Maternità
La maternità è un valore non solo personale, di coppia e familiare, ma anche sociale.
Lo Stato tutela la vita umana dal suo inizio, con misure legislative e sociali, come quelle che riguardano il lavoro e i servizi di sostegno alla procreazione responsabile ed alla famiglia.
L’interruzione volontaria della gravidanza è regolata dalla legge, così come la procreazione medicalmente assistita, per i casi di sterilità e di infertilità.
La maternità è un valore soltanto personale o anche sociale?
Lo Stato riconosce, in modo formale, il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio con misure legislative e sociali come quelle che riguardano il lavoro.
È legale interrompere volontariamente la gravidanza
È legale, perché una legge dello Stato lo permette e lo disciplina.
L’interruzione volontaria della gravidanza (IVG) può essere considerata come un mezzo di controllo delle nascite?
Senz’altro no, come affermato dalla stessa legge. Infatti lo Stato, le Regioni e gli Enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari ed altre iniziative necessarie per evitare che l’IVG sia usata ai fini della limitazione delle nascite.
Quale è il ruolo del Consultorio familiare e della struttura socio-sanitaria nella prevenzione dell’aborto
Il Consultorio familiare e la struttura socio-sanitaria hanno un ruolo centrale ed essenziale.
Oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito di assistere la donna in stato di gravidanza, informandola sui suoi diritti e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio cui poter far ricorso, nonché sulle modalità idonee ad ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante.
Essi inoltre hanno i seguenti compiti: attuare direttamente o proporre all’ente locale competente e alle strutture sociali operanti nel territorio speciali interventi, quando la gravidanza o la maternità creino problemi tali da richiedere misure più adeguate; contribuire a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione volontaria della gravidanza; esaminare con la donna stessa e con il padre del concepito, se la donna lo consente, le circostanze e le possibili soluzioni dei problemi proposti; aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza; metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre; promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto.
Nella prevenzione dell’aborto, quale è il ruolo delle formazioni sociali di base e delle associazioni del volontariato
I Consultori, sulla base di appositi regolamenti o convenzioni, possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria.
Inoltre le associazioni svolgono direttamente, con strutture consultoriali da esse stesse promosse e con altre iniziative, specifiche azioni anche a sostegno della maternità difficile dopo la nascita.
Quando una donna ha deciso di interrompere la gravidanza a chi si rivolge?
Ad un Consultorio pubblico o ad una struttura socio-sanitaria abilitata dalla Regione oppure ad un medico di sua fiducia.
A quali condizioni è possibile l’interruzione volontaria della gravidanza
Nei primi 90 giorni l’IVG è consentita su semplice richiesta della donna.
La legge fa riferimento alle circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la salute fisica o psichica della donna in relazione o al suo stato di salute o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito.
Quando il medico del Consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia riscontrano la decisa volontà della donna ad interrompere la sua gravidanza, che cosa accade
Se vi sono condizioni tali da rendere urgente l’intervento, viene rilasciato immediatamente un certificato attestante l’urgenza, con il quale la donna può presentarsi ad una delle sedi autorizzate a praticare l’IVG.
E se non viene riscontrata l’urgenza, quali misure la legge prevede a garanzia di una decisione più ponderata
In questo caso, al termine del «colloquio», il medico del Consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, di fronte alla richiesta della donna di interrompere la gravidanza, le rilascia copia di un documento, firmato anche dalla donna stessa, attestante lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta, invitandola a soprassedere per 7 giorni.
Che cos’è il «colloquio»
È l’incontro della donna e del padre del concepito, se la donna lo consente, con il medico del Consultorio o della struttura socio-sanitaria, o con il medico di fiducia per valutare insieme, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna, le circostanze che la determinano a chiedere l’IVG, per informarla sui suoi diritti, sugli interventi di carattere sociale a cui può fare ricorso, sui Consultori e sulle strutture socio-sanitarie operanti sul territorio.
E trascorsi i 7 giorni?
A questo punto la donna, se è sempre dello stesso avviso, può ottenere l’interruzione della gravidanza sulla base del documento in suo possesso, presso una delle sedi autorizzate.
Da chi è praticata l’interruzione della gravidanza?
È praticata da un medico del servizio ostetrico-ginecologico il quale verifica anche l’inesistenza di controindicazioni sanitarie.
Dove viene praticata l’interruzione della gravidanza
Presso gli Ospedali generali oppure, nei primi 90 giorni di gestazione, presso case di cura autorizzate dalla Regione fornite di adeguati servizi ostetrico-ginecologici e dei necessari requisiti igienico-sanitari, presso poli-ambulatori pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati con gli Ospedali autorizzati dalla Regione.
L’interruzione volontaria della gravidanza può essere consentita dopo 90 giorni
In questo caso si tratta del cosiddetto «aborto terapeutico», possibile soltanto quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna, oppure quando siano accertati processi patologici tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
È previsto un termine finale oltre il quale l’interruzione della gravidanza non è più consentita?
Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l’interruzione può essere praticata solo in caso di grave pericolo per la vita della donna e il medico che esegue l’intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto.
Da chi è presentata la richiesta di interruzione volontaria della gravidanza e a chi
Dalla donna personalmente che deve rivolgersi ad un medico del servizio ostetrico-ginecologico dell’ente ospedaliero in cui deve praticarsi l’intervento, il quale deve accertare l’esistenza delle condizioni richieste dalla legge. In questo caso, l’interruzione viene praticata immediatamente.
Se la donna è minorenne, in quale modo è possibile l’interruzione volontaria della gravidanza
È opportuno che essa si rivolga al Consultorio familiare. È richiesto l’assenso di chi esercita la responsabilità genitoriale o la tutela.
Quando questo manchi per gravi motivi o nel caso la ragazza decida di non avere il loro assenso o altro, nei primi 90 giorni il Giudice tutelare su parere del medico interpellato dalla donna, può dare la sua autorizzazione, con atto non soggetto a reclamo. Viene poi applicata la procedura precedentemente descritta.
In caso di urgenza, il medico può fare a meno dell’assenso di chi esercita la responsabilità genitoriale o la tutela e dell’autorizzazione del Giudice tutelare.
Anche oltre i 90 giorni, se vi sono le condizioni previste dalla legge, non sono necessari l’assenso e l’autorizzazione di cui sopra.
E se la donna è interdetta per infermità di mente?
La richiesta di IVG può essere presentata oltre che dalla donna personalmente, anche dal tutore o dal marito non tutore, non legalmente separato.
In questi casi è necessaria la conferma, a seconda di chi presenta la richiesta, del tutore, del marito, o della donna stessa.
Di chi sono a carico le spese
Accertamento, intervento, cura ed eventuale degenza relativi all’interruzione volontaria della gravidanza nelle circostanze previste dalla legge, sono a carico della Regione.
In che cosa consiste l’obiezione di coscienza
Nell’esonero, per il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie, dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza.
La dichiarazione dell’obiettore deve essere comunicata al medico provinciale e, nel caso del personale dipendente dell’ospedale o della casa di cura, anche al Direttore sanitario.
Che cosa prevede la legge quando l’interruzione della gravidanza avviene senza o contro la volontà della donna
La legge prevede diverse ipotesi di reato di maggiore o minore gravità, a seconda della violazione commessa: aborto di donna non consenziente, aborto come conseguenza di altre azioni dirette a provocare lesioni alla donna e aborto non volontario (colposo).
Nel primo e secondo caso la pena è della reclusione da 4 a 8 anni, nel terzo caso da 3 mesi a 2 anni.
E quando il consenso della donna c’è, ma viene estorto con violenza o minaccia?
In questo caso il consenso viene considerato come non dato e l’azione compiuta rimane penalmente perseguibile.
E se l’IVG è «clandestina»?
Quando l’IVG è procurata senza il rispetto delle formalità previste dalla legge, cioè senza le procedure di accertamento e di documentazione o fuori dalle strutture sanitarie, è considerata reato.
È punito con la reclusione fino a 3 anni per chi lo pratica e con la multa per la donna.
Le pene sono più gravi se l’IVG viene praticata dopo i primi 90 giorni di gravidanza.
Che cos’è l’«aborto bianco»
È quello causato dalla violazione delle norme a tutela del lavoro; la pena prevista per l’aborto colposo è aumentata.
Quali misure sono previste dalla legge dopo che è avvenuta l’interruzione volontaria della gravidanza
Il medico che esegue l’interruzione della gravidanza deve fornire alla donna tutte le informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle nascite e, in presenza di processi patologici, fra cui quelli relativi ad anomalie o malformazioni del nascituro, i ragguagli necessari per la prevenzione di tali processi.
A che cosa servono i Consultori Familiari
Assicurano, attraverso prestazioni non solo sanitarie, ma anche psicologiche e sociali, il servizio di assistenza alla persona, donna e uomo, alla coppia, alla famiglia e alla maternità con particolare riguardo alla problematica minorile.
Riguardo, più in particolare, alla procreazione responsabile, in che cosa consiste l’intervento dei Consultori
Nel somministrare i mezzi necessari, anche di carattere indicativo e informativo, per raggiungere le finalità liberamente scelte dalla coppia e dal singolo.
Ciò sempre nel rispetto delle convinzioni etiche degli utenti, singoli, coppie e famiglie e della integrità fisica.
Riguardo alla donna, i Consultori svolgono un ruolo particolare?
Considerato che la donna, nella procreazione, è coinvolta più direttamente dell’uomo, i Consultori hanno fra le loro specifiche finalità anche quella della tutela della salute della madre e del bambino, fin dal suo concepimento, e quella di divulgare le informazioni idonee a promuovere o prevenire la gravidanza.
E ciò con quali mezzi?
Consigliando tutti i metodi che consentano la procreazione responsabile e i farmaci adatti a ciascun caso.
In caso di difficoltà di procreazione a chi si può rivolgere la coppia?
