Agli inizi degli anni 1990, a Milano si avverte un dilagare di corruzione nell’ambito dell’amministrazione comunale, esplosa nelle indagini che portarono alla scoperta di numerosi episodi di corruzione a tutti i livelli dell’amministrazione. suscitando scalpore ed allarme nell’opinione pubblica, tanto che giornali definirono tale fenomeno Tangentopoli, cioè definirono Milano la città delle tangenti. I maggiori partiti che avevano amministrato la città ne furono coinvolti, tanto che, per lo scandalo, esponenti di partiti, furono rinviati a giudizio e qualcuno si determinò alla latitanza espatriando, creando un forte disorientamento nell’opinione pubblica.
In tale clima l’elettorato si determinò a voltare pagina, e determinò la scesa di un movimento che si proponeva di innovare e moralizzare, accogliendo nelle proprie fila uomini che non fossero appartenenti ad apparati politici, ma che provenissero dalle libere professioni e da circoli culturali. In tale clima fu eletto sindaco Marco Formentini, della lega nord, il quale si determinò a riformare il sistema degli appalti comunali, ritenuto uno degli strumenti che, utilizzato in maniera distorta, aveva consentito gli abusi e la corruzione.
Avendo l’avvocato Mario Marzorati contribuito alla stesura della legge Merloni, sugli appalti, fu chiamato dal sindaco alla riforma dell’intero sistema degli appalti pubblici, per modo da rendere trasparente ed obiettivo l’affidamento dei lavori pubblici e dell’acquisto dei beni, autovetture dei vigili, assicurazioni, e delle somministrazioni necessarie per il funzionamento della città di Milano. In primo luogo gli fu assegnato il compito della revisione di tutti gli appalti, già conferiti dalla precedente amministrazione, per l’acquisto dei cibi delle mense scolastiche, che fornivano il pasto a 80’000 giovani, dalle scuole materne sino alle scuole medie.
Il numero dei pasti, in vero, imponente basti immaginare che corrisponde, quasi, agli spettatori contenuti nello stadio di San Siro, ai quali somministrare il primo piatto, il secondo e la frutta, oltre che il coperto. l’avvocato Mario Marzorati revisionò tutti i contratti di appalto, e si rese conto che molti beni o servizi erano venduti a prezzi assolutamente spropositati.
Si avvalse dell’aiuto, prezioso, del NAS, nucleo antisofisticazione, dei Carabinieri, con il quale intratteneva un ottimo rapporto, per via dell’amicizia personale con il Comandante, colonnello Umberto Massolo, del quale era amico, essendo stato collega nei Carabinieri, entrambi tenenti, molti anni prima.
Così vennero alla luce situazioni truffaldine su parecchie derrate alimentari, compreso l’olio d’oliva, pesce, ed altrealimenti, il che comportò il blocco delle forniture.
Ne seguirono denunce che portarono, come si potrà vedere negli articoli di giornale riportati a fianco, ma soprattutto si poté individuare il sistema che consentiva l’approntamento della truffa.
La precedente amministrazione aveva artatamente mescolato diversi sistemi di appalto, giungendo, nella fase finale a tramutare l’appalto medesimo in appalto concorso, demandando ad “assaggiatori” del comune la scelta dei prodotti da acquistare, indipendentemente dal prezzo e dalle oggettive qualità organolettiche.
Ovviamente vi furono disagi, nella somministrazione dei pasti, e vi furono violenti attacchi da parte della stampa, di ogni colore, ed anche da comitati di genitori, evidentemente mal informati e strumentalizzati, che accusavano l’avvocato Marzorati di essere un affamatore di bambini, giacché a volte mancava il sale, a volte l’olio a volte il pesce, e così via. Nonostante gli attacchi egli proseguì nella sua opera di moralizzazione, non lasciandosi intimidire, nonostante i pesanti attacchi delle lobbies.
