d’alpages. Mais, à cause du pillage de l’abbaye, les Waldstätten sont mis au ban de l’empire et Léopold, duc d’Autriche, les attaque. C’est la bataille de Morgarten, le 15 novembre 1315, et la victoire écrasante des Confédérés qui surprennent et désorganisent l’ennemi par une avalanche préparée de rocs et troncs d’arbres. Cette victoire de montagnards sur des chevaliers (1500 tués environ, la noblesse du plateau suisse est décimée) a un grand retentissement dans tout l’Empire. Le 9 décembre 1315, les Confédérés (“Eidgenossen” : le terme apparaît pour la première fois dans ce pacte) se réunissent à Brunnen pour renouveler et compléter leur ancienne alliance. Le texte original est en allemand.
“Au nom de Dieu, Amen !
Comme la nature est faible et fragile, il arrive que ce qui devrait être durable et perpétuel est bientôt facilement livré à l’oubli; c’est pourquoi il est utile et nécessaire que les choses qui sont établies pour la paix, la tranquillité, l’avantage et l’honneur des hommes, soient mises par écrit et rendues publiques par des actes authentiques.
Ainsi donc, nous d’Uri, de Schwytz et d’Unterwald faisons savoir à tous ceux qui liront ou entendront ces présentes lettres, que prévoyant et appréhendant des temps fâcheux et difficiles, et afin de pouvoir mieux jouir de la paix et du repos, défendre et conserver nos corps et nos biens, nous nous sommes mutuellement promis de bonne foi et par serment, de nous assister réciproquement de conseils, de secours, de corps et de biens, et à nos frais, contre tous ceux qui feront ou voudront faire injure ou violence à nous et aux nôtres, à nos personnes ou à nos fortunes, de manière que si quelque dommage est porté à la personne ou aux biens de l’un d’entre nous, nous le soutiendrons, pour qu’à l’amiable ou par justice, restitution ou réparation lui soit faite.
De plus, nous promettons par le même serment qu’aucun des trois Pays et nul d’entre nous ne reconnaîtra qui que ce soit pour son seigneur, sans le consentement et la volonté des autres. Du reste chacun de nous, homme ou femme, doit obéir à son seigneur légitime et à la puissance légitime en tout ce qui est juste et équitable, sauf aux seigneurs qui useront de violence envers l’un des Pays, ou qui voudront dominer injustement sur nous, car à tels aucune obéissance n’est due jusqu’à ce qu’ils se soient accordés avec les Pays. Nous convenons aussi entre nous que nul des Pays, ni des Confédérés ne prêtera serment et ne rendra hommage à aucun étranger sans le consentement des autres Pays et Confédérés; qu’aucun Confédéré n’entrera en négociation avec quelque étranger que ce soit sans la permission des autres Confédérés, aussi longtemps que les Pays seront sans seigneur. Que si quelqu’un de nos Pays trahit leurs intérêts, viole ou transgresse un des articles arrêtés et contenus dans le présent acte, il sera déclaré perfide et parjure, et son corps et ses biens seront confisqués au profit des Pays.
Outre cela nous avons aussi convenu de ne recevoir et de n’admettre pour juge aucun homme qui aurait acheté sa charge à prix d’argent ou de quelque autre manière, ou qui ne serait pas notre compatriote. S’il naît ou s’élève quelque différend ou guerre entre les Confédérés, les hommes les plus intègres et les plus prudents se réuniront pour pacifier ce différend ou terminer cette guerre soit à l’amiable, soit par la justice; si l’une des parties s’y refuse, les Confédérés assisteront l’autre pour qu’à l’amiable ou par justice, la dispute soit terminée aux dépens de celle qui aura refusé les moyens de conciliation. Si entre deux Pays survient une querelle ou guerre, et que l’un d’eux ne veuille pas y mettre fin à l’amiable ou par justice, le troisième Pays soutiendra celui qui consentait à un arrangement et lui donnera secours pour que l’affaire se termine de gré ou de force.
Si un des Confédérés en tue un autre, il sera puni de mort, à moins qu’il ne puisse prouver et que les juges ne déclarent qu’il l’a fait par nécessité, pour défendre sa vie. Si le meurtrier s’enfuit, quiconque de notre pays le recevra, lui donnera refuge dans sa maison et le défendra, sera exilé et ne rentrera pas dans sa patrie s’il n’y est rappelé du consentement des Confédérés.
Si un des Confédérés met ouvertement ou en secret et à dessein le feu à la maison d’un autre, il sera banni à perpétuité de notre territoire, et quiconque le recevra dans sa maison, lui donnera asile et protection, sera tenu de réparer le dommage causé par l’incendiaire.
Nul ne pourra prendre des gages que de son débiteur ou de sa caution, et il ne le fera point sans l’autorité du juge. Chacun obéira à son juge et indiquera le juge dans notre pays devant lequel il veut comparaître.
Si quelqu’un refuse de se soumettre à la sentence et que sa désobéissance porte dommage à l’un des Confédérés, ceux-ci le contraindront à l’indemniser.
Et afin que les assurances et les conditions susdites demeurent stables et perpétuelles, nous, ci-dessus nommés, citoyens et Confédérés d’Uri, de Schwytz et d’Unterwald, avons apposé nos sceaux au présent acte fait à Brunnen, l’an 1315 de la naissance de notre Seigneur Jésus-Christ, le premier mardi après le jour de Saint-Nicolas [9 décembre] .”
Sentenza numero 1082 del 1999 della Corte suprema di cassazione sezione prima civile – “La sentenza riconosce allo straniero espulso il diritto di rivolgersi anche alla Suprema Corte”
La sentenza riconosce allo straniero il diritto di rivolgersi anche alla Suprema Corte
Espulsione, l’extracomunitario
può sempre ricorrere
(Cassazione 1082/99)
Il cittadino extracomunitario può fare ricorso al giudice ordinario contro l’espulsione che ritiene illegittima. L’innovativo principio stabilito dalla Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione riconosce allo straniero un vero e proprio diritto soggettivo, concedendogli anche il rimedio del ricorso straordinario in Cassazione previsto dall’art.111 della Costituzione.
Questi i fatti: una cittadina di Capoverde ricorreva al Pretore contro il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Palermo per il mancato rinnovo del permesso di soggiorno. Il Pretore di Palermo rigettava l’opposizione, ritenendo, tra l’altro, che la donna non avesse un diritto alla cittadinanza ma un semplice interesse legittimo all’accoglimento della domanda. L’interessata proponeva allora ricorso in Cassazione contro il decreto pretorile a norma dell’art. 111 della Costituzione (che prevede la possibilità di ricorrere immediatamente in Cassazione contro i provvedimenti riguardanti la libertà personale).
La Corte di Cassazione, pur dichiarando inammissibile il ricorso – in quanto la donna avrebbe dovuto prima proporre reclamo al Tribunale di Palermo, ed, eventualmente, contro la decisione di quest’ultimo ricorrere in Cassazione – dà sostanzialmente ragione alla ricorrente, enunciando due importanti principi:
1) dall’esame delle nuove norme che regolano la cosiddetta “espulsione amministrativa” (previste dalla legge n.40/98) deriva che è sempre possibile ricorrere in Cassazione contro i provvedimenti che definiscono in sede di reclamo le impugnazioni contro i decreti del Prefetto. Pertanto, se è vero che in questo caso la donna avrebbe dovuto prima proporre reclamo al Tribunale, è errato sostenere, come ha fatto il controricorrente Ministero dell’interno, che le decisioni del Pretore in materia sono revocabili in ogni momento e non incidono su diritti soggettivi, essendo anzi i provvedimenti definitivi sulla libertà personale sempre ricorribili per cassazione;
2) mentre le disposizioni precedenti, ora abrogate, prevedevano la competenza del T.A.R. sui provvedimenti di espulsione, stabilendo un sistema di controlli delle misure interno alla giurisdizione amministrativa e, come tale, non sottoponibile al ricorso straordinario in Cassazione, in virtù dell’innovazione legislativa del 1998 si è voluto dare al giudice ordinario, “giudice dei diritti soggettivi”, la cognizione su una impugnativa che, per l’organo al quale è proposta e per le garanzie di difesa che la devono assistere (il patrocinio gratuito) “non può non presupporre la denuncia della lesione di un diritto soggettivo”. (3 marzo 1999)
Sentenza numero 1082 del 1999 della Corte suprema di cassazione sezione prima civile
La Corte suprema di cassazione sezione prima civile ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto da: (….)
contro
MINISTERO DELL’INTERNO – PREFETTO Di PALERMO domiciliati in Roma, via
dei Portoghesi 12 presso l’avvocatura Generale dello Stato, che li
rappresenta e difende per legge
avverso il decreto del Pretore di Palermo del 17 aprile 1998.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dei 21.1.99
dal Relatore Cons. Luigi Macioce
Udito l’avvocato dello Stato Rago.
Udito il P.M., in persona de Sostituto Procuratore Generale Dott. Francesco Mele che ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto dei ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto motivato 8.4.98 il Prefetto di Palermo, provvedendo ai sensi dell’art. 11, 2°comma lett. b) della legge 6.3.98 n. 40, disponeva l’espulsione dallo Stato di F. V. A. cittadina di Capo Verde perché ella, già titolare di permesso di soggiorno scaduto il 22.4.96, non aveva provveduto a chiederne il rinnovo entro i sessanta
giorni dalla scadenza. La F. proponeva ricorso al Pretore di Palermo ai sensi dell’art. 11 comma 8° L. cit. deducendo l’illegittimità e l’ingiustificatezza dell’espulsione e, in subordine, l’incostituzionalità della normativa: il Pretore, sentita la F., con decreto 17.4.98 rigettava l’opposizione affermando che:
l. La F., scaduto il permesso di soggiorno in data 22.4.96, aveva chiesto il rinnovo solo l’8.4.98 e, cioè ben oltre i previsti novanta giorni dalla scadenza.
2. La ricorrente, pur risiedente nella Repubblica da oltre 10 anni, non aveva alcun diritto alla cittadinanza italiana ma solo l’interesse legittimo all’accoglimento di una domanda che, ai sensi dell’art. 9 L 5.2.91 n. 91, avesse roposto.
3. La questione di costituzionalità delle norme, con riguardo agli artt. 3 e 16 Cost., era irrilevante, perché la F. non era cittadina italiana e quella sollevata con riguardo all’art. 13 era infondata, per l’inapplicabilità di tale disposizione.
Per la cassazione di tale decreto – e sull’assunto che esso fosse direttamente ricorribile ai sensi dell’art. 111 Cost. – ha proposto ricorso la F. con atto notificato il 23.4.98 articolato su quattro mezzi.
Si sono costituiti l’intimato Prefetto ed il Ministro, notificando rituale controricorso ed illustrandone in discussione orale i contenuti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso la F. denunzia la violazione degli artt. 11 L. 40/98 e 9 lett. f) L. 91/92, per avere il Pretore applicato la normativa sulla espulsione in modo restrittivo: A) non considerando che la norma prevede la espulsione quando, scaduti i sessanta giorni, non sia neanche stato richiesto il permesso; B) ignorando il fatto che essa ricorrente aveva ormai quesito il diritto alla cittadinanza italiana e che ne avrebbe proposto la richiesta; C) non considerando il fatto che l’espulsione non poteva essere disposta a carico degli stranieri già nella Repubblica prima dell’entrata in vigore della legge.
Con il secondo motivo, poi, la F. denunzia l’illegittimità costituzionale dell’art. 11, interpretato nel senso censurato con il primo motivo, per violazione degli artt. 3, 13, 26, 24 Cost., per la parte in cui la normativa sarebbe stata applicabile nei riguardi dello straniero che avesse quesito il diritto alla cittadinanza e per la parte in cui avrebbe riservato trattamento di favore al cittadino comunitario.
Con il terzo mezzo, quindi, la F. denunzia violazione degli artt. 11 comma 15 e 12 comma 1 della Legge 40/98 per aver il Pretore ritenuto legittima l’espulsione nei confronti di chi dimorava nello Stato da più di dieci anni.
Con il quarto motivo, infine, la ricorrente censura il decreto per violazione dell’art. 11 comma 14 per non avere il Pretore ridotto da cinque a tre anni la durata della espulsione.
Alla stessa dei ricorso straordinario ex art. 111 Cost., proposto dalla F. avverso il decreto 17-4-98 del Pretore di Palermo, la controricorrente Amministrazione muove ampie riserve non senza aver premesso che la F., contestualmente al predetto ricorso straordinario, avrebbe pur proposto al Tribunale di Palermo reclamo ex art. 739 c.p.c.. A criterio dell’Avvocatura Generale dello Stato l’inammissibilità dei ricorso per cassazione sarebbe da affermare sotto un duplice profilo: da un canto, e con rilievo assorbente, ai provvedimenti presi dall’Autorità Giudiziaria sui ricorsi avverso i decreti di espulsione ai sensi dell’art. 11 comma 9 L. 40/98 difetterebbe il carattere della decisorietà essendo il provvedimento prefettizio censurabile dallo straniero con l’invocazione di provvedimenti di giurisdizione volontaria , sempre revocabili e modificabili, e comunque non incidendo la misura di espulsione su alcuno “status” dello straniero. Dall’altro canto, e con riguardo al decreto emesso dal Pretore di Palermo fatto segno al contestato ricorso straordinario, sarebbe anche da rilevarne la inimpugnabilità stante la tassatività del ricorso al Pretore, previsto, dall’art. 11 comma 8, quale unico mezzo di impugnazione. Ed infine, e comunque, l’atto difetterebbe del requisito della definitività, che, quand’anche si intendesse superare i rilievi sopra riportati, esso sarebbe semmai reclamabile innanzi al Tribunale ex art. 739 c.p.c. e non direttamente ricorribile in cassazione.
Ritiene il Collegio che dall’esame delle nuove norme poste a regolare l’espulsione amministrativa, ex art. 11 Legge 6.3.98 n. 40, (confluite nell’art. 13 del “T.U. delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” approvato con D. Lgs. 25.7.98 n. 286), discenda la indubbia esperibilità dei ricorso straordinario ai sensi dell’art. 111 Cost. avverso i provvedimenti che definiscano in sede di reclamo le impugnazioni avverso i decreti del Prefetto. E di qui, se va disattesa la tesi principale sostenuta dalla controricorrente mministrazione dell’Interno, a mente della quale le decisioni del Pretore sarebbero decreti di volontaria giurisdizione, revocabili in ogni momento e non incidenti su diritti soggettivi, va certamente accolto il rilievo concernente la non ammissibilità del ricorso straordinario della F., proposto avverso un atto sottoponibile al reclamo di cui all’art. 739 c.p.c.
1. L’espulsione amministrativa disciplinata dall’art. 11 della legge 6.3.98 n. 40 si articola, come è noto, nella espulsione disposta dal Ministro per ragioni di ordine pubblico o sicurezza (comma 1), la cui illegittimità è denunziabile innanzi al T.A.R. del Lazio (comma 11), e nell’ l’espulsione disposta dal Prefetto nei casi di cui alle lettere a) b) c) del comma 2 (sintetizzabili nelle tre ipotesi de: lo straniero entrato clandestinamente – lo straniero carente del titolo per soggiornare – lo straniero “pericoloso” o sospetto di appartenenza mafiosa), la cui validità è sindacabile dal Pretore “nei modi di cui agli artt. 737 e seguenti del codice di procedura civile” (commi 8-9-10).
2. E’ altrettanto noto che nei casi di impossibilità di respingimento od espulsione immediata dello straniero (per necessità di soccorso personale, indagine sulla nazionalità o temporanea indisponibilità di vettori), il questore dispone il trattenimento, dello straniero stesso in centri di permanenza per giorni 20 più 10 con decreto da sottoporre alla convalida del Pretore “..nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile..” (art. 12 commi 1-2-3-4), il cui provvedimento (decreto di convalida e proroga) è immediatamente ricorribile per cassazione (comma 5).
3. L’innovazione introdotta dal legislatore del 1998 in tema di rimedi giurisdizionali avverso i decreti prefettizi di espulsione e le misure di pubblica sicurezza del trattenimento nei centri di permanenza (e ferma restando la sindacabilità innanzi al T.A.R. delle espulsioni adottate dal Ministro per ragioni squisitamente politiche) appare di tutta evidenza. Il preesistente regime posto dagli artt. 2 e segg. Del D.L. 416/89 conv. dalla L. 28.2.90 n. 39 (abrogati dall’art. 46 lett. e della legge 6.3.98 n. 40) prevedeva, infatti, la giustiziabilità innanzi al T.A.R. di tutti i provvedimenti di espulsione si da far affermare a questa Corte che, coerentemente con la estraneità della libertà di circolazione nello Stato dello straniero dall’ambito del diritto alla libertà personale di cui all’art. 13 Cost., si era previsto un sistema di controlli delle misure di espulsione interno alla giurisdizione amministrativa e, come tale, non sottoponibile al ricorso straordinario ex art. 111 2° comma Cost. (cass. S.U. 3394/94).