Oltre al ginecologo curante è opportuno rivolgersi ad un centro per la sterilità, che è in grado di fare tutti gli esami sia maschili sia femminili, di studiare i singoli casi e di prescrivere le terapie adatte.
Da che cosa può dipendere la sterilità della copia?
Sia dall’uomo sia dalla donna, ma anche da ambedue. Oggi le tecniche diagnostiche permettono di individuare le cause della sterilità in un’alta percentuale di casi e di curarle.
Che cosa è la maternità assistita
È l’insieme delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, per risolvere i problemi di sterilità o di infertilità nella donna, nell’uomo o nella coppia, tutelando il diritto dei soggetti coinvolti.
Tali tecniche sono volte a facilitare la procreazione umana nel caso altri rimedi terapeutici risultino inadeguati o non idonei.
Quali sono le tecniche di procreazione assistita
Inseminazione artificiale tra i coniugi e all’interno della coppia (IAC).
Inseminazione artificiale con donatore (IAD): rimedia alla sterilità non superabile del partner maschile della coppia mediante l’apporto di prodotti genetici di una terza persona, individuata con il nome di «donatore» per indicare la gratuità del suo contributo.
Finalità secondaria dell’IAD è la prevenzione delle malattie genetiche ed infettive nell’ipotesi in cui il marito ne sia portatore.
Fecondazione in vitro (FIV): tecnica procreativa recente molto complessa che comprende varie fasi, ciascuna con autonoma rilevanza e più interventi medici.
Consiste nell’introduzione nell’utero della donna di embrioni il cui sviluppo è iniziato all’esterno del corpo umano dopo la fusione dei gameti maschili e femminili.
Tale processo rompe l’unita di tempo, luogo ed azione che contraddistinguono il concepimento naturale, con dissociazione della sessualità dal concepimento e della sessualità dalla gestazione.
Maternità di sostituzione: si realizza attraverso un accordo fra due parti in cui una donna, la madre di sostituzione, si impegna – dietro compenso o gratuitamente – ad assumere la gravidanza di un bambino per consegnarlo alla nascita alla coppia sterile che lo ha commissionato.
La tecnologia procreativa si applica in pratica con molte varianti che rendono, secondo i casi, la madre di sostituzione non solo portatrice, ma anche genitrice.
Tali tecniche sono tutte consentite?
Sono generalmente vietate nell’interesse del nascituro:
– tutte le forme di maternità surrogata;
– le forme di fecondazione artificiale al di fuori di coppie eterosessuali stabili;
– le pratiche di fecondazione assistita in donne in menopausa non precoce;
– le forme di fecondazione artificiale dopo la morte del partner.
Inoltre è vietata ogni pratica di procreazione assistita ispirata a pregiudizi razziali e non è consentita alcuna selezione del seme, così come è bandito ogni sfruttamento commerciale, pubblicitario, industriale di gameti ed embrioni.
Esiste in Italia una legislazione specifica?
Si, segnatamente è stata introdotta la legge n. 40/2004.
Essa prevede sono previsti, tra l’altro, principi base per l’accesso alle tecniche, linee guida contenenti l’indicazione delle procedure e delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, la donazione di gameti, la protezione del nascituro, la regolamentazione delle strutture autorizzate all’utilizzo delle tecniche di procreazione, nonché vari divieti compreso quello di clonazione umana, sanzioni penali e amministrative, nonché la tutela della riservatezza e l’obiezione di coscienza.
Esistono in Italia strutture pubbliche che applicano le tecniche di procreazione assistita?
Sì. Sono iscritte in un elenco predisposto dall’Istituto Superiore di Sanità.
Chi è interessato può chiedere informazioni alla propria USL di zona.
Sono vietate pratiche di fecondazione assistita in studi, ambulatori o strutture sanitarie privi di idonei requisiti. È vietato lo sfruttamento commerciale di gameti ed embrioni.
Quali strutture pubbliche esistono per l’assistenza al bambino?
Gli asili-nido, che provvedono alla temporanea custodia dei bambini fino a 3 anni di età.
Tali strutture sono state previste espressamente per l’assistenza alle famiglie e per facilitare l’accesso delle donne al lavoro.
Da chi sono istituiti e gestiti gli asili-nido
Dai Comuni o consorzi di Comuni, su autorizzazione della Regione in base ad un piano annuale presentato al Ministero della Sanità.
Il finanziamento viene assicurato da un fondo speciale per gli asili nido presso il Ministero della Sanità.
A quali requisiti devono rispondere gli asili-nido
Devono essere localizzati in relazione alle esigenze delle famiglie; essere gestiti con la collaborazione delle famiglie e delle rappresentanze delle formazioni sociali organizzate nel territorio; essere dotati di personale qualificato sufficiente e idoneo a garantire l’assistenza sanitaria e psico-pedagogica del bambino; possedere requisiti tecnici, edilizi e organizzativi tali da garantire l’armonico sviluppo del bambino.
Da chi sono controllati gli asili-nido
La vigilanza igienica e sanitaria è affidata alle Unità sanitarie locali.
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