Fu creata, dunque un’apposita commissione la quale dettò nuove regole per la celebrazione degli appalti, e, a tutt’oggi, nonostante siano passati molti anni, pare che episodi di quella natura non si siano più riprodotti. La commissione, presieduta da Marzorati, era composta dall’avvocato Massimo Burghignoli, della società civile, dalla dottoressa Levatino, dell’avvocatura comunale, ed altri esperti.
Furono redatte decine di modelli, ciascuno per ogni tipologia di appalto, economato, lavori pubblici, eccetera, e tutti furono approvati dal consiglio comunale. I modelli furono estremamente innovativi, giacché introducevano schemi di tipo europeo, basati sulle fideiussioni bancarie e sull’elevato importo delle penalità in caso di inadempienza, espungendo il vecchio concetto dell’Albo dei Costruttori, che, in definitiva non dava assolutamente alcuna garanzia di buona esecuzione di lavori, e neppure avrebbe risposto in caso di inadempienza dell’appaltatore.
Fu abbandonato il criterio storico, e cioè il criterio di ammettere solamente le imprese che già avevano effettuato il lavoro da appaltare, al fine di evitare che solamente i fornitori storici potessero partecipare, ed aprendo, al contrario, a nuovi soggetti che avessero ottenuto garanzie dal sistema economico finanziario e bancario.
Le resistenze, com’è naturale furono forti, tuttavia la commissione non si lasciò condizionare e continuò secondo le linee guida dettate dal Marzorati.
Poi in quel periodo, 1994, sorse un’altra emergenza a cui si dovette mettere mano, ed affrontare con determinazione. La commissione europea aveva dato un ultimatum alla città di Milano, annunciando che non avrebbe più rinnovato alcuna deroga di tollerabilità dell’inquinamento dell’acqua di Milano, la quale superava la soglia nella presenza di benzene e trielina; era necessario, in pochi mesi risolvere un problema che si trascinava da qualche decennio.
Il sindaco fu nominato dal presidente del consiglio commissario straordinario per l’acqua di Milano, ed egli diede la delega Marzorati affinché lo risolvesse.
Napoleone diceva che a lui non interessava che i suoi generali fossero coraggiosi, ma gli bastava che fossero fortunati…
in quell’occasione il Marzorati si rivolse ad un suo amico, il professor Luigi Palazzeschi, esperto nella depurazione delle acque a Genova, il quale rispose che la potabilizzazione non era la sua specialità, tuttavia è gli indicò il professor Giaccheri, dell’Università di Torino, che, a suo giudizio avrebbe potuto dare soluzione al problema.
Quest’ultimo fu invitato a palazzo Marino, sede del municipio di Milano, e propose una soluzione economica e spedita, da attuarsi in tempi brevi, che consisteva, in buona sostanza, di lavare l’acqua con l’aria, opportunamente depurata.
. E ciò mediante la creazione di torri nelle quali l’acqua, ha modo di doccia, avrebbe incontrato l’aria, proveniente dal basso, ad alta pressione, la quale avrebbe sottratto la trielina dall’acqua e l’avrebbe depositata in appositi filtri.
I tecnici dell’acquedotto di Milano studiarono nei dettagli tecnologici la soluzione, la condivisero e l’approvarono, e, nel giro di pochi mesi, furono individuate parecchie sedi ove collocare le torri di depurazione. e potabilizzazione.
Ben visibili sono quelle, dipinte di verde, collocate in piazzale Maciacchini, a Milano.
Il sistema degli appalti, così come innovata, consentì la realizzazione delle opere nei tempi prefissati, e, dunque, Milano non vide le autobotti che portavano acqua potabile alle massaie! Un articolo de Il Giornale, qui a fianco, esprime con sufficiente stupore la realizzazione di quest’opera.
Il compito di consulente giuridico del Comune di Milano si concluse con la redazione definitiva di tutti i contratti di appalto, e fu un’operazione, pur se oscura, esaltante per i contenuti giuridici che furono trasfusi, e che costituiscono una “summa”, pur sempre migliorabile, che ispira tuttora l’operato della pubblica amministrazione.