Separazione consensuale: condizioni e procedura
Avvocato Separazione | Studio Legale Marzorati
Separazione consensuale
Separazione consensuale – La Guida
Separazione consensuale – Indice
- Separazione consensuale
- Cos’è la separazione consensuale?
- Diritto e Calcolo dell’assegno di mantenimento per la moglie
- Mantenimento dei figli
- Affidamento dei figli
- Assegnazione della casa coniugale
- Consensuale in Tribunale
- Tribunale competente
- Consensuale con Negoziazione assistita
- Consensuale in Comune, quando è possibile
- Documenti per la separazione consensuale
- Tempo tra separazione e divorzio breve
- Non concedere la separazione consensuale?
- Separazione consensuale con addebito?
- Una tantum nella separazione
- Coniuge irreperibile
- Riconciliazione
La separazione consensuale
La separazione consensuale consente ai coniugi (marito e moglie) che hanno trovato un accordo di separarsi in tempi rapidi.
La separazione consensuale può essere fatta:
- in Tribunale (separazione consensuale in Tribunale dal Giudice);
- in uno Studio Legale senza andare in Tribunale (separazione consensuale con negoziazione assistita degli avvocati);
- in certi limitati casi, in Comune (separazione consensuale in Comune dal Sindaco).
È sempre possibile farsi assistere da un avvocato, preferibilmente da un avvocato divorzista ossia esperto in diritto di famiglia (avvocato matrimonialista / avvocato familiarista) anche per capire se sussista la possibilità di chiedere contestualmente la domanda di divorzio e accorciare i tempi.
Cos’è la separazione consensuale?
La separazione consensuale è una procedura semplificata, con cui i coniugi di comune accordo tra loro decidono di separarsi.
Per chiedere la separazione consensuale è necessario aver trovato un accordo su “tutte” le condizioni (economiche e sui figli), nel rispetto dei diritti della moglie, del marito e degli eventuali figli.
La separazione consensuale non pone fine al matrimonio: si rimane sempre marito e moglie in attesa di poi chiedere il divorzio (è, infatti, solo con il divorzio che il matrimonio cessa definitivamente).
La separazione, quindi, sospende solo alcuni effetti del matrimonio:
- cessa l’obbligo di convivenza;
- cessa l’obbligo di fedeltà;
- si scioglie la comunione dei beni,
in attesa del divorzio c.d. “divorzio breve”. Si chiama divorzio “breve” perché dopo 6 mesi dall’udienza di separazione consensuale è già possibile domandare il divorzio.
Chi si separa, tuttavia, potrebbe anche decidere di rimanere “separato a vita” oppure “riconciliarsi”.
Per iniziare la procedura di separazione consensuale, i coniugi devono trovare un accordo su tutte le condizioni.
Le principali questioni che solitamente devono essere risolte sono:
- mantenimento per i figli (versamento dell’assegno di mantenimento, oltre al pagamento delle spese straordinarie);
- affidamento condiviso (o esclusivo) dei figli;
- collocazione dei figli presso un genitore;
- assegnazione della casa coniugale;
- diritto di visita del genitore non collocatario (week end, giorni infrasettimanali con e senza pernotto, vacanze estive e invernali, festività ecc.);
- eventuale, mantenimento per il coniuge (generalmente, assegno di mantenimento per la moglie separata);
- eventuali benefits per il coniuge (ad esempio, pagamento del marito alla moglie delle spese condominiali o delle utenze, del mutuo, della collaboratrice domestica-colf o della babysitter, dell’assicurazione sanitaria privata, uso delle seconde case al mare o in montagna, ecc.);
- eventuale, trasferimento di denaro, investimenti finanziari, gioielli, azioni/quote societarie, case, fabbricati, terreni ecc.;
- Mutuo, ed eventuali restituzioni;
- se i coniugi avevano scelto il regime patrimoniale della comunione dei beni, quest’ultima si scioglie con la separazione. Questo significa che moglie e marito devono dividere il patrimonio comune o, eventualmente, dare atto di non volerlo fare (in questo modo i beni in comunione rimarranno in comproprietà ad entrambi);
- altre possibili questioni patrimoniali.