4. L’innovazione posta dal legislatore del 1998 in termini di rimedi giurisdizionali avverso le espulsioni ordinarie (“non politiche”), e tradottasi nella sottoposizione alla cognizione camerale del Pretore sia delle misure di espulsione sia dei decreti di trattenimento temporaneo, appare, dunque, ispirata ad una coerente visione della materia: al giudice ordinario – giudice dei diritti soggettivi – si è inteso dare, all’esito di un procedimento camerale esclusivo (vd. l’avverbio “unicamente” di cui al comma 8 dell’art. 11), da introdurre in tempi minimi (5 giorni) e da decidere “in ogni caso” entro tempi brevissimi (10 giorni) ed in modo informale, la cognizione su una impugnativa che, per l’organo al quale è proposta e per le garanzie di difesa che la devono assistere (il patrocinio gratuito di cui al comma 10 del ridetto art. 11), non può non presupporre la denunzia della lesione di un diritto soggettivo. Del resto è significativo che avverso i decreti pretorili di convalida e proroga del provvedimento del questore sul trattenimento dei clandestini sia dato dall’art. 12 comma 6 direttamente il ricorso per cassazione (senza sospensione della misura), scelta eloquente dell’intento di accordare – là dove l’urgenza di provvedere sulla convalida comporta il diniego del reclamo ex art. 739 c.p.c. ed impone la decisione pretorile in unico grado – comunque il ricorso ex art. 111 2° comma Cost., impugnazione straordinaria a tutela dei diritti avverso le decisioni assunte in violazione di legge.
5. Se, dunque, la ragione dei ricorso al Pretore avverso il decreto di espulsione ben può essere la prospettazione di una sua adozione al di fuori dei casi previsti alle lettere a) b) c) del comma 2 dell’art.11 e, conseguentemente, la lesione che da tal illegittima espulsione deriverebbe ai “…diritti in materia civile …” spettanti allo “…straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato …” (art. 2 comma 2), la decisione che da tal ricorso discende esula radicalmente dall’ambito della giurisdizione volontaria nella quale il controricorso dell’Avvocatura Erariale vorrebbe riportarla in ragione della pretesa configurazione di un mero interesse legittimo o semplice in capo allo straniero extracomunitario fatto segno ad espulsione.
6. Del resto la statuizione pretorile e la decisione presa all’esito dei reclamo proponibile ex art, 739 c.p.c. (norma richiamata con il rinvio agli artt. 737 e seguenti c.p.c. formulato al ridetto comma 9 dell’art. 11) sono misure sostanzialmente decisorie e tendenzialmente definitive, non essendo prevista, né essendo minimamente ipotizzabile, la facoltà dell’interessato di istare in ogni momento, e senza vincoli di giudicato, per la modifica o la – revoca delle misure stesse ai sensi dell’art. 742 c.p.c. (facoltà correlata alla natura dell’interesse tutelato e costituente segno distintivo della volontaria giurisdizione: cfr. dalle note S.U. 6220/86 alle recenti cass. 8046/98- 2934/98 – 5228/97- 4090/97- 1278/97).
7. Se modificabilità sussiste – secondo le ipotesi prospettate in ricorso dall’Amministrazione controricorrente – essa coinvolge espressamente il rilascio del permesso di soggiorno (art. 5 comma 5 della legge) e cioè l’atto amministrativo fonte dello “status” di straniero “regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato” (art. 2 comma 2) che, in quanto tale, è certamente revocabile e modificabile, ma non riguarda in alcun modo i decreti adottati dall’A.G.O. su impugnazione dello straniero che, ove definitivamente reiettivi della stessa, non potranno aver seguito in una loro “revoca” per mutamento delle circostanze di ammissione al soggiorno essendo soltanto ipotizzabile che tale mutamento sia autonomamente valutato, in sede propria, dall’Autorità amministrativa al fine dì eventuale riammissione.
8. L’ampia ed accurata rassegna che la controricorrente Amministrazione ha fatto dell’evoluzione della giurisprudenza di questa Corte in tema di attrazione nella g.v. di provvedimenti resi in materia di affidamento dì minori, di potestà genitoriale, di adozione, di nomina e revoche e dì società giurisprudenza pervenuta alla ferma negazione della ricorribilità ex art. 111 Cost. anche avverso gli atti di v.g., che neghino il “diritto processuale” di agire (cfr. da ultimo cass. 11729/98) – appare del tutto inconferente, posto che in tutte le ipotesi citate la rivedibilità e precarietà della decisione presa non è certo correlata alla “debolezza” dell’interesse tutelato ma è funzionale alla strumentalità della stessa rispetto al superiore interesse in giuoco, nel mentre nella decisione sull’espulsione amministrativa in discorso alla valutazione del Prefetto si contrappone, specularmente, la sola pretesa dell’espulso alla verifica delle condizioni legittimanti l’esclusione del suo diritto.
9. Quanto, infine, alla possibilità che dalla previsione espressa del ricorso per cassazione avverso i decreti Pretorili di convalida o proroga della misura di trattenimento (comma 6 art. 12) si deduca la non ricorribilità di quelli adottati ai sensi del comma 9 dell’art. 11, sulle impugnazioni avverso le misure di espulsione, essa va radicalmente esclusa (come accennato al capo 4) in una lettura costituzionalmente corretta delle previsioni. La previsione esplicita “de qua” comporta soltanto la deroga per il sindacato sulle convalide pretorili, ed in ragione della evidente urgenza di pervenire alla esecuzione, al principio della reclamabilità della decisione (art. 739 c.p.c.): sulle decisioni pretorili adottate in sede di impugnazione dei decreti di espulsione è invece esperibile l’ordinario reclamo in tribunale la cui ricorribilità è conseguente alla ridetta decisorietà del provvedimento (senza alcuna esigenza di ribadire la ricorribilità ex art. 111 Cost. in un quadro nel quale l’esclusione di tal ricorso sarebbe “ictu oculi” incostituzionale).
10. Ma da quanto testé affermato discende anche, e solo sul punto condividendosi l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla controricorrente, che nel caso di specie alla F. era dato il reclamo al Tribunale di Palermo, contro la decisione del quale eventualmente avrebbe potuto (o potrebbe ancora) esperire il rimedio del ricorso straordinario, restando, invece, del tutto inammissibile l’esperimento del ricorso nei riguardi del decreto pretorile che, pur decisorio, era del tutto privo dei requisito indefettibile della definitività.
Dichiarata l’inammissibilità del ricorso si stima equo – in ragione della assoluta novità delle questioni trattate – disporre la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
la Corte di Cassazione,
dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese della lite.
Così deciso in Roma il 21.1.1999. Depositata
Ministro dell’Interno Decreto 19 giugno 2003 Attuazione delle Legge 189 del 2002, sull’attività di contrasto alla immigrazione clandestina – ” Regolamento di attuazione della Legge Fini-Bossi (la Legge sull’immigrazione). “
Il Ministro dell’Interno
di concerto con
i Ministri della Difesa, dell’Economia e delle Finanze e delle Infrastrutture e dei Trasporti
VISTO il Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’ immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189;
VISTO in particolare gli articoli 11e 12, commi 9-bis e seguenti del citato Testo Unico, rispettivamente in materia di potenziamento e coordinamento dei controlli sulla frontiera marittima e terrestre e in materia di fermo, ispezione e sequestro delle navi adibite o coinvolte nel traffico ìllecito di migranti;
VISTO l’articolo 35 della legge 30 luglìo 2002, n. 189, con il quale è stata istituita la Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere;
VISTA la legge 1 aprile 1981, n. 121, recante il nuovo ordinamento dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza;
VISTI i decreti del Ministro dell’Interno recanti direttive per il coordinamento delle Forze di Polizia e, in particolare, il decreto del 25 marzo 1998, con il quale sono state fissate le direttive per il coordinamento dei servizi di ordine e sicurezza pubblica sul mare;
DECRETA
Articolo 1
(Principi generali)
1. Le attività dì vigilanza, prevenzione e contrasto dell’immigrazione clandestina via mare sono svolte, a norma dell’articolo 12 del Testo Unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, di seguito denominato “Testo Unico” e secondo le disposizioni del presente decreto, dai mezzi aeronavali:
– della Marina Militare;
– delle Forze di Polizia;
– delle Capitanerie di Porto.
2. Ferme restando le competenze stabilite dall’articolo II, comma 3, del Testo Unico, il raccordo degli interventi operativi in mare e i compiti di acquisizione ed analisi delle informazioni connesse alle attività del comma 1 sono svolti dalla Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, di seguito denominata “Dìrezione Centrale”.
3. In relazione ai compiti di raccordo e di analisi di cui al comma 2, nonchè per il coordinamento delle direttìve operative occorrenti per l’integrazione delle attività aeronavali, gli Enti e le Amministrazioni interessate comunicano con immediatezza alla Direzione Centrale tutte le informazioni e i dati relativi ad imbarcazioni che, per comportamenti o altri indizi, possano ragionevolmente essere sospettate di essere coinvolte nel traffico o nel trasporto di migranti.
A tal fine, la Direzione Centrale può avvalersi di qualificati rappresentanti rispettivamente designati dalla Marina Militare e dai Comandi Generali interessati.
4. La Direzione Centrale esamina con immediatezza gli interventi da effettuare anche sulla base di accordi di riammissione e di intese conseguite con il Paese del quale il natante batte bandiera o da cui risulta partito, nonchè gli interventi da effettuare su natanti privi di bandiera e dei quali non si conosce il porto di partenza.
5. Le attività previste dal presente decreto sono svolte dai mezzi aeronavali della Marina Militare fatte salve, in ogni caso, le competenze istituzionali in materia di difesa nazionale.
Articolo 2
(Linee di azione)
l. L’attività di prevenzione e contrasto del traffico di migranti via mare si sviluppa attraverso le seguenti tre fasi:
a) nei Paesi di origine dei flussi o interessati al transito, tramite attività di carattere prevalentemente diplomatico con l’obiettivo di prevenire il fenomeno “alla fonte”;
b) nelle acque internazionali, tramite il dispositivo aeronavale della Marina Militare, della Guardia di Finanza, del Corpo delle Capitanerie di Porto e delle altre unità navali o aeree in servizio di polizia. L’intervento si estrinseca nell’esercizio dei poteri ,di polizia dell’alto mare diretti al monitoraggio, alla sorveglianza, all’individuazione, al controllo degli obiettivi navali in navigazione ed all’accertamento dei flussi migratori clandestini;
c) nelle acque territoriali, tramite le unità ed i mezzi navali in servizio di polizia, con il concorso, ove necessario, delle navi della Marina Militare ai sensi dell’articolo 12, comma 9-ter, del Testo Unico. L’intervento è finalizzato all’attività istituzionale delle Forze di Polizia diretta alla repressione dei reati ed alla scoperta delle connessioni con le organizzazioni transnazionali che gestiscono l’illecito traffico, al fine di sequestrare e confiscare i patrimoni d’illecita provenienza.
2. Restano immutate le competenze del Corpo delle Capitanerie di Porto per quanto riguarda la salvaguardia della vita umana in mare.
Nell ‘ espletamento di tali attività le situazioni che dovessero presentare aspetti connessi con l’immigrazione clandestina, ferma restando la pronta adozione degli interventi dì soccorso, devono essere immediatamente portate a conoscenza della Direzione Centrale e dei Comandi responsabili del coordinamento dell’attività di contrasto all’immigrazione clandestina indicati agli articoli 4 e 5.
3. Le attività in mare possono assumere il carattere di:
a) sorveglianza;
b) intervento di soccorso, il cui coordinamento è di competenza del Corpo delle Capitanerie di Porto;
c) intervento di polizia, la cui competenza è attribuita, in via prioritaria, alle Forze di Polizia secondo i piani regionali di coordinata vigilanza nella acque territoriali ed interne e alle Forze Armate e di Polizia secondo quanto indicato al successivo articolo 4 per le acque internazionali.
4.Gli interventi di soccorso e di polizia possono essere concomitanti.
Articolo 3
(Dispositìvo di controllo )
1. Le unità navali in servizio di polizia esercitano l’azione dì vigìlanza prevalentemente nelle acque territoriali, fatti salvi gli interventi connessi all’ assolvimento dei finì istituzionali a carattere esclusivo delle Amministrazioni di appartenenza.
2. Le unità navali della Marìna Militare esercitano, nell’ambito delle proprie funzioni d’istituto, anche l’azione di controllo nelle acque internazionali. Le stesse unità navali, nei casi di necessità e urgenza, anche su richiesta della Direzione Centrale, possono essere utilizzate per concorrere all’attività di cui all’articolo 12 del Testo Unico.
Articolo 4
(Attività di sorveglianza)
1.L ‘attività di sorveglianza, orientata sulla base delle informazioni e delle situazioni oggettive che caratterizzano il flusso migratorio via mare, si articola, di massima, su:
a) dati operativi integrati provenienti dalla rete radar costiera della Marina Militare e dagli analoghi disposìtivi di “scoperta” delle altre Amministrazioni che effettuano vigilanza nella acque territoriali;
b) pattugliamento delle unità navali specificamente impiegate per tali attività;
c) sorveglianza coordinata a lungo raggio a mezzo velivoli di pattugliamento marittimo della Marina Militare e di aeromobili della Guardia di Finanza e del Corpo delle Capitanerie di Porto;
d) concorso eventuale di tutti gli altri assetti aeronavali della Marina Militare, della Guardia dì Finanza, delle altre Forze di Polizia e delle Capitanerie di Porto che perseguono i fini istituzionali delle proprie Amministrazioni quali compiti primari;
e) valorizzazione delle informazioni provenienti da altri comandi operativi internazionali operanti nel bacino del Mediterraneo o da organismi di intelligence.
Articolo 5
(Attività in acque internazionali)
l. Ai fini della prevenzione e del contrasto del traffico illecito di migranti in acque internazionali è assicurata una costante attività di sorveglianza finalizzata alla localizzazione, alla identificazione e al tracciamento di natanti sospettati di traffico di clandestini.
2.L’ attività di identificazione è svolta prevalentemente con il concorso dei mezzi aerei assegnati e cooperanti al fine di ottenere la situazione di superficie dell’area di competenza.
3.La fase di tracciamento deve essere condotta, compatibilmente con la situazione contingente e con i sensori disponibili, in forma occulta al fine di non vanificare l’intervento repressivo nei confronti delle organizzazioni criminali che gestiscono l’illecito traffico.
4. In considerazione dell’area interessata alle operazioni e del potenziale informativo disponibile da parte degli assetti aeronavali, ed al fine di rispettare i criteri di efficienza, efficacia ed economicìtà dell’impiego, il Comando in Capo della Squadra Navale (CINCNAV) svolge la necessaria azione di raccordo delle fasi di pianificazione dell’attivìtà di cui al comma l, in stretta cooperazione con il Comando Generale della Guardia di Finanza (CENOP) e con il Comando Generale delle Capitanerie di Porto (Centrale Operativa).
5. Nella fase esecutiva ciascuna Amministrazione/Ente è responsabile dell’emanazione delle direttive attuative ai mezzi dipendenti, tenendo debitamente informati gli altri. Le unità della Marina Militare, per le specifiche caratteristiche e capacità dei sistemi di comunicazione di cui dispongono, assumono il coordinamento operativo nei casi in cui mezzi di diverse Amministrazioni si trovino ad operare sulla medesima scena d’azione. La Marina Militare -CINCNAV riceve, tramite le strutture di comando e direzione delle Amministrazioni di appartenenza, i rapporti delle unità impiegate, dirama ai mezzi coinvolti sulla scena d’azione le modalità di dettaglio e le direttive di intervento ed affida gli obiettivi specifici. In tale contesto, i mezzi aeronavali delle Forze di Polizia e delle Capitanerie di Porto che operano nella stessa area e con le stesse missioni, devono stabilire collegamenti radio con le unità della Marina Militare.
6.Qualora all’attività di sorveglianza concorrano i velivoli di pattugliamento marittimo dell’Aviazione per la Marina (MPA), il Comando in Capo della Squadra Navale (CINCNAV) che ne detiene il Controllo Operativo è delegato a coordinare, di concerto con il Comando Generale della Guardia di Finanza e il Comando Generale delle Capitanerie di Porto, l’impiego nelle aree di specifico interesse di tutti i mezzi aerei di pattugliamento resi disponibili per il concorso alla specifica attività. A tal fine e per garantire la massima sicurezza delle operazioni, i Comandi interessati assicurano il più completo scambio informativo sulle attività programmate da parte degli Organismi responsabili.
Articolo 6
(Attivìtà nelle acque territoriali e nella Zona contigua)
1.Ferme restando le competenze dei Prefetti dei capoluoghi di Regione ai sensi dell’articolo 12, comma 3, del Testo Unico in materia di coordinata vigilanza, nelle acque territoriali e interne italiane le unità navali delle Forze di Polizia svolgono attività di sorveglìanza e di controllo ai finì della prevenzione e del contrasto del traffico illecito di migranti. Le unità navali della Marina Militare e delle Capitanerie di Porto concorrono a tale attività attraverso la tempestiva comunicazione dell ‘avvistamento dei natanti in arrivo o mediante tracciamento e riporto dei natanti stessi, in attesa dell’intervento delle Forze di Polizia.Quando in relazione agli elementi meteomarini ed alla situazione del mezzo navale sussistano gravi condizioni ai fini della salvaguardia della vita umana in mare, le unità di Stato presenti, informata la Direzione Centrale e sotto il coordinamento dell’organizzazione di soccorso in mare di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1994, n. 662, provvedono alla pronta adozione degli interventi di soccorso curando nel contempo i riscontri di polizia giudiziaria.
