LA NOTIFICAZIONE DEGLI ATTI GIUDIZIARI A MEZZO POSTA SI PERFEZIONA, PER IL NOTIFICANTE, CON LA CONSEGNA ALL’UFFICIALE GIUDIZIARIO
E non con il ricevimento da parte del destinatario (Corte Costituzionale n. 477 del 26 novembre 2002, Pres. Ruperto, Red. Marini).
Giovanbattista R. ha proposto ricorso per cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila relativa ad una controversia con l’Enel in materia di indennità di asservimento di un fondo. Il suo avvocato ha consegnato il ricorso all’ufficiale giudiziario, per la notifica a mezzo posta, il 17 novembre 1997, ossia sette giorni prima della scadenza del termine annuale per l’impugnazione (24 novembre 1997). A causa del disservizio postale, l’atto è pervenuto al destinatario soltanto il 29 novembre 1997. La direzione delle Poste e Telegrafi di L’Aquila ha addotto a giustificazione del ritardo l’ingente mole di lavoro. Nel giudizio davanti alla Suprema Corte, l’Enel ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso perché notificato fuori termine.
La Suprema Corte (Sezione Prima Civile, ordinanza n. 1390 del 2 febbraio 2002, Pres. Losavio, Rel. Adamo), ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 comma 3 della legge 20 novembre 1982 n. 890, richiamato implicitamente dall’art. 149 cod. proc. civ., nella parte in cui stabilisce che la notifica si ritiene eseguita nel giorno in cui il plico viene consegnato al destinatario e non nel giorno in cui esso viene spedito. La Suprema Corte ha rilevato che per i ricorsi amministrativi e per quelli in materia tributaria la notifica si perfeziona con la spedizione dell’atto risultante da attestazione del servizio postale. La normativa in materia di impugnazioni civili si pone in contrasto con gli articoli 3 (principio di eguaglianza) e 24 (diritto di difesa) della Costituzione – ha osservato la Corte – in quanto prevede una regolamentazione diversa da quella stabilita per i ricorsi amministrativi e per il contenzioso tributario e addossa alla parte notificante, ogni rischio connesso alla omessa o tardiva consegna dell’atto al destinatario, causata da disservizi non imputabili al notificante, potendo così determinare, di fatto, ostacolo al libero esercizio della facoltà di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti.
La Corte Costituzionale con sentenza n. 477 del 26 novembre 2002 (Pres. Ruperto, Red. Marini) ha ritenuto fondata la questione sollevata dalla Cassazione e pertanto ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 149 del codice di procedura civile e dell’art. 4, comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), nella parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anziché a quella, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario.
Riportiamo di seguito il testo integrale della parte in diritto della motivazione.
Considerato in diritto
1.- La Corte di cassazione dubita, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, della legittimità costituzionale degli artt. 149 del codice di procedura civile e 4, comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), nella parte in cui dispongono che gli effetti della notificazione a mezzo posta decorrono, anche per il notificante, dalla data di consegna del plico al destinatario anziché dalla data della spedizione.
Tale disposizione si porrebbe in contrasto sia con la garanzia costituzionale del diritto di difesa, in quanto esporrebbe il notificante, pur incolpevole, al rischio del disservizio postale, sia con il principio di eguaglianza, in quanto – in materia di notificazioni di atti giudiziari o di ricorsi amministrativi – altre norme dell’ordinamento attribuirebbero invece rilevanza esclusiva alla data di spedizione dell’atto.
2.- In via preliminare, va affermata la proponibilità della presente questione di costituzionalità, in quanto essenzialmente diversa, sia sotto l’aspetto normativo che argomentativo, da quella proposta nello stesso giudizio e dichiarata da questa Corte manifestamente inammissibile con l’ordinanza n. 322 del 2001.
La questione in esame, infatti, oltre ad avere un oggetto solo parzialmente coincidente con quello della precedente (con la quale veniva impugnato il solo art. 149 del codice di procedura civile), si fonda sulla premessa della impossibilità di una diversa opzione interpretativa e non risulta, dunque, come l’altra, censurabile sotto il profilo della mancata ricerca di una interpretazione alternativa rispetto a quella sospettata di illegittimità costituzionale.
3.- Nel merito la questione è fondata.
3.1.- Il rimettente muove dalla premessa secondo la quale l’inequivoco tenore testuale dell’art. 4, comma terzo, della legge n. 890 del 1982 non consentirebbe interpretazione diversa da quella del perfezionamento della notificazione, anche per il notificante, alla data di ricezione del plico da parte del destinatario. Tale premessa – pur opinabile nei termini assoluti in cui è formulata, come del resto dimostra la rimessione della predetta questione interpretativa alle Sezioni unite da parte di altra sezione della stessa Corte di cassazione – è, peraltro, conforme ad un orientamento da tempo consolidato del giudice di legittimità e tale, dunque, da poter essere senz’altro assunto a base della presente decisione.
3.2.- Questa Corte ha avuto modo di affermare, in tema di notificazioni all’estero, che gli artt. 3 e 24 della Costituzione impongono che «le garanzie di conoscibilità dell’atto, da parte del destinatario, si coordinino con l’interesse del notificante a non vedersi addebitato l’esito intempestivo di un procedimento notificatorio parzialmente sottratto ai suoi poteri di impulso» ed ha, altresì, individuato come soluzione costituzionalmente obbligata della questione sottoposta al suo esame quella desumibile dal «principio della sufficienza […] del compimento delle sole formalità che non sfuggono alla disponibilità del notificante» (sentenza n. 69 del 1994).
Principio questo che, per la sua portata generale, non può non riferirsi ad ogni tipo di notificazione e dunque anche alle notificazioni a mezzo posta, essendo palesemente irragionevole, oltre che lesivo del diritto di difesa del notificante, che un effetto di decadenza possa discendere – come nel caso di specie – dal ritardo nel compimento di un’attività riferibile non al medesimo notificante, ma a soggetti diversi (l’ufficiale giudiziario e l’agente postale) e che, perciò, resta del tutto estranea alla sfera di disponibilità del primo.
In ossequio ai richiamati principi costituzionali, gli effetti della notificazione a mezzo posta devono, dunque, essere ricollegati – per quanto riguarda il notificante – al solo compimento delle formalità a lui direttamente imposte dalla legge, ossia alla consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, essendo la successiva attività di quest’ultimo e dei suoi ausiliari (quale appunto l’agente postale) sottratta in toto al controllo ed alla sfera di disponibilità del notificante medesimo.
Resta naturalmente fermo, per il destinatario, il principio del perfezionamento della notificazione solo alla data di ricezione dell’atto, attestata dall’avviso di ricevimento, con la conseguente decorrenza da quella stessa data di qualsiasi termine imposto al destinatario medesimo. Ed è appena il caso di sottolineare, al riguardo, che la possibilità di una scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento notificatorio risulta affermata dalla stessa legge n. 890 del 1982, laddove all’art. 8 prevede, secondo l’interpretazione vigente, che, nel caso di assenza del destinatario e di mancanza, inidoneità o assenza delle persone abilitate a ricevere il piego, la notificazione si perfezioni per il notificante alla data di deposito del piego presso l’ufficio postale e, per il destinatario, al momento del ritiro del piego stesso ovvero alla scadenza del termine di compiuta giacenza. Confermandosi in tal modo la necessità che le norme impugnate siano dichiarate costituzionalmente illegittime nella parte in cui prevedono che la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anziché alla data, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario.
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