Nel caso in cui i coniugi abbiano un patrimonio economico ingente o variegato, potranno valutare di inserire nella separazione accordi patrimoniali legati, per esempio, ad investimenti patrimoniali-finanziari, o di gestione diretta o fiduciaria, oppure potranno valutare trasferimenti immobiliari per i quali sono, in generale, previste agevolazioni di natura fiscale.
Marito e moglie possono scegliere un unico avvocato oppure ognuno può avere il proprio Legale di fiducia. In realtà l’assistenza dell’avvocato non è obbligatoria ma è fortemente consigliata, anche perché un avvocato specializzato in diritto di famiglia potrebbe trovare soluzioni vantaggiose per entrambi i coniugi, oppure potrebbe aiutarli a trovare un accordo, nonostante inizialmente possano avere opinioni distanti.
Diritto e calcolo dell’Assegno di mantenimento alla moglie nella Separazione consensuale
Il mantenimento del coniuge (generalmente la moglie) è un aspetto molto importante degli accordi di separazione consensuale. Non sempre però il coniuge ha diritto ad un assegno di mantenimento, in particolare:
- se la moglie è economicamente autosufficiente;
- se la separazione è stata addebitata alla moglie (ad esempio per un tradimento, tuttavia l’infedeltà deve essere la causa della separazione). Per veder riconosciuto l’addebito è necessaria la separazione giudiziale (e quindi andare in causa) e nella quale si farà una domanda di addebito. L’addebito della separazione non può invece essere chiesto né nella separazione consensuale né nel divorzio.
L’indipendenza o autosufficienza economica si intende la capacità di provvedere al proprio sostentamento, avendo risorse economiche sufficienti per far fronte alle spese essenziali (vitto, alloggio, esercizio dei diritti fondamentali).
L’indipendenza economica può derivare dal:
- reddito da lavoro: lavoro dipendente (stipendio) o lavoro autonomo (utili, commissioni, premi di produzione, benefits ecc.);
- reddito d’imprese (utili e dividendi dell’azienda ecc.);
- reddito finanziario (interessi dal conto corrente, dividendi su obbligazioni, o dalla compravendita di azioni, obbligazione, prodotti finanziari ecc.);
- reddito da patrimonio immobiliare (affitti/locazione di case, uffici, terreni ecc).
Non esiste una regola matematica per calcolare l’assegno da versare alla moglie separata, ma ci sono interpretazioni giurisprudenziali che forniscono indicazioni per trovare un importo equo.
Nella separazione, l’assegno di mantenimento per la moglie ha ora una funzione:
- “assistenziale e compensativa”,
e non ha più lo scopo di consentire alla moglie di mantenere lo stesso stile di vita avuto durante il matrimonio.
Per calcolare l’assegno di mantenimento alla moglie, si dovranno valutare:
- la situazione economica, reddituale e patrimoniale di moglie e marito;
- la durata del matrimonio;
- l’età del coniuge beneficiario, ossia della moglie;
- le condizioni di salute;
- la ridotta capacità di reddito.
Il tenore di vita ha quindi assunto un criterio marginale.
C’è però da dire che i coniugi, in caso di separazione consensuale, non sono obbligati ad uniformarsi a questi criteri.
Ci sono, ad esempio, certe mogli che pur potendo avere diritto ad un assegno di mantenimento decidono di non chiederlo.
Al contrario, ci sono certi mariti che si dimostrano particolarmente generosi, perché – ancor prima di un dovere giuridico – sentono forte un proprio dovere morale nell’aiutare la moglie: riconoscono il valore del suo apporto, nell’aver fatto scelte – restando a casa spesso a discapito del proprio lavoro – ma a beneficio della famiglia, consentendo al marito di dedicarsi alla carriera professionale, e ai figli di crescere seguiti costantemente negli studi, durante le attività ludiche e sportive, così conseguendo un’ottima istruzione ed educazione. Ci sono infatti mariti, e padri, che ritengono che gli anni non siano tutti uguali, soprattutto quelli maggiormente significativi coincidenti con la “durata del matrimonio”, e che quindi in un gentleman agreement di separazione consensuale, gli anni di matrimonio non si contano, si pesano.
