I diritti fondamentali previsti dalla Costituzione
Studio Legale Marzorati | Avvocato Milano
La Costituzione della Repubblica Italiana stabilisce i principi fondamentali della convivenza civile.
Il rispetto della dignità della persona umana, l’uguaglianza morale e giuridica, la libertà di opinione, di stampa, di riunione, di associazione, di religione, il diritto di partecipare alle scelte che toccano tutti e ciascuno, il diritto all’istruzione, alla salute, alla giustizia, il riconoscimento del valore di ogni lavoro e la tutela di tutti i lavoratori, il riconoscimento della funzione essenziale della famiglia, costituiscono il sistema di valori fondamentali sui quali si regge la società italiana.
Legge italiana e legge straniera
Le persone e le imprese si muovono in un contesto di rapporti che coinvolgono la realtà di altri Stati. Per questo motivo sono state create apposite norme.
La Costituzione è il frutto del lavoro della prima Assemblea eletta a suffragio universale e diretto, al quale per la prima volta, in base al decreto 1° febbraio 1945, furono ammesse le donne.
Il 2 giugno 1946 i cittadini italiani sono stati chiamati a votare contemporaneamente per:
– eleggere i componenti dell’Assemblea Costituente che aveva il compito di elaborare la Costituzione Italiana;
– scegliere attraverso il Referendum istituzionale se l’Italia doveva essere una Repubblica o una Monarchia.
Il risultato della doppia consultazione elettorale è stato:
1) l’elezione di 556 deputati di cui 21 donne;
2) la scelta della Repubblica come forma istituzionale dello Stato.
Dal 4 marzo al 22 dicembre 1947 l’Assemblea Costituente ha esaminato il progetto di Costituzione elaborato dalla Commissione rappresentativa di tutte le forze presenti in Assemblea, composta da 75 deputati di cui 5 donne.
La Costituzione, composta nella sua versione definitiva da 139 articoli e 18 disposizioni finali e transitorie, è stata approvata a larghissima maggioranza, 453 sì e 62 no, ed è entrata in vigore il 1° gennaio 1948.
La Costituzione definisce le regole della vita democratica da un duplice punto di vista:
– dei diritti dei cittadini nei loro complessi rapporti civili, etico-sociali, economici e politici;
– dell’organizzazione dei poteri dello Stato:
Parlamento, Presidente della Repubblica, Governo, Magistratura, Enti locali, garanzie costituzionali.
Fra queste, vi è stata l’istituzione della Corte Costituzionale che ha il compito di esaminare se le leggi siano o no in contrasto con i principi della Costituzione.
Nel caso che la Corte Costituzionale riconosca l’incostituzionalità di una legge, questa cessa di avere validità. Molte sentenze della Corte Costituzionale in materia di discriminazioni nei confronti della donna sono state decisive per promuovere una legislazione paritaria.
Parità
La Costituzione stabilisce, per la prima volta, l’uguaglianza morale e giuridica tra donna e uomo.
L’art. 3, infatti, afferma che «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali» e che «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
Queste dichiarazioni sono molto importanti non solo perché affermano il diritto all’uguaglianza, ma perché consentono – in apparente deroga, ma a sostanziale conferma del principio di parità – quelle discriminazioni più favorevoli alle donne, a carattere temporaneo, aventi lo scopo di superare le secolari disparità (azioni positive).
Famiglia
L’art. 29 della Costituzione stabilisce che: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare».
Come madre, insieme al padre, la donna ha il diritto-dovere di mantenere, istruire, educare i figli anche se nati fuori dal matrimonio (art. 30 Cost.).
Tali princìpi hanno trovato piena applicazione nella riforma del diritto di famiglia (legge 19 maggio 1975, n. 151) risultato dell’ampia convergenza di forze politiche e di associazioni e organizzazioni femminili di diversa ispirazione.
Sono state introdotte importanti innovazioni ispirate al valore della parità e dell’uguaglianza nei rapporti tra donna e uomo considerati sotto il duplice ruolo di coniugi e di genitori.
Con il matrimonio, infatti, i coniugi acquistano gli stessi diritti e assumono gli stessi doveri. Entrambi sono tenuti, in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia e concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare.
La potestà esercitata sui figli non è più solo del padre, ma spetta ad entrambi i genitori.
Forse, però, l’innovazione più rilevante della riforma è costituita dall’introduzione della comunione legale dei beni fra i coniugi, per cui tutto quello che viene acquistato dopo il matrimonio è considerato di proprietà comune di entrambi i coniugi in parti uguali.
