La Svizzera Italiana irrompe nella vita di Carlo Cattaneo fin dal 1815, quando il gio- vane leventinese Stefano Franscini (di quasi cinque anni maggiore) lo raggiunge al Seminario Arcivescovile di Milano: com- pagni di studi, si legano di profonda amici- zia (che il Cattaneo rievoca nel luglio 1857, nel Ricordo milanese di Stefano Franscini del luglio 1857).
Gettate le tonache, il Cattaneo nel 1817, l’altro l’anno dopo, si ritrovano, affamati di leggere e di sapere, all’Ambrosiana e alla Libreria del Museo Numismatico di Brera, dove s’aprono loro i locali, gli scaffali e i testi degli Illuministi lombardi. Come per miracolo: le loro intelligenti volontà hanno conquistato i dotti bibliotecari, cugini del Cattaneo.
«Nell’autunno del 1821» Cattaneo persua- de Franscini, «volendo egli rivedere la sua valle nativa», ad accompagnarlo a Zurigo, dove un suo fratello fa pratica di commer- cio: per entrambi, una sorta di Grand Tour all’inverso. Quello classico scarrozzava gio- vani gentiluomini e futuri mercanti dalle più forti e floride nazioni indipendenti del Nord d’Europa (Francia, Olanda, Regno Unito, Svezia, Russia) all’Italia, in un iter educativo a scoprire il legame quasi reli- gioso tra il bello e il buono; a piedi, dalla Lombardia alla Mitteleuropa, quello dei due giovani subalpini, come a scrutare se la felicità e il benessere nel nord-est dell’alti- piano svizzero, dedito ai commerci, fossero leggenda o realtà e se non vi fosse una qualche interdipendenza tra essi e la mag- gior libertà borghese illuminata di cui quelle plaghe fruivano.
L’effetto non mancò: pochi anni dopo, i due divorarono la Istoria della Svizzera pel popolo Svizzero di Enrico Zschokke, un libro portato al ritorno dal fratello del Cattaneo; se ne innamorarono e vollero tradurlo: «Me ne invaghii, e ne tradussi in italiano la prima metà», scriverà il Cattaneo, ed esso non meno «operò sull’im- maginazione» del Franscini, che tradusse l’altra.
Un bagno, insomma, per il Cattaneo, alle origini del federalismo e dell’avverarsi d’in- credibili miraggi di sviluppo, da toccar con mano nelle regioni più progredite dell’anti- ca Lega Elvetica; per il Franscini anche uno stringimento, pensando allo stato della sua
Valle, ma una promessa a sé stesso e molte speranze. L’effetto del viaggio e dell’entu- siasmo liberale di Zschokke non paiono estranei all’incoraggiamento del Cattaneo all’amico, in quegli anni, a tornare in Patria per la sua vera missione: «Io gli ripe- teva spesso che in Milano egli era super- fluo, mentre nel suo paese poteva essere necessario».
Nel 1824 Franscini lascia la scuola di Milano per Bodio; morta di tisi la sorella, deve prender cura dei genitori e della pro- pria salute. Vorrebbe anche, confesserà poi, entrare in Gran Consiglio per rappresen- tarvi il popolo. Nel 1826 è chiamato a Lugano, a dirigere una scuola di mutuo insegnamento: coopera con lui la sposa (una Massari milanese, il cui fratello, lette- rato, è docente e collega del Cattaneo) e in una vicina scuola analoga una di lei sorella. Franscini insegna, pubblica testi scolastici, è segretario della Società ticinese d’utilità pubblica, fondata nel 1829-1830 dall’abate liberale Vincenzo D’Alberti.
Frequenta la casa Ruggia, sede della prima tipografia risorgimentale del Ticino; il patriota Giuseppe Vanelli l’aveva fondata dopo ch’era stato cacciato dalla direzione della “Gazzetta di Lugano” per averle impres- so una linea democratica e antiasburgica sgradita alla polizia lombardo-veneta; s’era poi associato il farmacista Giuseppe Rug- gia, altro patriota che per finire la rilevò. Con Ruggia e vari coraggiosi politici radicali, Pietro Peri, Giacomo Luvini-Perseghini, Carlo Battaglini, Giovan Battista Pioda, Carlo Lavizzari e altri, Franscini propugna la riforma liberale della Costituzione can- tonale, contro il regime autoritario del Landamano Quadri.
In due suoi opuscoli, stampati a Zurigo e diffusi anonimi a spese di amici al Ticino intero, capovolge la pubblica opinione: il Gran Consiglio adotta la riforma nel giu- gno, il popolo il 4 luglio 1830; è la prima costituzione “rigenerata” d’Europa. Eletto Segretario di Stato, Franscini collabora ai giornali del Ruggia e s’impegna per rifor- mare lo Stato, la pubblica amministrazio- ne, dar corpo alla scuola pubblica, già pre- vista ma mai attuata.
Nell’Europa quasi ovunque privata di libertà e democrazia, la Svizzera era già per
[XIV]
“Mente universale”
sua natura un’oasi; nel Ticino, la nuova Costituzione, più liberale, facilita l’accorre- re specie dall’Italia, a ondate, a ogni fallito moto rivoluzionario, di profughi, pieni di speranza e spronati ad aiutare il Ticino a mantenersi libero, la sua giovando all’al- trui libertà. Tra gli esuli del 1820/1830 il generale de Meester e i fratelli Giacomo e Filippo Ciani, d’antica origine ticinese: a Milano s’erano votati alla causa “libertà o morte” da quando l’Asburgo, ricordatagli
Mentre Cattaneo – per lucidità e serietà d’analisi, multidisciplinarità degli interes- si, molteplicità delle conoscenze, capacità critica acuita dalla perspicacia del giurista, forza dell’argomentare e potenza intellet- tuale – cresce in Lombardia a gran fama di studioso, storico, filosofo, pubblicista, avvocato delle idee e delle cause più moder- ne, Franscini s’apre la strada, più faticosa nelle povere aspre contrade ma non meno feconda, di scrittore, autore scolastico, sta- tistico, politico.
Con La Svizzera Italiana, grandiosa opera del 1837, precorre Le notizie naturali e civili su la Lombardia, pubblicate dal Cattaneo nel 1844, come se tra i due – o da una comune fonte – corresse un fluido arcano. Cattaneo non perde di vista l’ami- co, certo ne segue le alte e alterne fortune politiche: lo ritrova nel 1829 a Serocca d’Agno, nella villa del comune amico tici- nese (partecipe del moto piemontese del 1821) Giuseppe Filippo Lepori, da lui cono- sciuto studente a Milano e a Pavia e allora presentato al Franscini: «l’argomento dei loro discorsi – scriverà – era la riforma poli- tica del Cantone, la quale credevasi allora interdetta dalli atti del Congresso di Vienna. Franscini scriveva, credo in quei giorni, un opuscolo che rimovendo quella falsa opinione aperse nuovi destini alla sua patria, un largo cerchio d’amicizie politi- che e una carriera che nessuno avrebbe predetto alla sua gioventù».
Nel 1834 Cattaneo pubblica e appoggia, negli “Annali”, il fransciniano Appello per una generale sottoscrizione a favore delle scuole pubbliche del Cantone Ticino: segue le involuzioni che minacciano le conquiste della riforma del 1830 e muovono la rivolu- zione liberale del 1839, che non sarà l’ulti- ma. Certo il Franscini scopre al Cattaneo le radici profonde dell’amore di libertà dei Ticinesi: le antiche tradizioni vallerane (forma più maschia che l’italiano regionale del Ticino preferisce all’italico “valligiano”) e montanare, tramandate nelle Vicinie d’o- rigine immemorabile; l’abitudine, in tre secoli di duro protettorato dei Cantoni sovrani, alla disciplina e all’autodisciplina nel reggere le autonomie statutarie locali; il fiero distacco mostrato dai Protestanti locarnesi alla partenza per l’esilio; gli spazi di libertà spirituale aperti dalla presenza a
Vincenzo Vela
Stefano Franscini.
Busto, 1860
(Lugano, Liceo Cantonale)
nel 1814 da Giacomo, con Porro e Confa- lonieri, la promessa di garanzie costituzio- nali ai Lombardi, se l’era rimangiata forte del diritto di conquista. Implicati nella congiura carbonara del 1821 valsa ad altri lo Spielberg, i due fratelli avevano potuto lasciare Milano per Parigi e poi Londra, esuli col fior fiore d’Italia (Berchet, Santa- rosa, Gabriele Rossetti, Giannone, Porro, Arrivabene, Ugoni, Angeloni) nel cottage in Turnham Green di Lady Heli Woodcock, promotrice del Comitato di accoglienza dei profughi italiani, madre di Ann, che fu poi moglie di Cattaneo.
I Ciani diedero alla causa forze e mezzi, armi e sostegni; finanziarono fortemente (oltre quegli opuscoli del Franscini) la Ruggia: quando cessò, ne rilevarono in parte gli impianti per creare la “Tipografia della Svizzera Italiana”.
[XV]
Carlo Cattaneo
Lugano d’una Scuola dei Padri Somaschi e più ancora d’una stamperia degli Agnelli milanesi, fucina di pubblicazioni antigesui- tiche, poi filogianseniste, filoenciclopedi- che e democratiche non ammesse o gradite a Milano. Donde il fiorire a Lugano, sul finire del Settecento, secondo cronache del tempo, di ben cinque Club, non estranei, nel febbraio del 1798 (respinta dai volonta- ri luganesi l’invasione di Cisalpini e di gio- vani patrioti della città), al proclama dei Luganesi di volere essere “liberi e svizzeri”. Libertà che qualche Cantone sovrano salu- ta e si attua, il mese successivo, nella Repubblica Elvetica, imposta dagli invasori Francesi.
Avversata per il suo centralismo nella Svizzera Centrale, trova divisi i Luganesi: favorevoli alcuni Club; fortemente contrari i reazionari e i campagnoli che, l’anno suc- cessivo, all’avvicinarsi dell’armata austro- russa del generale Suvarov, invadono a turbe la città, mettono a sacco la stampe- ria, cui fan colpa del contagio rivoluziona- rio, uccidono l’abate G. B. Vanelli che la dirigeva e due rappresentanti delle nuove autorità repubblicane.
Ma le idee rimangono: nel 1815, un pro- nunciamento, vera rivoluzione liberale, rifiuta l’illiberale costituzione imposta; l’intervento federale reprime il moto, non l’amore di libertà che continua a infiamma- re Giuseppe Vanelli, il suo giornale, la sua stamperia, poi il Ruggia, i Radicali, il Franscini, la Riforma del 1830.
Questi fatti, ben noti al Cattaneo per le amicizie, le relazioni e il flusso d’ininter- rotte informazioni, tornano certo alla mente del Cattaneo, intrecciandosi con ira e delusione per il naufragare dell’epopea delle Cinque Giornate nell’ingloriosa riconsegna di Milano da Carlo Alberto agli Austriaci, mentre accompagna a Lugano la moglie malata e corre a Parigi, ove cerca – forte d’autorevoli credenziali e d’una rovente analisi delle Cinque Giornate, chia- ra in mente ma faticosa da stendere – di guadagnare i Francesi all’idea d’un inter- vento militare in Lombardia. Lugano pote- va apparire perciò la sua meta naturale, dopo quella missione, per stabilirvisi.
Ma le sue molte lettere alla moglie da Parigi proclamano la volontà di proseguire
per l’Inghilterra; un po’ perché mal soppor- ta di ritrovarsi a Lugano tra molti esuli cui fa colpa d’avere commesso a Carlo Alberto le sorti lombarde, un po’ per la cagionevo- le salute della moglie.
Immagini di Castagnola e della casa dove Carlo Cattaneo abitò dal 1848 al 1869,
in “Il Secolo Illustrato”, a. 13 (23 e 30 giugno 1901) (Lugano, Archivio Storico della Città,
Casa Cattaneo)
La Francia non è però matura per un inter- vento: la missione parigina di Cattaneo cade nel vuoto. Il 30 ottobre 1848 torna a Lugano: vi rimarrà, esule a vita. Come mai, dopo quei ripetuti dinieghi? Pur in uomo di carattere (testardo, diceva la moglie; timi- do e orgoglioso, scriverà Romeo Manzoni) il cambiar parere non dovrebbe stupire in quei tempi volubili: in cinque decenni, più volte e di repente s’altera il quadro euro- peo, francese e lombardo, mutevoli anche le scelte di Cattaneo, dal seminario allo studio laico, dal rifiuto d’ogni parteggiare e d’ogni coinvolgimento in congiure e moti al “diavolezzo” (come lo chiamerà) delle Cinque Giornate, dal rifiuto della politica all’esserne investito e risucchiato.
