Il ruolo del convivente di fatto nell’impresa familiare non è mai stato regolamentato in Italia prima della Legge Cirinnà. Ciò comportava una grande lacuna dato che la nostra economia è da sempre fondata sul lavoro delle famiglie, anche in questi anni di crisi.
Da un’indagine AIDAF – Associazione Italiana delle Imprese Familiari, nel 2014 le imprese familiari erano 784’000 pari al 70% del totale delle aziende con un volume d’affari in crescendo.
Questo dato permette di comprendere come il tessuto aziendale formato dalle famiglie sia capillarmente diffuso nel territorio italiano ed abbia un ruolo essenziale anche per uscire dalla crisi economica mondiale la cui magnitudo è conosciuta ai più.
Di pari passo in questi anni sono aumentate anche le convivenze di fatto, quindi può essere utile a molte persone approfondire l’eventuale rapporto tra questi legami affettivi non fondati sul matrimonio e le imprese familiari.
Le novità introdotte dalla Legge Cirinnà per le convivenze di fatto
Mentre prima della Legge Cirinnà il convivente era del tutto escluso dalla disciplina dell’impresa familiare così come dai suoi benefici. Adesso, invece, è stato introdotto un nuovo articolo del Codice Civile, il 230 ter, il quale stabilisce che in una coppia di fatto la parte che presta la propria opera all’interno dell’azienda dell’altro convivente ha diritto alla partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi.
Al convivente spettano anche gli incrementi dell’azienda, compresi quelli relativi all’avviamento, in proporzione al lavoro prestato.
Il Codice, infine, esclude il diritto di partecipazione quando tra i conviventi esiste un rapporto di società o di lavoro subordinato.
Differenze rispetto al matrimonio ed all’unione civile
Sebbene questa riforma abbia previsto anche per il convivente il diritto più importante in un’impresa familiare, ossia la divisione degli utili, non tutta la disciplina è stata estesa alle coppie di fatto. Il convivente, a titolo esemplificativo, è escluso dal diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia, così come da quello di partecipare alle decisioni relative l’impiego degli utili e degli incrementi o, ancora, inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell’impresa.
Al convivente è negato pure il diritto di prelazione sull’azienda in caso di divisione ereditaria o di cessione a terzi che è caratteristica tipica delle imprese familiari perché permette di evitare la dispersione dei capitali e fare in modo che le “quote” dell’azienda restino legale alla parentela.
Persone disabili: la carta dei diritti del passeggero. Indennizzo, rimborso e risarcimento danni – avvocato
La carta dei diritti del passeggero è un fascicolo informativo sulle norme che tutelano i passeggeri in caso di disservizi come il ritardo prolungato del volo, il negato imbarco (anche l’overbooking), la cancellazione o la ritardata consegna, la perdita o il danneggiamento del bagaglio oltre alle tutele per soggetti diversamente abili, portatori di handicap o a mobilità ridotta (PMR). All’interno di questo manuale si possono trovare, inoltre, informazioni sul sistema dei controlli per la sicurezza degli aerei, sulla normativa nazionale in materia di scioperi nell’ambito del trasporto aereo, consigli utili, recapiti degli organismi europei di riferimento sia in caso di negato imbarco, cancellazione, ritardo del volo (regolamento CE n. 261/04), che di mancato rispetto dei diritti delle persone a mobilità ridotta o con disabilità (regolamento CE n. 1107/06).
Marito e moglie in disaccordo sull’indirizzo della vita familiare, interviene il Giudice
Per moglie e marito essere in disaccordo sull’indirizzo della vita familiare può essere un vero problema tanto da costringerli all’intervento del Giudice.
Prendiamo per esempio due coniugi sposati da molti anni che non si capiscono più e non riescono ad accordarsi neppure sul colore della carta da parati. Se il disaccordo diventa profondo e, soprattutto se riguarda aspetti importanti della vita familiare, non trovare la quadra può diventare un grave problema. Pensiamo a cosa succederebbe se i due coniugi fossero costretti a dibattere sul cambiare casa, sul cambiare città, sulla scuola dei figli…insomma su argomenti non liquidabili con un semplice litigio.
Il disaccordo sull’indirizzo della vita familiare
L’ordinamento stabilisce che i coniugi debbano concordare tra loro “l’indirizzo della vita familiare”. Si tratta dell’insieme di regole e di condizioni di vita comune che i coniugi devono assumere di comune accordo e che entrambi sono tenuti ad attuare.