In una separazione giudiziale – ossia se si va in causa – la moglie che chiede l’assegno deve provare di non avere redditi propri che le permettano di autosostenersi o, quantomeno, che non possa procurarseli per ragioni oggettive:
- per questioni di età;
- di salute;
- in caso di lavoro dipendente – perché pur essendosi iscritta alle liste di collocamento, alle agenzie interinali di lavoro, pur avendo cercato e risposto ad offerte di lavoro, inviato curricula, sostenuto colloqui di lavoro, ciò nonostante non ne ha trovato alcuno;
- in caso di libera professionista o imprenditrice – sono necessari altri indici da cui si possa comunque desumere un atteggiamento proattivo.
Nella separazione consensuale viene lasciata alle parti libertà ampia sul riconoscimento dell’assegno e dell’importo da pagare. Il Tribunale, infatti, non procede ad un controllo sulla sussistenza dei presupposti stabiliti dalla legge per il riconoscimento del mantenimento.
In caso di mantenimento della moglie, nelle condizioni di separazione consensuale devono essere previste anche le modalità di pagamento, con:
- un assegno periodico, ossia il pagamento mensile di una somma determinata in sede di accordo;
- un pagamento in un’unica soluzione di un importo stabilito tra le parti (assegno una tantum che però rimane modificabile);
- altre forme di natura patrimoniale (per esempio attraverso il pagamento del mutuo, dell’affitto di casa, delle utenze, degli oneri condominiali, delle spese per l’automobile ecc.).
Anche se gli accordi di separazione sono spesso considerati “transitori”, dato che nella maggior parte dei casi sono sostituiti da quelli di divorzio, questa resta una fase delicata. Infatti, gli accordi presi durante la separazione costituiranno dei paletti che spesso condizioneranno gli accordi del successivo divorzio. È quindi importante negoziarli con attenzione e lungimiranza, magari con l’aiuto di un avvocato.
A ciò si aggiunga che non sempre i coniugi hanno ben presente tutte le future spese che dovranno affrontare, alcune delle quali addirittura raddoppiano. Passare da un’unica famiglia, a due gruppi familiari, vuol dire che molte spese si duplicano, o comunque aumentano (il marito dovrà acquistare o affittare un’altra casa, pagare anche lui le spese condominiale, le utenze ecc.). Inoltre, la moglie potrebbe perdere alcuni benefits di cui prima godeva vivendo con il marito: dovrà quindi affrontare nuove spese, e che prima magari non considerava (vacanze, cene, teatro, acquisto automobile ecc.). Bisogna poi pensare che chi sta affrontando una separazione potrebbe non avere la lucidità sufficiente, potendo essere una situazione emotivamente provante. Tutto questo può rischiare di far decidere ciascun coniuge sulla base di cifre insufficienti oppure eccessive.
Il parere di un tecnico terzo, come l’avvocato, potrebbe quindi aiutare i coniugi ad avere un quadro più completo al fine di aiutarli a trovare un accordo, consensuale e tutelante.
Mantenimento dei figli e Separazione consensuale
Entrambi i genitori hanno l’obbligo di mantenere i figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti o portatori di handicap.
Ogni genitore contribuirà al mantenimento dei figli in funzione della propria capacità reddituale e patrimoniale.
Per il mantenimento dei figli, generalmente il padre verserà alla madre:
- un assegno mensile per le spese ordinarie dei figli:
- oltre il pagamento delle spese straordinarie dei figli (spese mediche, sportive, extrascolastiche, ludiche, lezioni private ecc.). Le spese straordinarie possono essere suddivise al 50% tra i genitori, ma la percentuale può essere anche maggiore, potendo un solo genitore anche essere onerato del 100%.
Le forme di mantenimento più usate per le spese ordinarie sono:
- il mantenimento con un “assegno mensile” (più utilizzato), ad esempio versato dal padre alla madre che vive con i figli;
- il mantenimento in forma diretta (meno frequente) ossia il pagamento dei genitori direttamente ai figli. Si usa spesso quando i figli maggiorenni – non ancora economicamente indipendenti – vanno a vivere da soli, magari per andare a studiare all’università in un’altra città.