2. Al fine di rendere più efficace l’intervento delle Forze di Polizia nelle acque territoriali è stabilita una fascia di coordinamento che si estende fino al limite dell’area di mare internazionalmente definita come “zona contigua” nelle cui acque il coordinamento delle attività navali connesse al contrasto dell’immigrazione clandestina, in presenza di mezzi appartenenti a diverse Amministrazioni, è affidato al Corpo della Guardia di Finanza.
Articolo 7
(Norme di comportamento)
l. Nell’assolvimento del compito assegnato l’azione di contrasto è sempre improntata alla salvaguardia della vìta umana ed al rispetto della dignità della persona.
2. Su conformi direttive della Direzione Centrale le unità navali di cui al presente decreto procedono, ove ne ricorrano i presupposti, all’effettuazione dell’inchiesta di bandiera, alla visita a bordo, qualora sussista un’adeguata cornice di sicurezza, ed al fermo delle navi sospettate di essere utilizzate nel trasporto di migranti clandestini, anche al fine di un loro possibile rinvio nei porti di provenienza.
3. In acque internazionali, qualora a seguito dell’inchiesta di bandiera se ne verifichino i presupposti, può essere esercitato il diritto di visita. Nell’ipotesi di navi battenti bandiera straniera, l’eventuale esercizio di tale diritto sarà richiesto formalmente dal Ministro dell’Interno una volta acquisito, tramite Ministero degli Affari Esteri, l’autorizzazione del Paese di bandiera. Parimenti, l’ esercizio del diritto di visita può essere richiesto formalmente dal Ministro dell’ Interno anche nell’ipotesi di interventi da effettuarsi su natanti privi di bandìera e dei quali non si conosce il porto di partenza.
4. La visita a bordo di mercantili sospettati di essere coinvolti nel traffico di migranti deve avvenire in una cornice di massima sicurezza, onde salvaguardare l’incolumità del team ispettivo e dei migranti stessi.
5. Fermo restando quanto previsto dal comma 1 del presente articolo, ove si renda necessario l’uso della forza, l’ intensità, la durata e l’estensione della risposta devono essere proporzionate all’intensità dell’offesa, all’attualità e all’effettività della minaccia.
6. Qualora le notizie fornite dalle navi mercantili, a seguito di interrogazione da parte dei mezzi aeronavali in pattugliamento, appaiano ragionevolmente sospette sulla natura del carico, porto di partenza o di arrivo, la Direzione Centrale, immediatamente informata dalle Amministrazioni di appartenenza, intraprende le opportune iniziative per verificare l’attendibilità di tale notizie e per l’ adozione di conseguenti misure.
Articolo 8
(Supporto informativo)
1.La Direzione Centrale si avvale della rete informativa nazionale che collega i vari Dicasteri/Enti e Comandi interessati con l’obiettivo di conseguire la massima integrazione e tempestività nella diffusione delle pertinenti informazioni.
Articolo 9
(Formazione)
1. Al fine di assicurare una base di formazione comune tra il personale delle varie Amministrazioni chiamato ad operare nel settore del contrasto all’immigrazione clandestina, sono individuati, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, corsi di qualificazione avanzata, in Italia ed all’estero, cui inviare personale altamente qualificato e con specifica esperienza nell’ìmpiego di dispositìvi aeronavali di sorveglianza nel particolare settore.
Articolo 10
(Disposizioni finali)
Il Capo della Polizia -Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, il Capo di Stato Maggiore della Marina, il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, il Comandante Generale della Guardia di Finanza, il Comandante Generale delle Capitanerie di Porto sono incaricati, ciascuno per la parte di propria competenza, per l’ esecuzione del presente decreto.
Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
Legge 7 giugno 2002, n. 106. Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 aprile 2002, n. 51, disposizioni urgenti recanti misure di contrasto all’immigrazione clandestina e garanzie per soggetti colpiti da provvedimenti di accompagnamento alla frontiera. – ” Modifica innovativa della Legge sull’immigrazione “
Legge 7 giugno 2002, n. 106. Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 aprile 2002, n. 51, disposizioni urgenti recanti misure di contrasto all’immigrazione clandestina e garanzie per soggetti colpiti da provvedimenti di accompagnamento alla frontiera.
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
Il Presidente della Repubblica
Promulga
la seguente legge:
Articolo 1
1. Il decreto-legge 4 aprile 2002, n. 51, concernente disposizioni urgenti recanti misure di contrasto all’immigrazione clandestina e garanzie per soggetti colpiti da provvedimenti di accompagnamento alla frontiera, è convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge.
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare e di farla osservare ccome legge dello Stato.
Data a Roma, addì 7 giugno 2002
Ciampi
Berluscono, Presidente del Consiglio dei ministri
Scajola. Ministro dell’interno
Castelli, Ministro della giustizia
Frattini, Ministri per la funzione pubblica ed il coordinamento dei Servizi di informazione e sicurezza
Testo del decreto-legge 4 aprile 2002, n. 51, coordinato con la legge di conversione 7 giugno 2002, n. 106 concernente “Disposizioni urgenti recanti misure di contrasto all’immigrazione clandestina e garanzie per soggetti colpiti da provvedimenti di accompagnamento alla frontiera”.
Articolo 1
1.Il comma 8-bis dell’articolo 12 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, é sostituito dai seguenti [1]: “8-bis. Nel caso che non siano state presentate istanze di affidamento per mezzi di trasporto sequestrati, si applicano le disposizioni dell’articolo 301-bis, comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, [2] e successive modificazioni 8-ter. La distruzione può essere direttamente disposta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dalla autorità da lui delegata, previo nullaosta dell’autorità giudiziaria procedente. 8-quater. Con il provvedimento che dispone la distruzione ai sensi del comma 8-ter sono altresì fissate le modalità di esecuzione. 8-quinquies. I beni acquisiti dallo Stato a seguito di provvedimento definitivo di confisca sono, a richiesta, assegnati all’amministrazione o trasferiti all’ente che ne abbiano avuto l’uso ai sensi del comma 8 ovvero sono alienati o distrutti. I mezzi di trasporto non assegnati, o trasferiti per le finalità di cui al comma 8, sono comunque distrutti. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni vigenti in materia di gestione e destinazione dei beni confiscati. Ai fini della determinazione dell’eventuale indennità, si applica al comma 5 dell’articolo 301-bis del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e successive modificazioni”.
2. Ai commi 3 e 5 dell’articolo 301-bis del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e successive modificazioni [3], la parola: “rottamazione” è sostituita dalla seguente: “distruzione”. Al comma 3 sono altresì soppresse le parole: “mediante distruzione”.
Articolo 2
1. Dopo il comma 5 dell’articolo 13 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 [4], è inserito il seguente: “5-bis. Nei casi previsti ai commi 4 e 5 il questore comunica immediatamente e, comunque, entro quarantotto ore dalla sua adozione al tribunale in composizione monocratica territorialmente competente il provvedimento con il quale é disposto l’accompagnamento alla frontiera. Il provvedimento è immediatamente esecutivo. Il tribunale in composizione monocratica, verificata la sussistenza dei requisiti, convalida il provvedimento entro le quarantotto ore successive alla comunicazione”.
Articolo 3
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
Ddl Camera 2454 MODIFICA ALLA NORMATIVA IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE E DI ASILO, approvato dal Senato della Repubblica il 11 luglio 2002
Ddl Camera 2454 – Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo
Capo I
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE
Articolo 1.
(Cooperazione con Stati stranieri)
1. Al fine di favorire le elargizioni in favore di iniziative di sviluppo umanitario, di qualunque natura, al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 13-bis, comma 1, lettera i-bis), dopo le parole: “organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS),” sono inserite le seguenti: “delle iniziative umanitarie, religiose o laiche, gestite da fondazioni, associazioni, comitati ed enti individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, nei Paesi non appartenenti all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE)”;
b) all’articolo 65, comma 2, lettera c-sexies), dopo le parole: “a favore delle ONLUS” sono aggiunte, in fine, le seguenti: “, nonché le iniziative umanitarie, religiose o laiche, gestite da fondazioni, associazioni, comitati ed enti individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 13-bis, comma 1, lettera i-bis), nei Paesi non appartenenti all’OCSE;”.
2. Nella elaborazione e nella eventuale revisione dei programmi bilaterali di cooperazione e di aiuto per interventi non a scopo umanitario nei confronti dei Paesi non appartenenti all’Unione europea, con esclusione delle iniziative a carattere umanitario, il Governo tiene conto anche della esclusione delle iniziative a carattere umanitario, il Governo tiene conto anche della collaborazione prestata dai Paesi interessati alla prevenzione dei flussi migratori illegali e al contrasto delle organizzazioni criminali operanti nell’immigrazione clandestina, nel traffico di esseri umani, nello sfruttamento della prostituzione, nel traffico di stupefacenti, di armamenti, nonché in materia di cooperazione giudiziaria e penitenziaria e nella applicazione della normativa internazionale in materia di sicurezza della navigazione.
3. Si può procedere alla revisione dei programmi di cooperazione e di aiuto di cui al comma 2 qualora i Governi degli Stati interessati non adottino misure di prevenzione e vigilanza atte a prevenire il rientro illegale sul territorio italiano di cittadini espulsi.
Articolo 2.
(Comitato per il coordinamento e il monitoraggio)
1. Al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, di seguito denominato “testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998”, dopo l’articolo 2, è inserito il seguente:
“Articolo 2-bis. – (Comitato per il coordinamento e il monitoraggio). – 1. È istituito il Comitato per il coordinamento e il monitoraggio delle disposizioni del presente testo unico, di seguito denominato “Comitato”.
2. Il Comitato è presieduto dal Presidente o dal Vice Presidente del Consiglio dei ministri o da un Ministro delegato dal Presidente del Consiglio dei ministri, ed è composto dai Ministri interessati ai temi trattati in ciascuna riunione in numero non inferiore a quattro e da un presidente di regione o di provincia autonoma designato dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome.
3. Per l’istruttoria delle questioni di competenza del Comitato, è istituito un gruppo tecnico di lavoro presso il Ministero dell’interno, composto dai rappresentanti dei Dipartimenti per gli affari regionali, per le pari opportunità, per il coordinamento delle politiche comunitarie, per l’innovazione e le tecnologie, e dei Ministeri degli affari esteri, dell’interno, della giustizia, delle attività produttive, dell’istruzione, dell’università e della ricerca, del lavoro e delle politiche sociali, della difesa, dell’economia e delle finanze, della salute, delle politiche agricole e forestali, per i beni e le attività culturali, delle comunicazioni, oltre che da un rap presentante del Ministro per gli italiani nel mondo e da tre esperti designati dalla Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281. Alle riunioni, in relazione alle materie oggetto di esame, possono essere invitati anche rappresentanti di ogni altra pubblica amministrazione interessata all’attuazione delle disposizioni del presente decreto.
4. Con regolamento, da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro degli affari esteri, con il Ministro dell’interno e con il Ministro per le politiche comunitarie, sono definite le modalità di coordinamento delle attività del gruppo tecnico con le strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri”.
Articolo 3.
(Politiche migratorie)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, all’articolo 3, al comma 1, dopo le parole: “ogni tre anni” sono inserite le seguenti: “salva la necessità di un termine più breve”.
2. Al testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, all’articolo 3, il comma 4 è sostituito dal seguente:
“4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il Comitato di cui all’articolo 2-bis, comma 2, la Confe renza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e le competenti Commissioni parlamentari, sono annualmente definite, entro il termine del 30 novembre dell’anno precedente a quello di riferimento del decreto, sulla base dei criteri generali individuati nel documento programmatico, le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo, tenuto conto dei ricongiungimenti familiari e delle misure di protezione temporanea eventualmente disposte ai sensi dell’articolo 20. Qualora se ne ravvisi l’opportunità, ulteriori decreti possono essere emanati durante l’anno. I visti di ingresso ed i permessi di soggiorno per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo, sono rilasciati entro il limite delle quote predette. In caso di mancata pubblicazione del decreto di programmazione annuale, il Presidente del Consiglio dei ministri può provvedere in via transitoria, con proprio decreto, nel limite delle quote stabilite per l’anno precedente”.
Articolo 4
(Ingresso nel territorio dello Stato)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, all’articolo 4, il comma 2 è sostituito dal seguente:
“2. Il visto di ingresso è rilasciato dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane nello Stato di origine o di stabile residenza dello straniero. Per soggiorni non superiori a tre mesi sono equiparati ai visti rilasciati dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane quelli emessi, sulla base di specifici accordi, dalle autorità diplomatiche o consolari di altri Stati. Contestualmente al rilascio del visto di ingresso l’autorità diplomatica o consolare italiana consegna allo straniero una comunicazione scritta in lingua a lui comprensibile o, in mancanza, in inglese, frane i doveri dello straniero relativi all’ingresso ed al soggiorno in Italia. Qualora non sussistano i requisiti previsti dalla normativa in vigore per procedere al rilascio del visto, l’autorità diplomatica o consolare comunica il diniego allo straniero in lingua a lui comprensibile, o, in mancanza, in inglese, francese, spagnolo o arabo. In deroga a quanto stabilito dalla legge 7 agosto 1990, n.241, e successive modificazioni, per motivi di sicurezza o di ordine pubblico il diniego non deve essere motivato, salvo quando riguarda le domande di visto presentate ai sensi degli articoli 22, 24, 26, 27, 28, 29, 36 e 39. La presentazione di documentazione falsa o contraffatta o di false attestazioni a sostegno della domanda di visto non comporta la inammissibilità della domanda qualora il richiedente risulti estraneo ai fatti. Per lo straniero in possesso di permesso di soggiorno è sufficiente, ai fini del reingresso nel territorio dello Stato, una preventiva comunicazione all’autorità di frontiera”.
2 Al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, all’articolo 4, comma 3, l’ultimo periodo è sostituito dal seguente: “Non è ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti o che sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello stato o di uno dei paesi con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressone dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone o che risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall’articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite”.
Articolo 5.
(Permesso di soggiorno)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, all’articolo 5 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo le parole: “permesso di soggiorno rilasciati”, sono inserite le seguenti: “, e in corso di validità,”;
a-bis) dopo il comma 2, è inserito il seguente:
“2-bis. Lo straniero che richiede il permesso di soggiorno è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici”.
b) al comma 3, alinea, dopo le parole: “La durata del permesso di soggiorno” sono inserite le seguenti: “non rilasciato per motivi di lavoro”;
c) al comma 3, le lettere b) e d) sono abrogate;
d) dopo il comma 3, sono inseriti i seguenti:
“3-bis. Il permesso di soggiorno per motivi di lavoro è rilasciato a seguito della stipula del contratto di soggiorno per lavoro di cui all’articolo 5-bis. La durata del relativo permesso di soggiorno per lavoro è quella prevista dal contratto di soggiorno e comunque non può superare:
a) in relazione ad uno o più contratti di lavoro stagionale, la durata complessiva di nove mesi;
b) in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, la durata di un anno;
c) in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, la durata di due anni.
3-ter. Allo straniero che dimostri di essere venuto in Italia almeno due anni di seguito per prestare lavoro stagionale può essere rilasciato, qualora si tratti di impieghi ripetitivi, un permesso pluriennale, a tale titolo, fino a tre annualità, per la durata temporale annuale di cui ha usufruito nell’ultimo dei due anni precedenti con un solo provvedimento. Il relativo visto di ingresso è rilasciato ogni anno. Il permesso è revocato immediatamente nel caso in cui lo straniero violi le disposizioni del presente testo unico.
3-quater. Possono inoltre soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri muniti di permesso di soggiorno per lavoro autonomo rilasciato sulla base della certificazione della competente rappresentanza diplomatica o consolare italiana della sussistenza dei requisiti previsti dall’articolo 26 del presente decreto. Il permesso di soggiorno non può avere validità superiore ad un periodo di due anni.
3-quinquies. La rappresentanza diplomatica o consolare italiana che rilascia il visto di ingresso per motivi di lavoro, ai sensi dei commi 2 e 3 dell’articolo 4, ovvero il visto di ingresso per lavoro autonomo, ai sensi del comma 5 dell’articolo 26, ne dà comunicazione anche in via telematica al Ministero dell’interno e all’INPS per l’inserimento nell’archivio previsto dal comma 9 dell’articolo 22 entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione. Uguale comunicazione è data al Ministero dell’interno per i visti di ingresso per ricongiungimento familiare di cui all’articolo 29 entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione.
