Coppie omosessuali e unione civile: tutela economica in caso di morte del partner
Dopo tanta attesa alle coppie omosessuali è stata riconosciuta la tutela economica in caso di morte del partner a seguito della celebrazione dell’unione civile.
Per capire la portata di questa importante novità possiamo partire da un esempio concreto molto esemplificativo. Un legame profondo lega da molti anni due uomini non più giovanissimi, entrambi hanno alle spalle una vita molto diversa da quella che stanno ora trascorrendo insieme: in particolare uno ha avuto due figli dalla ex moglie, da cui – dopo otto anni di matrimonio – si prima separato e, poi, divorziato.
Il primo è rimasto sempre scapolo e disoccupato, mentre l’altro, professore di scuola media – ora in pensione – ha attraversato un percorso di consapevolezza della propria omosessualità più tortuoso ed ha tagliato ogni contatto con ex moglie e figli che, dal canto loro, hanno vissuto l’outing del marito e padre come un tradimento non accettabile. Per rifarsi una vita i due hanno deciso di trasferirsi all’estero, forti di qualche risparmio e della pensione da insegnante.
Per un malore improvviso il professore in pensione muore, lasciando il compagno solo nel dolore per la perdita dell’amore di una vita ma anche privo di una importante fonte di sostentamento. I due uomini, infatti, non avevano mai ratificato la loro unione “di fatto” attraverso l’unione civile, così da ritrovarsi senza alcuna tutela legale. Tale mancanza di tutela economica per il compagno superstite, potrebbe risultare ancora più penalizzante, non avendo infatti il de cuius, ossia in questo caso il pensionato defunto, predisposto in vita alcun testamento al fine di lasciare parte dei propri beni al partner.
A chi spetta la pensione di reversibilità
Quando la famiglia di “primo letto” non ha intenzione di dare un valore morale alla semplice convivenza “di fatto” mediante uno spontaneo e altruistico aiuto, in quanto giuridicamente non dovuto, il compagno superstite potrebbe trovarsi in grosse difficoltà economiche, non potendo neppure accedere allo strumento di tutela riconosciuto dalla legge in tema di pensione di reversibilità.
La pensione di reversibilità infatti permette di ricevere il pagamento di una percentuale del trattamento pensionistico di un soggetto deceduto, la quale di norma spetta: al coniuge anche separato o divorziato, se la separazione è avvenuta senza pronuncia di addebito e se titolare di un assegno di mantenimento o divorzile, al partner di una unione civile, o ai figli del defunto qualora alla data della morte del genitore siano minorenni, inabili, studenti o universitari tra 18 e 26 anni, e a carico del de cuius, ai nipoti minori se a carico degli ascendenti.
In assenza di questi, la pensione di reversibilità va generalmente ai genitori purché ultra sessantacinquenni, non titolari di pensione e che alla data di morte siano a carico del de cuius, infine ai fratelli ed alle sorelle se inabili non titolari di pensione e a carico del de cuius.
L’INSP, a seguito dell’entrata in vigore della Legge Cirinnà, ha emanato la circolare n. 5171/2016, con la quale ha equiparato i coniugi alle persone dello stesso sesso unite civilmente permettendo, quindi, il riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità anche a questi ultimi.
La pensione viene riconosciuta anche al partner unito civilmente
Il superstite della coppia omosessuale solo se unito civilmente, essendo parificato al coniuge, ha diritto a una percentuale della pensione di reversibilità di chi è scomparso. La percentuale varia a seconda di vari fattori come, ad esempio, il fatto che sia presente solo il partner, oppure oltre al partner anche un figlio a carico del de cuius oppure più figli a carico del de cuius ecc..
Nel caso che abbiamo trattato, invece, nulla spetterà al partner dato che lui e l’ex insegnante non avevano regolamentato la loro unione civile, risultando una semplice coppia “di fatto”.
È utile precisare, infine, che il diritto a percepire un’indennità economica per il compagno superstite spetta anche nel caso in cui il defunto non abbia ancora ottenuto il pensionamento, quindi anche nei casi in cui la persona muoia in età meno avanzata, purché il lavoratore abbia maturato determinati livelli contributivi.