NELLE CAUSE DI DIVORZIO IL GIUDICE NON E’ TENUTO A DISPORRE IN OGNI CASO INDAGINI FISCALI SUI PATRIMONI DEI CONIUGI
Avvocato Separazione | Studio Legale Marzorati
Anche se in proposito vi siano contestazioni (Cassazione Sezione Prima Civile n. 15752 del 13 dicembre 2001, Pres. Greco, rel. Plenteda).
Nelle cause di divorzio i coniugi, in base all’art. 5 della legge n. 898 del 1970, devono presentare “la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune”. La stessa norma stabilisce che “in caso di contestazione, il Tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della Polizia Tributaria”. Questa disposizione non comporta, in via diretta ed automatica, il dovere di indagine, anche fiscale, ogni qual volta sia contestato un reddito indicato e documentato, ma rimette, come per ogni mezzo istruttorio, al giudice la valutazione di quella esigenza, in forza del generale principio che qualunque attività intesa alla ricerca della prova e all’accertamento dei fatti, perché sia ammessa, disposta o compiuta, richiede il preventivo giudizio di rilevanza e conferenza, secondo criteri discrezionali, che è sufficiente siano compiutamente rappresentati nella motivazione della decisione.
La contestazione non è, dunque, di per sé idonea a determinare l’obbligo della indagine, ché altrimenti in ogni giudizio di divorzio o di separazione, in cui siano in discussione le misure patrimoniali – che costituiscono la ragione ricorrente di siffatte controversie – indagini del genere finirebbero per essere inevitabili, quale conseguenza pressoché certa della contestazione, che acquisterebbe una portata meramente esplorativa, utile ad ingenerare deterrenti psicologici per improprie finalità.
Nella linea del filtro valutativo del giudice la richiesta di indagini non è, pertanto, un effetto automatico della contestazione, a nulla giovando la espressione “il tribunale dispone indagini” – in cui la facoltà di non disporle sembrerebbe negata, una volta che la contestazione vi sia – posto che a delimitare l’esercizio del potere di “indagine” istruttoria resta pur sempre l’ art. 187 cod. proc. civ., che attribuisce al giudice la facoltà di ammettere i mezzi di prova proposti dalle parti e di ordinare gli altri che può disporre di ufficio “se ritiene che siano ammissibili e rilevanti”.
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