La Corte di Cassazione precisa che la Convenzione internazione sui diritti del fanciullo impone di tener conto della sua volontà nei rapporti di famiglia
LA CONVENZIONE INTERNAZIONALE SUI DIRITTI DEL FANCIULLO IMPONE DI TENER CONTO DELLA SUA VOLONTA’ NEI RAPPORTI DI FAMIGLIA
Il Giudice può disporre che in caso di divorzio egli non sia costretto a incontrare il padre non affidatario (Cassazione Sezione Prima Civile n. 317 del 15 gennaio 1998, Pres. Finocchiaro, Rel. Spirito).
Il Tribunale di Bari, dichiarando cessati gli effetti civili del matrimonio concordatario tra i sigg. A.G. e R.L. ha disposto l’affidamento alla madre del loro figlio minore, precisando che il padre aveva la facoltà di vedere il figlio “subordinatamente, peraltro, e al consenso, volta per volta, del minore”.
La Corte d’Appello ha confermato questa decisione. Il padre è ricorso in Cassazione sostenendo che il diritto di visita del genitore non affidatario non può essere subordinato al consenso del minore.
La Suprema Corte (Sezione Prima Civile n. 317 del 15 gennaio 1998, Pres. Finocchiaro, Rel. Spirito) ha rigettato il ricorso affermando che ogni provvedimento del Giudice riguardante i figli deve avere, in base alle norme vigenti in materia di separazione e divorzio, come esclusivo riferimento l’interesse morale e materiale della prole. Questo principio – ha osservato la Corte – è stato rafforzato dalla convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia firmata a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia con legge n. 176 del 27 maggio 1991. In particolare la Corte ha richiamato gli articoli 9 e 12 di tale convenzione. Nell’art. 9 si afferma che “gli Stati parti rispettano il diritto del fanciullo separato da entrambi i genitori o da uno di essi, di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con entrambi i suoi genitori, a meno che ciò non sia contrario all’interesse preminente del fanciullo”.
L’art. 12 sancisce che “gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa; tali oponioni vanno debitamente prese in considerazione, tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità. A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia per il tramite di un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale”.
Il patto internazionale – ha osservato la Corte – attribuisce, quindi, all’opinione, ai sentimenti ed agli interessi del minore capace di discernimento un rilievo del tutto nuovo rispetto al quadro della nostra precedente legislazione, mirando ad attribuire all’infanzia, ed alle componenti affettive e sentimentali di cui essa si nutre, la priorità che le spetta nell’ambito della società. Di qui la necessità che il giudice della famiglia prioritariamente ed attentamente indaghi, anche a mezzo dei servizi sociali e delle strutture psicopedagogiche, sulla maturità e la capacità di discernimento del minore, accerti i suoi reali sentimenti, le tendenze caratteriali, le opinioni gli interessi intimi e sociali, dopo di che emetta i provvedimenti necessari a rendere piena soddisfazione ed espressione di quel coacervo di pulsioni che si dibattono nell’età adolescenziale e che, se rettamente ed equilibratamente realizzate, pur sempre nel rispetto dei fondamentali valori umani, contribuiscono alla formazione dell’individuo maturo per il suo ingresso nella società.
Collegamento tratto da: http://www.legge-e-giustizia.it/
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