In caso di disaccordo insanabile fra i coniugi, è prevista la possibilità per entrambi di rivolgersi a un Giudice, che dovrà cercare di individuare una soluzione che possa mettere d’accordo la coppia. Qualora ciò non fosse possibile, il Giudice può adottare il provvedimento che ritiene migliore per le esigenze della famiglia: questa decisione però può essere presa solo se l’intervento è richiesto da entrambi i coniugi e se riguarda delle questioni davvero rilevanti. La decisione del Giudice, infatti, è vincolante, e non è appellabile: il coniuge che non la rispetta può rischiare di vedersi addebitata la separazione, qualora in seguito al disaccordo la coppia dovesse arrivare alla decisione di mettere fine all’unione.
Quando è possibile richiedere l’intervento di un giudice
Come abbiamo accennato, oltre alla scelta del luogo di residenza della famiglia, il concetto di indirizzo della vita familiare include altri elementi che possono incidere in maniera rilevante sulla vita del nucleo familiare, quali ad esempio l’attività lavorativa dei coniugi, il tenore di vita, la scelta di avere figli o meno e, in generale, la messa in pratica dei doveri coniugali. Tutte le decisioni relative agli “affari essenziali” debbano essere prese tenendo conto degli interessi di ciascun componente della famiglia. Se uno dei coniugi decide in maniera unilaterale su un “affare essenziale”, l’altro può quindi richiedere l’intervento di un Giudice per cercare di ristabilire l’armonia.
Danno da vacanza rovinata per distruzione della valigia: diritto al risarcimento del passeggero – avvocato
L’art. 47 del codice del turismo definisce il danno da vacanza rovinata come un risarcimento del danno collegato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all’impossibilità di riparare all’occasione persa, a patto che l’inadempimento sia rilevante e non di scarsa importanza. È una voce del danno non patrimoniale (biologico, morale ed esistenziale) da non confondersi con il danno patrimoniale. Il passeggero, pertanto, potrà richiedere il risarcimento per il danno da vacanza rovinata a causa di valigia distrutta ma sarà necessario utilizzare tutti gli strumenti idonei al fine di dimostrare il disagio psicofisico conseguente alla mancata realizzazione in tutto o parte della vacanza programmata, oltre agli altri oneri che richiede la legge. Il danno da vacanza rovinata infatti rientra nel danno non patrimoniale unicamente solo laddove si sia verificata una significativa lesione di un interesse personale costituzionalmente protetto (diritto inviolabile della persona) a tre condizioni:
– che l’interesse leso abbia rilevanza costituzionale;
– che la lesione dell’interesse sia grave e superi una determinata soglia di tollerabilità;
– che il danno non consista in semplici fastidi o disagi ma che abbia una rilevanza maggiore.
Scioglimento dell’Unione civile: motivi, procedura e conseguenze
Lo scioglimento dell’unione civile è regolamentato dalla Legge Cirinnà la quale dettagli i motivi, la procedura e le conseguenze della fine dell’unione modellandoli sulle disposizioni previste dalla legge sul divorzio. Discutere di scioglimento dell’unione civile sembra paradossale data la recente approvazione della legge quando la maggior parte delle coppie che si sono unite hanno appena concluso la luna di miele. Ma, battute a parte, è necessario illustrare cosa prevede la legge in caso di crisi del rapporto al fine di fornire agli interessati spunti per tutelare i propri diritti in un campo ancora non molto conosciuto.
Motivi di scioglimento dell’unione civile
La Legge Cirinnà prevede che l’unione civile regolarmente registrata si possa sciogliere in caso di morte o dichiarazione di morte presunta di una delle parti; a seguito della sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso di uno dei partner; nei casi previsti dall’articolo 3, numero 1) e numero 2), lettere a), c), d) ed e), della legge sul divorzio, ossia tutta la casistica che prevede lo scioglimento del matrimonio in caso di reati, violenze o condanne penali a carico di uno dei coniugi; quando le parti hanno manifestato anche disgiuntamente la volontà di scioglimento dinanzi all’ufficiale dello stato civile del comune di residenza o di iscrizione della costituzione dell’unione.
In quest’ultimo caso la domanda di scioglimento dell’unione civile è proposta dopo tre mesi dalla data in cui una delle parti ha espresso l’intenzione di scioglimento dell’unione dinanzi all’Ufficiale di Stato civile.
La domanda può essere presentata in Tribunale oppure in caso di accordo dinanzi allo stesso Ufficiale o, ancora, tramite negoziazione assistita, cosi come previsto dalla riforma sul divorzio breve.
Non è previsto nessun periodo di separazione.