Il mutato avviso potrebbe risalire ad Ann, o – secondo gli storici – al clima prealpino, a lei più confacente; o alla rinata speranza di potere, dalle libere rive alle schiave, dalla
[XVI]
“Mente universale”
riva luganese del Ceresio all’opposta, spro- nare a libertà. Col concreto aiuto d’amici veri, italiani e svizzeri, raccolti a Lugano. In Svizzera, i Radicali avevano appena debellato il Sonderbund, lega separatista dei Cantoni cattolici e ottenuto, con paziente opera di mediazione tra il loro centralismo e il federalismo dei Conser- vatori, una nuova Costituzione.
Dall’antica Lega di liberi Cantoni sorgeva lo Stato federativo: garantiti nella Carta Costituzionale diritti politici e libertà indi- viduali; comuni l’esercito, la politica di sicurezza, il Governo: ora un Governo vero, il Consiglio Federale (non più un’impoten- te Commissione di dignitari dei Cantoni com’era la Dieta), la cui elezione era previ- sta per il 16 novembre e includeva il Franscini. Che doveva perciò lasciare il Ticino per Berna e, al bivio, provava un forte disagio; così remota Berna per lui e per i fidi consiglieri, che non potevano seguirlo; solo tra colleghi d’altra lingua; e poi soprattutto un gran senso di colpa nel lasciare il Ticino, nel venir meno alla pro- messa e all’immane compito di farne uno Stato moderno, alla funzione di primo attore e generale ispiratore – storico, filo- sofo, politico, scienziato, economista, stati- stico – del Radicalismo ticinese. A chi affi- darla? La risposta pare evidente.
Certo è che Cattaneo (ospite temporaneo in casa Franscini) rivide a Lugano l’amico prima della prevista elezione e solo il 16 dicembre successivo si decise a chiedere il permesso di dimora nella Casa Morosini in Via Pretorio a Lugano.
Come non arguire la ragione vera del mutato parere? Con l’intuito e la visione profetica dello storico poteva egli non aver inteso il disagio dell’amico, poteva non sentire rivolgerglisi contro l’incitamento con cui, da Milano, l’aveva spinto a tornare in Patria; poteva ora venir meno alla mis- sione che l’amico e il destino parevano restituirgli? Certo, mancano carte a com- prova: ma come far prova d’una missione assunta istintivamente o intuitivamente o (se espressamente concordata) destinata a rimanere segreta, perché d’uno straniero faceva l’alter ego del più alto magistrato federale?
Non che il Cattaneo potesse dispiacere ai Radicali svizzeri di allora, ancorché meno
focosi di quelli ticinesi. Ai Giacobini prefe- riva l’Illuminismo prerivoluzionario, «mira- bile […] fermento che [nel Settecento] si vedeva nelle nazioni», e aggiungeva: «È un fatto ignoto all’Europa, ma è pur vero: mentre la Francia s’inebbriava indarno dei nuovi pensieri, e annunciava all’Europa un’era nuova, che poi non riusciva a com- piere se non attraverso al più sanguinoso sovvertimento, l’umile Milano cominciava un quarto stadio di progresso, confidata a un consesso di magistrati, ch’erano al tempo stesso una scuola di pensatori: Pompeo Neri, Rinaldo Carli, Cesare Becca- ria, Pietro Verri non sono nomi egualmen- te noti all’Europa, ma tutti egualmente sacri nella memoria dei cittadini».
Non ci pare quindi lontana dal vero l’ipote- si che a convincere il Cattaneo a rimanere vi sia proprio anche la missione che dalle spalle del Franscini, su cui aveva contribui- to a porla, ritorna alle sue e il sostegno decisivo di Giacomo Luvini Perseghini, ca- po militare e uomo forte del Radicalismo ticinese. Un’alta missione, senza onori, cariche, autorità: che renderebbe più plau- sibile la protezione di cui il Cattaneo fruì in Svizzera e nel Ticino malgrado la sua posi- zione fortemente antiaustriaca di scrittore e di capo spirituale dei Radical-democratici d’Italia. Cattaneo dunque restò: né lo allet- tarono altrove cariche, compiti, cattedre, parlamenti.
Il giovane Cantone Ticino proseguiva tra mille difficoltà nel compito (che doveva affascinare il Cattaneo in sé e per il legame alla causa risorgimentale) dell‘incivilimen- to per consolidarsi e per ridurre il divario dai Cantoni d’Oltralpe, più saldi per econo- mia e secolare autogoverno. In realtà, quel- la di Cattaneo fu, nella storia della giovane repubblica, una forte presenza, tale da farlo accogliere cittadino onorario nel 1858: fiero d’esserlo quando l’Italia doveva anco- ra nascere.
Se veramente il Franscini aveva nutrito il disegno d’avere in lui il continuatore d’una comune opera, Cattaneo vi corrispose pie- namente, senza peraltro perdere alcunché del suo impegno e valore di scrittore, eco- nomista, storico e filosofo.
Pur continuando ad occuparsi attivamente, dal Ticino, delle lotte risorgimentali, Catta-
[XVII]
Carlo Cattaneo
neo entrò subito pienamente nella realtà e nei problemi della Svizzera Italiana. Preziose per Franscini a Berna la sua ispi- razione e la sua collaborazione; entrambi cooperano nell’affrontare con rigore il pro- blema universitario svizzero, insieme svi- luppano le idee del Messaggio per la crea- zione del Politecnico federale, propugnata instancabilmente da Franscini.
Per lui Cattaneo elabora il concetto dell’Università federale e il primo sfortuna- to messaggio per la federazione e il coordi- namento didattico delle università esisten- ti; idee comuni a entrambi, fortemente anticipatrici, perseguite con fondamento e metodo scientifici e aperture interdiscipli- nari: Franscini influirà perciò in profondità sull’ardito sviluppo delle scienze nella Confederazione tra Otto e Novecento. Come Franscini, anche Cattaneo perora, a lunga scadenza, l’Accademia ticinese: nel Ticino, ha incarichi dai Consiglieri di Stato, dalla Scuola, dai responsabili del- l’amministrazione nel Cantone e nelle Città, da insegnanti, Presidenti di Mutue, politici. Filippo Ciani, Consigliere di Stato, gli affida il progetto di riforma dell’inse- gnamento superiore nel Cantone. Le sue idee animano la legge del 1852 sul riordi- namento degli studi; promuove la scuola laica, compenetrandovi contenuti umani- stici, scientifici e tecnici.
Non solo attende all’ordinamento e ai pro- grammi del nuovo Liceo Cantonale, dopo la secolarizzazione dei Conventi, ma è anche
gnosi, sviluppa la sua filosofia come somma delle scoperte di tutte le scienze, scienza delle scienze aperta a continua evoluzione; fondamento ne è il pensiero umano, affran- cato da vincoli metafisici e teologici, capa- ce di avvicinare la verità attraverso la ragione, l’intuito, la verifica sperimentale o deduttiva, il confronto, la contrapposizio- ne, gli strumenti della libera indagine usati con rigore metodologico. Incoraggia le gio- vani generazioni ticinesi a formarsi per i tempi nuovi, a servire la causa della verità e del progresso attraverso la scienza e una forte coscienza morale.
In opere successive riprenderà, completerà ed estenderà il suo fondamentale Corso di filosofia, disciplina che intenderà sempre come sistema aperto. Indaga sui progressi operati dalle menti associate, scopre il valore economico del pensiero, della pro- mozione e dell’intraprendenza economi- che, delle conquiste intellettuali, quasi anticipando il moderno concetto di diritti immateriali.
Significativo il suo metodo d’analisi: nelle scienze, in filosofia, nella storia, nell’af- frontare problemi politici economici e giu- ridici, stringe i problemi all’essenza; la enuclea con una procedura di riduzione che ricorda per qualche verso il marxismo, per altro la fenomenologia, alieno però da considerazioni di classe o di sopraffazione; prelude al positivismo, privo però d’ogni retorica, a un criticismo empirico che rifiuta tanto le certezze metafisiche quanto
Correzione del fiume Ticino
da Bellinzona al lago Maggiore. Planimetria di
Rinaldo Rabbi, 1888 (Bellinzona,
Consorzio Correzione Fiume Ticino)
nella Commissione che prepara le nomine dei docenti. Rifiuta invece la direzione del Liceo, compito d’un Ticinese: sua la prolu- sione d’apertura, alta dichiarazione pro- grammatica. Per oltre dodici anni tiene la cattedra di filosofia. Da Vico, Locke, Roma-
il nichilismo; ammette il dubbio come strumento, non come risultato.
Certo, la sua franchezza laica e anticlerica- le spiace ai conservatori; nel clero ha vio- lenti detrattori; dalla metà degli anni Cinquanta il Credente cattolico avversa
[XVIII]
“Mente universale”
dichiaratamente e con violenza il suo inse- gnamento.
Per comprendere fino in fondo il suo anti- clericalismo, non si deve perder di vista che obiettivo della sua sferza non è né la dottri- na della Bibbia, né la persona del prete; bensì da un lato il clericalismo quando non difende il divino ma privilegi terreni e uti- lizza il divino a fini materiali e politici, quasi una forma di simonia all’inverso; dal- l’altro certi prelati che potevano apparire infiltrati nel clero lombardo dall’Austria a fini non proprio religiosi.
D’altronde, sono gli scritti dei filosofi della tempra del Cattaneo che hanno contribuito alla catarsi, un secolo dopo, del Cattoli- cesimo, con il riconoscimento della libertà di pensiero. Non la Chiesa come tale, ma il contributo di certo clericalismo e di nuovi dogmi alla negazione di libertà fondamen- tali e la conseguente involuzione antimo- derna della Chiesa nel secolo XIX animaro- no quella polemica anticlericale e la sua alta espressione in Cattaneo.
Oltre alla scuola, Cattaneo collabora a ogni livello anche in molti altri settori, come esperto, a progetti di leggi, ordinanze e mi- sure esecutive, a prendere e sostenere ini- ziative per grandi opere di progresso tecni- co, scientifico, agricolo, industriale, com- merciale, ferroviario. Suo il progetto di leg- ge sulle miniere, per consentirne lo sfrut- tamento favorendo il parallelo impianto di macchinari e d’industrie.
Avvia idee, studi e progetti per la bonifica del piano di Magadino, un’opera immane, che concepisce forte dell’esperienza delle antichissime opere idriche e di bonifica lombarde all’origine della ricchezza agrico- la padana; vede nella zona enormi poten- zialità e concepisce perciò una vera e pro- pria nuova sistemazione del territorio, con l’incanalamento del Ticino, lo sviluppo via- rio e ferroviario, la bonifica delle paludi, per incrementare il reddito agricolo e ridurre la dipendenza dalle importazioni, controllate dall’Austria.
Un’opera di tale mole richiede la partecipa- zione di capitali, imprese e esperienze lom- bardi; ma proprio tali interventi, la mole dei lavori e degli interessi toccati faranno cadere il progetto; ripreso poi, morto Cattaneo, dal Governo liberal-conservatore,
avviato a fatica e compiuto assai più tardi. Appassionato già dagli anni milanesi alla progettazione e costruzione di strade ferra- te, Cattaneo si preoccupa di come esten- derle alla Svizzera Italiana, di stabilire e far accettare ai vari Stati e organizzazioni eco-
I lavori per la galleria del Gottardo, 1874 (Bellinzona, Archivio di Stato del Cantone Ticino, Collezione stampe)
nomiche interessati i tracciati più idonei. Ammira la concezione del Ponte-diga di Melide, che ha piegato la natura ai bisogni dei luoghi e segue perciò da vicino il pro- gettista dell’opera, l’ingegnere Pasquale Lucchini, specie i suoi rapporti e progetti in materia ferroviaria; ad essi farà capo per i suoi studi sul traforo ferroviario alpino; alle lodi che gli vengono rivolte per la scel- ta del tracciato del Gottardo, non manca mai di riconoscere i meriti del Lucchini (che sarà poi ideatore delle gallerie elicoi- dali per superare importanti dislivelli). Inizialmente gli esperti svizzeri e stranieri preferiscono al Gottardo, per il grande traforo alpino, il Lucomagno, lo Spluga o persino qualche altro passo secondario. Cattaneo e Lucchini, convinti che la variante Gottardo costi meno e renda di più, serva zone aperte allo sviluppo e con- senta di meglio rifornire la Germania a distanza dall’Austria e dalle sue pressioni politiche e militari, proiettano la loro fidu- cia in quantità di scritti, progetti, relazioni, in innumerevoli contatti per convincere avversari e dubbiosi. A questo indefesso operare la Svizzera Italiana deve il trionfo del tracciato del Gottardo, cui finalmente anche l’Italia aderisce, vivente Cattaneo, il quale non vedrà l’accordo fra tutti i confi- nanti, concluso poco dopo.