Per il rimborso delle spese straordinarie, facciamo alcuni esempi:
- se le spese straordinarie sono suddivise al 50% tra i genitori, il genitore che anticipa la spesa (ad esempio 80 Euro), potrà poi chiedere all’altro genitore il rimborso del 50% di quanto ha speso (ossia 40 Euro);
- se le spese straordinarie sono a carico del padre al 100%, la madre che anticipa la spesa (ad esempio 80 Euro) potrà poi chiedere al padre il rimborso del 100% (80 Euro);
- se i figli maggiorenni vivono da soli, e dovessero anticipare la spesa, potranno poi chiedere il rimborso pro quota ai genitori (ad esempio 50% alla madre e 50% al padre, oppure solo al padre se onerato al 100%).
Affidamento dei figli nella separazione consensuale
Se la coppia che si separa ha dei figli, lo scoglio maggiore da affrontare negli accordi della consensuale, può riguardare la decisione sul loro affidamento e collocazione.
Dobbiamo ricordare che per affidamento dei figli si intende l’individuazione del genitore più idoneo a prendere le decisioni essenziali per la vita e l’educazione dei figli minori.
In Italia la forma di affidamento prevalente è quella condivisa, che riconosce ad entrambi i genitori un ruolo paritetico nell’educazione e nella cura dei bambini con lo scopo di far mantenere loro un rapporto il più possibile equilibrato sia con la mamma che con il papà.
La collocazione, invece, riguarda con quale genitore i figli dovranno vivere prevalentemente dopo la separazione.
Nella separazione consensuale i genitori, spesso aiutati dalla mediazione dei rispettivi avvocati, devono arrivare ad un accordo totale sia sull’affidamento sia sulla collocazione dei bambini.
Dovrà anche essere regolamentato il diritto di visita del genitore non collocatario (generalmente del padre) con i figli.
- giorni in cui i bambini staranno con il papà (week end, giorni infrasettimanali con eventuale pernotto ecc.);
- vacanze invernali ed estive, festività (Natale, Capodanno, Pasqua ecc.).
Questa è solitamente una delle fasi più delicate nel percorso che porta all’accordo di separazione perché ciascun genitore vuole ottenere il “giusto” tempo da trascorrere con i figli, ma – a volte – purtroppo, si potrebbe essere tentati a privilegiare più se stessi, rispetto all’interesse primario dei figli. È invece sempre necessario mettere al centro, e in primo piano, le esigenze e l’interesse superiore dei figli.
Dobbiamo tuttavia ricordare che il Tribunale ha sempre un obbligo di verifica affinché ai minori venga garantito un rapporto continuo e assiduo sia con la mamma che con il papà: nella separazione consensuale, quindi, le parti hanno ampio spazio per accordarsi ma sempre nell’ottica del rispetto del ruolo genitoriale e del principio di bigenitorialità.
Nel caso in cui il Tribunale ritenga che gli accordi relativi all’affidamento ed alla collocazione dei minori non siano equilibrati può suggerire i correttivi da apportare.
Nel caso in cui moglie e marito rifiutino di modificare gli accordi, il Tribunale potrebbe non procede con l’omologa del verbale di separazione.
Separazione consensuale e assegnazione della casa coniugale – casa familiare
L’assegnazione della casa familiare è collegata strettamente alla tutela e all’interesse dei figli a continuare a vivere nella stessa casa: in questo modo può essere reso meno traumatico il cambiamento di vita causato dalla crisi matrimoniale dei genitori.
Il provvedimento di assegnazione non dipende dalla proprietà dell’immobile (la casa può essere di proprietà del padre, ma essere assegnata alla madre che vive con i figli).
Il diritto ad abitare nella casa familiare spetta principalmente ai figli e, di riflesso, al genitore collocatario, ossia al genitore che vivrà prevalentemente con i bambini.
Il coniuge che riceve l’assegnazione della casa avrà diritto di abitarvi fino a quando i figli non vi vivranno più o saranno economicamente autosufficienti (quindi anche dopo la maggiore età ma fino al raggiungimento dell’indipendenza economica).
Nell’ambito di una separazione consensuale il Tribunale può lasciare più autonomia a moglie e marito che devono decidere chi dovrà rimanere a vivere nella casa familiare.
