Figlio/figlia studente fuori sede e possibile revoca dell’assegnazione della casa familiare
L’assegnazione della casa familiare è uno strumento per tutelare il diritto dei figli a veder protetto il centro dei loro interessi e della loro vita, anche dopo la separazione o il divorzio dei genitori. Se il figlio o la figlia crescono e si allontanano dalla casa per studiare fuori sede, però, le cose possono cambiare.
Per sgombrare il campo da equivoci è bene precisare che non esiste una legge che dispone le casistiche per la revoca dell’assegnazione dell’abitazione familiare al genitore collocatario dei figli dopo la separazione o il divorzio. Finché il figlio o la figlia convivono a tutti gli effetti con il genitore assegnatario non ci sono tendenzialmente i presupposti per ordinare una modifica del provvedimento sulla casa.
L’effettiva permanenza del figlio o della figlia nella casa familiare
Cosa succede, quindi, quando il figlio/la figlia diventa maggiorenne e decide di andare a studiare o lavorare in un’altra città? Dato che la legge nulla dice in merito, le soluzioni variano caso per caso in base alle effettive esigenze dei figli.
La Corte di Cassazione, in particolare, è orientata su un’interpretazione che porta alla possibile revoca dell’assegnazione se il figlio/la figlia, che studia o lavora fuori, torni saltuariamente a casa, ad esempio solo per qualche fine settimana, per le feste comandate o in occasioni particolari.
L’assegnazione della casa coniugale, come detto, viene disposta solo in favore del figlio/figlia e non dovrebbe essere considerata come sostegno al reddito del genitore con cui questi convive. Per questo motivo appena viene meno la coabitazione tra i figli ed il genitore collocatario nella casa familiare, l’immobile potrebbe tornare al legittimo proprietario.
Quando il figlio/la figlia lavora o studia fuori sede il Giudice incaricato di disporre l’eventuale revoca dell’assegnazione deve procedere con una disamina dell’effettiva coabitazione che si realizza, secondo la giurisprudenza, nel caso in cui torni abitualmente a casa qualora gli impegni scolastici o lavorativi glielo consentano.
Nel caso in cui il figlio/la figlia non fa ritorno nella città d’origine, probabilmente, è perché sta mettendo radici in un’altra città e il suo centro d’interessi si è modificato. Quando il figlio/la figlia, quindi, nonostante potrebbe tornare a casa decide di non farlo (o non può farlo per motivi oggettivi) è legittimo ritenere che la convivenza con il genitore assegnatario sia finita.
La presenza del figlio/della figlia nella casa familiare deve essere quotidiana?
La risposta alla domanda è no. Non si ritiene rilevante la mancanza di una convivenza quotidiana, ciò che i Giudici valutano è lo stabile collegamento tra la prole e l’abitazione ove vive ancora il genitore assegnatario.
L’assenza del figlio/della figlia dall’abitazione familiare per periodi regolari, più o meno brevi, non comporta la fine della convivenza purché vi faccia ritorno non appena possibile e non abbia un nuovo effettivo centro di interessi da un’altra parte (ad esempio un’altra casa nella quale convive con un partner).
Cosa fare se il figlio/figlia si è “di fatto” trasferito dalla casa familiare
Quando si verifica l’effettivo allontanamento del figlio/della figlia dalla casa familiare, il proprietario dell’immobile può agire in giudizio per chiedere la revoca dell’assegnazione all’altro genitore, con un ricorso per la modifica delle condizioni di separazione, divorzio o regolamentazione della responsabilità genitoriale con l’assistenza di un Avvocato.
Nel momento in cui verrà provata la sostanziale fine della convivenza tra i figli ed il genitoreassegnatario, il provvedimento di assegnazione della casa familiare viene – con elevata probabilità – revocato.