Nel secolo del Cattaneo non bastava però lo studio d’un pur ottimo progetto: tecnica e intermediazione finanziaria non erano ai
[XIX]
Carlo Cattaneo
livelli odierni. Gran parte dell’opera, non meno ardua, consisteva nel formare un gruppo con le capacità tecniche e le rela- zioni finanziarie occorrenti per garantire la realizzazione. Una sfida che interessa Cat- taneo, come a testare la bontà dei suoi pro- getti e insieme delle sue visioni tecnico-eco- nomiche. Come già in Lombardia per le fer- rovie, i combustibili, il Monte sete, l’agri- coltura, anche in esilio Cattaneo promuove iniziative anticipatrici, perlopiù sfortunate. Per esse, o per cattivi investimenti del fra- tello, deve colmare anche gravose perdite. Il bisogno di fondi perciò può aver contri- buito a creargli quella fama d’ingordo che Giovan Battista Pioda riporta in una infeli- ce lettera al fratello Luigi dopo il noto diverbio col Cattaneo: in un rapporto all’autorità federale dell’ottobre 1865, il Consigliere di Stato Luigi Pioda diffidava dell’affidabilità d’un rappresentante d’una compagnia (sostenuta dal Cattaneo) che ambiva all’appalto dell’opera ferroviaria. Cattaneo, di parere opposto, affrontò il Pioda al Caffé Terreni (ora Olimpia) di Lugano, e lo tacciò di mendacio; l’altro ribatté che lui, come insegnante, era suo dipendente; Cattaneo diede lì per lì le dimissioni dalla cattedra e non se ne lasciò dissuadere nemmeno dall’amico Lavizzari. L’episodio cela forse un raffreddamento dei rapporti tra i capi radicali superstiti e il Cattaneo, di cui censuravano le relazioni con due deputati dell’opposizione liberal- conservatrice, Polar e Lurati, ferventi got- tardisti, e con il Consorzio che essi soste- nevano per l’opera del Gottardo. La critica, in realtà, trascura che mai il Cattaneo, pur avendo per così dire ereditato dal Franscini la parte d’agitatore d’idee e ispiratore dei Radicali, era stato partitante: la sua ostilità non coinvolgeva tutti i Conservatori, ma i Clericali; mentre proprio Polar e Lurati passavano per liberali in economia e non clericali, da veri liberalconservatori, così che l’atteggiamento del Cattaneo non era censurabile.
Anche qui par d’avvertire un parallelo col Franscini, amareggiato, negli ultimi anni di Consiglio federale, dal distacco dei suoi Radicali ticinesi e da certe loro decisioni poco liberali. Comunque, per tornare a quel rimprovero d’ingordigia, la realtà, che vede il Cattaneo vivere modestamente e
morire povero, non par proprio sorregger- lo. Forse gli onorari meritati per qualche parere, ancorché impari alle consuetudini internazionali per uno fra i maggiori con- sulenti economico-giuridici del tempo, apparivano vistosi in una terra di povere vallate.
Anche a Lugano, che dopo i moti milanesi subisce angherie e blocchi dal Lombardo- Veneto, il Cattaneo è attivissimo per la causa d’Italia. Nella stamperia dei Ciani, la Tipografia della Svizzera Italiana, pubblica L’Insurrezione di Milano. Entra poi in col- laborazione con la Tipografia Elvetica di Capolago, fondata nel 1830 da Moderati, passata a Radicali e divenuta stamperia risorgimentale d’importanza capitale. All’arrivo del Cattaneo, il radicale Repetti s’è assicurato tutte le azioni della tipogra- fia. Cattaneo, secondo il Caddeo, le s’avvici- na «verso l’aprile o il maggio del 1849» col «progetto dell’Archivio Triennale», poi della raccolta Documenti della guerra santa d’Italia, apparsa tra il luglio 1849 e il 1851, quindi dei tre volumi Carte segrete ed atti ufficiali della polizia austriaca.
La stamperia pubblica anche molte opere d’interesse politico o dirette all’incivili- mento. Subisce (soffiata o tradimento) l’ar- resto e la condanna a morte del Dottesio e la violenta divisione tra gli esuli per il dis- sidio tra Unitari e Federalisti. Si diradano i collaboratori e sostenitori, si riducono ai soli Federalisti puri, Cattaneo, Ferrari e pochi altri. Ironia della sorte, gli Austriaci la considerano invece un covo mazziniano. Insistono perché Berna faccia rispettare il principio di diritto internazionale per cui chi gode dell’asilo deve astenersi da inge- renze in affari d’altri Stati.
Il Governo ticinese cerca di resistere, ma col blocco del 1852, il Lombardo-Veneto espelle quasi seimila Ticinesi. Cresce la pressione sul Governo federale, sul Consiglio di Stato, sugli esuli.
Molti di loro s’impegnano a rispettare la neutralità, altri rifiutano, si tengono nascosti, se trovati vengono espulsi; non il Cattaneo, che continua a operare aperta- mente. Nella primavera del 1853, per far cessare le angherie contro il Cantone, il Repetti accetta la chiusura dell’Elvetica; Cattaneo resiste, cerca di ridarle vita, fa
[XX]
“Mente universale”
Lettera su carta intestata della Tipografia Elvetica di Capolago,
scritta da Alessandro Repetti a Carlo Battaglini
il 31 ottobre 1857 (Lugano, Archivio Storico della Città, Casa Cattaneo)
stampare il terzo volume dell’Archivio, continua a scrivere per l’Italia. Ma anch’e- gli si concentra ormai sempre più nelle attività d’insegnante, di consigliere, di stu- dioso. Collabora a giornali locali (soprat- tutto alla “Gazzetta Ticinese”), a giornali e riviste italiani.
Poi la situazione in Lombardia e in tutta Italia si distende: a fine 1859 Cattaneo riprende, con la seconda serie, l’edizione del “Politecnico”. Negli ultimi, importanti saggi, il suo pensiero è così anticipatore, democratico e insieme elitario, da non fare i proseliti che meriterebbe.
Il suo pubblico – come forse già quello degli allievi delle sue lezioni di filosofia al Liceo – non ne è forse sempre all’altezza. Manca al Cattaneo, nel Ticino, la cattedra univer-
sitaria con generazioni d’allievi capaci d’in- tendere, amplificare e diffondere il suo pensiero, rimasto perlopiù un’alta voce iso- lata. Ma la sua lezione torna attuale in tempi difficili.
Lo è oggi, per le sue intuizioni interdisci- plinari, la ricerca di spiegazioni a eventi e situazioni attuali anche nella geologia, nel- l’antropologia, nell’archeologia, nella sto- ria dei popoli, del pensiero e dei linguaggi; per la coscienza dell’attenzione che scien- ze, arte, tecnica, economia e sistemazione del territorio si devono reciprocamente; per la sua apertura al progresso delle scien- ze e della tecnica; lo è in economia per avere, tra i primi, colto l’importanza futu- ra, anche pecuniaria, delle idee, delle invenzioni, della comunicazione, della fun-
[XXI]
Carlo Cattaneo
Dedica autografa di Carlo Cattaneo
a Konrad Kern. Copertina e occhiello di un esemplare
di Carlo Cattaneo,
L’insurrection de Milan en 1848, Paris, Amyot, 1848 (Lugano, Collezione privata)
zione imprenditoriale, delle scoperte; lo è per la convinzione della libertà della scien- za e della ricerca ma anche della necessità di coniugarle con la tecnica; lo è, nelle scienze sociali, per aver avvertito le pecu- liarità e il valore dell’operare delle menti associate e però insieme del salto di qualità che viene dai geni, che con il pensiero e con le opere segnano le vie del futuro. Lo è, nello scrivere, per la potenza e l’incisività del linguaggio, delle immagini, delle descrizioni, per la loro forza interiore, senza retorica. Lo è, nella politica, per la sua concezione liberale, laica, poco parti- tante e per aver inteso il pericolo del fana- tismo; per la sua naturale concezione d’un federalismo che dal basso cresce verso l’al- to in un bisogno d’unità nella diversità che dalla Città sale alla regione, alla Nazione, all’Europa.
Tutti aspetti che rendono ancora oggi importante la conoscenza delle sue opere. Più diffuse in passato, più note all’estero, avrebbero forse potuto cooperare a dar più forza, nella prima metà del secolo scorso, in Italia e in Europa, alla “politica della ragione” atta a contenere gli eccessi delle ideologie, dei nazionalismi, dei razzismi che hanno così drammaticamente scosso il secolo XX. Il bicentenario della nascita del Cattaneo ha avviato e in parte già varato una serie imponente d’opere sue o su di lui che meritano lettura e meditazione.
Se i tempi fuggitivi e frettolosi in cui vivia- mo sapranno meglio intendere il suo retag- gio spirituale, le intense celebrazioni del Bicentenario non saranno state vane: il viaggio a ritroso nel tempo, all’incontro con il Cattaneo, potrebbe rivelarsi un viag- gio nel futuro; un Grand Tour ideale per andare a riconoscere, elementi essenziali d’una moderna geografia dello spirito umano, le scoperte fascinose d’un grande pensatore.
* Avvocato, Presidente del Comitato italo- svizzero per la pubblicazione delle opere di Carlo Cattaneo, Presidente dell’Associa- zione Carlo Cattaneo di Lugano
Sono valide le modifiche per migliorare gli accordi di separazione e divorzio decise da marito e moglie senza andare in Tribunale
Talvolta marito e moglie possono decidere modifiche agli accordi di separazione o divorzio che permettano di migliorare la condizione di entrambi. Queste modifiche sono valide anche senza ottenere l’assenso del Tribunale.
Gli accordi extra-separazione o divorzio
Andiamo con ordine e facciamo un esempio concreto tenendo presente che quanto diremo in relazione alle condizioni di separazione vale anche per le condizioni di divorzio. Marito e moglie decidono di separarsi. Insieme sono riusciti a regolare i rapporti economici e a definire le modalità di affido e collocazione dei figli minori ed il loro accordo è stato omologato dal Tribunale.
Dopo un paio d’anni dalla separazione il padre cambia lavoro. Potrà guadagnare di più, ma anche avere più tempo a propria disposizione. Decide quindi, di sua spontanea volontà, di aumentare il mantenimento mensile che paga alla moglie, per fornire un aiuto in più nella gestione delle spese quotidiane.
Inoltre, in accordo con lei, aumenta il numero di giorni di visita ai figli, che ora si fermano a dormire nella sua nuova casa anche un paio di sere infrasettimanali.
La moglie accetta di buon grado le novità, ma dopo qualche mese inizia a preoccuparsi per le possibili conseguenze che potrebbero derivare per una modifica degli accordi non approvata dal Tribunale. Teme, in particolare, che lo spontaneo aumento dell’assegno da parte del marito possa danneggiarla se fosse costretta a rimborsargli il denaro eccedente percepito.
Validità degli accordi tra le parti
Dobbiamo chiarire che, ormai nella prassi, è ammesso il valore delle modifiche pattuite dai coniugi successivamente all’omologazione della separazione. L’unica condizione posta è che si tratti di modifiche migliorative non lesive dei diritti e i doveri delle parti in causa e dei figli.
La possibilità d’intervenire sugli accordi è ammessa non solo per ciò che riguarda gli aspetti economici, ma anche la gestione dei figli. In tal caso, naturalmente, ogni eventuale modifica è riconoscibile a patto che non venga sacrificato l’interesse dei minori. Ad esempio, non sarebbe possibile un’intesa che vieti ai figli di vedere il padre a fronte di un aumento della quota di mantenimento a loro destinata.
