La falsa donazione di Costantino
Nel 1435 l’avversione per la Chiesa e le sue istituzioni e la sua esperienza di filologo- umanista convergono per dar vita ad una delle opere più conosciute del Valla, l’opuscolo “De falso credita et ementita constantini donatione” (la falsità della donazione di Costantino), l’opera che con estremo rigore filologico e senso storico dimostrò la falsità dell’editto su cui si basava il potere temporale della Chiesa. Secondo la tradizione infatti tale potere traeva origine e legittimità da un documento in cui l’imperatore Costantino avrebbe ceduto al papa Silvestro I il possesso, giuridico ed amministrativo, del futuro Stato Pontificio.
L. Valla, De falso credita et ementita Constatini donatione declamatio, II, 6; IX, 32-33
Prima di confutare il testo della Donazione, unica difesa di costoro, difesa non solo falsa ma stolta, occorre che mi rifaccia un po’ indietro.
Per prima cosa dimostrerò che Costantino e Silvestro non erano giuridicamente tali da poter legalmente l’uno assumere, volendolo, la figura di donante e poter quindi trasferire i pretesi regni donati che non erano in suo potere e l’altro da poter accettare legalmente il dono (né del resto lo avrebbe voluto).
In seconda istanza, dimostrerò che anche se i fatti non stessero cosí (ma sono troppo evidenti), né Silvestro accettò né Costantino effettuò il trapasso del dono, ma quelle città e quei regni rimasero sempre in libera disponibilità e sotto la sovranità degli imperatori.
In terza istanza dimostrerò che nulla diede Costantino a Silvestro, ma al papa immediatamente anteriore davanti al quale Costantino era stato battezzato; furono doni del resto di poco conto, beni che permettessero al papa di vivere.
Dimostrerò (quarto assunto) che è falsa la tradizione che il testo della Donazione o si trovi nelle decisioni decretali della Chiesa o sia tolto dalla Vita di Silvestro: non si trova né in essa né in alcuna cronaca, mentre invece si contengono nella Donazione contraddizioni, affermazioni infondate, stoltezze, espressioni, concetti barbari e ridicoli.
Aggiungerò notizie su altri falsi o su sciocche leggende relativamente a donazioni di altri imperatori.
Tanto per abbondare aggiungerò che, anche se Silvestro avesse preso possesso di ciò che afferma di aver avuto, una volta che o lui o altro papa fosse stato deietto dal possesso non avrebbe piú possibilità di rivendica, né a norma delle leggi civili né delle ecclesiastiche, dopo sí lunga interruzione.
Al contrario (ultima parte della mia discussione) i beni tenuti dal Papa non conoscono prescrizioni di sorta. […]
Taccio di molti monumenti storici e dei templi di Roma; si trovano ancora (e molte ne posseggo io) monete di oro di Costantino già cristiano e poi di quasi tutti i successori con questa iscrizione, in lettere latine non greche, sotto l’immagine della croce: Concordia orbis.
Se ne troverebbero numerose anche dei sommi pontefici, se mai avessero imperato su Roma: non si trovano invece né di oro né di argento né alcuno ricorda di averle viste, mentre non poteva non battere proprie monete chiunque avesse comandato a Roma […].
“E decretiamo e stabiliamo che tenga il primato tanto sulle quattro sedi di Alessandria, Antiochia, Gerusalemme, Costantinopoli, quanto su tutte le chiese dell’universa terra.
Anche il pontefice che nei secoli futuri sarà a capo della sacrosanta Chiesa romana, sia il piú alto a capo di tutti i sacerdoti e di tutto il mondo, e tutte le cose che toccano il culto di Dio e servano a rafforzare la fede dei Cristiani, siano disposte dal papa”.
Non voglio far notare la barbarie della lingua, quando dice princeps sacerdotibus invece che princeps sacerdotum, che a poca distanza usi existerit ed existat; e che avendo detto in universo orbe terrarum aggiunga poi totius mundi, come se volesse dire due concetti diversi o volesse abbracciare anche il cielo che è una parte del mondo, quando buona parte dell’orbe terracqueo non era sotto Roma; che distinse, come se non potessero coesistere insieme, il procurare fidem vel stabilitatem; e confuse insieme sancire e decernere; e come se Costantino prima non avesse deciso con gli altri, lo fa decernere e sancire (come se stabilisse sanzioni, pene) e per giunta lo fa sancire insieme con il popolo.
Quale cristiano potrebbe sopportare ciò e non rimprovererebbe il papa, severamente e quasi direi da censore, per avere pazientemente sopportato e ascoltato volentieri queste cose, cioè che, mentre la sede romana ha ricevuto il suo primato da Cristo, […] si dica ora che tale primato lo abbia ricevuto da Costantino appena cristiano, come da Cristo? Avrebbe voluto dire ciò quel moderatissimo imperatore, avrebbe voluto udirlo quel religiosissimo papa? Lontana da ambedue tanta enorme empietà.
(Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1964, vol. X, pagg. 84-86, 88)
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