3-sexies. Nei casi di ricongiungimento familiare, ai sensi dell’articolo 29, la durata del permesso di soggiorno non può essere superiore a due anni”;
e) il comma 4 è sostituito dal seguente:
“4. Il rinnovo del permesso di soggiorno è richiesto dallo straniero al questore della provincia in cui dimora, almeno novanta giorni prima della scadenza nei casi di cui al comma 3-bis, lettera c), sessanta giorni prima nei casi di cui alla lettera b) del medesimo comma 3-bis, e trenta giorni nei restanti casi, ed è sottoposto alla verifica delle condizioni previste per il rilascio e delle diverse condizioni previste dal presente decreto. Fatti salvi i diversi termini previsti dal presente decreto e dal regolamento di attuazione, il permesso di soggiorno è rinnovato per una durata non superiore a quella stabilita con rilascio iniziale”;
e-bis) dopo il comma 4, è inserito il seguente:
“4-bis. Lo straniero che richiede il rinnovo del permesso di soggiorno è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici”.
f) il comma 8 è sostituito dal seguente:
“8. Il permesso di soggiorno e la carta di soggiorno di cui all’articolo 9 sono rilasciati mediante utilizzo di mezzi a tecnologia avanzata con caratteristiche anticontraffazione conformi ai tipi da approvare con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie in attuazione dell’Azione comune adottata dal Consiglio dell’Unione europea il 16 dicembre 1996, riguardante l’adozione di un modello uniforme per i permessi di soggiorno”;
g) dopo il comma 8, è inserito il seguente:
“8-bis. Chiunque contraffà o altera un visto di ingresso o reingresso, un permesso di soggiorno, un contratto di soggiorno o una carta di soggiorno, ovvero contraffà o altera documenti al fine di determinare il rilascio di un visto di ingresso o di reingresso, di un permesso di soggiorno, di un contratto di soggiorno o di una carta di soggiorno, è punito con la reclusione da uno a sei anni. Se la falsità concerne un atto o parte di un atto che faccia fede fino a querela di falso la reclusione è da tre a dieci anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale”.
Articolo 6.
(Contratto di soggiorno per lavoro subordinato)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, dopo l’articolo 5 è inserito il seguente:
“Articolo 5-bis. – (Contratto di soggiorno per lavoro subordinato) – 1. Il contratto di soggiorno per lavoro subordinato stipulato fra un datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia e un prestatore di lavoro, cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea o apolide, contiene:
a) la garanzia da parte del datore di lavoro della disponibilità di un alloggio per il lavoratore che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica;
b) l’impegno al pagamento da parte del datore di lavoro delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel Paese di provenienza.
2. Non costituisce titolo valido per il rilascio del permesso di soggiorno il contratto che non contenga le dichiarazioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1.
3. Il contratto di soggiorno per lavoro è sottoscritto in base a quanto previsto dall’articolo 22 presso lo sportello unico per l’immigrazione della provincia nella quale risiede o ha sede legale il datore di lavoro o dove avrà luogo la prestazione lavorativa secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione”.
Articolo 7.
(Facoltà inerenti il soggiorno)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, all’articolo 6, comma 1, dopo le parole: “prima della sua scadenza,” sono inserite le seguenti: “e previa stipula del contratto di soggiorno per lavoro ovvero previo rilascio della certificazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti dall’articolo 26,”.
2. All’articolo 6, comma 4, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, le parole: “può essere sottoposto a rilievi segnaletici” sono sostituite dalle seguenti: “è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici e segnaletici”.
Articolo 8.
(Sanzioni per l’inosservanza degli obblighi di comunicazione dell’ospitante e del datore di lavoro)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, all’articolo 7, dopo il comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente:
“2-bis. Le violazioni delle disposizioni di cui al presente articolo sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 160 a 1.100 euro”.
Articolo 9.
(Carta di soggiorno)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, all’articolo 9, comma 1, le parole: “cinque anni” sono sostituite dalle seguenti: “sei anni”.
Articolo 10.
(Coordinamento dei controlli di frontiera)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, all’articolo 11, dopo il comma 1 è inserito il seguente:
“1-bis. Il Ministro dell’interno, sentito, ove necessario, il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, emana le misure necessarie per il coordinamento unificato dei controlli sulla frontiera marittima e terrestre italiana. Il Ministro dell’interno promuove altresì apposite misure di coordinamento tra le autorità italiane competenti in materia di controlli sull’immigrazione e le autorità europee competenti in materia di controlli sull’immigrazione ai sensi dell’Accordo di Schengen, ratificato ai sensi della legge 30 settembre 1993, n. 388”.
Articolo 11.
(Disposizioni contro le immigrazioni clandestine)
1. All’articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
“1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque in violazione delle disposizioni del presente decreto compie atti diretti a procurare l’ingresso nel territorio dello Stato di uno straniero ovvero atti diretti a procurare l’ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 15.000 euro per ogni persona”;
b) il comma 3 è sostituito dal seguente:
“3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre profitto anche indiretto, compie atti diretti a procurare l’ingresso di taluno nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del presente decreto, ovvero a procurare l’ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona. La stessa pena si applica quando il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti”;
c) dopo il comma 3, sono inseriti i seguenti:
“3-bis. Le pene di cui al comma 3 sono aumentate se:
a) il fatto riguarda l’ingresso o la permanenza illegale.
nel territorio dello Stato di cinque o più persone;
b) per procurare l’ingresso o la permanenza illegale la persona è stata esposta a pericolo per la sua vita o la sua incolumità;
c) per procurare l’ingresso o la permanenza illegale la persona è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante.
3-ter. Se i fatti di cui al comma 3 sono compiuti al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale ovvero riguardano l’ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento, si applica la pena della reclusione da cinque a quindici anni e la multa di 25.000 euro per ogni persona.
3-quater. Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall’articolo 98 del codice penale, concorrenti con le aggravanti di cui ai commi 3-bis e 3-ter, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti.
3-quater bis.1. Per i delitti previsti dai commi precedenti le pene sono diminuite sino alla metà nei confronti dell’imputato che si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti, per l’individuazione o la cattura di uno o più autori di reati e per la sottrazione di risorse rilevanti alla consumazione dei delitti.
3-quinquies. All’articolo 4-bis, comma 1, terzo periodo, della legge 26 luglio 1975, n.354, e successive modificazioni, dopo le parole: “609-octies del codice penale” sono inserite le seguenti: “nonché dall’articolo 12, commi 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286,”;
d) dopo il comma 9, sono aggiunti i seguenti:
“9-bis. La nave italiana in servizio di polizia, che incontri nel mare territoriale o nella zona contigua, una nave, di cui si ha fondato motivo di ritenere che sia adibita o coinvolta nel trasporto illecito di migranti, può fermarla, sottoporla ad ispezione e, se vengono rinvenuti elementi che confermino il coinvolgimento della nave in un traffico di migranti, sequestrarla conducendo la stessa in un porto dello Stato.
9-ter. Le navi della Marina militare, ferme restando le competenze istituzionali in materia di difesa nazionale, possono essere utilizzate per concorrere alle attività di cui al comma 9-bis.
9-quater. I poteri di cui al comma 9-bis possono essere esercitati al di fuori delle acque territoriali, oltre che da parte delle navi della Marina militare, anche da parte delle navi in servizio di polizia, nei limiti consentiti dalla legge, dal diritto internazionale o da accordi bilaterali o multilaterali, se la nave batte la bandiera nazionale o anche quella di altro Stato, ovvero si tratti di una nave senza bandiera o con bandiera di convenienza.
9-quinquies. Le modalità di intervento delle navi della Marina militare nonché quelle di raccordo con le attività svolte dalle altre unità navali in servizio di polizia sono definite con decreto interministeriale dei Ministri dell’interno, della difesa, dell’economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti.
9-sexies. Le disposizioni di cui ai commi 9-bis e 9-quater si applicano, in quanto compatibili, anche per i controlli concernenti il traffico aereo”.
Articolo 12.
(Espulsione amministrativa)
1. All’articolo 13 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 3 è sostituito dal seguente:
“3. L’espulsione è disposta in ogni caso con decreto motivato immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell’interessato. Quando lo straniero è sottoposto a procedimento penale e non si trova in stato di custodia cautelare in carcere, il questore, prima di eseguire l’espulsione, richiede il nulla osta all’autorità giudiziaria, che può negarlo solo in presenza di inderogabili esigenze processuali valutate in relazione all’accertamento della responsabilità di eventuali concorrenti nel reato o imputati in procedimenti per reati connessi, e all’interesse della persona offesa. In tal caso l’esecuzione del provvedimento è sospesa fino a quando l’autorità giudiziaria comunica la cessazione delle esigenze processuali. Il questore, ottenuto il nulla osta, provvede all’espulsione con le modalità di cui al comma 4. Il nulla osta si intende concesso qualora l’autorità giudiziaria non provveda entro quindici giorni dalla data di ricevimento della richiesta da parte dell’autorità giudiziaria competente. In attesa della decisione sulla richiesta di nulla osta, il questore può adottare la misura del trattenimento presso un centro di permanenza temporanea, ai sensi dell’articolo 14”;
b) dopo il comma 3, sono inseriti i seguenti:
“3-bis. Nel caso di arresto in flagranza o di fermo, il giudice rilascia il nulla osta all’atto della convalida, salvo che applichi la misura della custodia cautelare in carcere ai sensi dell’articolo 391, comma 5, del codice di procedura penale, o che ricorra una delle ragioni per le quali il nulla osta può essere negato ai sensi del comma 3.
3-ter. Le disposizioni di cui al comma 3 si applicano anche allo straniero sottoposto a procedimento penale, dopo che sia stata revocata o dichiarata estinta per qualsiasi ragione la misura della custodia cautelare in carcere applicata nei suoi confronti. Il giudice, con lo stesso provvedimento con il quale revoca o dichiara l’estinzione della misura, decide sul rilascio del nulla osta all’esecuzione dell’espulsione. Il provvedimento è immediatamente comunicato al questore.
3-quater. Nei casi previsti dai commi 3, 3-bis e 3-ter, il giudice, acquisita la prova dell’avvenuta espulsione, se non è ancora stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio, pronuncia sentenza di non luogo a procedere. È sempre disposta la confisca delle cose indicate nel secondo comma dell’articolo 240 del codice penale. Si applicano le disposizioni di cui ai commi 13, 13-bis, 13-ter e 14.
3-quinquies. Se lo straniero espulso rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima del termine previsto dal comma 14 ovvero, se di durata superiore, prima del termine di prescrizione del reato più grave per il quale si era proceduto nei suoi confronti, si applica l’arti-colo 345 del codice di procedura penale. Se lo straniero era stato scarcerato per decorrenza dei termini di durata massima della custodia cautelare, quest’ultima è ripristinata a norma dell’articolo 307 del codice di procedura penale.
3-sexies. Il nulla osta all’espulsione non può essere concesso qualora si proceda per uno o più delitti previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nonché dall’articolo 12 del presente decreto”;
c) il comma 4 è sostituito dal seguente:
“4. L’espulsione è sempre eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica ad eccezione dei casi di cui al comma 5”;
d) il comma 5 è sostituito dal seguente:
“5. Nei confronti dello straniero che si è trattenuto nel territorio dello Stato quando il permesso di soggiorno è scaduto di validità da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo, l’espulsione contiene l’intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni. Il questore dispone l’accompagnamento immediato alla frontiera dello straniero, qualora il prefetto rilevi il concreto pericolo che quest’ultimo si sottragga all’esecuzione del provvedimento”;
e) il comma 8 è sostituito dal seguente:
“8. Avverso il decreto di espulsione può essere presentato unicamente il ricorso al tribunale in composizione monocratica del luogo in cui ha sede l’autorità che ha disposto l’espulsione. Il termine è di sessanta giorni dalla data del provvedimento di espulsione. Il tribunale in composizione monocratica accoglie o rigetta il ricorso, decidendo con unico provvedimento adottato, in ogni caso, entro venti giorni dalla data di deposito del ricorso. Il ricorso di cui al presente comma può essere sottoscritto anche personalmente, ed è presentato anche per il tramite della rappresentanza diplomatica o consolare italiana nel Paese di destinazione. La sottoscrizione del ricorso, da parte della persona interessata, è autenticata dai funzionari delle rappresentanze diplomatiche o consolari che provvedono a certificarne l’autenticità e ne curano l’inoltro all’autorità giudiziaria. Lo straniero è ammesso all’assistenza legale da parte di un patrocinatore legale di fiducia munito di procura speciale rilasciata avanti all’autorità consolare. Lo straniero è altresì ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato, e, qualora sia sprovvisto di un difensore, è assistito da un difensore designato dal giudice nell’ambito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all’articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n.271, nonché, ove necessario, da un interprete”;
f) i commi 6, 9 e 10 sono abrogati;
g) il comma 13 è sostituito dai seguenti:
“13. Lo straniero espulso non può rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell’interno. In caso di trasgressione lo straniero è punito con l’arresto da sei mesi ad un anno ed è nuovamente espulso con accompagnamento immediato alla frontiera.
13-bis. Nel caso di espulsione disposta dal giudice, il trasgressore del divieto di reingresso è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La stessa pena si applica allo straniero che, già denunciato per il reato di cui al comma 13 ed espulso, abbia fatto reingresso sul territorio nazionale.
13-ter. Per i reati di cui ai commi 13 e 13-bis è sempre consentito l’arresto in flagranza dell’autore del fatto e, nell’ipotesi di cui al comma 13-bis, è consentito il fermo. In ogni caso contro l’autore del fatto si procede con rito direttissimo”;
h) il comma 14 è sostituito dal seguente:
“14. Salvo che sia diversamente disposto, il divieto di cui al comma 13 opera per un periodo di dieci anni. Nel decreto di espulsione può essere previsto un termine più breve, in ogni caso non inferiore a cinque anni, tenuto conto della complessiva condotta tenuta dall’interessato nel periodo di permanenza in Italia”.
Articolo 13.
(Esecuzione dell’espulsione)
1. All’articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 5 è sostituito dal seguente:
“5. La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi trenta giorni. Qualora l’accertamento dell’identità e della nazionalità, ovvero l’acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori trenta giorni. Anche prima di tale termine, il questore esegue l’espulsione o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al giudice”;
b) dopo il comma 5, sono inseriti i seguenti:
“5-bis. Quando non sia stato possibile trattenere lo straniero presso un centro di permanenza temporanea, ovvero siano trascorsi i termini di permanenza senza aver eseguito l’espulsione o il respingimento, il questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni. L’ordine è dato con provvedimento scritto, recante l’indicazione delle conseguenze penali della sua trasgressione.
5-ter. Lo straniero che senza giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato in violazione dell’ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis è punito con l’arresto da sei mesi ad un anno. In tale caso si procede a nuova espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.
5-quater. Lo straniero espulso ai sensi del comma 5-ter che viene trovato, in violazione delle norme del presente decreto, nel territorio dello Stato è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
5-quinquies. Per i reati previsti ai commi 5-ter e 5-quater è obbligatorio l’arresto dell’autore del fatto e si procede con rito direttissimo. Al fine di assicurare l’esecuzione dell’espulsione, il questore può disporre i provvedimenti di cui al comma 1 del presente articolo”.
2. Per la costruzione di nuovi centri di accoglienza è autorizzata la spesa nel limite massimo di 12,39 milioni di euro per l’anno 2002, 24,79 milioni di euro per l’anno 2003 e 24,79 milioni di euro per l’anno 2004.
Articolo 14
(Ulteriori disposizioni per l’esecuzione dell’espulsione)
1. All’articolo 15 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:
“1-bis. Della emissione del provvedimento di custodia cautelare o della definitiva sentenza di condanna ad una pena detentiva nei confronti di uno straniero proveniente da Paesi extracomunitari viene data tempestiva comunicazione al questore ed alla competente autorità consolare al fine di avviare la procedura di identificazione dello straniero e consentire, in presenza dei requisiti di legge, l’esecuzione della espulsione subito dopo la cessazione del periodo di custodia cautelare o di detenzione”.
2. La rubrica dell’articolo 15 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 è sostituita dalla seguente: “Esplusione a titolo di misura di sicurezza e disposizioni per l’esecuzione dell’espulsione”.
Articolo 15.
(Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione)
1. L’articolo 16 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 è sostituito dal seguente:
“Articolo 16. – (Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione) – 1. Il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna per un reato non colposo o nell’applicare la pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale nei confronti dello straniero che si trovi in taluna delle situazioni indicate nell’articolo 13, comma 2, quando ritiene di dovere irrogare la pena detentiva entro il limite di due anni e non ricorrono le condizioni per ordinare la sospensione condizionale della pena ai sensi dell’articolo 163 del codice penale né le cause ostative indicate nell’articolo 14, comma 1, del presente decreto, può sostituire la medesima pena con la misura dell’espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni.
2. L’espulsione di cui al comma 1 è eseguita dal questore anche se la sentenza non è irrevocabile, secondo le modalità di cui all’articolo 13, comma 4.
3. L’espulsione di cui al comma 1 non può essere disposta nei casi in cui la condanna riguardi uno o più delitti previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero i delitti previsti dal presente decreto, puniti con pena edittale superiore nel massimo a due anni.
4. Se lo straniero espulso a norma del comma 1 rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima del termine previsto dall’articolo 13, comma 14, la sanzione sostitutiva è revocata dal giudice competente.