La “nuova” regolamentazione, non essendo stata ratificata dal Tribunale, vale solo informalmente. Questo significa che la moglie non dovrà restituire quanto recepito in più. Dall’altro lato se il marito dovesse venir meno ai nuovi accordi non formalizzati, la moglie potrà agire direttamente per il recupero.
In cado di inadempimento di una delle parti, infatti, fa fede solo quanto indicato nel verbale o nella sentenza di separazione. La moglie dovrebbe agire per chiedere la modifica delle condizioni secondo i nuovi accordi intervenuti di fatto, così da farli riconoscere ufficialmente e poterli far eseguire anche forzatamente.
Casa familiare venduta dopo l’assegnazione: conseguenze
Ottenere l’assegnazione della casa familiare può essere un traguardo importante in sede di separazione, divorzio o al termine di una convivenza. Se la casa viene venduta dopo il provvedimento, però, l’assegnatario potrebbe temere delle conseguenze.
Prendiamo il caso in cui, in sede di separazione, un Giudice assegna la casa familiare, di proprietà del marito, alla moglie che ci vivrà con il figlio minore. Il marito, all’insaputa della moglie, vuoi per ripicca, vuoi per reali bisogni economici, mette in vendita l’appartamento e, pochi mesi dopo, lo vende.
Davanti ad una simile rivelazione, soprattutto per i non addetti ai lavori, è facile entrare in allarme. La moglie potrebbe temere il peggio per il suo futuro più immediato. Si potrebbe far prendere dal panico all’idea che, da un giorno all’altro, possa essere costretta a cambiare abitazione con il bambino.
Possibile restare a vivere nella casa familiare anche se venduta a terzi
In questi casi è necessario informarsi ed essere lucidi. L’assegnazione della casa familiare è un provvedimento che deve essere rispettato dall’eventuale acquirente dell’abitazione. Si parla in questi casi di opponibilità al terzo proprietario, ossia alla persona che ha comprato la casa.
La vendita sarà opponibile all’acquirente per nove anni dalla data di assegnazione, ed anche oltre in caso di trascrizione del provvedimento di assegnazione presso i pubblici registri.
Questo significa che l’assegnatario potrà continuare ad abitare nell’immobile familiare anche se ne è cambiato il proprietario.
Ovviamente è sempre consigliabile rendere il prima possibile pubblica l’assegnazione, procedendo alla trascrizione del provvedimento nei registri della conservatoria dato che, in questo caso, il diritto sarebbe opponibile a tempo indeterminato e non per “soli” nove anni. In questo modo renderemmo più difficile ogni “speculazione” sulla casa a noi assegnata e ci metteremmo al sicuro da tentativi di espropriazione.
Avvocato familiarista, avvocato matrimonialista e avvocato divorzista: esiste una differenza? Come scegliere uno Studio legale specializzato in diritto di famiglia, separazione, divorzio e unioni civili a Milano, Roma, Napoli, Torino fino ai piccoli centri urbani.
L’avvocato familiarista, definito anche avvocato matrimonialista o divorzista, è un Professionista specializzato in diritto di famiglia, tra cui matrimonio, unioni civili, coppie di fatto, separazioni e divorzi, nonché in diritto della persona, dei minori e delle successioni.
Non vi è quindi alcuna differenza tra avvocato familiarista, matrimonialista o divorzista anche se alcuni, nel linguaggio comune, potrebbero essere erroneamente portati a ritenere che il richiamo alla parola familiarista indichi l’avvocato che si occupa prevalentemente degli aspetti della famiglia, della tutela dei diritti della persona e dei minori, delle adozioni, donazioni e successioni, di mediazione, negoziazione assistita e diritto collaborativo per regolamentare i conflitti di coppia e familiari, di riconoscimento e disconoscimento di paternità e di sospensione e decadenza della responsabilità genitoriale mentre il matrimonialista curi prevalentemente gli aspetti fiscali e patrimoniali, la costituzione di trust e fondi patrimoniali, la redazione di accordi matrimoniali e di contratti di convivenza, la consulenza e assistenza per la protezione dei patrimoni, le imprese di famiglia e i passaggi generazionali mentre il divorzista curi principalmente le cause in Tribunale di separazione e divorzio, di addebito della separazione, di affidamento dei figli, di sottrazione internazionale di minori, di assegnazione della casa coniugale, di diritto al mantenimento e di assegno di mantenimento del coniuge, dei figli ma anche del partner, di assegno una tantum e di attribuzione della quota del tfr (trattamento fine rapporto), di ordini di protezione ed allontanamento in casi di molestie o abusi in famiglia, mobbing e stalking e, quindi, abbia un approccio decisamente combattivo in causa, oltre ad essere un fine processualista ossia un esperto in diritto di procedura civile. Questi aspetti, e altri ancora, sono quindi racchiusi nella figura dell’avvocato esperto in diritto di famiglia, definito anche familiarista, matrimonialista o divorzista.
L’avvocato specializzato in diritto di famiglia è quindi il legale al quale i coniugi, i partner delle unioni civili o delle coppie di fatto, ma anche i figli, i nonni e i nipoti possono rivolgersi per avere tutte le informazioni in materia, per conoscere i diritti e doveri previsti dalla legge e per tutelare i propri diritti, o quelli dei propri cari. È l’esperto a cui ricorrere in presenza di matrimoni misti, o per questioni di diritto internazionale, ma anche in caso di successioni e donazioni.
Come scegliere lo Studio legale
Nelle grandi città come ad esempio Milano, Roma, Napoli e Torino è notoriamente più facile trovare Studi legali altamente specializzati in diritto di famiglia rispetto ai piccoli centri urbani dove vi è una maggiore tendenza a trovare avvocati generalisti.
L’avvocato familiarista deve innanzitutto avere una elevata esperienza e specializzazione e sarà pertanto utile sapere da quanti anni lo Studio legale si occupa di diritto di famiglia.
È inoltre utile conoscere il numero e l’importanza dei casi trattati.
L’avvocato familiarista dovrà inoltre essere costantemente aggiornato sulle novità legislative e giurisprudenziali in tema di famiglia ma anche di diritto processuale ed internazionale.
L’avvocato deve poi possedere, oltre ad una specifica competenza giuridica, anche una particolare sensibilità psicologica e mediativa per gestire al meglio il conflitto di coppia e genitoriale. In questo ambito, ad esempio, incoraggerà i genitori ad essere attenti alle necessità prevalenti e agli interessi primari dei figli, specie se minori.
È inoltre fondamentale accertarsi che l’avvocato familiarista abbia un network di consulenti tecnici (detti anche CTP, consulenti tecnici di parte) che lo affiancano sulle questioni a più alto contenuto tecnico scientifico (psicologi, neuropsichiatri infantili, mediatori familiari, investigatori privati, notai, commercialisti ecc.).
È poi importante che l’avvocato sia coadiuvato da un team di collaboratori con provata e specifica esperienza in materia.
In certi casi potrebbe essere rilevante che l’avvocato familiarista abbia un network capillare di corrispondenti sia in Italia, al fine di poter seguire agevolmente la pratica su tutto il territorio nazionale, e sia all’estero, soprattutto in caso di trasferimenti e sottrazione internazionale di minori, o di loro rimpatrio, o in caso ci siano beni o patrimoni anche all’estero.
Per concludere Continua a leggere
Bandiere dei Cantoni svizzeri
Svizzera
Aargau
Appenzello Esterno
Appenzello Interno
Argovia
Basilea Campagna
Basilea città
Berna
Friburgo
Ginevra
Glarona
Giura
Grigioni
Lucerna
Neuchâtel
Nidvaldo
Osvaldo
San Gallo
Sciaffusa
Svitto
Soletta
Ticino
Turgovia
Uri
Vallese
Vaud
Zugo
Zurigo
Raccolta sistematica del diritto federale
Basi legali e caratteristiche della Raccolta sistematica
La Raccolta sistematica del diritto federale (RS) è stata elaborata in applicazione della legge federale del 6 ottobre 1961 concernente la pubblicazione di una nuova Raccolta sistematica delle leggi e ordinanze della Confederazione.
Essa, che fa seguito alla vecchia Collezione sistematica (CS) dal 1848 al 1947, è un repertorio, su fogli mobili, aggiornato e ordinato per materie, degli atti normativi, dei trattati, delle decisioni internazionali e degli accordi intercantonali pubblicati nella Raccolta ufficiale (RU) ed ancora in vigore, nonché delle costituzioni cantonali. Al termine della pubblicazione dei volumi della parte del diritto interno, il 1° ottobre 1974, la forza giuridica negativa è stata conferita agli atti pubblicati in questi volumi.
Sistematica della RS
Poiché la nuova RS deve corrispondere sempre allo stato di un diritto in continua e notevole evoluzione e costituire un insieme ben ordinato, occorre che la preparazione e continuazione possano farsi quanto più razionalmente. Ci si è dunque adoperati a darle una struttura sistematica adeguata e a stabilire una numerazione dei capitoli e testi suscettiva di accogliere comodamente ogni nuovo materiale giuridico. Tale struttura e numerazione sono ricapitolate sommariamente al principio d’ogni raccoglitore.
Gli accordi internazionali sono ordinati nello stesso modo.
Principi applicati nell’aggiornamento dei testi della Raccolta
L’aggiornamento dei testi è operato secondo i criteri seguiti per la CS. Ogni modifica formale di un atto è inserita direttamente. Le parti formalmente abrogate sono omesse. L’atto modificatore stesso, se non concerne che la modifica, non è inserito. Ogni modifica è giustificata con una nota compilata in conformità delle note formali della CS. Solo queste note hanno effetto giuridico.
Le parole o locuzioni di articoli o parti di articoli da considerare abrogate o modificate da prescrizioni successive, senz’essere tali formalmente, sono riprodotte, ma una nota ne segnala la contraddizione. Queste note non hanno per altro alcun effetto giuridico. Prive di un tale effetto sono anche le note segnalanti differenze di testo fra le tre lingue ufficiali. Per agevolare al lettore il raffronto tra il vecchio e il nuovo diritto, la fonte di ciascun atto è indicata da nota non numerata ai piedi della prima pagina. Se l’atto è anteriore al 1° gennaio 1948, l’indicazione si riferisce alla CS; se in questa esso reca delle modificazioni, è indicato anche il riferimento alla RU, dalla quale è stato desunto. La fonte è data anche per gli atti menzionati nei testi o nelle note. Se si tratta di testi decaduti, sono indicate anche le fonti delle modificazioni sussistenti al momento della decadenza; il tutto tra parentesi quadra.
Il momento dell’entrata in vigore di un atto, ove non sia stabilito nello stesso o per una disposizione speciale, è indicato conformemente alle norme applicabili in tale caso.
Come per la Collezione sistematica 1848-1947, l’elaborazione della presente Raccolta è affidata alla Cancelleria federale.
Berna, novembre 1974
Il cancelliere della Confederazione: K. Huber
1) Dal 15 mag. 1987, detta legge è stata abrogata da quella del 21 mar. 1986 sulle pubblicazioni ufficiali. La forza giuridica negativa della Raccolta, introdotta il 1° ott. 1974 dalla legge del 1966, è stata ritirata dalla legge del 1986. Si è constatato, infatti, dal punto di vista pratico, che la forza giuridica negativa è difficilmente compatibile con una raccolta strutturata secondo il sistema di fogli mobili. Dal 1° gen. 2005, la legge del 18 giu. 2004 sulle pubblicazioni ufficiali costituisce, con l’ordinanza del 17 nov. 2004, la base legale della RS. Essa non prevede più la pubblicazione del diritto cantonale (nota della redazione).
