LA QUESTIONE DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DI UNA NORMA DI LEGGE PUÒ ESSERE SOLLEVATA ANCHE IN SEDE DI ARBITRATO RITUALE
Perché gli arbitri svolgono attività giurisdizionale (Corte Costituzionale n. 376 del 28 novembre 2001, Pres. Ruperto, Red. Marini).
In caso di arbitrato rituale, il collegio arbitrale può sollevare la questione di legittimità costituzionale di una norma di legge. L’arbitrato costituisce un procedimento previsto e disciplinato dal codice di procedura civile per l’applicazione obiettiva del diritto nel caso concreto, ai fini della risoluzione di una controversia, con le garanzie di contraddittorio e di imparzialità tipiche della giurisdizione civile ordinaria. Sotto questo aspetto, il giudizio arbitrale non si differenzia da quello che si svolge davanti agli organi statali della giurisdizione, anche per quanto riguarda la ricerca e l’interpretazione delle norme applicabili alla fattispecie.
Il dubbio sulla legittimità costituzionale della legge da applicare non è diverso, in linea di principio, da ogni altro problema che si ponga nell’itinerario logico del decidente al fine di pervenire ad una decisione giuridicamente corretta: anche le norme costituzionali, con i loro effetti eventualmente invalidanti delle norme di legge ordinaria con esse contrastanti, fanno parte del diritto che deve essere applicato dagli arbitri i quali – come ogni giudice – sono vincolati al dovere di interpretare le leggi “secundum Constitutionem”.
In un assetto costituzionale nel quale è precluso ad ogni organo giudicante tanto il potere di disapplicare le leggi, quanto quello di definire il giudizio applicando leggi di dubbia costituzionalità, anche gli arbitri – il cui giudizio è potenzialmente fungibile con quello degli organi della giurisdizione – debbono utilizzare il sistema di sindacato incidentale sulle leggi.
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