5. Nei confronti dello straniero, identificato, detenuto, che si trova in taluna delle situazioni indicate nell’articolo 13, comma 2, che deve scontare una pena detentiva, anche residua, non superiore a due anni, è disposta l’espulsione. Essa non può essere disposta nei casi in cui la condanna riguarda uno o più delitti previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero i delitti previsti dal presente decreto.
6. Competente a disporre l’espulsione di cui al comma 5 è il magistrato di sorveglianza, che decide con decreto motivato, senza formalità, acquisite le informazioni degli organi di polizia sull’identità e sulla nazionalità dello straniero. Il decreto di espulsione è comunicato allo straniero che, entro il termine di dieci giorni, può proporre opposizione dinanzi al tribunale di sorveglianza. Il tribunale decide nel termine di venti giorni.
7. L’esecuzione del decreto di espulsione di cui al comma 5 è sospesa fino alla decorrenza dei termini di impugnazione o della decisione del tribunale di sorveglianza e, comunque, lo stato di detenzione permane fino a quando non siano stati acquisiti i necessari documenti di viaggio. L’espulsione è eseguita dal questore competente per il luogo di detenzione dello straniero con la modalità dell’accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.
8. La pena è estinta alla scadenza del termine di dieci anni dall’esecuzione dell’espulsione di cui al comma 5, sempre che lo straniero non sia rientrato illegittimamente nel territorio dello Stato. In tale caso, lo stato di detenzione è ripristinato e riprende l’esecuzione della pena”.
Articolo 16.
(Determinazione dei flussi di ingresso)
1. All’articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo il primo periodo è inserito il seguente: “Nello stabilire le quote i decreti prevedono restrizioni numeriche all’ingresso di lavoratori di Stati che non collaborano adeguatamente nel contrasto all’immigrazione clandestina o nella riammissione di propri cittadini destinatari di provvedimenti di rimpatrio”;
b) al comma 1, secondo periodo, dopo le parole: “quote riservate” sono inserite le seguenti: “ai lavoratori di origine italiana per parte di almeno uno dei genitori fino al terzo grado in linea retta di ascendenza, residenti in Paesi non comunitari, che chiedano di essere inseriti in un apposito elenco, costituito presso le rappresentanze diplomatiche o consolari, contenente le qualifiche professionali dei lavoratori stessi, nonché”;
c) dopo il comma 4 è inserito il seguente:
“4-bis. Il decreto annuale ed i decreti infrannuali devono altresì essere predisposti in base ai dati sulla effettiva richiesta di lavoro suddivisi per regioni e per bacini provinciali di utenza, elaborati dall’anagrafe informatizzata, istituita presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di cui al comma 7. Il regolamento di attuazione prevede possibili forme di collaborazione con altre strutture pubbliche e private, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio”.
c-bis) dopo il comma 4 è inserito il seguente:
“4-bis. Le regioni possono trasmettere, entro il 30 novembre di ogni anno alla Presidenza del Consiglio dei ministri, un rapporto sulla presenza e sulla condizione degli immigrati extracomunitari nel territorio regionale, contenente anche le indicazioni previsionali relative ai flussi sostenibili nel triennio successivo in rapporto alla capacità di assorbimento del tessuto sociale e produttivo”.
Articolo 17.
(Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato e lavoro autonomo)
1. L’articolo 22 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998 è sostituito dal seguente:
“Articolo 22. – (Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato) – 1. In ogni provincia è istituito presso la prefettura-ufficio territoriale del Governo uno sportello unico per l’immigrazione, responsabile dell’intero procedimento relativo all’assunzione di lavoratori subordinati stranieri a tempo determinato ed indeterminato.
2. Il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia che intende instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato con uno straniero residente all’estero deve presentare allo sportello unico per l’immigrazione della provincia di residenza ovvero di quella in cui ha sede legale l’impresa, ovvero di quella ove avrà luogo la prestazione lavorativa:
a) richiesta nominativa di nulla osta al lavoro;
b) idonea documentazione relativa alle modalità di sistemazione alloggiativa per il lavoratore straniero;
c) la proposta di contratto di soggiorno con specificazione delle relative condizioni, comprensiva dell’impegno al pagamento da parte dello stesso datore di lavoro delle spese di ritorno dello straniero nel Paese di provenienza;
d) dichiarazione di impegno a comunicare ogni variazione concernente il rapporto di lavoro.
3. Nei casi in cui non abbia una conoscenza diretta dello straniero, il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia può richiedere, presentando la documentazione di cui alle lettere b) e c) del comma 2, il nulla osta al lavoro di una o più persone iscritte nelle liste di cui all’articolo 21, comma 5, selezionate secondo criteri definiti nel regolamento di attuazione.
4. Lo sportello unico per l’immigrazione comunica le richieste di cui ai commi 2 e 3 al centro per l’impiego di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, competente in relazione alla provincia di residenza, domicilio o sede legale. Il centro per l’impiego provvede a diffondere le offerte per via telematica agli altri centri ed a renderle disponibili su sito INTERNET o con ogni altro mezzo possibile ed attiva gli eventuali interventi previsti dall’articolo 2 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181. Decorsi venti giorni senza che sia stata presentata alcuna domanda da parte di lavoratore nazionale o comunitario anche per via telematica, il centro trasmette allo sportello unico richiedente una certificazione negativa, ovvero le domande acquisite comunicandole altresì al datore di lavoro. Ove tale termine sia decorso senza che il centro per l’impiego abbia fornito riscontro, lo sportello unico procede ai sensi del comma 5.
5. Lo sportello unico per l’immigrazione, nel complessivo termine massimo di quaranta giorni dalla presentazione della richiesta, a condizione che siano state rispettate le prescrizioni di cui al comma 2 e le prescrizioni del contratto collettivo di lavoro applicabile alla fattispecie, rilascia, in ogni caso, sentito il questore, il nulla osta nel rispetto dei limiti numerici, quantitativi e qualitativi determinati a norma dell’articolo 3, comma 4, e dell’articolo 21, e, a richiesta del datore di lavoro, trasmette la documentazione, ivi compreso il codice fiscale, agli uffici consolari, ove possibile in via telematica. Il nulla osta al lavoro subordinato ha validità per un periodo non superiore a sei mesi dalla data del rilascio.
6. Gli uffici consolari del Paese di residenza o di origine dello straniero provvedono, dopo gli accertamenti di rito, a rilasciare il visto di ingresso con indicazione del codice fiscale, comunicato dallo sportello unico per l’immigrazione. Entro otto giorni dall’ingresso, lo straniero si reca presso lo sportello unico per l’immigrazione che ha rilasciato il nulla osta per la firma del contratto di soggiorno che resta ivi conservato e, a cura di quest’ultimo, trasmesso in copia all’autorità consolare competente ed al centro per l’impiego competente.
7. Il datore di lavoro che omette di comunicare allo sportello unico per l’immigrazione qualunque variazione del rapporto di lavoro intervenuto con lo straniero, è punito con la sanzione amministrativa da 500 a 2.500 euro. Per l’accertamento e l’irrogazione della sanzione è competente il prefetto.
8. Salvo quanto previsto dall’articolo 23, ai fini dell’ingresso in Italia per motivi di lavoro, il lavoratore extracomunitario deve essere munito del visto rilasciato dal consolato italiano presso lo Stato di origine o di stabile residenza del lavoratore.
9. Le questure forniscono all’INPS, tramite collegamenti telematici, le informazioni anagrafiche relative ai lavoratori extracomunitari ai quali è concesso il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, o comunque idoneo per l’accesso al lavoro, e comunicano altresì il rilascio dei permessi concernenti i familiari ai sensi delle disposizioni di cui al titolo IV; l’INPS, sulla base delle informazioni ricevute, costituisce un “Archivio anagrafico dei lavoratori extracomunitari”, da condividere con altre amministrazioni pubbliche; lo scambio delle informazioni avviene in base a convenzione tra le amministrazioni interessate. Le stesse informazioni sono trasmesse, in via telematica, a cura delle questure, all’ufficio finanziario competente che provvede all’attribuzione del codice fiscale. 10. Lo sportello unico per l’immigrazione fornisce al Ministero del lavoro e delle politiche sociali il numero ed il tipo di nulla osta rilasciati secondo le classificazioni adottate nei decreti di cui all’articolo 3, comma 4.
11. La perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore a sei mesi. Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di comunicazione ai centri per l’impiego, anche ai fini dell’iscrizione del lavoratore straniero nelle liste di collocamento con priorità rispetto a nuovi lavoratori extracomunitari.
12. Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato, è punito con l’arresto da tre mesi ad un anno e con l’ammenda di 5000 euro per ogni lavoratore impiegato.
13. Salvo quanto previsto per i lavoratori stagionali dall’articolo 25, comma 5, in caso di rimpatrio il lavoratore extracomunitario conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati e può goderne indipendentemente dalla vigenza di un accordo di reciprocità.
14. Le attribuzioni degli istituti di patronato e di assistenza sociale, di cui alla legge 30 marzo 2001, n. 152, sono estese ai lavoratori extracomunitari che prestino regolare attività di lavoro in Italia.
15. I lavoratori italiani ed extracomunitari possono chiedere il riconoscimento di titoli di formazione professionale acquisiti all’estero; in assenza di accordi specifici, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la commissione centrale per l’impiego, dispone condizioni e modalità di riconoscimento delle qualifiche per singoli casi. Il lavoratore extracomunitario può inoltre partecipare, a norma del presente decreto, a tutti i corsi di formazione e di riqualificazione programmati nel territorio della Repubblica.
16. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi degli statuti e delle relative norme di attuazione”.
2. All’articolo 26, comma 5, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “La rappresentanza diplomatica o consolare rilascia, altresì, allo straniero la certificazione dell’esistenza dei requisiti previsti dal presente articolo ai fini degli adempimenti previsti dall’articolo 5, comma 3-quater, per la concessione del permesso di soggiorno per lavoro autonomo”.
Articolo 18.
(Titoli di prelazione).
1. L’articolo 23 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998 è sostituito dal seguente:
“Articolo 23. – (Titoli di prelazione) – 1. Nell’ambito di programmi approvati, an
che su proposta delle regioni e delle province autonome, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e realizzati anche in collaborazione con le regioni, le province autonome e altri enti locali, organizzazioni nazionali degli imprenditori e datori di lavoro e dei lavoratori, nonché organismi internazionali finalizzati al trasferimento dei lavoratori stranieri in Italia ed al loro inserimento nei settori produttivi del Paese, enti ed associazioni operanti nel settore dell’immigrazione da almeno tre anni, possono essere previste attività di istruzione e di formazione professionale nei Paesi di origine.
2. L’attività di cui al comma 1 è finalizzata:
a) all’inserimento lavorativo mirato nei settori produttivi italiani che operano all’interno dello Stato;
b) all’inserimento lavorativo mirato nei settori produttivi italiani che operano all’interno dei Paesi di origine;
c) allo sviluppo delle attività produttive o imprenditoriali autonome nei Paesi di origine.
3. Gli stranieri che abbiano partecipato alle attività di cui al comma 1 sono preferiti nei settori di impiego ai quali le attività si riferiscono ai fini della chiamata al lavoro di cui all’articolo 22, commi 3, 4 e 5, secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione del presente decreto.
4. Il regolamento di attuazione del presente decreto prevede agevolazioni di impiego per i lavoratori autonomi stranieri che abbiano seguito i corsi di cui al comma 1”.
Articolo 19.
(Lavoro stagionale)
Articolo 19.
(Lavoro stagionale).
1. L’articolo 24 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998 è sostituito dal seguente:
“Articolo 24. – (Lavoro stagionale) – 1. Il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia, o le associazioni di categoria per conto dei loro associati, che intendano instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a carattere stagionale con uno straniero devono presentare richiesta nominativa allo sportello unico per l’immigrazione della provincia di residenza ai sensi dell’articolo 22. Nei casi in cui il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante o le associazioni di categoria non abbiano una conoscenza diretta dello straniero, la richiesta, redatta secondo le modalità previste dall’articolo 22, deve essere immediatamente comunicata al centro per l’impiego competente, che verifica nel termine di cinque giorni l’eventuale disponibilità di lavoratori italiani o comunitari a ricoprire l’impiego stagionale offerto. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 22, comma 3.
2. 2. Lo sportello unico per l’immigrazione rilascia comunque l’autorizzazione nel rispetto del diritto di precedenza maturato, decorsi dieci giorni dalla comunicazione di cui al comma 1 e non oltre venti giorni dalla data di ricezione della richiesta del datore di lavoro.
3. L’autorizzazione al lavoro stagionale ha validità da venti giorni ad un massimo di nove mesi, in corrispondenza della durata del lavoro stagionale richiesto, anche con riferimento all’accorpamento di gruppi di lavori di più breve periodo da svolgere presso diversi datori di lavoro.
4. Il lavoratore stagionale, ove abbia rispettato le condizioni indicate nel permesso di soggiorno e sia rientrato nello Stato di provenienza alla scadenza del medesimo, ha diritto di precedenza per il rientro in Italia nell’anno successivo per ragioni di lavoro stagionale, rispetto ai cittadini del suo stesso Paese che non abbiano mai fatto regolare ingresso in Italia per motivi di lavoro. Può, inoltre, convertire il permesso di soggiorno per lavoro stagionale in permesso di soggiorno per lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, qualora se ne verifichino le condizioni.
5. Le commissioni regionali tripartite, di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, possono stipulare con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello regionale dei lavoratori e dei datori di lavoro, con le regioni e con gli enti locali, apposite convenzioni dirette a favorire l’accesso dei lavoratori stranieri ai posti di lavoro stagionale. Le convenzioni possono individuare il trattamento economico e normativo, comunque non inferiore a quello previsto per i lavoratori italiani e le misure per assicurare idonee condizioni di lavoro della manodopera, nonché eventuali incentivi diretti o indiretti per favorire l’attivazione dei flussi e dei deflussi e le misure complementari relative all’accoglienza.
6. Il datore di lavoro che occupa alle sue dipendenze, per lavori di carattere stagionale, uno o più stranieri privi del permesso di soggiorno per lavoro stagionale, ovvero il cui permesso sia scaduto, revocato o annullato, è punito ai sensi dell’articolo 22, comma 12”.
Articolo 20.
(Ingresso e soggiorno per lavoro autonomo)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, all’articolo 26, dopo il comma 7, è aggiunto, in fine, il seguente:
“7-bis. La condanna con provvedimento irrevocabile per alcuno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice penale comporta la revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero e l’espulsione del medesimo con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica”.
Articolo 21.
(Attività sportive)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, all’articolo 27, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 1, dopo la lettera r) sono aggiunte le seguenti:
“r-bis) infermieri professionali assunti presso strutture sanitarie pubbliche e private;
b) dopo il comma 5 è aggiunto, in fine, il seguente:
“5-bis. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, su proposta del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), sentiti i Ministri dell’interno e del lavoro e delle politiche sociali, è determinato il limite massimo annuale d’ingresso degli sportivi stranieri che svolgono attività sportiva a titolo professionistico o comunque retribuita, da ripartire tra le federazioni sportive nazionali. Tale ripartizione è effettuata dal CONI con delibera da sottoporre all’approvazione del Ministro vigilante. Con la stessa delibera sono stabiliti i criteri generali di assegnazione e di tesseramento per ogni stagione agonistica anche al fine di assicurare la tutela dei vivai giovanili”.
Articolo 22.
(Ricongiungimento familiare)
1. All’articolo 29 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1:
1) alla lettera b) è inserita la seguente: “b-bis) i figli maggiorenni a carico, qualora non possano per ragioni oggettive provvedere al proprio sostentamento a causa del loro stato di salute che comporti invalidità totale”;
2) alla lettera c) sono aggiunte, infine, le seguenti parole: “qualora non abbiano altri figli nerl Paese di origine o di provenienza ovvero genitori ultrasessantacinquenni qualora gli altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per documentati gravi motivi di salute”;
3) la lettera d) è abrogata;
b) commi 7, 8 e 9 sono sostituiti dai seguenti:
“7. La domanda di nulla osta al ricongiungimento familiare, corredata della prescritta documentazione compresa quella attestante i rapporti di parentela, coniugio e la minore età, autenticata dall’autorità consolare italiana, è presentata allo sportello unico per l’immigrazione presso la prefettura-ufficio territoriale di Governo competente per il luogo di dimora del richiedente, la quale ne rilascia copia contrassegnata con timbro datario e sigla del dipendente incaricato del ricevimento. L’ufficio, verificata, anche mediante accertamenti presso la questura competente, l’esistenza dei requisiti di cui al presente articolo, emette il provvedimento richiesto, ovvero un provvedimento di diniego del nulla osta.
8. Trascorsi novanta giorni dalla richiesta del nulla osta, l’interessato può ottenere il visto di ingresso direttamente dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane, dietro esibizione della copia degli atti contrassegnata dallo sportello unico per l’immigrazione, da cui risulti la data di presentazione della domanda e della relativa documentazione.