Conseguenze dello scioglimento
Dopo aver sciolto l’unione civile le due persone riacquisteranno lo stato libero, necessario per poter celebrare, eventualmente, una nuova unione.
Inoltre la legge effettua un richiamo all’applicazione della legge sul divorzio, quindi via libera all’assegno di mantenimento in favore della parte più debole dell’unione sulla scorta dei redditi delle parti e dell’impossibilità di provvedere al proprio adeguato sostentamento.
Gli ex potranno accedere anche alle altre tutele economiche previste per i divorziati come, tra tutte, ottenere la quota del TFR dell’altro, e beneficiare della pensione di reversibilità in caso di morte del partner con il quale si è stati uniti civilmente.
L’assegno di divorzio può sopravvivere alla sentenza di annullamento del matrimonio religioso
L’assegno di divorzio e la sentenza di annullamento del matrimonio religioso non hanno necessariamente un rapporto di interdipendenza. È bene che ci sia un chiarimento in merito dato che l’annullamento del matrimonio religioso è tornato recentemente in auge non solo trai VIP.
Se nelle cronache rosa, infatti, leggiamo spesso di coppie famose che decidono non solo di separarsi e divorziare, ma anche di chiedere al Tribunale ecclesiastico l’annullamento del proprio matrimonio religioso, in questi ultimi la tendenza sembra ampliarsi. Con probabilità l’aumento del ricorso a tale strumento è dovuto all’intervento di Papa Francesco che ha fortemente ridotto le tariffe per iniziare il Giudizio dinanzi alla Sacra Rota che, prima, era destinato soltanto a coniugi particolarmente abbienti.
Nonostante i cambiamenti apportati nel corso degli anni, però, spesso le tempistiche per l’annullamento sono più lunghe di quelle del divorzio, ed esistono delle regole di raccordo per far convivere i due procedimenti e le due sentenze.
La delibazione e l’efficacia delle sentenze ecclesiastiche per l’ordinamento italiano
Per poter essere efficaci per l’ordinamento italiano, le sentenze di un Tribunale straniero, e quindi anche del Tribunale ecclesiastico, devono essere delibate. La Corte di Appello deve cioè verificare che la sentenza ecclesiastica presenti tutti i requisiti per poter essere riconosciuta anche dall’ordinamento italiano.
Cosa succede all’assegno di divorzio dopo la delibazione della sentenza di annullamento?
Dobbiamo precisare che le due sentenze, così come gli effetti giuridici, possono convivere. In sostanza l’annullamento del matrimonio religioso non comporta la cancellazione delle condizioni previste dalla sentenza di divorzio. In linea di massima i rapporti patrimoniali che intercorrono fra gli ex coniugi dopo il divorzio, come ad esempio il diritto da parte del coniuge più debole a ricevere un assegno di mantenimento e gli altri accordi relativi agli aspetti economici, non possono essere modificati dalla delibazione della sentenza di annullamento, a patto che la sentenza di divorzio sia definitiva (ossia quando sono trascorsi i termini per fare appello o quando sono stati svolti tutti e tre i gradi di giudizio).
Solo se la sentenza di nullità modifica le condizioni economiche degli ex coniugi può essere introdotto un procedimento di modifica delle condizioni di divorzio.
La stessa regolamentazione è prevista in caso di separazione passata in giudicato i cui effetti economici, quindi, possono sopravvivere alla sentenza di nullità ecclesiastica.
Qual è il ruolo del convivente di fatto nell’impresa familiare
Il ruolo del convivente di fatto nell’impresa familiare non è mai stato regolamentato in Italia prima della Legge Cirinnà. Ciò comportava una grande lacuna dato che la nostra economia è da sempre fondata sul lavoro delle famiglie, anche in questi anni di crisi.
Da un’indagine AIDAF – Associazione Italiana delle Imprese Familiari, nel 2014 le imprese familiari erano 784’000 pari al 70% del totale delle aziende con un volume d’affari in crescendo.
Questo dato permette di comprendere come il tessuto aziendale formato dalle famiglie sia capillarmente diffuso nel territorio italiano ed abbia un ruolo essenziale anche per uscire dalla crisi economica mondiale la cui magnitudo è conosciuta ai più.
Di pari passo in questi anni sono aumentate anche le convivenze di fatto, quindi può essere utile a molte persone approfondire l’eventuale rapporto tra questi legami affettivi non fondati sul matrimonio e le imprese familiari.
Le novità introdotte dalla Legge Cirinnà per le convivenze di fatto
Mentre prima della Legge Cirinnà il convivente era del tutto escluso dalla disciplina dell’impresa familiare così come dai suoi benefici. Adesso, invece, è stato introdotto un nuovo articolo del Codice Civile, il 230 ter, il quale stabilisce che in una coppia di fatto la parte che presta la propria opera all’interno dell’azienda dell’altro convivente ha diritto alla partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi.