INDICE GLOBALE DEL CARICO FISCALE
INDICE GLOBALE DEL CARICO FISCALE
Media Svizzera = 100
Rango
Cantoni
Persone fisiche
Persone giuridiche
Circolazione
Globale 2003
Globale 2002
1
Zugo
49.8
54.0
82.1
52.3
50.7
2
Svitto
65.5
49.0
95.7
64.5
62.8
3
Ticino
63.3
93.4
92.2
71.7
85.2
4
Nidvaldo
77.5
73.6
81.2
77.0
75.9
5
Argovia
81.3
110.3
74.3
84.6
82.3
6
Zurigo
85.6
106.3
95.9
90.0
89.9
7
Ginevra
82.8
130.2
78.8
93.1
91.8
8
Appenzello interno
101.1
65.5
96.4
96.5
94.2
9
Basilea campagna
94.6
116.8
110.6
98.2
95.6
10
Turgovia
103.1
97.7
70.1
101.4
101.4
11
Vaud
100.0
109.8
129.9
102.7
111.9
12
San Gallo
105.3
101.7
103.4
104.7
100.9
13
Appenzello esterno
113.6
78.4
115.3
110.3
108.1
14
Sciaffusa
120.4
87.4
64.8
114.4
112.8
15
Berna
115.3
92.2
136.9
114.4
112.0
16
Grigioni
107.0
141.7
135.5
114.9
110.8
17
Soletta
117.9
111.4
88.1
115.9
112.6
18
Glarona
117.7
115.6
101.8
116.6
111.5
19
Basilea città
115.3
122.2
106.9
116.8
119.2
20
Lucerna
128.1
99.8
95.3
124.3
124.4
21
Neuchâtel
131.5
118.1
99.1
128.2
125.6
22
Vallese
141.3
116.1
53.3
135.6
129.9
23
Friburgo
139.7
115.2
107.3
135.7
132.7
24
Giura
139.4
114.1
125.2
135.9
130.5
25
Uri
144.3
118.7
80.3
137.9
133.1
26
Obvaldo
149.5
103.3
89.4
143.1
144.4
FOEDUS PACTUM
IN NOMINE DOMINI AMEN. Honestati consulitur et utilitati publice providetur, dum pacta quietis et pacis statu debito solidantur.
Noverint igitur universi, quod homines vallis Uranie universitasque vallis de Switz ac communitas hominum Intramontanorum Vallis Inferioris maliciam temporis attendentes, ut se et sua magis defendere valeant et in statu debito melius conservare, fide bona promiserunt invicem sibi assistere auxilio, consilio quolibet ac favore, personis et rebus, infra valles et extra, toto posse, toto nisu contra omnes ac singulos, qui eis vel alicui de ipsis aliquam intulerint violenciam, molestiam aut iniuriam in personis et rebus malum quodlibet machinando.
Ac in omnem eventum quelibet universitas promisit alteri accurrere, cum necesse fuerit, ad succurrendum et in expensis propriis, prout opus fuerit, contra impetus malignorum resistere, iniurias vindicare, prestito super hiis corporaliter iuramento absque dolo servandis antiquam confederationis formam iuramento vallatam presentibus innovando.
Ita tamen, quod quilibet homo iuxta sui nominis conditionem domino suo convenienter subesse teneatur et servire.
Communi etiam consilio et favore unanimi promisimus, statuimus ac ordinavimus, ut in vallibus prenotatis nullum iudicem, qui ipsum officium aliquo precio vel peccunia aliqualiter comparaverit vel qui noster incola vel conprovincialis non fuerit, aliquatenus accipiamus vel acceptamus.
Si vero dissensio suborta fuerit inter aliquos conspiratos, prudenciores de conspiratis accedere debent ad sopiendam discordiam inter partes, prout ipsis videbitur expedire, et que pars illam respueret ordinationem, alii contrarii deberent fore conspirati.
Super omnia autem inter ipsos extitit statutum, ut, qui alium fraudulenter et sine culpa trucidaverit, si deprehensus fuerit, vitam ammittat, nisi suam de dicto maleficio valeat ostendere innocenciam, suis nefandis culpis exigentibus, et si forsan discesserit, numquam remeare debet. Receptatores et defensores prefati malefactoris a vallibus segregandi sunt, donec a coniuratis provide revocentur.
Si quis vero quemquam de conspiratis die seu nocte silentio fraudulenter per incendium vastaverit, is numquam haberi debet pro conprovinciali. Et si quis dictum malefactorem fovet et defendit infra valles, satisfactionem prestare debet dampnificato.
Ad hec si quis de coniuratis alium rebus spoliaverit vel dampnificaverit qualitercumque, si res nocentis infra valles possunt reperiri, servari debent ad procurandam secundum iusticiam lesis satisfactionem.
Insuper nullus capere debet pignus alterius, nisi sit manifeste debitor vel fideiussor, et hoc tantum fieri debet de licencia sui iudicis speciali.
Preter hec quilibet obedire debet suo iudici et ipsum, si necesse fuerit, iudicem ostendere infra [valles], sub quo parere potius debeat iuri.
Et si quis iudicio rebellis exstiterit ac de ipsius pertinatia quis de conspiratis dampnif[i]catus fuerit, predictum contumacem ad prestandam satisfactionem iurati conpellere tenentur universi.
Si vero guerra vel discordia inter aliquos de conspiratis suborta fuerit, si pars una litigantium iusticie vel satisfactionis non curat recipere complementum, reliquam defendere tenentur coniurati.
Suprascriptis statutis pro communi utilitate salubriter ordinatis concedente domino in perpetuum duraturis.
In cuius facti evidentiam presens instrumentum ad peti[ci]onem predictorum confectum sigillorum prefatarum trium universitatum et vallium est munimine roboratum.
Actum anno domini m° cc° Lxxxx° primo incipiente mense Augusto.
La Svizzera accede alle Nazioni Unite
Una delle più anziane democrazie del mondo è ufficialmente diventata il più giovane membro dell’ONU.
Martedì, l’assemblea generale dell’organizzazione universale per eccellenza ha accettato per acclamazione la Svizzera quale 190esimo Stato membro.
“Si tratta di uno dei momenti più importanti della mia vita”, ha dichiarato a swissinfo il presidente della Confederazione Kaspar Villiger poco prima dell’inizio dei lavori dell’assemblea a New York.
“Sono particolarmente fiero del fatto che la decisione di aderire all’ONU sia stata presa dal popolo in votazione popolare”.
Si parte
L’entrata della Svizzera ha segnato l’inizio dei lavori della 57. Assemblea generale delle Nazioni Unite. Anche la città di New York ha sottolineato l’evento: nella notte su martedì, l’Empire State Building è stato infatti illuminato in rosso e bianco, in onore della bandiera rossocrociata, al posto dell’usuale luce blu.
È toccato al ministro degli esteri francese Dominique de Villepin, a nome dei paesi confinanti della Confederazione, presentare la Svizzera e la sua candidatura. L’assemblea generale ha quindi accettato per acclamazione il nuovo membro, il 190esimo.
La delegazione svizzera guidata da Kaspar Villiger e da Joseph Deiss ha quindi lasciato i banchi destinati ai paesi osservatori. Accompagnata dagli applausi della sala, è stata scortata alla nuova postazione, nel pieno della sala plenaria, tra i paesi membri.
Neutralità rinforzata
Nel suo discorso davanti ai rappresentanti del mondo intero, tenuto nelle tre lingue nazionali, Kaspar Villiger ha sottolineato che la Confederazione era e resta uno Stato neutrale.
La questione è d’importanza vitale in Svizzera. Molti di coloro che lo scorso 3 marzo si erano schierati contro l’adesione lo avevano fatto temendo la fine della mitica neutralità elvetica.
L’isolamento, un vicolo cieco
Alcune ore prima della cerimonia, il ministro degli esteri Joseph Deiss aveva spiegato di fronte ai media internazionali l’importanza dell’evento per la Svizzera e per la sua politica estera.
Deiss ha ricordato la particolarità dell’adesione della Confederazione: lo storico passo, per la prima volta nella storia dell’ONU, è stato infatti legittimato da un sì popolare.
Il capo della diplomazia elvetica ha sottolineato l’importanza del coinvolgimento dei cittadini e della democrazia diretta. Secondo Deiss, il sì dei cittadini svizzeri va dunque interpretato come un sostegno alla cooperazione internazionale.
“L’ONU non è perfetta”, ha detto Deiss che ha tuttavia parlato di un punto d’incontro irrinunciabile. Ogni approccio unilaterale, ogni isolamento nazionale conduce soltanto ad un vicolo cieco. “E ciò vale sia per i piccoli Stati, sia per quelli grandi”.
Una voce in più
Priorità elvetiche presso il Palazzo di vetro saranno i temi che, da tempo, stanno a cuore alla Confederazione. Pace, sicurezza delle persone nelle zone di guerra, lotta contro la povertà, diritti dell’uomo, protezione delle minoranze, salvaguardia dell’ambiente e sviluppo sostenibile.
Settori nei quali Berna è già attiva ma che possono essere efficamente promossi soltanto in un contesto internazionale. “Il nostro paese potrà ora esporre le proprie idee in seno a questa organizzazione universale e quindi meglio difenderle”, ha detto Joseph Deiss.
Ed un primo successo non è tardato: lunedì infatti, il professor Walter Kälin è stato scelto quale nuovo membro della Commissione dell’ONU per i diritti civili e politici (vedi related story).
Il rito della bandiera
Al termine dei lavori, i partecipanti si sono trasferiti all’esterno del Palazzo. Sulle note dell’inno elvetico, la bandiera rossocrociata è stata issata accanto a quella di tutti gli altri Stati membri. Da oggi, nella lunga fila di vessilli, essa sventola tra quella svedese e quella siriana. Ordine alfabetico oblige.
“Gli svizzeri sono finalmente qui”, ha detto il segretario generale dell’ONU Kofi Annan. “Li abbiamo attesi per tanto tempo. È un giorno di celebrazioni, non solo per la Svizzera, ma per l’intera famiglia delle nazioni. Vedere qui la croce svizzera è un momento commovente».
Kofi Annan ha quindi dato il benvenuto alla Confederazione in quattro lingue, romancio compreso.
swissinfo, Rita Emch, New York
Fatti e cifre
1945: fondazione delle Nazioni Unite a San Francisco;
1986: il 75% degli svizzeri respinge la proposta d’aderire all’ONU;
1998: lanciata una nuova iniziativa per l’adesione
2002: 3 marzo, il giorno del sì all’ONU
Rotary International e Rotary Club Milano – Porta Venezia
Il Rotary Club è un club di servizio sorto a Chicago nel 1905. Esso è stato definito come gruppo di amici, appartenenti a diverse professioni e chiamati ad impegnarsi a favore del prossimo.
Rotary Club Milano – Porta Venezia
WEB SITES GIURIDICI
Corte di Cassazione
Gazzetta Ufficiale
Il Codice civile
Ultime sentenze della Corte di Cassazione
Istituto per la documentazione giuridica del C.N.R.
T.A.R. della Sicilia, sez. distaccata di Catania
Università di Catania
Jei
Interlex
Parlamento italiano
Il Presidente della Repubblica
Ministero della Giustizia
Pubblica Amministrazione
Federconsumatori
Ipsoa
Agenzia delle Entrate, registrazione atti giudiziari
Istituto Vendite Giudiziarie
Unione Europea
Il diritto della Unione Europea
Elenco nazionale degli Avvocati italiani
Il diritto federale svizzero
Ministro Esteri
Il diritto della Repubblica e Cantone Ticino
Monitoraggio delle raccomandate
Partite IVA
CARLO CATTANEO E LA SVIZZERA ITALIANA
La Svizzera Italiana irrompe nella vita di Carlo Cattaneo fin dal 1815, quando il gio- vane leventinese Stefano Franscini (di quasi cinque anni maggiore) lo raggiunge al Seminario Arcivescovile di Milano: com- pagni di studi, si legano di profonda amici- zia (che il Cattaneo rievoca nel luglio 1857, nel Ricordo milanese di Stefano Franscini del luglio 1857).
Gettate le tonache, il Cattaneo nel 1817, l’altro l’anno dopo, si ritrovano, affamati di leggere e di sapere, all’Ambrosiana e alla Libreria del Museo Numismatico di Brera, dove s’aprono loro i locali, gli scaffali e i testi degli Illuministi lombardi. Come per miracolo: le loro intelligenti volontà hanno conquistato i dotti bibliotecari, cugini del Cattaneo.
«Nell’autunno del 1821» Cattaneo persua- de Franscini, «volendo egli rivedere la sua valle nativa», ad accompagnarlo a Zurigo, dove un suo fratello fa pratica di commer- cio: per entrambi, una sorta di Grand Tour all’inverso. Quello classico scarrozzava gio- vani gentiluomini e futuri mercanti dalle più forti e floride nazioni indipendenti del Nord d’Europa (Francia, Olanda, Regno Unito, Svezia, Russia) all’Italia, in un iter educativo a scoprire il legame quasi reli- gioso tra il bello e il buono; a piedi, dalla Lombardia alla Mitteleuropa, quello dei due giovani subalpini, come a scrutare se la felicità e il benessere nel nord-est dell’alti- piano svizzero, dedito ai commerci, fossero leggenda o realtà e se non vi fosse una qualche interdipendenza tra essi e la mag- gior libertà borghese illuminata di cui quelle plaghe fruivano.
