La Corte di Cassazione precisa i criteri per la determinazione dell’assegno divorzile, che riveste altra natura rispetto a quello concordato in sede di separazione.
L’ASSEGNO PER IL CONIUGE IN CASO DI DIVORZIO NON VA DETERMINATO SULLA BASE DI QUELLO CONCORDATO PER LA SEPARAZIONE PERSONALE
Ma si deve procedere a una valutazione autonoma secondo diversi criteri
(Cassazione Sezione Prima Civile n. 12400 del 9 dicembre 1998, Pres. Vessia, Rel. Bonomo).
All’assegno di divorzio, secondo la disciplina normativa di cui all’art. 5 della legge n. 898 del 1970, va riconosciuto carattere esclusivamente assistenziale, presupposto della sua concessione essendo la sola inadeguatezza di mezzi del coniuge istante per la conservazione di un tenore di vita analogo a quello tenuto in costanza di matrimonio (inadeguatezza da intendersi in termini di apprezzabile deterioramento delle precedenti condizioni economiche in dipendenza del divorzio che non si risolve, peraltro, nella esistenza di un vero e proprio stato di bisogno). Ne consegue che il giudice di merito, chiamato ad una duplice indagine, è tenuto, dapprima, all’accertamento dell’esistenza del menzionato presupposto dell’inadeguatezza dei mezzi, successivamente alla determinazione concreta della misura dell’assegno, sulla base dei criteri elencati dal comma 6 nella norma di cui al citato art. 5 (le condizioni dei coniugi, le ragioni della decisione, il contributo economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio comune o individuale, il reddito di entrambi, la durata del rapporto di coniugio).
La determinazione dell’assegno di divorzio è indipendente dalle statuizioni patrimoniali operanti, per accordo tra le parti e in virtù di decisione giudiziale, in vigenza di separazione dei coniugi, data la diversità delle discipline sostanziali, correlate a diversificate situazioni, e delle rispettive decisioni giudiziali, in quanto l’assegno divorzile, presupponendo lo scioglimento del matrimonio, prescinde dagli obblighi di mantenimento e di alimenti, operanti nel regime di convivenza e di separazione, e costituisce effetto diretto della pronuncia di divorzio, con la conseguenza che deve essere determinato in base a criteri propri ed autonomi rispetto a quelli rilevanti per il trattamento spettante al coniuge separato. Per differenziare i due tipi di assegni e per non appiattire l’indagine del giudice ad una mera revisione delle conseguenze patrimoniali della separazione, in base ad eventuali circostanze sopravvenute (ciò, infatti, non è consentito dalla legge), occorre conferire il giusto rilievo alla molteplicità degli indici di quantificazione offerti dalla legge, il che consente di evitare che la misura dell’assegno risulti implicitamente ricompresa nel suo criterio attributivo, di guisa che a tali indici resterebbe la funzione di meri riferimenti verbali generici, per giustificare una soluzione già raggiunta in sede di giudizio sull’an.
Collegamento tratto da: http://www.legge-e-giustizia.it/
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