La storia svizzera – Parte 7
La Svizzera del XVII secolo
Gli Svizzeri e la guerra dei Trent’Anni (1618 – 1648)
Dopo la guerra di Svevia del 1499, gli Svizzeri sono quasi totalmente indipendenti; i legami con il Sacro Romano Impero sono molto deboli. Comunque gli avvenimenti che si verificano al nord non li lasciano indifferenti. Dal 1618 al 1648, l’Impero è devastato da un conflitto politico e religioso: la guerra dei Trent’Anni. Sollecitati dalle parti in lotta, gli Svizzeri scelgono la neutralità. I cattolici svizzeri non hanno alcuna simpatia per gli Asburgo, paladini del cattolicesimo, ma nemici tradizionali della Confederazione. I protestanti esitano a sostenere i loro correligionari tedeschi poiché un loro intervento potrebbe disgregare la Confederazione. Anche interessi economici spingono gli Svizzeri alla neutralità; essi traggono infatti notevoli benefici dall’intenso commercio con i due blocchi.
L’esempio dei Grigioni mostra quanto sarebbe potuto accadere alla Confederazione durante questa guerra. I belligeranti mirano a controllare i valichi situati nel territorio delle Tre Leghe. I Grigioni, occupati da armate straniere, sprofondano ben presto nel disordine totale. Il partito filofrancese, guidato dalla famiglia Salis, si oppone a quello filoaustriaco guidato dalla famiglia Planta. Il pastore protestante Jürg Jenatsch si batte per l’indipendenza delle Tre Leghe, dando sostegno agli uni e agli altri a dipendenza del momento. Francesi, Austriaci e Spagnoli tentano a più riprese di controllare i Grigioni che escono dalla guerra spopolati e completamente rovinati. Finalmente, nel 1637, riescono a riacquistare la loro indipendenza e nel 1639, grazie ad un accordo con la Spagna, tornano in possesso della Valtellina.
Durante la guerra nel baliaggio comune di Turgovia e nei dintorni di Basilea vi sono delle violazioni di frontiera: a dimostrazione delle necessità di un’organizzazione militare comune efficace. Gli Svizzeri decidono di proibire qualsiasi passaggio di truppe straniere e di ricorrere alla forza in caso di necessità. Nel 1647 essi sottoscrivono il Defensionale di Wil con lo scopo di realizzare la neutralità armata.
Dal 1643 i principali stati europei avviano trattative di pace. Il borgomastro di Basilea (Dal XII secolo con questo termine si indica il più alto magistrato cittadino nell’area tedesca. Questa carica, elettiva, ha anche funzioni di polizia) Wettstein rappresenta i cantoni ai negoziati di pace e ottiene il riconoscimento dell’indipendenza totale della Confederazione dal Sacro Romano Impero (1648).
La guerra dei contadini del 1653
Per i contadini svizzeri la guerra dei Trent’Anni si rivela un periodo positivo. Essi possono esportare i prodotti eccedenti a prezzi vantaggiosi. Gli agricoltori prendono a prestito denaro anche a tassi d’interesse elevati per acquistare nuove terre. La fine della guerra significa per loro la fine di un periodo di prosperità; i prezzi delle derrate alimentari crollano e numerosi mercenari si ritrovano senza possibilità di impiego. Per pagare le spese causate dalla nuova organizzazione militare si prelevano nuove imposte. Le città accrescono il loro dominio politico: la borghesia occupa tutte le cariche pubbliche e sottomette i contadini al proprio arbitrio.
Nel gennaio del 1653 iniziano le agitazioni nell’Entlebuch lucernese; ben presto si estendono alle campagne bernesi, solettesi, basilesi e del baliaggio comune d’Argovia. In aprile i contadini si riuniscono in Landsgemeinde a Sumiswald nel Canton Berna e decidono di creare un’alleanza contadina, la “Lega del Popolo”. Promettono di aiutarsi reciprocamente e di respingere le truppe che i cantoni dovessero mandare contro di loro. Gli insorti si organizzano; scelgono quale presidente il bernese Leuenberger e quale generale il lucernese Emmenegger.