9. Le rappresentanze diplomatiche e consolari italiane rilasciano altresì il visto di ingresso al seguito nei casi previsti dal comma 5”.
Articolo 22bis.
1. All’articolo 30 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, al comma 5, prima delle parole: “In caso di separazione”, sono aggiunte le seguenti: “In caso di morte del familiare in possesso dei requisiti per il ricongiungimento e”.
Articolo 22ter .
1. All’articolo 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo il comma 1, sono aggiunti i seguenti:
1-bis. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, sempreché non sia intervenuta una decisione del Comitato per i minori stranieri di cui all’articolo 33, ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394.
1-ter. L’ente gestore dei progetti deve garantire e provare con idonea documentazione, al momento del compimento della maggiore età del minore straniero di cui al comma 1-bis, che l’interessato si trova sul territorio nazionale da non meno di tre anni, che ha seguito il progetto per non meno di due anni, ha la disponibilità di un alloggio e che frequenta corsi di studio ovvero svolge attività lavorativa retribuita nelle forme e con le modalità previste dalla legge italiana oppure è in possesso di contratto di lavoro anche se non ancora iniziato.
1-quater. Il numero di permessi di soggiorno rilasciati ai sensi del presente articolo è portato in detrazione dalle quote di ingresso definite annualmente nei decreti di cui all’articolo 3, comma 4″.
Articolo 23.
(Accessi ai corsi delle università)
1. Il comma 5 dell’articolo 39 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998 è sostituito dal seguente:
“5. È comunque consentito l’accesso ai corsi universitari, a parità di condizioni con gli studenti italiani, agli stranieri titolari di carta di soggiorno, ovvero di permesso di soggiorno per lavoro subordinato o per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, o per motivi religiosi, ovvero agli stranieri regolarmente soggiornanti da almeno un anno in possesso di titolo di studio superiore conseguito in Italia, nonché agli stranieri, ovunque residenti, che sono titolari dei diplomi finali delle scuole italiane all’estero o delle scuole straniere o internazionali, funzionanti in Italia o all’estero, oggetto di intese bilaterali o di normative speciali per il riconoscimento dei titoli di studio e soddisfino le condizioni generali richieste per l’ingresso per studio”.
Articolo 24.
(Centri di accoglienza e accesso all’abitazione)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, all’articolo 40, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, l’ultimo periodo è soppresso;
b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:
“1-bis. L’accesso alle misure di integrazione sociale è riservato agli stranieri non appartenenti a Paesi dell’Unione europea che dimostrino di essere in regola con le norme che disciplinano il soggiorno in Italia ai sensi del presente decreto, e delle leggi e regolamenti vigenti in materia”.
c). Il comma 5 è abrogato;
d). Il comma 6 è sostituito dal seguente:
‘‘6. Gli stranieri titolari di carta di soggiorno e gli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno biennale e che esercitano una regolare attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo hanno diritto di accedere, in condizioni di parità con i cittadini italiani, nel limite del cinque per cento degli alloggi e delle agevolazioni, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica e ai servizi di intermediazione delle agenzie sociali eventualmente predisposte da ogni Regione o dagli enti locali per agevolare l’accesso alle locazioni abitative e al credito agevolato in materia di edilizia, recupero, acquisto e locazione della prima casa di abitazione”.
Articolo 25.
(Aggiornamenti normativi)
1. Nel testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, ovunque ricorrano, le parole: “ufficio periferico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale” sono sostituite dalle seguenti: “prefettura-ufficio territoriale del Governo” e le parole: “il pretore” sono sostituite dalle seguenti: “il tribunale in composizione monocratica”.
2. All’articolo 25 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, il primo periodo del comma 5 è sostituito dal seguente: “Ai contributi di cui al comma 1, lettera a), si applicano le disposizioni dell’articolo 22, comma 13, concernenti il trasferimento degli stessi all’istituto o ente assicuratore dello Stato di provenienza”.
3. All’articolo 26 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, nel comma 3, le parole da: “o di corrispondente garanzia” fino alla fine del comma sono soppresse.
Articolo 26.
(Matrimoni contratti al fine di eludere le norme sull’ingresso e sul soggiorno dello straniero)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, all’articolo 30, dopo il comma 1, è inserito il seguente:
“1-bis. Il permesso di soggiorno nei casi di cui al comma 1, lettera b), è immediatamente revocato qualora sia accertato che al matrimonio non è seguita l’effettiva convivenza salvo che dal matrimonio sia nata prole”.
CAPO II
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ASILO
Articolo 27.
(Permesso di soggiorno per i richiedenti asilo)
1. L’ultimo periodo del comma 5 dell’articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, è sostituito dal seguente: “Il questore territorialmente competente, quando non ricorrano le ipotesi previste negli articoli 1-bis e 1-ter, rilascia, su richiesta, un permesso di soggiorno temporaneo valido fino alla definizione della procedura di riconoscimento”.
Articolo 28.
(Procedura semplificata)
1. Al decreto-legge 30 dicembre 1989, n.416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n.39, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 1, il comma 7 è abrogato;
b) dopo l’articolo 1 sono inseriti i seguenti:
“Articolo 1-bis. – (Casi di trattenimento) – 1. Il richiedente asilo non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la domanda di asilo presentata. Esso può, tuttavia, essere trattenuto per il tempo strettamente necessario alla definizione delle autorizzazioni alla permanenza nel territorio dello Stato in base alle disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, nei seguenti casi:
a) per verificare o determinare la sua nazionalità o identità, qualora egli non sia in possesso dei documenti di viaggio o d’identità, oppure abbia, al suo arrivo nello Stato, presentato documenti risultati falsi;
b) per verificare gli elementi su cui si basa la domanda di asilo, qualora tali elementi non siano immediatamente disponibili;
c) in dipendenza del procedimento concernente il riconoscimento del diritto ad essere ammesso nel territorio dello Stato.
2. Il trattenimento deve sempre essere disposto nei seguenti casi:
a) a seguito della presentazione di una domanda di asilo presentata dallo straniero fermato per avere eluso il controllo di frontiera o subito dopo, o, comunque, in condizioni di soggiorno irregolare;
b) a seguito della presentazione di una domanda di asilo da parte di uno straniero già destinatario di un provvedimento di espulsione o respingimento.
3. Il trattenimento previsto nei casi di cui al comma 1, lettere a), b) e c), e nei casi di cui al comma 2, lettera a), è attuato nei centri di accoglienza per richiedenti asilo con regolamento. Il medesimo regolamento determina il numero, le caratteristiche
e le modalità di gestione di tali strutture e tiene conto degli atti adottati dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR), dal Consiglio d’Europa e dall’Unione europea. Nei centri di accoglienza per richiedenti asilo sarà comunque consentito l’accesso ai rappresentanti dell’ACNUR. L’accesso sarà altresì consentito agli avvocati e agli organismi ed enti di tutela dei rifugiati con esperienza consolidata nel settore, autorizzati dal Ministero dell’interno.
4. Per il trattenimento di cui al comma 2, lettera b), si osservano le norme di cui all’articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Nei centri di permanenza temporanea e assistenza di cui al medesimo articolo 14 sarà comunque consentito l’accesso ai rappresentanti dell’ACNUR. L’accesso sarà altresì consentito agli avvocati e agli organismi ed enti di tutela dei rifugiati con esperienza consolidata nel settore, autorizzati dal Ministero dell’interno.
5. Allo scadere del periodo previsto per la procedura semplificata di cui all’articolo 1-ter, e qualora la stessa non si sia ancora conclusa, allo straniero è concesso un permesso di soggiorno temporaneo fino al termine della procedura stessa.
Articolo 1-ter. – (Procedura semplificata) – 1. Nei casi di cui alle lettere a) e b) del comma 2 dell’articolo 1-bis è istituita la procedura semplificata per la definizione della istanza di riconoscimento dello status di rifugiato secondo le modalità di cui ai commi da 2 a 6.
2. Appena ricevuta la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato di cui all’articolo 1-bis, comma 2, lettera a), il questore competente per il luogo in cui la richiesta è stata presentata dispone il trattenimento dello straniero interessato in uno dei centri di accoglienza per richiedenti asilo di cui all’articolo 1-bis, comma 3. Entro due giorni dal ricevimento dell’istanza, il questore provvede alla trasmissione della documentazione necessaria alla commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato che, entro quindici giorni, provvede all’audizione. La decisione è adottata entro i successivi tre giorni.
3. Appena ricevuta la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato di cui all’articolo 1-bis, comma 2, lettera b), il questore competente per il luogo in cui la richiesta è stata presentata dispone il trattenimento dello straniero interessato in uno dei centri di permanenza temporanea di cui all’articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286; ove già sia in corso il trattenimento, il questore chiede al giudice unico la proroga del periodo di trattenimento per ulteriori trenta giorni per consentire l’espletamento della procedura di cui al presente articolo. Entro due giorni dal ricevimento dell’istanza, il questore provvede alla trasmissione della documentazione necessaria alla commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato che entro quindici giorni provvede all’audizione. La decisione è adottata entro i successivi tre giorni.
4. L’allontanamento non autorizzato dai centri di cui all’articolo 1-bis, comma 4, equivale a rinuncia alla domanda.
5. Lo Stato italiano è competente all’esame delle domande di riconoscimento dello status di rifugiato di cui al presente articolo, ove i tempi non lo consentano, ai sensi della Convenzione di Dublino ratificata ai sensi della legge 23 dicembre 1992, n. 523.
6. L’eventuale ricorso avverso la decisione della commissione territoriale è presentato al tribunale in composizione monocratica territorialmente competente entro quindici giorni, anche dall’estero tramite le rappresentanze diplomatiche. Il ricorso non sospende il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale; il richiedente asilo può tuttavia chiedere al prefetto competente di essere autorizzato a rimanere sul territorio nazionale fino all’esito del ricorso. La decisione di rigetto del ricorso è immediatamente esecutiva.
Articolo 1-quater. – (Commissioni territoriali) – 1. Presso le prefetture – uffici territoriali del Governo indicati con il regolamento di cui all’articolo 1-bis, comma 3, sono istituite le commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato. Le predette commissioni, nominate con decreto del Ministro dell’interno, sono presiedute da un funzionario della carriera prefettizia e composte da un funzionario della Polizia di Stato, da un rappresentante dell’ente territoriale designato dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e da un rappresentante dell’ACNUR. Per ciascun componente deve essere previsto un componente supplente. Tali commissioni possono essere integrate, su richiesta del Presidente della Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato prevista dall’articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1990, n.136, da un funzionario del Ministero degli affari esteri con la qualifica di componente a tutti gli effetti, ogni volta che sia necessario, in relazione a particolari afflussi di richiedenti asilo, in ordine alle domande dei quali occorra disporre di particolari elementi di valutazione in merito alla situazione dei Paesi di provenienza di competenza del Ministero degli affari esteri. In caso di parità, prevale il voto del Presidente. Ove necessario, in relazione a particolari afflussi di richiedenti asilo, le commissioni possono essere composte da personale posto in posizione dì distacco o di collocamento a riposo. La partecipazione del personale di cui al precedente periodo ai lavori delle commissioni non comporta la corresponsione di compensi o di indennità di qualunque natura.
2. Entro due giorni dal ricevimento dell’istanza, il questore provvede alla trasmissione della documentazione necessaria alla commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato che entro trenta giorni provvede all’audizione. La decisione è adottata entro i successivi tre giorni.
3. Durante lo svolgimento dell’audizione, ove necessario, le commissioni territoriali si avvalgono di interpreti. Del colloquio con il richiedente viene redatto verbale. Le decisioni sono adottate con atto scritto e motivato. Le stesse verranno comunicate al richiedente, unitamente all’informazione sulle modalità di impugnazione, nelle forme previste dall’articolo 2, comma 6, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
3-bis. Nell’esaminare la domanda di asilo le commissioni territoriali valutano per i provvedimenti di cui all’articolo 5, comma 6, del presente testo unico le conseguenze di un rimpatrio alla luce degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali di cui l’Italia è firmataria e, in particolare, dell’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848.
4. Avverso le decisioni delle commissioni territoriali è ammesso ricorso al tribunale ordinario territorialmente competente che decide ai sensi dell’articolo 1-ter, comma 6.
Articolo 1-quinquies. – (Commissione nazionale per il diritto di asilo) – 1. La Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato prevista dall’articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1990, n. 136, è trasformata in Commissione nazionale per il diritto di asilo, di seguito denominata “Commissione nazionale”, nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta congiunta dei Ministri dell’interno e degli affari esteri. La Commissione è presieduta da un prefetto ed è composta da un dirigente in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, da un funzionario della carriera diplomatica, da un funzionario della carriera prefettizia in servizio presso il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione e da un dirigente del Dipartimento della pubblica sicurezza. Alle riunioni partecipa un rappresentante del delegato in Italia dell’ACNUR. Ciascuna amministrazione designa, altresì, un supplente. La Commissione nazionale, ove necessario, può essere articolata in sezioni di analoga composizione.
2. La Commissione nazionale ha compiti di indirizzo e coordinamento delle commissioni territoriali, di formazione e aggiornamento dei componenti delle medesime commissioni, di raccolta di dati statistici oltre che poteri decisionali in tema di revoche e cessazione degli status concessi.
3. Con il regolamento di cui all’articolo 1-bis, comma 3, sono stabilite le modalità di funzionamento della Commissione nazionale e di quelle territoriali.
Articolo 1-sexies. (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). – 1. Gli enti locali che prestano servizi finalizzati all’accoglienza dei richiedenti asilo e alla tutela dei rifugiati e degli stranieri destinatari di altre forme di protezione umanitaria possono accogliere nell’ambito dei servizi medesimi il richiedente asilo privo di mezzi di sussistenza nel caso in cui non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli 1-bis e 1-ter.
2. Il Ministro dell’interno, con proprio decreto, sentita la Conferenza unificata, provvede, annualmente, e nei limiti delle risorse del fondo di cui all’articolo 1-septies, al sostegno finanziario dei servizi di accoglienza di cui al comma 3, in misura non superiore all’80 per cento del costo complessivo di ogni singola iniziativa territoriale.
3. In fase di prima attuazione, il decreto di cui al comma 3 stabilisce:
a) le linee guida e il formulario per la presentazione delle domande di contributo, i criteri per la verifica della corretta gestione dello stesso e le modalità per la sua eventuale revoca;
b) assicura, nei limiti delle risorse finanziarie del fondo di cui all’articolo 1-septies, la continuità degli interventi e dei servizi già in atto, così come previsti dal Fondo europeo per i rifugiati;
c) determina, nei limiti delle risorse finanziarie del fondo di cui all’articolo 1-septies, le modalità e la misura dell’erogazione di un contributo economico di prima assistenza in favore del richiedente asilo che non rientra nei casi previsti dagli articoli 1-bis e 1-ter e che non è accolto nell’ambito dei servizi di accoglienza di cui al comma 2.
4. Al fine di razionalizzare e ottimizzare il sistema di protezione del richiedente asilo, del rifugiato e dello straniero con permesso umanitario di cui all’articolo 18 e di facilitare il coordinamento, a livello nazionale, dei servizi di accoglienza territoriali, il Ministero dell’interno attiva, sentiti l’Associazione nazionale dei comuni italiani e l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati, un servizio centrale di informazione, promozione, consulenza, monitoraggio e supporto tecnico agli enti locali che prestano i servizi di accoglienza di cui al comma 2. Il servizio centrale è affidato, con apposita convenzione, all’Associazione nazionale dei comuni italiani.
5. Il servizio provvede a:
a) monitorare la presenza sul territorio dei richiedenti asilo, dei rifugiati e degli stranieri con permesso umanitario;
b) creare una banca dati degli interventi realizzati a livello locale in favore dei richiedenti asilo e dei rifugiati;
c) favorire la dffusione delle informazioni sugli interventi;
d) fornire assistenza tecnica agli enti locali, anche nella predisposizione dei servizi di cui al comma 2;
e) promuovere e attuare, d’intesa con il Ministero degli affari esteri, programmi di rimpatrio attraverso l’Organizzazione internazionale per le migrazioni o altri organismi, nazionali o internazionali, a carattere umanitario.
6. Le spese di funzionamento e di gesione del servizio sono finanziate nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo di cui all’articolo 1-septies.
Articolo 1-septies. (Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo). 1. Ai fini del finanziamento delle attività e degli interventi di cui all’articolo 1-sexies, presso il Ministero dell’interno, è istituito il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, la cui dotazione è costituita da:
a) le risorse iscritte nell’unità previsionale di base 4.1.2.5 “Immigrati profughi e rifugiati” – cap. 2359 – dello stato di previsione del Ministero dell’interno per l’anno 2002, già destinate agli interventi di cui all’articolo 1-sexies e corrispondenti a 5,160 milioni di euro;
b) le assegnazioni annuali del Fondo europeo per i rifugiati, ivi comprese quelle già attribuite all’Italia per gli anni 2000, 2001, 2002 ed in via di accreditamento al Fondo di rotazione del Ministero dell’economia e delle finanze;
c) i contributi e le donazioni eventualmente disposti da privati, enti o organizzazioni, anche internazionali, e da altri organismi dell’Unione europea.