I Giudici dovranno sempre valutare che l’interesse primario dei minori rimanga intatto però potranno anche autorizzare che l’assegnazione della casa familiare venga effettuata a favore del coniuge non collocatario: per esempio se la coppia possiede di più case oppure se la madre decidere di trasferirsi con i figli prendendo un’altra casa in affitto, o acquistandola. La scelta di trasferimento può essere dovuta anche dal volere una casa più piccola (e quindi con minori spese condominiali, utenze domestiche ecc), oppure perché c’è l’esigenza di vendere quella nella quale prima si abitava (magari troppo grande o per utilizzare i soldi della vendita), oppure il trasferimento può dipendere da esigenze lavorative, o perché la madre decide di tornare al paese d’origine dove ha il supporto dei propri genitori (nonni materni).
Se la coppia che si separa non ha figli ma si accorda affinché la casa venga assegnata ad uno dei due, il Tribunale tenderà ad accogliere quanto deciso indipendentemente dall’effettiva proprietà dell’immobile.
Separazione consensuale in Tribunale: tempi e procedura
- La domanda di separazione consensuale può essere presentata in Tribunale e si svolge generalmente con l’assistenza di uno o due legali che procedono al deposito di un ricorso.
Viene fissata una data di udienza che si svolge con trattazione scritta, quindi senza la partecipazione fisica dei coniugi (a meno che non ne facciano espressamente richiesta). Il procedimento finisce dopo questa unica udienza “virtuale” avanti il Presidente del Tribunale il quale viene scritto in verbale (in molti Tribunali è prassi che gli avvocati già preparino prima il verbale depositandolo telematicamente, così da agevolare e rendere più rapido il lavoro del Giudice). lLa Cancelleria del Tribunale trasmette gli atti al Pubblico Ministero (PM) affinché dia il proprio parere, e poi la causa viene rimessa in decisione ed è emanata la sentenza di separazione da parte del Tribunale.
La Cancelleria del Tribunale trasmetterà direttamente al Comune dove è stato celebrato il matrimonio, la comunicazione della separazione consensuale. L’Ufficiale di stato civile del Comune quindi annoterà la separazione sull’atto di matrimonio.
Tribunale competente per la separazione consensuale
La separazione consensuale può essere chiesta al Tribunale dell’ultimo luogo di residenza comune dei due coniugi oppure della residenza dei minori o di una delle parti a scelta.
Se uno dei due coniugi è residente all’estero, la domanda si presenta al Tribunale o al Comune del luogo di residenza o di domicilio del coniuge residente in Italia.
Se entrambi i coniugi italiani sono residenti all’estero, la separazione consensuale può essere chiesta in qualsiasi Tribunale italiano.
Separazione consensuale con la Negoziazione Assistita dell’avvocato: tempi e procedura
- In alternativa alla separazione consensuale in Tribunale, i coniugi possono anche optare per la Negoziazione Assistita con l’intervento di un avvocato per parte. In questo caso la coppia ottiene una separazione legale senza neppure partecipare ad un’udienza né dovendo andare in Tribunale, perché basterà recarsi semplicemente in uno Studio Legale.
Gli avvocati infatti scriveranno l’accordo di negoziazione assistita nel quale vengono indicate le condizioni (riguardanti i figli: il loro mantenimento, l’affidamento, la collocazione, l’assegnazione della casa, il diritto di visita del genitore non collocatario nel rispetto del diritto alla bigenitorialità, nonché riguardanti gli aspetti economici: eventuale assegno di mantenimento per il coniuge economicamente più debole, la divisione dei beni, i trasferimenti patrimoniali ecc.).
L’accordo viene firmato dai coniugi, e uno dei due avvocati – entro 10 giorni – ha il compito di trasmettere l’accordo alla Procura della Repubblica del Tribunale competente, di solito quello dell’ultima residenza comune dei coniugi, che appone un nulla osta o un’autorizzazione (in caso di presenza di figli) entro pochi giorni dal deposito.
Dopo aver ricevuto il nulla osta o l’autorizzazione del Tribunale il medesimo avvocato deve trasmettere l’accordo di separazione consensuale al Comune di residenza dei coniugi e a quello dove è trascritto il matrimonio. L’Ufficiale di stato civile del Comune quindi annoterà la separazione sull’atto di matrimonio.
Il procedimento, in questo caso, finisce entro poche settimane.
Separazione consensuale in Comune dal Sindaco: tempi e procedura
- Se i coniugi non hanno figli, o se sono ormai maggiorenni ed economicamente autosufficienti, o se non ci sono accordi per trasferimenti patrimoniale, possono anche procedere con la separazione consensuale prendendo un appuntamento presso l’Ufficiale di Stato Civile del Comune di residenza di uno dei coniugi c.d separazione consensuale in Comune o separazione consensuale dal Sindaco. L’addetto comunale prenderà atto delle condizioni di separazione e le parti firmeranno il relativo documento.