I Cantoni non possono tollerare la creazione di uno stato nello stato. Dimenticano momentaneamente le dispute confessionali e si uniscono visto che temono che il movimento di ribellione possa estendersi. La Dieta federale mobilita truppe nelle regioni non toccate dalla rivolta e le invia verso l’Entlebuch. Migliaia di contadini armati vengono sbaragliati a Wohlenschwil (AG) e a Herzogenbuchsee (BE). Alcuni disperati atti di difesa non cambiano l’esito dello scontro e la rivolta fallisce a causa della mancanza di organizzazione ed esperienza militare.
La repressione è spietata: 35 ribelli, tra cui i capi, sono giustiziati. Decine di contadini vengono condannati al servizio sulle galere veneziane. Niente può ormai impedire alle città di esercitare il loro dominio assoluto.
Le due crisi religiose del 1656 e 1712
In Svizzera le tensioni religiose rimangono vive: è sufficiente il minimo incidente per scatenare un conflitto. Alla Dieta lo squilibrio è grave: i quattro cantoni protestanti di Berna, Zurigo, Basilea e Sciaffusa rappresentano un numero di abitanti due volte superiore a quello dei cantoni cattolici ma dispongono solamente di 4 voti contro i 7 dei loro rivali.
Nell’autunno del 1655 le autorità di Svitto intervengono nel villaggio di Arth per disperdere una comunità protestante clandestina che è costretta a rifugiarsi a Zurigo. Le autorità zurighesi chiedono agli Svittesi un’indennità per i beni confiscati alle famiglie scacciate. L’incidente scatena la terza guerra di religione. Zurigo e Berna dispongono di forze numericamente superiori, meglio equipaggiate ed addestrate, ma commettono l’errore di disperdere il loro potenziale bellico. Mentre Zurigo invia le proprie truppe all’inutile assedio di Rapperswil, i Bernesi sono colti impreparati e senza comandanti nelle vicinanze di Villmergen in Argovia. La vittoria dei cattolici è completa. La terza pace nazionale viene sottoscritta a Baden ma non modifica la situazione creatasi nel 1531.
Nel 1712 un altro incidente mette in crisi il già fragile equilibrio. Svitto e l’abate di San Gallo vogliono costruire una strada attraverso il Toggenburgo. Gli abitanti di questa regione, in maggioranza protestanti, temono di perdere la loro autonomia religiosa e insorgono contro il tentativo di collegare questi due centri del cattolicesimo elvetico. Zurigo e Berna, forti della loro superiorità economica, demografica e militare, sostengono gli abitanti del Toggenburgo. Lo scontro decisivo avviene nuovamente a Villmergen, ma questa volta la vittoria arride ai protestanti. Una quarta pace nazionale viene sottoscritta, ad Aarau. È l’11 agosto 1712. Questo trattato contiene numerosi aspetti positivi. Si accetta l’uguaglianza tra le due religioni nei baliaggi e alla Dieta, dove ci sarà d’ora in poi un segretario per ogni confessione. Tuttavia altre clausole del trattato impediscono una riconciliazione completa e duratura tra le parti. I cattolici si sentono danneggiati poiché hanno perso i loro diritti sui baliaggi di Baden e del Freiamt settentrionale di cui a più riprese ne chiedono invano la restituzione. La divergenza su baliaggi argoviesi avvelenerà ancora a lungo i rapporti tra le due religioni. I cattolici firmeranno un’alleanza separata con la Francia che promette loro vagamente un aiuto in vista di un’eventuale riconquista di questi territori.
All’ombra del Re Sole (1661 – 1712)
L’alleanza con la Francia è alla base di tutta la politica estera degli Svizzeri del XVII secolo; assicura la tranquillità interna grazie anche alla mediazione degli ambasciatori francesi che cercano di placare i conflitti religiosi. Alla diplomazia francese riesce pure di unire tutti i cantoni svizzeri in un’alleanza con il Re di Francia che procura vantaggi economici non indifferenti: permette a numerosi giovani di arruolarsi come soldati mercenari e assicura ai commercianti elvetici privilegi doganali importanti.