È stato riconosciuto, in tal modo, tangibilmente, il contributo della donna alla famiglia anche con il suo lavoro svolto fra le mura domestiche.
Lavoro
La Costituzione afferma che «La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione» (art. 37).
Con la sensibilità acquisita oggi, si può dire che «l’essenziale funzione familiare» a cui si fa riferimento nell’articolo citato deve riguardare indistintamente sia la donna sia l’uomo.
Il principio della parità ha ispirato la legge n. 903 del 1977 sulla parità di trattamento fra donne e uomini in materia di lavoro, che ha eliminato una serie di discriminazioni che, sia pure sotto il pretesto di voler tutelare le donne in quanto tali, limitavano i diritti delle lavoratrici.
Tale legge ha, inoltre, esteso il diritto di assentarsi dal lavoro e il trattamento economico previsti dalla legge sulla tutela delle lavoratrici madri, anche al padre lavoratore in alternativa alla madre lavoratrice.
La legge vieta qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro, indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo d’attività a tutti i livelli della gerarchia professionale.
La Costituzione afferma, inoltre, un altro rilevante principio: tra donna e uomo, a parità di lavoro, non deve esistere disuguaglianza di retribuzione; e non deve esserci discriminazione per l’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive.
Tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza secondo i requisiti stabiliti dalla legge (art. 51).
Questo principio ha trovato piena attuazione solo con la legge 9 gennaio 1963 n. 7, che ha aperto alle donne carriere prima precluse, tra cui la carriera diplomatica e la magistratura (escluso l’ingresso nelle forze armate).
I princìpi finora esposti fanno esplicito riferimento alla donna nella sua specifica condizione. È bene però ricordare anche gli altri princìpi fondamentali della Costituzione, che riguardano indistintamente tutti i cittadini.
Libertà personale (artt. 2, 13, 14, 15)
L’art. 2 riconosce e garantisce i «diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo che nelle formazioni sociali».
Tutti gli altri diritti e libertà derivano da questo principio basilare riguardante la libertà personale, come uno dei diritti inviolabili dell’uomo, intendendo ovviamente il termine uomo nel senso di umanità, comprensivo sia della donna sia dell’uomo.
L’art. 13 afferma che: «La libertà personale è inviolabile» mentre gli articoli 14 e 15 precisano che il domicilio, inteso come il luogo dove la persona abita con la sua famiglia o esercita la sua attività, e la libertà e segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.
Libertà di riunione e di associazione (artt. 17, 18)
La Costituzione garantisce il diritto di riunirsi, per il quale il preavviso alle autorità è richiesto solo per comprovati motivi di sicurezza, e quello di libertà di associazione.
Sono escluse da questo diritto solo le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.
Libertà di pensiero e di stampa (art. 21)
È riconosciuta la libertà di manifestare il proprio pensiero con la parola, con lo scritto e con ogni altro mezzo di diffusione (per esempio radio e televisione).
Questa libertà è fondamentale in una società democratica per una corretta informazione su fatti e opinioni.
Libertà religiosa (art. 19)
Tale libertà consiste nel diritto di aderire o meno a una fede religiosa e di adempiere liberamente gli atti individuali e collettivi del culto professato.
Diritto di voto (art. 48)
È riconosciuto a tutti i cittadini, donne e uomini, che abbiano compiuto il 18° anno di età. Il voto deve essere personale, libero e segreto.
La partecipazione dei cittadini alla vita pubblica con il voto può essere realizzata sia in forma indiretta (democrazia indiretta) attraverso l’elezione dei membri del Parlamento (Camera e Senato) e dei Consigli Regionali, Provinciali e Comunali, sia in forma diretta nel caso di Referendum nel quale il cittadino è interpellato direttamente e determina, attraverso il voto, la volontà dello Stato.
Diritto di organizzazione politica (art. 49)
Tale norma garantisce ai cittadini il diritto di associarsi in partiti politici per contribuire democraticamente a stabilire le linee della politica nazionale.
Diritto di istruzione (art. 34)
La frequenza alla scuola è un diritto di tutti i cittadini. Per questo, per almeno 8 anni, essa è obbligatoria e gratuita.
La Costituzione prevede che gli studenti meritevoli, anche privi di mezzi, possano raggiungere i livelli più alti di studi.
Diritto alla salute (art. 32)
La salute è considerata un diritto fondamentale dell’individuo, e interesse specifico della collettività. Per gli indigenti la Costituzione prevede cure gratuite.
Diritto al lavoro (artt. 1, 35, 36 e 38)
L’art. 1 afferma che: «L’italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro».