Il procedimento, in questo caso, finisce in un periodo che varia dalle poche settimane a qualche mese in base alla lunghezza delle liste di attesa del Comune prescelto.
Quali documenti servono per la separazione consensuale
Documenti per la separazione consensuale:
- estratto per riassunto dell’atto di matrimonio da chiedere al Comune di celebrazione del matrimonio o al comune di residenza all’epoca del matrimonio;
- certificato di stato di famiglia e di residenza che possono essere anche contestuali in unico certificato. Alcuni Tribunali accettano anche l’autocertificazione;
- dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni dei coniugi con indicazione della condizione patrimoniale (proprietà, estratti conto, partecipazioni societarie ecc.);
- copia del documento d’identità di entrambi i coniugi;
- copia del codice fiscale di entrambi i coniugi;
I certificati possono essere depositati in carta libera come prevede l’art. 19 della legge n.74/1987 per “uso separazione” o “uso divorzio” e sono esenti da imposta di bollo, eccetto eventuali diritti di segreteria pari a pochi centesimi di Euro. Molti comuni li rilasciano anche on-line e hanno la stessa valenza legale di quelli cartacei. I certificati sono validi sei mesi.
I documenti sono i medesimi per tutte tre i procedimenti (separazione in Tribunale, negoziazione assistita dall’avvocato o in Comune dal Sindaco).
Tempo tra separazione e divorzio breve
Dalla separazione consensuale devono passare 6 mesi per poter poi chiedere il divorzio (c.d. divorzio “breve”). In particolare, i sei mesi decorrono:
- dallo svolgimento dell’udienza in caso di ricorso ordinario al Tribunale;
- dalla data di sottoscrizione dell’accordo in caso di negoziazione assistita dall’avvocato;
- dalla data di sottoscrizione del documento predisposto dall’Ufficiale di Stato Civile in caso di separazione al Comune dal Sindaco.
È possibile per moglie o marito non concedere la separazione consensuale?
Si. Partiamo dal presupposto che un coniuge non può essere obbligato a separarsi consensualmente.
Se, quindi, vi è disaccordo sulle condizioni (ad esempio perché il marito – o il padre – vuole versare un mantenimento al ribasso, o perché la madre immotivatamente vuole un affidamento esclusivo dei figli, ecc.), il coniuge che ha interesse può – autonomamente con un proprio avvocato – iniziare una causa di separazione (c.d. separazione giudiziale). In tal caso si chiederà ai Giudici del Tribunale di decidere con la sentenza di separazione.
Questo significa che dovrà affrontare una procedura più lunga e complessa, ma alla fine potrà separarsi.
Sbaglia il coniuge, invece, se pensa che dicendo di no ad una separazione consensuale possa impedire la separazione (ed esempio perché è stato tradito e non vuole che l’altro continui la sua relazione): la separazione, infatti, è un diritto sia della moglie che del marito. Sarebbe nullo persino qualsiasi accordo con il quale le parti rinunciano a tale diritto. Se quindi l’altro coniuge non accetta di separarsi consensualmente, è sempre riconosciuto il diritto – a ciascun coniuge – di iniziare una causa per ottenere la separazione (separazione giudiziale).
È ammessa la separazione consensuale con addebito?
No. L’addebito della separazione si potrebbe paragonare ad una “sanzione” a carico del coniuge che ha tenuto un comportamento contrario ai doveri matrimoniali (fedeltà-tradimento, assistenza morale o materiale ecc.) che è diventato la causa principale della crisi della coppia e dell’intollerabilità della prosecuzione della convivenza.
Il riconoscimento dell’addebito ha conseguenze patrimoniali perché il coniuge a cui è addebitata la separazione non potrà ricevere l’assegno di mantenimento (ma solo un eventuale sostegno di natura alimentare in caso di stretto bisogno c.d. assegno alimentare) e perderà ogni diritto successorio in caso di morte del coniuge.
