Se cambiare lavoro diventa un problema di coppia
Dopo anni di lavoro subordinato, un marito decide di avviare un’attività in proprio per seguire la sua più grande passione. Vuole aprire una libreria indipendente, per cui ha già iniziato a prendere i primi accordi per l’affitto dei locali.
La moglie, pur essendo a conoscenza di questa iniziativa da tempo, non la condivide. Anzi, l’ha sempre osteggiata, preoccupata delle possibili conseguenze economiche. Teme la perdita del reddito fisso che serve alla famiglia e, in linea generale, è preoccupata che la nuova attività possa gravare sui risparmi accumulati da entrambi.
Le discussioni in merito, inizialmente moderate, si accendono sempre di più man mano che il progetto assume una forma più concreta, per aggravarsi definitivamente quando il marito informa la compagna di aver presentato la lettera di dimissioni.
Il clima di conflittualità è esasperato al punto che la moglie medita di chiedere la separazione, ipotizzando che questa possa essere addebitata al marito dato che la crisi coniugale ha una specifica motivazione: la volontà di lui di cambiare lavoro, cimentandosi con un’attività imprenditoriale.
Il diritto a seguire le proprie aspirazioni
Dare libero sfogo alle proprie passioni attraverso un nuovo impiego, più in linea con le nostre inclinazioni non costituisce di per sé motivo di addebito della separazione perché risponde al diritto di ciascun individuo di esprimere liberamente la propria personalità anche sul piano economico-sociale. Esiste un limite, però, rispettare e assolvere i doveri di cura e assistenza alla famiglia.
Ciò significa che, se la decisione di cambiare lavoro, o avviare un’attività in proprio, non va a violare gli obblighi di collaborazione familiare e non è incompatibile con i doveri fondamentali che derivano dal matrimonio, con ogni probabilità l’eventuale separazione sarebbe pronunciata senza addebito.
Abbandonare il posto di lavoro ma avere prospettive professionali
Il marito assai difficilmente vedrà addebitarsi la separazione perché, sebbene abbia lasciato il lavoro “fisso”, ha iniziato una nuova attività con la quale progetta di poter far fronte al mantenimento della famiglia senza violare i suoi doveri di solidarietà familiare.
Possiamo dire, quindi, che non è la scelta di cambiare lavoro ad essere sindacabile, ma l’impegno e la dedizione verso la famiglia che devono rimanere il più possibile immutati.