2. Le somme di cui al comma 1, lettere b) e c), sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo di cui al comma 1.
3. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. ”
2. Per la costruzione di nuovi centri di identificazione è autorizzata la spesa nel limite massimo di 25,31 milioni di euro per l’anno 2003.
Articolo 29
(Dichiarazione di emersione di lavoro irregolare)
1. Chiunque, nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della presente legge, ha occupato alle proprie dipendenze personale di origine extracomunitaria, adibendolo ad attività di assistenza a componenti della famiglia affetti da patologie o handicap che ne limitano l’autosufficienza ovvero al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare, può denunciare, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la sussistenza del rapporto di lavoro mediante presentazione alla prefettura-ufficio territoriale del Governo competente per territorio della dichiarazione di emersione nelle forme previste dal presente articolo. La denuncia di cui al primo periodo del presente comma è limitata ad una unità per nucleo familiare, con riguardo al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.
2. La dichiarazione di emersione contiene a pena di inammissibilità:
a) le generalità del datore di lavoro, ed una dichiarazione attestante la cittadinanza italiana o, comunque, la regolarità della sua presenza in Italia;
b) l’indicazione delle generalità e della nazionalità dei lavoratori occupati;
c) certificazione medica della patologia o handicap del componente la famiglia alla cui assistenza è destinato il lavoratore. Tale certificazione non è richiesta qualora il lavoratore extracomunitario sia adibito al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare;
d) l’indicazione della tipologia e delle modalità di impiego;
e) l’indicazione della retribuzione convenuta, in misura non inferiore a quella prevista dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento.
3. Ai fini della ricevibilità, alla dichiarazione di emersione sono allegati:
a) attestato di pagamento di un contributo forfettario, pari all’importo trimestrale corrispondente al rapporto di lavoro dichiarato, senza aggravio di ulteriori somme a titolo di penali ed interessi;
b) copia di impegno a stipulare con il prestatore d’opera, nei termini di cui al comma 5, il contratto di soggiorno previsto dall’articolo 5-bis del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998.
4. Nei venti giorni successivi alla presentazione della dichiarazione di cui al comma 1, la prefettura-ufficio territoriale del Governo competente per territorio verifica l’ammissibilità e la ricevibilità della dichiarazione e il questore rilascia al prestatore di lavoro un permesso, della durata di un anno, rinnovabile per uguali, successivi periodi, se è data prova della continuazione del rapporto e della regolarità della posizione contributiva della manodopera occupata. Lo stesso ufficio assicura la tenuta di un registro informatizzato di coloro che hanno presentato la denuncia di cui al comma 1 e dei lavoratori extracomunitari cui è riferita la denuncia.
5. Nei dieci giorni successivi alla comunicazione del rilascio del permesso di soggiorno di cui al comma 4, le parti stipulano nelle forme previste dalla presente legge il contratto di soggiorno alle condizioni previste nella dichiarazione di emersione. La mancata stipulazione del contratto determina in ogni caso la decadenza dal permesso di soggiorno.
6. I datori di lavoro che presentano la dichiarazione di emersione del lavoro irregolare ai sensi dei commi da 1 a 5, non sono punibili per le violazioni delle norme relative al soggiorno, al lavoro e di carattere finanziario, compiute, antecedentemente al 1° gennaio 2002, in relazione all’occupazione dei lavoratori extracomunitari indicati nella dichiarazione di emersione presentata. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali determina con proprio decreto i parametri retributivi e le modalità di calcolo e di corresponsione delle somme di cui al comma 3, lettera a), nonché le modalità per la successiva imputazione delle stesse alla posizione contributiva del lavoratore interessato in modo da garantire l’equilibrio finanziario delle relative gestioni previdenziali. Il Ministro, con proprio decreto, determina altresì le modalità di corresponsione delle somme e degli interessi dovuti per i contributi previdenziali concernenti periodi denunciati antecedenti ai tre mesi di cui al comma 3.
7. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai rapporti di lavoro che
occupino prestatori d’opera extracomunitari nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno ovvero sia intervenuta una sentenza di condanna, anche non definitiva, pronunciata in Italia o in uno dei Paesi dell’Unione europea per uno dei delitti indicati negli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale. Le disposizioni del presente articolo non costituiscono comunque impedimento all’espulsione dei soggetti extracomunitari che risultino pericolosi per la sicurezza dello Stato.
8. Chiunque presenti una falsa dichiarazione di emersione ai sensi del comma 1 su falsi presupposti, conoscendone la non veridicità, al fine di eludere le disposizioni in materia di immigrazione della presente legge, è punito, solo per questo, con la pena da due a nove mesi di reclusione.
CAPO III
DISPOSIZIONI DI COORDINAMENTO
Articolo 30.
(Norme transitorie e finali)
1. Entro sei mesi dalla data della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale si procede, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, all’emanazione delle norme di attuazione ed integrazione della presente legge, nonché alla revisione ed armonizzazione delle disposizioni contenute nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394.
2. Entro quattro mesi dalla data della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale si procede, con regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, alla revisione ed integrazione delle disposizioni regolamentari vigenti sull’immigrazione, sulla condizione dello straniero e sul diritto di asilo, limitatamente alle seguenti finalità:
a) razionalizzare l’impiego della telematica nelle comunicazioni, nelle suddette materie, tra le amministrazioni pubbliche;
b) assicurare la massima interconnessione tra gli archivi già realizzati a riguardo o in via di realizzazione presso le amministrazioni pubbliche;
c) promuovere le opportune iniziative per la riorganizzazione degli archivi esistenti.
3. Il regolamento previsto dall’articolo 1-bis, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, introdotto dall’articolo 28, è emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Le disposizioni di cui agli articoli 27 e 28 si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore del predetto regolamento; fino a tale data si applica la disciplina anteriormente vigente.
4. Fino al completamento di un adeguato programma di realizzazione di una rete di centri di permanenza temporanea e assistenza, accertato con decreto del Ministro dell’interno, sentito il Comitato di cui al comma 2 dell’articolo 2-bis del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, introdotto dall’articolo 2 della presente legge, il sindaco, in particolari situazioni di emergenza, può disporre l’alloggiamento, nei centri di accoglienza di cui all’articolo 40 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, di stranieri non in regola con le disposizioni sull’ingresso e sul soggiorno nel territorio dello Stato, fatte salve le disposizioni sul loro allontanamento dal territorio medesimo.
Articolo 30-bis.
(Istituzione della Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere).
1. È istituita, presso il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno, la Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere con compiti di impulso e di coordinamento delle attività di polizia di frontiera e di contrasto dell’immigrazione clandestina, nonché delle attività demandate alle autorità di pubblica sicurezza in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri. Alla suddetta direzione centrale è preposto un prefetto, nell’ambito della dotazione organica esistente.
2. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, la determinazione del numero e delle competenze degli uffici in cui si articola la Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere, nonché la determinazione delle piante organiche e dei mezzi a disposizione, sono effettuate con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, ai sensi dell’articolo 5 della legge 1o aprile 1981, n. 121. Dall’istituzione della Direzione centrale, che si avvale delle risorse umane, strumentali e finanziarie esistenti, non derivano nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato.
3. La denominazione della Direzione centrale di cui all’articolo 4, comma 1, lettera h), del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2001, n. 398, è conseguentemente modificata in “Direzione centrale per la polizia stradale, ferroviaria, delle comunicazioni e per i reparti speciali della Polizia di Stato”.
4. Eventuali integrazioni e modifiche delle disposizioni di cui ai commi precedenti sono effettuate con la procedura di cui all’articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
Articolo 30 ter
1. Nell’ambito delle strategie finalizzate alla prevenzione dell’immigrazione clandestina, il Ministero dell’interno, d’intesa con il Ministero degli affari esteri, può inviare presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari funzionari della Polizia di Stato, in qualità di esperti nominati secondo le procedure e le modalità previste dall’articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18. A tali fini il contingente previsto dal predetto articolo è aumentato sino ad un massimo di ulteriori undici unità, riservate agli esperti della Polizia di Stato, corrispondenti agli esperti nominati ai sensi del presente comma.
2. All’onere derivante dall’attuazione del presente articolo, determinato nella misura di euro 778.817 per l’anno 2002 e di euro 1.557.633, annui a decorrere dall’anno 2003, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.
Articolo 31.
(Disposizioni relative al Comitato parlamentare di controllo e vigilanza in materia di immigrazione ed asilo)
1. Al Comitato parlamentare istituito dall’articolo 18 della legge 30 settembre 1993, n. 388, che assume la denominazione di “Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione” sono altresì attribuiti compiti di indirizzo e vigilanza circa la concreta attuazione della presente legge, nonché degli accordi internazionali e della restante legislazione in materia di immigrazione ed asilo. Su tali materie il Governo presenta annualmente al Comitato una relazione. Il Comitato riferisce annualmente alle Camere sulla propria attività.
Articolo 32
(Norma finanziaria)
1. Dall’applicazione degli articoli 2, 5, 16, 17, 18, 19, 22 ter e 30 non devono derivare oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.
2. All’onere derivante dall’attuazione degli articoli 1, 12, comma 1, lettera c), 13 e 28, valutato in 25,91 milioni di euro per l’anno 2002, 130,65 milioni di euro per l’anno 2003, 125,62 milioni di euro per l’anno 2004, e 117,75 milioni di euro a decorrere dall’anno 2005, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.
3. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 aprile 2001, registrato alla Corte dei conti il 9 maggio 2001- “Programmazione dei flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari nel territorio dello Stato per l’anno 2001 “
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Visto il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, emanato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 [1], e successive modificazioni;
Visto in particolare, l’art. 3, comma 4 [2], relativo alla definizione annuale delle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato, per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo, tenuto conto dei ricongiungimenti famigliari e delle misure di protezione temporanea eventualmente disposte a norma dell’art. 20 del suddetto decreto legislativo;
Visto il relativo regolamento di attuazione adottato con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394;
Visto il documento programmatico 2001-2003 relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, a norma dell’art. 3 della legge 6 marzo 1998, n. 40, emanato con decreto del Presidente della Repubblica in data 30 marzo 2001 e pubblicato in supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale del 16 maggio 2001;
Visti i decreti di programmazione dei flussi di ingresso, rispettivamente del 27 dicembre 1997, 16 ottobre 1998 e 15 marzo 2000;
Vista la propria direttiva in data 4 agosto 1999, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 6 settembre 1999;
Vista la propria direttiva in data 2 febbraio 200l, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 3 marzo 2001;
Visto il proprio decreto in data 2 agosto 2000;
Considerato che la programmazione annuale dei flussi migratori deve tener conto del fabbisogno di manodopera, stimato dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale nel documento programmatico per il triennio 2001-2003 e dell’andamento dell’occupazione e dei tassi di disoccupazione a livello nazionale e regionale, nonche’ sul numero dei cittadini stranieri non appartenenti all’Unione europea iscritti nelle liste di collocamento, ai sensi dell’art. 21, comma 4, del testo unico;
Tenuto conto che alcuni settori produttivi nazionali, quali turistico-alberghiero, agricolo, dell’edilizia e dei servizi, richiedono manodopera straniera per lo svolgimento di lavori a tempo determinato, specialmente stagionale;
Tenuto conto che altri settori produttivi nazionali, quali siderurgico, meccanico, artigianali, delle tecnologia dell’informazione e della comunicazione, ma anche dei servizi alla persona, di cura e domestici, richiedono manodopera straniera per ricoprire posti di lavoro a tempo indeterminato;
Tenuto conto della necessita’ di aumentare la formazione professionale e la partecipazione al mercato del lavoro della forza lavoro interna;
Tenuto conto delle caratteristiche della mobilita’ all’interno dei confini nazionali di lavoratori italiani e stranieri disoccupati;
Tenuto conto altresi, delle previsioni di inserimento di lavoratori autonomi, anche per lo svolgimento di attivita’ professionali, verificate d’intesa con il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato e con il Ministro della giustizia;
Tenuto conto della rilevazione dei fabbisogni degli operatori sanitari verificati dal Ministero della sanita;
Tenuto conto delle esigenze espresse dalle regioni, dagli enti locali, dalle parti sociali e delle organizzazioni del privato sociale e del volontariato;
Considerati i ricongiungimenti famigliari verificatesi nel corso dell’anno 2000 con conseguente possibilita’ di accesso immediato al lavoro;
Sentita la competente commissione della Camera dei deputati e rilevata la decorrenza del termine per l’espressione del parere da parte della competente commissione del Senato della Repubblica;
Sentito il Comitato dei Ministri di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 2 agosto 2000;
Decreta:
Articolo 1.
1. Per l’anno 2001 sono ammessi in Italia, per motivi di lavoro subordinato non stagionale e di lavoro autonomo, i cittadini stranieri non comunitari residenti all’estero, entro una quota massima di 50.000 persone.
2. Per l’anno 2001 sono ammessi in Italia, per motivi di lavoro subordinato stagionale, i cittadini stranieri non comunitari residenti all’estero, chiamati e autorizzati nominativamente, entro una quota massima di 33.000 persone.
Articolo 2.
1. Nell’ambito della quota massima di cui all’art. 1, comma 1, e’ consentito l’ingresso in Italia per lavoro subordinato non stagionale e autonomo di 20.000 lavoratori cosi’ ripartiti:
a) 12.000 lavoratori per lavoro subordinato, a tempo indeterminato o determinato a carattere non stagionale, chiamati ed autorizzati nominativamente e provenienti da qualsiasi Paese non comunitario, con esclusione dei Paesi di cui all’art. 3;
b) 3.000 lavoratori per lavoro autonomo, anche per lo svolgimento di attivita’ professionali, provenienti da qualsiasi Paese non comunitario, con esclusione dei Paesi di cui all’art. 3;
c) 2.000 lavoratori per lavoro subordinato o autonomo, quali infermieri professionali che hanno conseguito il titolo in Italia ovvero ai quali il Ministero della sanita’ ha riconosciuto il titolo conseguito all’estero;
d) 3.000 lavoratori per lavoro subordinato o autonomo, specializzati nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
2. Con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’industria, e d’intesa con il Ministero degli esteri se si vorra’ valutare la provenienza, da emanare entro novanta giorni dalla pubblicazione del seguente decreto, sono stabiliti i profili professionali degli operatori del settore della tecnologia dell’informazione e della comunicazione ricompresi nella quota di cui alla parte d) del comma l del presente articolo.
Articolo 3.
1. Nell’ambito della quota massima di cui all’art. l, tenuto conto della cooperazione in materia migratoria, e’ consentito l’ingresso in Italia per motivi di lavoro subordinato o autonomo o per l’inserimento nel mercato del lavoro ad una quota di 6.000 cittadini albanesi; 3.000 cittadini tunisini; 1.500 cittadini marocchini; 4.000 cittadini di altri Paesi, non appartenenti all’Unione europea che sottoscrivano specifici accordi di cooperazione in materia migratoria anche riguardanti, per gli accordi in materia di lavoro, progetti sperimentali di formazione all’estero, a carico dei privati proponenti e nell’ambito e nei limiti delle risorse destinate allo scopo, da sviluppare su proposta dei Ministri interessati, di concerto con il Ministero del lavoro se non proponente, e in collaborazione con le organizzazioni rappresentative degli imprenditori e dei datori di lavoro.
2. Tenuto conto della particolare situazione politico-sociale della Somalia, e’ consentito l’ingresso in Italia per motivi di lavoro subordinato o autonomo o per l’inserimento nel mercato del lavoro di una quota di 500 cittadini somali.
Articolo 4.
1. Nell’ambito della quota massima di cui all’art. l e conformemente alle modalita’ individuate dal regolamento di attuazione del testo unico 25 luglio 1998, n. 286, e’ consentito l’ingresso fino ad un numero massimo di 15.000 persone, provenienti da qualsiasi Paese extracomunitario, ai sensi dell’art. 23, commi 1, 2 e 3 del predetto testo unico.
2. Ove le domande presentate ai sensi del comma precedente entro sessanta giorni dalla pubblicazione del presente decreto ed accolte ai sensi dell’art. 35, comma 2, del regolamento di attuazione, nei successivi sessanta giorni, non siano sufficienti a coprire per intero la predetta quota di l5.000 unita, per la residua parte, possono essere rilasciati i permessi di soggiorno ai sensi dell’art. 23, comma 4, del predetto testo unico.
3. Nei casi di cui al comma 2, in fase di prima applicazione e in conformita’ all’art. 35 del regolamento di attuazione, i visti di ingresso possono essere rilasciati ai lavoratori stranieri, residenti all’estero, iscritti nelle liste presso le rappresentanze diplomatiche e consolari italiane nei Paesi con i quali siano state concluse le intese previste dall’art. 21 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.
Articolo 5.
1. Qualora, trascorsi novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, si verifichino significativi residui delle quote di cui ai presenti articoli 2, 3 e 4, con direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri, d’intesa con i Ministri interessati e ferma restando la quota massima di cui all’art. 1 del presente decreto, si provvedera, sulla base dell’andamento delle effettive richieste, a rideterminare le ripartizioni numeriche stabilite.