L’effetto non mancò: pochi anni dopo, i due divorarono la Istoria della Svizzera pel popolo Svizzero di Enrico Zschokke, un libro portato al ritorno dal fratello del Cattaneo; se ne innamorarono e vollero tradurlo: «Me ne invaghii, e ne tradussi in italiano la prima metà», scriverà il Cattaneo, ed esso non meno «operò sull’im- maginazione» del Franscini, che tradusse l’altra.
Un bagno, insomma, per il Cattaneo, alle origini del federalismo e dell’avverarsi d’in- credibili miraggi di sviluppo, da toccar con mano nelle regioni più progredite dell’anti- ca Lega Elvetica; per il Franscini anche uno stringimento, pensando allo stato della sua
Valle, ma una promessa a sé stesso e molte speranze. L’effetto del viaggio e dell’entu- siasmo liberale di Zschokke non paiono estranei all’incoraggiamento del Cattaneo all’amico, in quegli anni, a tornare in Patria per la sua vera missione: «Io gli ripe- teva spesso che in Milano egli era super- fluo, mentre nel suo paese poteva essere necessario».
Nel 1824 Franscini lascia la scuola di Milano per Bodio; morta di tisi la sorella, deve prender cura dei genitori e della pro- pria salute. Vorrebbe anche, confesserà poi, entrare in Gran Consiglio per rappresen- tarvi il popolo. Nel 1826 è chiamato a Lugano, a dirigere una scuola di mutuo insegnamento: coopera con lui la sposa (una Massari milanese, il cui fratello, lette- rato, è docente e collega del Cattaneo) e in una vicina scuola analoga una di lei sorella. Franscini insegna, pubblica testi scolastici, è segretario della Società ticinese d’utilità pubblica, fondata nel 1829-1830 dall’abate liberale Vincenzo D’Alberti.
Frequenta la casa Ruggia, sede della prima tipografia risorgimentale del Ticino; il patriota Giuseppe Vanelli l’aveva fondata dopo ch’era stato cacciato dalla direzione della “Gazzetta di Lugano” per averle impres- so una linea democratica e antiasburgica sgradita alla polizia lombardo-veneta; s’era poi associato il farmacista Giuseppe Rug- gia, altro patriota che per finire la rilevò. Con Ruggia e vari coraggiosi politici radicali, Pietro Peri, Giacomo Luvini-Perseghini, Carlo Battaglini, Giovan Battista Pioda, Carlo Lavizzari e altri, Franscini propugna la riforma liberale della Costituzione can- tonale, contro il regime autoritario del Landamano Quadri.
In due suoi opuscoli, stampati a Zurigo e diffusi anonimi a spese di amici al Ticino intero, capovolge la pubblica opinione: il Gran Consiglio adotta la riforma nel giu- gno, il popolo il 4 luglio 1830; è la prima costituzione “rigenerata” d’Europa. Eletto Segretario di Stato, Franscini collabora ai giornali del Ruggia e s’impegna per rifor- mare lo Stato, la pubblica amministrazio- ne, dar corpo alla scuola pubblica, già pre- vista ma mai attuata.
Nell’Europa quasi ovunque privata di libertà e democrazia, la Svizzera era già per
[XIV]
“Mente universale”
sua natura un’oasi; nel Ticino, la nuova Costituzione, più liberale, facilita l’accorre- re specie dall’Italia, a ondate, a ogni fallito moto rivoluzionario, di profughi, pieni di speranza e spronati ad aiutare il Ticino a mantenersi libero, la sua giovando all’al- trui libertà. Tra gli esuli del 1820/1830 il generale de Meester e i fratelli Giacomo e Filippo Ciani, d’antica origine ticinese: a Milano s’erano votati alla causa “libertà o morte” da quando l’Asburgo, ricordatagli
Mentre Cattaneo – per lucidità e serietà d’analisi, multidisciplinarità degli interes- si, molteplicità delle conoscenze, capacità critica acuita dalla perspicacia del giurista, forza dell’argomentare e potenza intellet- tuale – cresce in Lombardia a gran fama di studioso, storico, filosofo, pubblicista, avvocato delle idee e delle cause più moder- ne, Franscini s’apre la strada, più faticosa nelle povere aspre contrade ma non meno feconda, di scrittore, autore scolastico, sta- tistico, politico.
Con La Svizzera Italiana, grandiosa opera del 1837, precorre Le notizie naturali e civili su la Lombardia, pubblicate dal Cattaneo nel 1844, come se tra i due – o da una comune fonte – corresse un fluido arcano. Cattaneo non perde di vista l’ami- co, certo ne segue le alte e alterne fortune politiche: lo ritrova nel 1829 a Serocca d’Agno, nella villa del comune amico tici- nese (partecipe del moto piemontese del 1821) Giuseppe Filippo Lepori, da lui cono- sciuto studente a Milano e a Pavia e allora presentato al Franscini: «l’argomento dei loro discorsi – scriverà – era la riforma poli- tica del Cantone, la quale credevasi allora interdetta dalli atti del Congresso di Vienna. Franscini scriveva, credo in quei giorni, un opuscolo che rimovendo quella falsa opinione aperse nuovi destini alla sua patria, un largo cerchio d’amicizie politi- che e una carriera che nessuno avrebbe predetto alla sua gioventù».
Nel 1834 Cattaneo pubblica e appoggia, negli “Annali”, il fransciniano Appello per una generale sottoscrizione a favore delle scuole pubbliche del Cantone Ticino: segue le involuzioni che minacciano le conquiste della riforma del 1830 e muovono la rivolu- zione liberale del 1839, che non sarà l’ulti- ma. Certo il Franscini scopre al Cattaneo le radici profonde dell’amore di libertà dei Ticinesi: le antiche tradizioni vallerane (forma più maschia che l’italiano regionale del Ticino preferisce all’italico “valligiano”) e montanare, tramandate nelle Vicinie d’o- rigine immemorabile; l’abitudine, in tre secoli di duro protettorato dei Cantoni sovrani, alla disciplina e all’autodisciplina nel reggere le autonomie statutarie locali; il fiero distacco mostrato dai Protestanti locarnesi alla partenza per l’esilio; gli spazi di libertà spirituale aperti dalla presenza a
Vincenzo Vela
Stefano Franscini.
Busto, 1860
(Lugano, Liceo Cantonale)
nel 1814 da Giacomo, con Porro e Confa- lonieri, la promessa di garanzie costituzio- nali ai Lombardi, se l’era rimangiata forte del diritto di conquista. Implicati nella congiura carbonara del 1821 valsa ad altri lo Spielberg, i due fratelli avevano potuto lasciare Milano per Parigi e poi Londra, esuli col fior fiore d’Italia (Berchet, Santa- rosa, Gabriele Rossetti, Giannone, Porro, Arrivabene, Ugoni, Angeloni) nel cottage in Turnham Green di Lady Heli Woodcock, promotrice del Comitato di accoglienza dei profughi italiani, madre di Ann, che fu poi moglie di Cattaneo.
I Ciani diedero alla causa forze e mezzi, armi e sostegni; finanziarono fortemente (oltre quegli opuscoli del Franscini) la Ruggia: quando cessò, ne rilevarono in parte gli impianti per creare la “Tipografia della Svizzera Italiana”.
[XV]
Carlo Cattaneo
Lugano d’una Scuola dei Padri Somaschi e più ancora d’una stamperia degli Agnelli milanesi, fucina di pubblicazioni antigesui- tiche, poi filogianseniste, filoenciclopedi- che e democratiche non ammesse o gradite a Milano. Donde il fiorire a Lugano, sul finire del Settecento, secondo cronache del tempo, di ben cinque Club, non estranei, nel febbraio del 1798 (respinta dai volonta- ri luganesi l’invasione di Cisalpini e di gio- vani patrioti della città), al proclama dei Luganesi di volere essere “liberi e svizzeri”. Libertà che qualche Cantone sovrano salu- ta e si attua, il mese successivo, nella Repubblica Elvetica, imposta dagli invasori Francesi.
Avversata per il suo centralismo nella Svizzera Centrale, trova divisi i Luganesi: favorevoli alcuni Club; fortemente contrari i reazionari e i campagnoli che, l’anno suc- cessivo, all’avvicinarsi dell’armata austro- russa del generale Suvarov, invadono a turbe la città, mettono a sacco la stampe- ria, cui fan colpa del contagio rivoluziona- rio, uccidono l’abate G. B. Vanelli che la dirigeva e due rappresentanti delle nuove autorità repubblicane.
Ma le idee rimangono: nel 1815, un pro- nunciamento, vera rivoluzione liberale, rifiuta l’illiberale costituzione imposta; l’intervento federale reprime il moto, non l’amore di libertà che continua a infiamma- re Giuseppe Vanelli, il suo giornale, la sua stamperia, poi il Ruggia, i Radicali, il Franscini, la Riforma del 1830.
Questi fatti, ben noti al Cattaneo per le amicizie, le relazioni e il flusso d’ininter- rotte informazioni, tornano certo alla mente del Cattaneo, intrecciandosi con ira e delusione per il naufragare dell’epopea delle Cinque Giornate nell’ingloriosa riconsegna di Milano da Carlo Alberto agli Austriaci, mentre accompagna a Lugano la moglie malata e corre a Parigi, ove cerca – forte d’autorevoli credenziali e d’una rovente analisi delle Cinque Giornate, chia- ra in mente ma faticosa da stendere – di guadagnare i Francesi all’idea d’un inter- vento militare in Lombardia. Lugano pote- va apparire perciò la sua meta naturale, dopo quella missione, per stabilirvisi.
Ma le sue molte lettere alla moglie da Parigi proclamano la volontà di proseguire
per l’Inghilterra; un po’ perché mal soppor- ta di ritrovarsi a Lugano tra molti esuli cui fa colpa d’avere commesso a Carlo Alberto le sorti lombarde, un po’ per la cagionevo- le salute della moglie.
Immagini di Castagnola e della casa dove Carlo Cattaneo abitò dal 1848 al 1869,
in “Il Secolo Illustrato”, a. 13 (23 e 30 giugno 1901) (Lugano, Archivio Storico della Città,
Casa Cattaneo)
La Francia non è però matura per un inter- vento: la missione parigina di Cattaneo cade nel vuoto. Il 30 ottobre 1848 torna a Lugano: vi rimarrà, esule a vita. Come mai, dopo quei ripetuti dinieghi? Pur in uomo di carattere (testardo, diceva la moglie; timi- do e orgoglioso, scriverà Romeo Manzoni) il cambiar parere non dovrebbe stupire in quei tempi volubili: in cinque decenni, più volte e di repente s’altera il quadro euro- peo, francese e lombardo, mutevoli anche le scelte di Cattaneo, dal seminario allo studio laico, dal rifiuto d’ogni parteggiare e d’ogni coinvolgimento in congiure e moti al “diavolezzo” (come lo chiamerà) delle Cinque Giornate, dal rifiuto della politica all’esserne investito e risucchiato.
Il mutato avviso potrebbe risalire ad Ann, o – secondo gli storici – al clima prealpino, a lei più confacente; o alla rinata speranza di potere, dalle libere rive alle schiave, dalla
[XVI]
“Mente universale”
riva luganese del Ceresio all’opposta, spro- nare a libertà. Col concreto aiuto d’amici veri, italiani e svizzeri, raccolti a Lugano. In Svizzera, i Radicali avevano appena debellato il Sonderbund, lega separatista dei Cantoni cattolici e ottenuto, con paziente opera di mediazione tra il loro centralismo e il federalismo dei Conser- vatori, una nuova Costituzione.