Tale diritto rappresenta, quindi, il valore centrale della convivenza civile.
È per questo che la «Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni» (art. 35), stabilisce i criteri che devono presiedere al diritto di retribuzione, che deve essere «proporzionale alla quantità e qualità del lavoro svolto» e, in ogni caso, «sufficiente ad assicurare una esistenza libera e dignitosa» (art. 36).
Tutela, inoltre, espressamente i diritti dei cittadini inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi per vivere, per i quali afferma il diritto al mantenimento e all’assistenza sociale (art. 38), e stabilisce che devono essere assicurati i mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria (art. 38).
Diritto alla giustizia (art. 24)
La Costituzione garantisce a tutti i cittadini il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.
Il diritto alla difesa è inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
La Costituzione prevede il diritto alla difesa per i non abbienti, assicurando i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.
Un bilancio sulla Costituzione italiana
Sono passati ormai più di 60 anni dall’emanazione della Carta Costituzionale.
Il bilancio dal punto di vista della parità e uguaglianza tra donna e uomo è senz’altro positivo.
In questo arco di tempo, su pressante sollecitazione di associazioni femminili e del movimento delle donne nelle sue varie articolazioni, le leggi che si sono ispirate al dettato Costituzionale sono numerose e coprono quasi tutte le situazioni di disparità precedentemente esistenti sul piano legislativo.
Se questo è vero, è altrettanto vero che nella quotidianità, nella gestione delle leggi e nell’applicazione del diritto ancora si verificano discriminazioni dirette e indirette dovute al permanere nella nostra cultura di concezioni che tendono a considerare la donna in posizione di subalternità e inferiorità, a non riconoscere nei fatti il suo diritto-dovere di scegliere, decidere, determinare condizioni e modalità del suo essere in relazione agli altri e alla società tutta.
Ogni azione della nostra vita, anche quella che appare più casuale, è regolata dal diritto: per ogni tipo di rapporti personali e patrimoniali c’è una legge che disciplina la situazione.
Generalmente non si ha la consapevolezza di essere vincolati in ogni momento, e non ci si rende sufficientemente conto che ogni attività è disciplinata da norme poste per organizzare la convivenza civile.
Solo nel momento di crisi e di difficoltà ci si trova a dover fare i conti con la legge per difendersi da un sopruso o per far valere i propri diritti.
Emerge quindi con chiarezza l’importanza di una conoscenza preventiva di ciò che le leggi dispongono per non commettere errori e per non consentire che altri li commettano nei nostri confronti, per sapere come agire e comportarci in caso di violazione dei nostri diritti.
La conoscenza di base per i rapporti giuridici nel campo delle relazioni personali e familiari e in quelle lavorative, è una premessa fondamentale per attuare il diritto di giustizia nel rispetto della libertà di tutti, che il nostro Stato democratico assicura a tutte le cittadine e a tutti i cittadini.
L’Italia ha ratificato numerose convenzioni internazionali in materia di diritti dell’uomo nelle quali viene enunciato anche il principio dell’uguaglianza tra donna e uomo.
Tra quelle dedicate specificamente a tale principio va ricordata la Convenzione del 18 dicembre 1979 sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne, il cui testo è stato riveduto a Pechino nel 1995.
I diritti fondamentali fanno ormai parte integrante del diritto dell’Unione europea. Inoltre va sottolineata l’importanza della Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950, che prevede la facoltà per gli individui che abbiano subito una violazione di ricorrere alla Corte europea dei diritti dell’uomo, con sede a Strasburgo, nel caso in cui non abbiano ricevuto adeguata soddisfazione davanti ai giudici nazionali.
Legge italiana e legge straniera
L’incremento dei fenomeni migratori di persone di nazionalità diverse e lo sviluppo di relazioni commerciali con altri Paesi contribuisce a dare oggi maggior rilievo alle norme che regolano i rapporti giuridici internazionali: ad es. il matrimonio concluso all’estero o con uno straniero.
In base a tali norme (denominate norme di diritto internazionale privato) si stabilisce se si deve applicare la legge italiana o quella dello Stato straniero con il quale il rapporto è collegato, e si individua il giudice competente a decidere le relative controversie.
In materia l’Italia ha anche concluso con Stati europei ed extra-europei apposite convenzioni internazionali per specifiche materie (forma del testamento, obbligazioni alimentari verso i minori, divorzio, successioni), che devono essere applicate da tutti gli Stati che ne fanno parte.
Nei singoli capitoli si faranno alcuni riferimenti ai casi per i quali è necessario applicare la legge straniera.
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