Al convivente spettano anche gli incrementi dell’azienda, compresi quelli relativi all’avviamento, in proporzione al lavoro prestato.
Il Codice, infine, esclude il diritto di partecipazione quando tra i conviventi esiste un rapporto di società o di lavoro subordinato.
Differenze rispetto al matrimonio ed all’unione civile
Sebbene questa riforma abbia previsto anche per il convivente il diritto più importante in un’impresa familiare, ossia la divisione degli utili, non tutta la disciplina è stata estesa alle coppie di fatto. Il convivente, a titolo esemplificativo, è escluso dal diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia, così come da quello di partecipare alle decisioni relative l’impiego degli utili e degli incrementi o, ancora, inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell’impresa.
Al convivente è negato pure il diritto di prelazione sull’azienda in caso di divisione ereditaria o di cessione a terzi che è caratteristica tipica delle imprese familiari perché permette di evitare la dispersione dei capitali e fare in modo che le “quote” dell’azienda restino legale alla parentela.
Compagnia aerea comunitaria e compagnia extracomunitaria: diritti dei passeggeri in caso di valigia danneggiata. Indennizzo, rimborso e risarcimento danni – avvocato
Il regolamento (CE) n. 261/04 tutela i viaggiatori dei voli in partenza da aeroporto:
– della comunità europea, un aeroporto della Svizzera, un aeroporto della Norvegia e un aeroporto dell’Islanda;
– un aeroporto di un Paese terzo con arrivo in aeroporto comunitario (anche Svizzera, Norvegia e Islanda) nel caso in cui la compagnia aerea che effettua il volo sia comunitaria (oppure svizzera, islandese o norvegese).
Il regolamento non tutela i viaggiatori dei voli in partenza da un paese terzo con destinazione un aeroporto comunitario (compresi Svizzera, Norvegia e Islanda) nel caso in cui il gestore aereo che effettua il volo non sia comunitario.
Le tutele previste per i passeggeri, in tale ultime ipotesi, sono comunque assicurate dalla legislazione locale e dalle norme che regolano il contratto di trasporto.
Fino a quando si può richiedere il rimborso per valigia danneggiata: esiste un termine di decadenza di 2 anni. Indennizzo, rimborso e risarcimento danni – avvocato
La normativa italiana si è uniformata a quella contenuta nella convenzione di Montreal e quindi, i diritti del passeggero sono soggetti a termine di decadenza di 2 anni dall’evento. I tempi non sono strettissimi ma è consigliabile muoversi tempestivamente per accelerare la richiesta di rimborso e di eventuale risarcimento: le compagnie aeree sono poco propense a concedere rimborsi per biglietti aerei poco recenti. nell’ipotesi di danno alla valigia resta comunque un termine di 7 giorni entro cui il viaggiatore deve proporre un reclamo al gestore aereo per non incorrere in decadenze.
Comunione dei beni: rientrano i beni acquisiti a titolo originario dalla moglie o dal marito
Moglie e marito che scelgono la comunione dei beni come regime patrimoniale devono sapere che vi rientrano tutti gli acquisti dei coniugi, o di uno di essi, anche se a titolo originario. L’unica eccezione sono i beni strettamente personali, per esempio quelli derivanti da un’eredità o da un risarcimento danni.
Entrano a far parte della comunione, però, i frutti dei beni di ciascun coniuge (anche se personali) e i proventi delle loro rispettive attività, a patto che non siano stati consumati al momento dello scioglimento della comunione. Anche le aziende gestite da entrambi i coniugi, se costituite dopo il matrimonio, fanno parte dei beni in comune.
Il bene acquisito per usucapione rientra nella comunione
Anche il bene acquisito per usucapione, nel momento in cui è in vigore il regime di comunione, rientra a tutti gli effetti a far parte del patrimonio comune dei coniugi. Prendiamo il caso di un artigiano, sposato in comunione dei beni, che ha sempre svolto la propria attività in un seminterrato, utilizzato anche come cantina dall’intera famiglia.
Pur non essendo l’effettivo proprietario del locale si è sempre comportato come se lo fosse, svolgendo la dovuta manutenzione e pagando le utenze. Dopo 20 anni potrà far riconoscere il suo possesso ed essere dichiarato proprietario dell’immobile. Al termine di una causa, infatti, l’artigiano potrà essere riconosciuto proprietario per usucapione, un modo di acquisto della proprietà che si definisce “a titolo originario”.