Dall’antica Lega di liberi Cantoni sorgeva lo Stato federativo: garantiti nella Carta Costituzionale diritti politici e libertà indi- viduali; comuni l’esercito, la politica di sicurezza, il Governo: ora un Governo vero, il Consiglio Federale (non più un’impoten- te Commissione di dignitari dei Cantoni com’era la Dieta), la cui elezione era previ- sta per il 16 novembre e includeva il Franscini. Che doveva perciò lasciare il Ticino per Berna e, al bivio, provava un forte disagio; così remota Berna per lui e per i fidi consiglieri, che non potevano seguirlo; solo tra colleghi d’altra lingua; e poi soprattutto un gran senso di colpa nel lasciare il Ticino, nel venir meno alla pro- messa e all’immane compito di farne uno Stato moderno, alla funzione di primo attore e generale ispiratore – storico, filo- sofo, politico, scienziato, economista, stati- stico – del Radicalismo ticinese. A chi affi- darla? La risposta pare evidente.
Certo è che Cattaneo (ospite temporaneo in casa Franscini) rivide a Lugano l’amico prima della prevista elezione e solo il 16 dicembre successivo si decise a chiedere il permesso di dimora nella Casa Morosini in Via Pretorio a Lugano.
Come non arguire la ragione vera del mutato parere? Con l’intuito e la visione profetica dello storico poteva egli non aver inteso il disagio dell’amico, poteva non sentire rivolgerglisi contro l’incitamento con cui, da Milano, l’aveva spinto a tornare in Patria; poteva ora venir meno alla mis- sione che l’amico e il destino parevano restituirgli? Certo, mancano carte a com- prova: ma come far prova d’una missione assunta istintivamente o intuitivamente o (se espressamente concordata) destinata a rimanere segreta, perché d’uno straniero faceva l’alter ego del più alto magistrato federale?
Non che il Cattaneo potesse dispiacere ai Radicali svizzeri di allora, ancorché meno
focosi di quelli ticinesi. Ai Giacobini prefe- riva l’Illuminismo prerivoluzionario, «mira- bile […] fermento che [nel Settecento] si vedeva nelle nazioni», e aggiungeva: «È un fatto ignoto all’Europa, ma è pur vero: mentre la Francia s’inebbriava indarno dei nuovi pensieri, e annunciava all’Europa un’era nuova, che poi non riusciva a com- piere se non attraverso al più sanguinoso sovvertimento, l’umile Milano cominciava un quarto stadio di progresso, confidata a un consesso di magistrati, ch’erano al tempo stesso una scuola di pensatori: Pompeo Neri, Rinaldo Carli, Cesare Becca- ria, Pietro Verri non sono nomi egualmen- te noti all’Europa, ma tutti egualmente sacri nella memoria dei cittadini».
Non ci pare quindi lontana dal vero l’ipote- si che a convincere il Cattaneo a rimanere vi sia proprio anche la missione che dalle spalle del Franscini, su cui aveva contribui- to a porla, ritorna alle sue e il sostegno decisivo di Giacomo Luvini Perseghini, ca- po militare e uomo forte del Radicalismo ticinese. Un’alta missione, senza onori, cariche, autorità: che renderebbe più plau- sibile la protezione di cui il Cattaneo fruì in Svizzera e nel Ticino malgrado la sua posi- zione fortemente antiaustriaca di scrittore e di capo spirituale dei Radical-democratici d’Italia. Cattaneo dunque restò: né lo allet- tarono altrove cariche, compiti, cattedre, parlamenti.
Il giovane Cantone Ticino proseguiva tra mille difficoltà nel compito (che doveva affascinare il Cattaneo in sé e per il legame alla causa risorgimentale) dell‘incivilimen- to per consolidarsi e per ridurre il divario dai Cantoni d’Oltralpe, più saldi per econo- mia e secolare autogoverno. In realtà, quel- la di Cattaneo fu, nella storia della giovane repubblica, una forte presenza, tale da farlo accogliere cittadino onorario nel 1858: fiero d’esserlo quando l’Italia doveva anco- ra nascere.
Se veramente il Franscini aveva nutrito il disegno d’avere in lui il continuatore d’una comune opera, Cattaneo vi corrispose pie- namente, senza peraltro perdere alcunché del suo impegno e valore di scrittore, eco- nomista, storico e filosofo.
Pur continuando ad occuparsi attivamente, dal Ticino, delle lotte risorgimentali, Catta-
[XVII]
Carlo Cattaneo
neo entrò subito pienamente nella realtà e nei problemi della Svizzera Italiana. Preziose per Franscini a Berna la sua ispi- razione e la sua collaborazione; entrambi cooperano nell’affrontare con rigore il pro- blema universitario svizzero, insieme svi- luppano le idee del Messaggio per la crea- zione del Politecnico federale, propugnata instancabilmente da Franscini.
Per lui Cattaneo elabora il concetto dell’Università federale e il primo sfortuna- to messaggio per la federazione e il coordi- namento didattico delle università esisten- ti; idee comuni a entrambi, fortemente anticipatrici, perseguite con fondamento e metodo scientifici e aperture interdiscipli- nari: Franscini influirà perciò in profondità sull’ardito sviluppo delle scienze nella Confederazione tra Otto e Novecento. Come Franscini, anche Cattaneo perora, a lunga scadenza, l’Accademia ticinese: nel Ticino, ha incarichi dai Consiglieri di Stato, dalla Scuola, dai responsabili del- l’amministrazione nel Cantone e nelle Città, da insegnanti, Presidenti di Mutue, politici. Filippo Ciani, Consigliere di Stato, gli affida il progetto di riforma dell’inse- gnamento superiore nel Cantone. Le sue idee animano la legge del 1852 sul riordi- namento degli studi; promuove la scuola laica, compenetrandovi contenuti umani- stici, scientifici e tecnici.
Non solo attende all’ordinamento e ai pro- grammi del nuovo Liceo Cantonale, dopo la secolarizzazione dei Conventi, ma è anche
gnosi, sviluppa la sua filosofia come somma delle scoperte di tutte le scienze, scienza delle scienze aperta a continua evoluzione; fondamento ne è il pensiero umano, affran- cato da vincoli metafisici e teologici, capa- ce di avvicinare la verità attraverso la ragione, l’intuito, la verifica sperimentale o deduttiva, il confronto, la contrapposizio- ne, gli strumenti della libera indagine usati con rigore metodologico. Incoraggia le gio- vani generazioni ticinesi a formarsi per i tempi nuovi, a servire la causa della verità e del progresso attraverso la scienza e una forte coscienza morale.
In opere successive riprenderà, completerà ed estenderà il suo fondamentale Corso di filosofia, disciplina che intenderà sempre come sistema aperto. Indaga sui progressi operati dalle menti associate, scopre il valore economico del pensiero, della pro- mozione e dell’intraprendenza economi- che, delle conquiste intellettuali, quasi anticipando il moderno concetto di diritti immateriali.
Significativo il suo metodo d’analisi: nelle scienze, in filosofia, nella storia, nell’af- frontare problemi politici economici e giu- ridici, stringe i problemi all’essenza; la enuclea con una procedura di riduzione che ricorda per qualche verso il marxismo, per altro la fenomenologia, alieno però da considerazioni di classe o di sopraffazione; prelude al positivismo, privo però d’ogni retorica, a un criticismo empirico che rifiuta tanto le certezze metafisiche quanto
Correzione del fiume Ticino
da Bellinzona al lago Maggiore. Planimetria di
Rinaldo Rabbi, 1888 (Bellinzona,
Consorzio Correzione Fiume Ticino)
nella Commissione che prepara le nomine dei docenti. Rifiuta invece la direzione del Liceo, compito d’un Ticinese: sua la prolu- sione d’apertura, alta dichiarazione pro- grammatica. Per oltre dodici anni tiene la cattedra di filosofia. Da Vico, Locke, Roma-
il nichilismo; ammette il dubbio come strumento, non come risultato.
Certo, la sua franchezza laica e anticlerica- le spiace ai conservatori; nel clero ha vio- lenti detrattori; dalla metà degli anni Cinquanta il Credente cattolico avversa
[XVIII]
“Mente universale”
dichiaratamente e con violenza il suo inse- gnamento.
Per comprendere fino in fondo il suo anti- clericalismo, non si deve perder di vista che obiettivo della sua sferza non è né la dottri- na della Bibbia, né la persona del prete; bensì da un lato il clericalismo quando non difende il divino ma privilegi terreni e uti- lizza il divino a fini materiali e politici, quasi una forma di simonia all’inverso; dal- l’altro certi prelati che potevano apparire infiltrati nel clero lombardo dall’Austria a fini non proprio religiosi.
D’altronde, sono gli scritti dei filosofi della tempra del Cattaneo che hanno contribuito alla catarsi, un secolo dopo, del Cattoli- cesimo, con il riconoscimento della libertà di pensiero. Non la Chiesa come tale, ma il contributo di certo clericalismo e di nuovi dogmi alla negazione di libertà fondamen- tali e la conseguente involuzione antimo- derna della Chiesa nel secolo XIX animaro- no quella polemica anticlericale e la sua alta espressione in Cattaneo.
Oltre alla scuola, Cattaneo collabora a ogni livello anche in molti altri settori, come esperto, a progetti di leggi, ordinanze e mi- sure esecutive, a prendere e sostenere ini- ziative per grandi opere di progresso tecni- co, scientifico, agricolo, industriale, com- merciale, ferroviario. Suo il progetto di leg- ge sulle miniere, per consentirne lo sfrut- tamento favorendo il parallelo impianto di macchinari e d’industrie.
Avvia idee, studi e progetti per la bonifica del piano di Magadino, un’opera immane, che concepisce forte dell’esperienza delle antichissime opere idriche e di bonifica lombarde all’origine della ricchezza agrico- la padana; vede nella zona enormi poten- zialità e concepisce perciò una vera e pro- pria nuova sistemazione del territorio, con l’incanalamento del Ticino, lo sviluppo via- rio e ferroviario, la bonifica delle paludi, per incrementare il reddito agricolo e ridurre la dipendenza dalle importazioni, controllate dall’Austria.
Un’opera di tale mole richiede la partecipa- zione di capitali, imprese e esperienze lom- bardi; ma proprio tali interventi, la mole dei lavori e degli interessi toccati faranno cadere il progetto; ripreso poi, morto Cattaneo, dal Governo liberal-conservatore,
avviato a fatica e compiuto assai più tardi. Appassionato già dagli anni milanesi alla progettazione e costruzione di strade ferra- te, Cattaneo si preoccupa di come esten- derle alla Svizzera Italiana, di stabilire e far accettare ai vari Stati e organizzazioni eco-
I lavori per la galleria del Gottardo, 1874 (Bellinzona, Archivio di Stato del Cantone Ticino, Collezione stampe)
nomiche interessati i tracciati più idonei. Ammira la concezione del Ponte-diga di Melide, che ha piegato la natura ai bisogni dei luoghi e segue perciò da vicino il pro- gettista dell’opera, l’ingegnere Pasquale Lucchini, specie i suoi rapporti e progetti in materia ferroviaria; ad essi farà capo per i suoi studi sul traforo ferroviario alpino; alle lodi che gli vengono rivolte per la scel- ta del tracciato del Gottardo, non manca mai di riconoscere i meriti del Lucchini (che sarà poi ideatore delle gallerie elicoi- dali per superare importanti dislivelli). Inizialmente gli esperti svizzeri e stranieri preferiscono al Gottardo, per il grande traforo alpino, il Lucomagno, lo Spluga o persino qualche altro passo secondario. Cattaneo e Lucchini, convinti che la variante Gottardo costi meno e renda di più, serva zone aperte allo sviluppo e con- senta di meglio rifornire la Germania a distanza dall’Austria e dalle sue pressioni politiche e militari, proiettano la loro fidu- cia in quantità di scritti, progetti, relazioni, in innumerevoli contatti per convincere avversari e dubbiosi. A questo indefesso operare la Svizzera Italiana deve il trionfo del tracciato del Gottardo, cui finalmente anche l’Italia aderisce, vivente Cattaneo, il quale non vedrà l’accordo fra tutti i confi- nanti, concluso poco dopo.