Roma, 9 aprile 2001
Il Presidente: Amato
Registrato alla Corte dei conti il 9 maggio 2001
Ministeri istituzionali – Presidenza del Consiglio dei Ministri,
registro n. 5, foglio n. 45
Direttiva del Ministro dell’interno 1 marzo 2000, pubblicata su Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 64, 17 marzo 2000 – “Definizione dei mezzi di sussistenza per l’ingresso ed il soggiorno degli stranieri nel territorio dello Stato. “
MINISTERO DELL’INTERNO
DIRETTIVA 1 marzo 2000
pubblicata su Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 64, 17 marzo 2000
Definizione dei mezzi di sussistenza per l’ingresso ed il soggiorno degli stranieri nel territorio dello Stato.
IL MINISTRO DELL’INTERNO
Visto l’art. 4, comma 3, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di seguito denominato testo unico, che prevede la definizione con direttiva del Ministro dell’interno dei mezzi di sussistenza per l’ingresso dello straniero in Italia anche sulla base dei criteri indicati nel documento programmatico di cui al precedente art. 3, comma 1;
Visto il regolamento di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, di seguito denominato regolamento;
Visto il documento programmatico relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, emanato, a norma dell’art. 3 del testo unico con decreto del Presidente della Repubblica 5 agosto 1998, nella parte in cui indica i criteri generali per la definizione dei mezzi di sussistenza per l’ingresso e il soggiorno degli stranieri;
Visto il regolamento (CE) n. 2866/98 del Consiglio dell’Unione europea in data 31 dicembre 1998 sui tassi di conversione tra l’euro e le monete degli Stati membri che adottano l’euro;
E m a n a
la seguente direttiva:
Art. 1.
1. La presente direttiva si applica ai cittadini stranieni come individuati dall’art. 1 del testo unico e definisce i criteri per quantificare i mezzi di sussistenza da dimostrare, nell’ambito delle condizioni per l’ingresso nel territorio nazionale e per il rilascio del visto, ove previsto.
2. Nei casi di ingresso dello straniero per motivi di lavoro subordinato ai sensi dell’art. 22 del testo unico, la disponibilita’
dei mezzi di sussistenza e di idonea sistemazione si intende dimostrata dalla richiesta del datore di lavoro disciplinata dal medesimo art. 22.
3. La disponibilita’ dei mezzi di sussistenza puo’ essere comprovata mediante esibizione di valuta o fideiussioni bancarie o polizze fideiussorie assicurative o titoli di credito equivalenti ovvero con titoli di servizi prepagati o con atti comprovanti la disponibilita’ di fonti di reddito nel territorio nazionale.
4. Gli importi monetari fissati nella presente direttiva verranno annualmente rivalutati previa applicazione dei parametri relativi alla variazione media annua, elaborata dall’ISTAT e calcolata in base all’indice sintetico dei prezzi al consumo relativi ai prodotti alimentari, bevande, trasporti e servizi di alloggio.
Art. 2.
1. Salvo che le norme del testo unico o del regolamento dispongano diversamente, lo straniero deve indicare l’esistenza di idoneo alloggio nel territorio nazionale e la disponibilita’ della somma occorrente per il rimpatrio, comprovabile anche con l’esibizione del biglietto di ritorno.
Art. 3.
1. I mezzi di sussistenza minimi necessari a persona per il rilascio del visto e per l’ingresso nel territorio nazionale per motivi turistici sono definiti secondo l’allegata tabella A.
Art. 4.
1. I mezzi di sussistenza minimi necessari per il rilascio del visto e l’ingresso nel territorio nazionale ai sensi dell’art. 23, comma 4, del testo unico sono determinati da:
a) disponibilita’ di una somma non inferiore alla meta’ dell’importo annuo dell’assegno sociale;
b) disponibilita’ delle somme necessarie al pagamento del contributo previsto per l’iscrizione al Servizio sanitario nazionale ovvero polizza assicurativa per cure mediche e ricovero ospedaliero valida per il territorio nazionale e per il periodo di soggiorno.
Art. 5.
1. Oltre la disponibilita’ della somma necessaria al pagamento del contributo previsto per l’iscrizione al Servizio sanitario nazionale o l’esibizione di specifica polizza assicurativa per cure mediche e ricoveri ospedalieri di validita’ pari alla durata del soggiorno, i mezzi di sussistenza minimi, da esibire da parte dello studente o del garante previsto dall’art. 39, comma 3 del testo unico, necessari per il rilascio del visto e dell’ingresso per motivo di studio, sono definiti secondo i parametri previsti dall’art. 34 del regolamento rapportati al numero dei mesi del permesso di soggiorno richiesto.
2. La documentazione attestante l’ottenimento di borse di studio o di altre facilitazioni previste dall’art. 46 del regolamento e’ sufficiente, se di importo pari a quanto previsto nel comma 1, o concorre, se di importo inferiore, a comprovare il requisito dei mezzi di sussistenza.
Art. 6.
1. Fatte salve le disposizioni precedenti e fatta eccezione per i casi espressamente regolamentati dal testo unico e dal regolamento attuativo, per gli altri casi previsti dal testo unico, i mezzi di sussistenza sono determinati ai sensi del precedente art. 3.
2. Restano ferme forme piu’ favorevoli di modalita’ di ingresso stabilite in virtu’ di specifici accordi.
Le amministrazioni competenti cureranno l’applicazione della presente direttiva che sara’ pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 1o marzo 2000
Il Ministro: Bianco
Registrato alla Corte dei conti il 13 marzo 2000
Registro n. 1 Interno, foglio n. 170
TABELLA A
TABELLA PER LA DETERMINAZIONE DEI MEZZI DI SUSSISTENZA RICHIESTI PER
L’INGRESSO NEL TERRITORIO NAZIONALE PER TURISMO
Circolare del Ministero dell’Interno del 4 Aprile 2001. – “Regolamentante la documentazione ai fini dell’ottenimento della carta di soggiorno”
MINISTERO DELL’INTERNO
DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA
DIREZIONE CENTRALE PER LA POLIZIA STRADALE, FERROVIARIA, DI FRONTIERA E POSTALE
Servizio immigrazione e Polizia di Frontiera
N.300/C/2001/355/P/12.214.9/1^DIV.
Roma, 04 aprile 2001
ALLE QUESTURE DELLA REPUBBLICA
LORO SEDI
OGGETTO: Carta di soggiorno per cittadini extracomunitari ex art.9 D.L.vo 286/98.
Di seguito alla circolare n.300/C/2000/5794/A/12.214.9/1^Div. del 23.10.2000 e ad integrazione delle disposizioni ivi impartite in merito all’individuazione dei soggetti stranieri abilitati ad ottenere la carta di soggiorno per cittadini extracomunitari, di cui all’art. 9 del D.L.vo 286/98, si forniscono i seguenti ulteriori elementi di valutazione.
Possibilità di rilascio della carta di soggiorno agli stranieri muniti di permesso di soggiorno per lavoro subordinato a tempo determinato.
Il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, interessato in ordine alla natura giuridica del rapporto di lavoro in questione, ha accertato che il contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, regolato dall’art. 2 comma 2 della legge 18 aprile 1962, n. 230, come modificato dall’art.12 della legge 24 gennaio 1997, n.196, non può essere considerato un contratto che presuppone un numero indeterminato di rinnovi, in quanto le offerte di lavoro, strettamente connesse alle esigenze del mercato del lavoro, appaiono imprevedibili a priori.
Ciò non toglie che tali rapporti di lavoro possano proseguire anche oltre la naturale scadenza, nel qual caso, ricorrendo precise condizioni la cui verifica è demandata alle competenti Direzioni provinciali del lavoro, i termini dei relativi contratti si intendono modificati a tempo indeterminato.
Di conseguenza, essendo il permesso di soggiorno per lavoro subordinato a tempo determinato frutto dell’instaurazione di tale rapporto lavorativo, nonché, da quanto illustrato, titolo che non implica fin dal suo rilascio la possibilità di ottenerne un numero indeterminato di rinnovi, si ritiene, secondo il parere reso dal Ministero del Lavoro, che la carta di’ soggiorno per cittadini extracomunitari non possa essere rilasciata agli stranieri muniti di tale permesso di soggiorno.
2. Rilascio della carta di soggiorno prima della scadenza del permesso di soggiorno in corso di validità.
L’articolo 9 del D.L.vo 286/98 prevede che lo straniero, regolarmente soggiornante in Italia da almeno 5 anni, possa richiedere, sussistendone le condizioni, la carta di soggiorno con validità a tempo indeterminato. Il requisito di cui si tratta, pertanto, è individuato dal decorso del termine indicato e non è condizionato dalla data di scadenza del permesso di soggiorno in atto posseduto. In altre parole, maturato il periodo di regolare soggiorno nel nostro Paese e sussistenti le altre condizioni, il cittadino extracomunitario potrà avanzare istanza volta ad ottenere il rilascio della carta .di soggiorno senza dover attendere la scadenza del proprio permesso di soggiorno.
3. Richiedente titolare di permesso di soggiorno che consente un numero indeterminato di rinnovi.
Fatte salve le disposizioni impartite con la circolare citata dal 23.10.2000, si deve osservare che la norma, nel prevedere tra i requisiti il possesso di un permesso di soggiorno che consente un numero indeterminato di rinnovi ed una regolare permanenza in Italia almeno quinquennale, lega concettualmente le due condizioni. Ciò porta a sostenere che, nel computo del periodo di pregresso soggiorno regolare sul territorio nazionale (almeno 5 anni), deve essere considerato esclusivamente il termine a partire dal quale lo straniero è stato detentore, senza soluzione di continuità, di un permesso teoricamente rinnovabile un numero indeterminato di volte.
4. Richiesta della carta di soggiorno in favore dei familiari e sussistenza del requisito del regolare soggiorno di almeno 5 anni.
I requisiti necessari allo straniero ai fini dell’ottenimento della carta di soggiorno per se, per il coniuge ed i figli minori sono quelli indicati nell’art.9, comma 1, del D.L.vo 286/98 e riguardano la sfera giuridica del richiedente e non già dei suoi familiari, nei confronti dei quali deve essere verificata esclusivamente l’esistenza del rapporto di parentela e la mancanza delle condizioni ostative di cui al comma 3 del medesimo art.9.
Le modalità di applicazione del citato art.9, nel caso di richiesta avanzata in favore dei familiari, sono invece indicate nell’art,16, comma 4, del D.P.R.394/99, che prevede una serie di indicazioni fornite dall’istante anche sul conto dei medesimi, ma che saranno omesse qualora riguardino aspetti che non possono trovare riscontro nella realtà. Esemplificando, nell’istanza non dovrà essere indicato il reddito (inesistente) del figlio minore, ne il luogo o i luoghi dove il minore stesso o il coniuge hanno soggiornato in Italia negli ultimi 5 anni, nel caso in cui il loro ingresso nel territorio , nazionale sia stato più recente.
5. Disponibilità alloggiattiva in capo al richiedente la carta di soggiorno anche in favore dei familiari.
L’articolo 16, comma 4, del D.P.R. 394/99 prevede l’esibizione della certificazione a dimostrazione dell’idoneità alloggiattiva, secondo i criteri stabiliti dall’art;29, comma 3 lettera a) del D.L.vo 286/98, soltanto nel caso in cui la richiesta sia stata presentata anche in favore dei familiari indicati nell’art,9, comma 1 D.L.vo citato.
Pertanto, si può sostenere che qualora l’istanza volta ad ottenere la carta di soggiorno sia stata avanzata dallo straniero esclusivamente per se, non possa essere richiesta l’esibizione di detta documentazione, in quanto requisito non previsto dalla norma.
Circolare del Ministero dell’Interno del 5 Aprile 2001. – “Regolamentante la documentazione ai fini dell’ottenimento del visto d’ingresso per lavoro subordinato da parte dei cittadini stranieri residenti all’estero”
MINISTERO DELL’INTERNO
DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA
DIREZIONE CENTRALE PER LA POLIZIA STRADALE, FERROVIARIA, DI FRONTIERA E POSTALE
N.300/C/2001/2038/A/12.214.3.4/I^DIV.
Roma, 5 aprile 2001
AI SIGG. QUESTORI DELLA REPUBBLICA
LORO SEDI
OGGETTO: Documentazione ai fini dell’ottenimento del visto d’ingresso per lavoro subordinato da parte dei cittadini stranieri residenti all’estero.
Di seguito alla circolare n.300/C/2000/4216/A/12.214.3.4/l^Div. del 1° agosto 2000, si comunica, per opportuna conoscenza, che, in conseguenza di alcune segnalazioni pervenute dal Ministero degli Affari Esteri, il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale ha impartito precise istruzioni ai propri uffici periferici in ordine alle modalità di rilascio dell’autorizzazione al lavoro necessaria ai fini di cui in oggetto.
Tali modalità prevedono, in primo luogo, che l’autenticazione della firma del datore di lavoro posta sul contratto, qualora sia effettuata presso le Direzioni provinciali del lavoro, debba recare la firma leggibile del funzionario incaricato ed il timbro dell’Ufficio stesso.
Inoltre, l’autorizzazione al lavoro deve essere necessariamente unita al contratto di lavoro, costituendone parte integrante, apponendo sulle intersezioni tra le pagine il timbro dell’ufficio e la firma leggibile del funzionario incaricato.
Ciò premesso, le SS.LL., in sede di rilascio del nulla osta provvisorio ai sensi dell’art.31 del D.P.R. 394/99, vorranno tenere conto delle citate disposizioni.
Circolare del Ministero dell’Interno del 12 Aprile 2001. – “Regolamentante i flussi migratori dei cittadini extracomunitari per il 2001”
MINISTERO DELL’INTERNO
DIREZIONE GENERALE DEI SERVIZI CIVILI
Prot.1650/50
Roma, 12 aprile 2001
CIRCOLARE TELEGRAFICA URGENTE
OGGETTO: Decreto flussi anno 2001
E’ stato firmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri ed è in corso di registrazione il decreto di programmazione dei flussi di ingresso per l’anno 2001 previsto dall’art. 3 del decreto legislativo 286/98.
Il predetto decreto, ove la Corte dei Conti non richieda modifiche, stabilisce una quota totale di ingresso per lavoro pari a 83000 unità ed introduce alcune novità rispetto all’analogo provvedimento dello scorso anno.
Si è, infatti, operata una distinzione, nell’ambito del lavoro subordinato, tra lavoro stagionale vero e proprio e lavoro a tempo indeterminato o determinato a carattere non stagionale, al fine di porre in risalto come molto del flusso di ingresso di lavoratori stranieri venga utilizzato solo per attività “a tempo” attraverso il meccanismo previsto dalla legge (art. 24 decreto legislativo 286/98) che prevede l’allontanamento dello straniero al termine della prestazione di lavoro.
Inoltre, sono state stabilite, per la prima volta, quote speciali di lavoratori stranieri con particolari qualifiche per le quali esiste una effettiva richiesta, quali gli infermieri professionali e gli operatori specializzati nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
In particolare, il provvedimento in parola stabilisce che possono entrare in Italia per svolgere attività di lavoro subordinato, anche a carattere stagionale, di lavoro autonomo e per l’inserimento nel mercato del lavoro complessivamente n. 83.000 stranieri non comunitari residenti all’estero, di cui 68.000 provenienti da qualsiasi paese extracomunitario e 15.000 da Paesi con i quali l’Italia ha già sottoscritto o potrà sottoscrivere, nell’anno, intese in materia migratoria.
Le quote sono così ripartite:
Stranieri provenienti da qualsiasi Paese extracomunitario
– 12.000 per lavoro subordinato, a tempo indeterminato o determinato a carattere non stagionale
– 33.000 per lavoro subordinato a carattere stagionale
– 3.000 per lavoro autonomo
– 2.000 per lavoro subordinato o autonomo quali infermieri professionali
– 3.000 per lavoro subordinato o autonomo specializzati nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione
– 15.000 per inserimento nel mercato del lavoro (“sponsorizzazioni”)
Stranieri provenienti da specifici Stati non comunitari per lo svolgimento di attività sia di lavoro subordinato che autonomo che per inserimento nel mercato del lavoro
– 6.000 cittadini albanesi
– 3.000 cittadini tunisini
– 1.500 cittadini marocchini
– 500 cittadini somali
– 4.000 cittadini provenienti da altri paesi che sottoscrivano accordi di cooperazione in materia migratoria.
Si rappresenta, altresì, che per la particolare articolazione delle tipologie di ingresso, il decreto in oggetto prevede un rafforzamento della flessibilità di gestione delle ripartizioni delle quote tra categorie, fermo restando il totale generale di 83.000 stranieri. A tale scopo viene prevista la possibilità di una eventuale rideterminazione di dette ripartizioni numeriche, da stabilirsi con apposita Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri, sulla base dell’andamento delle richieste effettivamente maturate.
Con l’occasione, si ricorda che con Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 2 febbraio 2001 (G.U. n. 52 del 3.3.2001) è stata anticipata una quota di 13.000 lavoratori subordinati stagionali non comunitari.
Tanto si rappresenta all’attenzione delle SS.LL per opportuna conoscenza.