L’addebito può essere domandato solo con la separazione giudiziale, quindi facendo causa e chiedendo – attraverso un avvocato – che il Giudice accerti, ad esempio il tradimento/l’infedeltà. È solo con la separazione giudiziale che il Tribunale emette la “sentenza di separazione con addebito”. Sarà ovviamente necessario fornire – in causa – le prove, ad esempio, del tradimento (foto, messaggi, email, testimonianze ecc) del marito/moglie infedele e del fatto che questo sia il motivo della separazione.
In tal caso, il coniuge a cui è stata addebitata la separazione:
- perde il diritto a poter chiedere un assegno di mantenimento;
- perde il diritto a poter ereditare in caso di morte dell’altro coniuge;
- potrebbe eventualmente essere condannato a risarcire i danni all’altro coniuge.
Se di decide, invece, di fare una separazione consensuale, il comportamento verrà “sanato”, e non si potrà più chiedere l’addebito, neppure nel divorzio.
Quando si decide di separarsi consensualmente, si deve quindi sapere che potrebbe, ad esempio, succedere che il coniuge che ha tradito, e che in una eventuale causa di separazione giudiziale con addebito, avrebbe potuto non avere l’assegno, possa convincere l’altro coniuge a separarsi consensualmente, e – successivamente – con il divorzio potrebbe, in certi casi, poi chiedere l’assegno divorzile.
È possibile versare alla moglie l’assegno una tantum nella separazione consensuale?
Si, nella separazione consensuale è ammesso il mantenimento in unica soluzione (c.d. assegno una tantum) attraverso il pagamento di una somma di denaro, ma anche il trasferimento di immobili (casa coniugale, seconda casa), terreni, azioni/quote di società e aziende, investimenti finanziari, polizze di risparmio e altri beni di valore quali quadri, gioielli ecc.
La disciplina, però, è diversa rispetto a quella del divorzio.
Mentre l’assegno divorzile una tantum ha una natura tombale, perché liquida l’intero mantenimento della moglie in maniera definitiva e non potrà più essere modificato, invece nella separazione l’una tantum rimane modificabile.
La moglie beneficiaria di un una tantum in sede di separazione, infatti, potrà:
- chiedere la modifica delle condizioni di separazione, nel caso di variazione del suo stato economico o del marito;
- rinegoziare tutti gli accordi, anche economici, al momento del divorzio.
Moglie e marito, quindi, non devono erroneamente pensare di definire in maniera immodificabile la loro situazione economica con la separazione, dovendo invece valutare l’effettiva convenienza di un trasferimento in unica soluzione (una tantum) solo al momento del divorzio.
In caso di pagamento del mantenimento per il coniuge in unica soluzione, infine, il Tribunale svolgerà un controllo più approfondito prima di procedere con la sentenza che ratifichi le condizioni, al fine di valutare la congruità dell’accordo stabilito in base alle situazioni reddituali, economiche e patrimoniali delle parti
Separazione consensuale e coniuge irreperibile
Non è possibile fare la separazione consensuale se l’altro coniuge risulta irreperibile. Si immagini al caso in cui l’altro coniuge si sia trasferito (in un altro indirizzo, Città o Paese) e non si conosce il nuovo indirizzo, nonostante si siano fatte le ricerche anagrafiche. In questi casi, se ci si vuole separare, sarà necessario iniziare una separazione giudiziale, e quindi iniziare una causa nella quale il Tribunale pronuncerà, con sentenza, la separazione. Sarà comunque necessario che l’avvocato faccia alcune specifiche ricerche, nonché specifiche notifiche del ricorso, affinché il Giudice possa poi dichiarare la “contumacia” del coniuge irreperibile. Dichiarare la contumacia significa che il Tribunale considera valida la notifica dell’atto, e quindi consideri il coniuge irreperibile come se fosse presente.
Cosa succede se i coniugi si riconciliano?
Se moglie e marito si riconciliano ed il procedimento di separazione non è ancora finito, devono abbandonarlo ed il Tribunale cancellerà la causa non procedendo ulteriormente.
Se il procedimento di separazione è terminato i coniugi possono:
- decidere di ricominciare la loro relazione e tornare a vivere insieme (la riconciliazione impedisce che decorrano i 6 mesi per poter chiedere il divorzio);
- decidere di far trascrivere la riconciliazione sull’atto di matrimonio dall’Ufficiale di stato civile.
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