Nel secolo del Cattaneo non bastava però lo studio d’un pur ottimo progetto: tecnica e intermediazione finanziaria non erano ai
[XIX]
Carlo Cattaneo
livelli odierni. Gran parte dell’opera, non meno ardua, consisteva nel formare un gruppo con le capacità tecniche e le rela- zioni finanziarie occorrenti per garantire la realizzazione. Una sfida che interessa Cat- taneo, come a testare la bontà dei suoi pro- getti e insieme delle sue visioni tecnico-eco- nomiche. Come già in Lombardia per le fer- rovie, i combustibili, il Monte sete, l’agri- coltura, anche in esilio Cattaneo promuove iniziative anticipatrici, perlopiù sfortunate. Per esse, o per cattivi investimenti del fra- tello, deve colmare anche gravose perdite. Il bisogno di fondi perciò può aver contri- buito a creargli quella fama d’ingordo che Giovan Battista Pioda riporta in una infeli- ce lettera al fratello Luigi dopo il noto diverbio col Cattaneo: in un rapporto all’autorità federale dell’ottobre 1865, il Consigliere di Stato Luigi Pioda diffidava dell’affidabilità d’un rappresentante d’una compagnia (sostenuta dal Cattaneo) che ambiva all’appalto dell’opera ferroviaria. Cattaneo, di parere opposto, affrontò il Pioda al Caffé Terreni (ora Olimpia) di Lugano, e lo tacciò di mendacio; l’altro ribatté che lui, come insegnante, era suo dipendente; Cattaneo diede lì per lì le dimissioni dalla cattedra e non se ne lasciò dissuadere nemmeno dall’amico Lavizzari. L’episodio cela forse un raffreddamento dei rapporti tra i capi radicali superstiti e il Cattaneo, di cui censuravano le relazioni con due deputati dell’opposizione liberal- conservatrice, Polar e Lurati, ferventi got- tardisti, e con il Consorzio che essi soste- nevano per l’opera del Gottardo. La critica, in realtà, trascura che mai il Cattaneo, pur avendo per così dire ereditato dal Franscini la parte d’agitatore d’idee e ispiratore dei Radicali, era stato partitante: la sua ostilità non coinvolgeva tutti i Conservatori, ma i Clericali; mentre proprio Polar e Lurati passavano per liberali in economia e non clericali, da veri liberalconservatori, così che l’atteggiamento del Cattaneo non era censurabile.
Anche qui par d’avvertire un parallelo col Franscini, amareggiato, negli ultimi anni di Consiglio federale, dal distacco dei suoi Radicali ticinesi e da certe loro decisioni poco liberali. Comunque, per tornare a quel rimprovero d’ingordigia, la realtà, che vede il Cattaneo vivere modestamente e
morire povero, non par proprio sorregger- lo. Forse gli onorari meritati per qualche parere, ancorché impari alle consuetudini internazionali per uno fra i maggiori con- sulenti economico-giuridici del tempo, apparivano vistosi in una terra di povere vallate.
Anche a Lugano, che dopo i moti milanesi subisce angherie e blocchi dal Lombardo- Veneto, il Cattaneo è attivissimo per la causa d’Italia. Nella stamperia dei Ciani, la Tipografia della Svizzera Italiana, pubblica L’Insurrezione di Milano. Entra poi in col- laborazione con la Tipografia Elvetica di Capolago, fondata nel 1830 da Moderati, passata a Radicali e divenuta stamperia risorgimentale d’importanza capitale. All’arrivo del Cattaneo, il radicale Repetti s’è assicurato tutte le azioni della tipogra- fia. Cattaneo, secondo il Caddeo, le s’avvici- na «verso l’aprile o il maggio del 1849» col «progetto dell’Archivio Triennale», poi della raccolta Documenti della guerra santa d’Italia, apparsa tra il luglio 1849 e il 1851, quindi dei tre volumi Carte segrete ed atti ufficiali della polizia austriaca.
La stamperia pubblica anche molte opere d’interesse politico o dirette all’incivili- mento. Subisce (soffiata o tradimento) l’ar- resto e la condanna a morte del Dottesio e la violenta divisione tra gli esuli per il dis- sidio tra Unitari e Federalisti. Si diradano i collaboratori e sostenitori, si riducono ai soli Federalisti puri, Cattaneo, Ferrari e pochi altri. Ironia della sorte, gli Austriaci la considerano invece un covo mazziniano. Insistono perché Berna faccia rispettare il principio di diritto internazionale per cui chi gode dell’asilo deve astenersi da inge- renze in affari d’altri Stati.
Il Governo ticinese cerca di resistere, ma col blocco del 1852, il Lombardo-Veneto espelle quasi seimila Ticinesi. Cresce la pressione sul Governo federale, sul Consiglio di Stato, sugli esuli.
Molti di loro s’impegnano a rispettare la neutralità, altri rifiutano, si tengono nascosti, se trovati vengono espulsi; non il Cattaneo, che continua a operare aperta- mente. Nella primavera del 1853, per far cessare le angherie contro il Cantone, il Repetti accetta la chiusura dell’Elvetica; Cattaneo resiste, cerca di ridarle vita, fa
[XX]
“Mente universale”
Lettera su carta intestata della Tipografia Elvetica di Capolago,
scritta da Alessandro Repetti a Carlo Battaglini
il 31 ottobre 1857 (Lugano, Archivio Storico della Città, Casa Cattaneo)
stampare il terzo volume dell’Archivio, continua a scrivere per l’Italia. Ma anch’e- gli si concentra ormai sempre più nelle attività d’insegnante, di consigliere, di stu- dioso. Collabora a giornali locali (soprat- tutto alla “Gazzetta Ticinese”), a giornali e riviste italiani.
Poi la situazione in Lombardia e in tutta Italia si distende: a fine 1859 Cattaneo riprende, con la seconda serie, l’edizione del “Politecnico”. Negli ultimi, importanti saggi, il suo pensiero è così anticipatore, democratico e insieme elitario, da non fare i proseliti che meriterebbe.
Il suo pubblico – come forse già quello degli allievi delle sue lezioni di filosofia al Liceo – non ne è forse sempre all’altezza. Manca al Cattaneo, nel Ticino, la cattedra univer-
sitaria con generazioni d’allievi capaci d’in- tendere, amplificare e diffondere il suo pensiero, rimasto perlopiù un’alta voce iso- lata. Ma la sua lezione torna attuale in tempi difficili.
Lo è oggi, per le sue intuizioni interdisci- plinari, la ricerca di spiegazioni a eventi e situazioni attuali anche nella geologia, nel- l’antropologia, nell’archeologia, nella sto- ria dei popoli, del pensiero e dei linguaggi; per la coscienza dell’attenzione che scien- ze, arte, tecnica, economia e sistemazione del territorio si devono reciprocamente; per la sua apertura al progresso delle scien- ze e della tecnica; lo è in economia per avere, tra i primi, colto l’importanza futu- ra, anche pecuniaria, delle idee, delle invenzioni, della comunicazione, della fun-
[XXI]
Carlo Cattaneo
Dedica autografa di Carlo Cattaneo
a Konrad Kern. Copertina e occhiello di un esemplare
di Carlo Cattaneo,
L’insurrection de Milan en 1848, Paris, Amyot, 1848 (Lugano, Collezione privata)
zione imprenditoriale, delle scoperte; lo è per la convinzione della libertà della scien- za e della ricerca ma anche della necessità di coniugarle con la tecnica; lo è, nelle scienze sociali, per aver avvertito le pecu- liarità e il valore dell’operare delle menti associate e però insieme del salto di qualità che viene dai geni, che con il pensiero e con le opere segnano le vie del futuro. Lo è, nello scrivere, per la potenza e l’incisività del linguaggio, delle immagini, delle descrizioni, per la loro forza interiore, senza retorica. Lo è, nella politica, per la sua concezione liberale, laica, poco parti- tante e per aver inteso il pericolo del fana- tismo; per la sua naturale concezione d’un federalismo che dal basso cresce verso l’al- to in un bisogno d’unità nella diversità che dalla Città sale alla regione, alla Nazione, all’Europa.
Tutti aspetti che rendono ancora oggi importante la conoscenza delle sue opere. Più diffuse in passato, più note all’estero, avrebbero forse potuto cooperare a dar più forza, nella prima metà del secolo scorso, in Italia e in Europa, alla “politica della ragione” atta a contenere gli eccessi delle ideologie, dei nazionalismi, dei razzismi che hanno così drammaticamente scosso il secolo XX. Il bicentenario della nascita del Cattaneo ha avviato e in parte già varato una serie imponente d’opere sue o su di lui che meritano lettura e meditazione.
Se i tempi fuggitivi e frettolosi in cui vivia- mo sapranno meglio intendere il suo retag- gio spirituale, le intense celebrazioni del Bicentenario non saranno state vane: il viaggio a ritroso nel tempo, all’incontro con il Cattaneo, potrebbe rivelarsi un viag- gio nel futuro; un Grand Tour ideale per andare a riconoscere, elementi essenziali d’una moderna geografia dello spirito umano, le scoperte fascinose d’un grande pensatore.
* Avvocato, Presidente del Comitato italo- svizzero per la pubblicazione delle opere di Carlo Cattaneo, Presidente dell’Associa- zione Carlo Cattaneo di Lugano
Sono validi gli accordi prematrimoniali in Italia?
La domanda se siano validi in Italia gli accordi prematrimoniali in questo periodo permette una risposta a metà. Dopo importanti modifiche in tema di diritto di famiglia che hanno portato, su tutto, il divorzio breve, è giunto in Parlamento un disegno di legge dedicato al tema degli accordi prematrimoniali.
Come su ogni questione di peso, anche su questi accordi è in corso un ampio dibattito. Al centro vi è una questione cruciale: la possibilità di ammettere accordi che regolino i rapporti economici e patrimoniali tra i coniugi, ancora prima dell’inizio della crisi di coppia, addirittura prima della celebrazione dell’unione.
Questi accordi sono permessi da anni, e ampiamente utilizzati, nel mondo anglosassone: pensiamo a quanto spesso ci capita di leggere sulle cronache rosa di accordi milionari sottoscritti dalle star hollywoodiane al momento del matrimonio in previsione di un futuro divorzio.
Scopo degli accordi prematrimoniali
Quando una coppia decide di sposarsi, difficilmente prende in considerazione l’ipotesi che un giorno la relazione possa finire. È un’eventualità a cui non si pensa, perché il sentimento è forte e si è convinti che possa durare in eterno.
I problemi possono subentrare quando l’affetto s’indebolisce e si deve affrontare il fallimento del proprio matrimonio.
La separazione spesso diventa la sede in cui ciascun coniuge, trascinato dal rancore e dalla rabbia, rivendica i propri diritti e interessi, scaricando ogni responsabilità sull’altro.
In questa fase si scopre quanto sarebbe stato utile aver deciso tutte le questioni con un accordo prematrimoniale. Lo scopo di tali accordi è, infatti, quello di rendere meno litigiosa la fine del matrimonio.
Marito e moglie possono disciplinare, in qualsiasi momento, i loro rapporti patrimoniali nell’ottica di un’eventuale separazione o divorzio. Parlare di queste problematiche in periodo di serenità della coppia, prima o durante il matrimonio, permetterebbe di raggiungere un accordo più rapidamente e più facilmente, oltre che più civilmente, rispetto a quando la relazione è già entrata in crisi.
Cosa potrebbe essere regolato con un accordo “prematrimoniale” o “in vista della separazione o del divorzio”
Gli accordi potrebbero, per esempio, disciplinare il riconoscimento di un assegno di mantenimento (periodico o una tantum), ma anche regolare la gestione dei figli o la spartizione dei beni comuni. Non potrebbero invece incidere in alcun modo sui diritti e obblighi inderogabili che derivano dal matrimonio, come il diritto agli alimenti e il dovere di assistenza morale e materiale.
Secondo la proposta di legge in discussione se il contenuto degli accordi prematrimoniali riguardasse i figli sarebbe necessaria l’autorizzazione del Giudice, per valutare che i diritti dei minori fossero tutelati dalle decisioni concordate tra i genitori.
Altro aspetto considerato dalla proposta di legge è quello della modalità di redazione degli accordi che avrebbero validità solo se riportati in atto pubblico da un notaio in presenza di due testimoni, per garantire che le dichiarazioni in esso contenute siano state espresse in piena libertà e consapevolezza.
Già da qualche tempo i Giudici stanno lasciando più liberi i coniugi di decidere sulle questioni patrimoniali in fase di separazione o divorzio, ma una regolarizzazione nel senso appena descritto avrebbe un impatto dirompente sul nostro sistema attuale quindi è positivo, ad oggi, che ci sia un’apertura in questa direzione e che sia in corso una seria discussione che speriamo giunga velocemente a compimento.