LA SOCIETÀ CHE GESTISCE L’AEROPORTO, NON LA COMPAGNIA AEREA, RISPONDE DEI DANNI SUBITI DAI PASSEGGERI SULL’AUTOMEZZO CHE LI PORTA ALL’AEREO PER L’IMBARCO
Non si applica la convenzione di Varsavia (Cassazione Sezione Terza Civile n. 12015 del 25 settembre 2001, Pres. Duva, Rel. Vittoria).
Nel febbraio del 1985 Elio C. e Giuseppe D. si sono fatti male mentre, all’interno dell’aeroporto di Linate, venivano trasportati su un autobus all’imbarco su un aereo dell’Alisarda diretto a Palma di Maiorca; l’incidente è stato causato da un’erronea manovra dell’autista del mezzo sul quale si trovavano, appartenente alla Società Esercizi Autoportuali, SEA. Essi hanno agito davanti al Tribunale di Milano per ottenere dalla SEA il risarcimento del danno. Il Tribunale con sentenza del marzo 1996 ha dichiarato la SEA responsabile dei danni e obbligata al risarcimento. Questa decisione è stata riformata dalla Corte d’Appello di Milano che ha ritenuto applicabile la convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929 in materia di trasporto internazionale di passeggeri o merci per via aerea e ha rilevato che i danneggiati avevano iniziato il giudizio dopo il decorso del termine di decadenza, di due anni dal fatto, stabilito dall’art. 29 di tale convenzione. I danneggiati hanno proposto ricorso per cassazione sostenendo che la convenzione di Varsavia non regola la responsabilità dei soggetti, diversi dalle compagnia aeree, che gestiscono i servizi di terra.
La Suprema Corte (Sezione Terza Civile n. 12015 del 25 settembre 2001, Pres. Duva, Rel. Vittoria) ha accolto il ricorso, osservando che la convenzione di Varsavia si applica quando l’incidente si sia prodotto a bordo dell’aereo o nel corso delle operazioni di imbarco o di sbarco. Il trasporto dall’aerostazione verso l’aereo – ha rilevato la Corte – non può essere considerato operazione di imbarco, inerente al trasporto aereo e pertanto rientrante nella responsabilità del vettore, né il gestore dell’esercizio aeroportuale può essere considerato un soggetto incaricato dalla compagnia aerea. Conseguentemente la Corte ha affermato che in materia deve essere applicata la legge italiana, con esclusione della decadenza prevista dalla Convenzione di Varsavia.
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