In questo caso l’acquisto, come detto, cadrà in comunione, e, quindi, la moglie dell’artigiano diventerà legittimamente proprietaria del 50% del bene acquisito e avrà quindi diritto a gestirlo in maniera congiunta con il marito.
Il momento rilevante è quello in cui si completa l’acquisto del bene
È il momento in cui si conclude l’acquisto ad essere rilevante per decidere se il bene cadrà o meno in comunione. Per semplificare potremmo dire che anche se, durante buona parte dei vent’anni di possesso l’acquirente non era sposato, avrà valore il fatto che il ventesimo anno sia caduto durante la comunione. Allo stesso modo, se uno dei coniugi possedesse un bene durante il periodo della comunione ma ne diventasse proprietario per usucapione soltanto dopo lo scioglimento, l’altro coniuge non potrebbe avere alcuna pretesa nei confronti del bene in questione.
Cosa succede al giudizio di adozione del minore se marito e moglie si separano
Cosa avviene quando il giudizio di adozione del minore si scontra con la crisi coniugale della coppia e marito e moglie si separano? La lunghezza del processo di adozione può in alcuni casi far sì che le ultime fasi della procedura si compiano in una situazione anche molto diversa rispetto a quella iniziale o a quella durante la quale il Tribunale ha accertato l’idoneità dei coniugi a diventare genitori adottivi. Mentre sembra finalmente giungere al traguardo la speranza di avere un bambino, tra i coniugi si rompe qualcosa: il loro legame è messo a dura prova e si accorgono che l’amore sta svanendo. In questi casi, oltre alla paura ed allo smarrimento della fine dell’unione, potrebbe subentrare anche il timore di vedere svanire il sogno di essere genitori. Dobbiamo precisare, però, che anche se i rapporti fra i coniugi si dovessero deteriorare al punto da rendere inevitabile la separazione, questo non necessariamente porterebbe all’interruzione della procedura di adozione.
Il Tribunale deve salvaguardare l’interesse dell’adottato
Nel caso in cui la coppia decidesse di separarsi durante l’affidamento preadottivo, la procedura prevista per l’adozione può comunque completarsi: su istanza di uno dei coniugi o di entrambi, si può procedere all’adozione nei confronti di uno solo o di entrambi i genitori. Il Tribunale è a questo punto tenuto a ripetere la procedura di valutazione dell’idoneità del singolo o della coppia, per accertare la capacità di garantire al minore stabilità economica, affetto ed educazione. Poiché l’obiettivo principale è salvaguardare l’interesse del bambino, se il Tribunale accerta che l’affidamento sta procedendo bene e che si è creato un legame importante fra il minore e la famiglia adottiva, può decidere di far proseguire la procedura di adozione nonostante i problemi fra i genitori adottivi: in questo caso la logica dei Giudici è quella di anteporre l’interesse del bambino rispetto al requisito della coppia sposata, con l’obiettivo di evitare ulteriori traumi al minore.
Cosa serve per ottenere indennizzo, rimborso e risarcimento per valigia danneggiata: cosa deve conservare il passeggero dopo ogni volo.
Ai fini di ottenere il rimborso e anche il risarcimento del danno subito, il passeggero deve conservare:
– biglietto aereo personale;
– il modulo pir compilato in aeroporto;
– il tagliando relativo al bagaglio rilasciato alla partenza;
– un’elencazione di cosa fosse contenuto nella valigia;
– un’elencazione di cosa manca nell’ipotesi di valigia recuperata;
– prova delle spese sostenute (abiti, generi personali);
– prova dei disagi e dei danni subiti.
Maltempo che comporta cancellazione del volo: diritti dei passeggeri nei confronti della compagnia aerea. Indennizzo, rimborso e risarcimento danni – avvocato
Uragani, tempeste o forti nevicate, ma in generale condizioni metereologiche proibitive sono motivazioni valide per la cancellazione del volo. Tali ipotesi sono considerate come circostanze straordinarie e, per quanto previsto dal regolamento (CE) n. 261/04, non c’è la possibilità per il passeggero di ottenere un rimborso. Le condizioni meteorologiche per escludere il diritto al rimborso per il passeggero, devono essere incompatibili con l’effettuazione del volo.
Al contrario, se il gestore aereo non risulta preparato ad affrontare determinate condizioni metereologiche (ad esempio un aereo che ritarda per aver terminato il nebulizzatore antighiaccio) risulterà responsabile della cancellazione del volo e sarà obbligato al rimborso dei passeggeri coinvolti.