I primi anni del lungo regno di Luigi XIV sembrano confermare la lunga tradizione di buone relazioni franco-svizzere. L’alleanza tra le parti viene rinnovata solennemente nel 1663. In base a questo trattato il Re di Francia può arruolare 4’000 mercenari in cambio del versamento di pensioni ai cantoni. Inoltre, agli Svizzeri è concesso di acquistare grano e sale in Francia senza pagare dazi; i mercanti confederati e le loro merci possono circolare liberamente in territorio francese.
Le buone relazioni sono però messe in pericolo dalla politica attuata da Luigi XIV. Nel 1674 il “Re Sole” annette la Franca Contea, un territorio spagnolo sul quale gli Svizzeri vantavano dei diritti. Nel 1681 il sovrano francese occupa anche Strasburgo, città alleata. Nel 1685 la revoca dell’Editto di Nantes, che concedeva ai calvinisti francesi la libertà religiosa, obbliga numerosi protestanti a lasciare il loro paese; più di 20’000 rifugiati si stabiliscono in Svizzera portando con sé la loro cultura e le loro vaste conoscenze scientifiche e tecniche. Nel 1680 la Francia fortifica il villaggio di Hunningue, minacciando con i suoi cannoni la città di Basilea.
Inizialmente gli Svizzeri sono incapaci di opporsi alla politica dei fatti compiuti praticata da Luigi XIV, anzi, sembrano quasi destinati ad entrare nell’orbita francese. Poi lentamente essi manifestano la loro opposizione, dimostrando un certo spirito nazionale. Sono i cantoni protestanti a reagire, permettendo ai nemici della Francia, Olanda ed Inghilterra, di assoldare 23’000 mercenari; Luigi XIV riesce ad averne solo 20’000 nel resto del paese. Nel 1707 saranno le vicende di Neuchâtel a suscitare nuovamente l’ostilità svizzera nei confronti delle ambizioni francesi. Quando la dinastia che governa questo principato si estingue, bisogna trovare un successore e Luigi XIV sostiene naturalmente la candidatura di un nobile francese. Berna e gli altri cantoni si oppongono alla presenza della Francia sul versante orientale del Giura e fanno pressione sui neocastellani affinché essi scelgano come nuovo signore il Re di Prussia, alleato degli Inglesi. Il loro progetto riesce.
La Svizzera del XVIII secolo
Debolezze politiche, militari e diplomatiche
La Confederazione non ha un governo centrale, i cantoni sono stati sovrani; l’unico organismo federale è la Dieta che riunisce i delegati dei XIII cantoni e quelli di alcuni loro alleati. Il potere di questa assemblea è però molto limitato: ogni decisione, per divenire operante, deve essere presa all’unanimità. Non esiste nessuna possibilità di costrizione nei confronti di quei cantoni che rifiutassero le decisioni della Dieta federale. Un’altra complicazione è data dal fatto che la Dieta dei cantoni cattolici e quella dei cantoni protestanti si riuniscono separatamente. La debolezza nella Dieta è evidenziata dall’incapacità di mettere ordine nel sistema monetario, in quello doganale e nei servizi postali.
La Confederazione non ha un esercito. Nonostante che i viaggiatori stranieri rimangano favorevolmente impressionati dall’organizzazione militare dei cantoni, solo alcuni di essi applicano ancora le clausole del Defensionale di Wil del 1647; Berna, Zurigo, Lucerna e Friburgo cercano di modernizzare la difesa. Non esiste unità tra i diversi eserciti cantonali: La Dieta federale non riesce ad imporre un modello di fucile identico per tutti e un addestramento uniforme.
La Confederazione non ha una vera e propria politica estera. Nel XVIII secolo scoppiano in Europa numerosi conflitti; in tali occasioni la Dieta federale si limita ad ordinare l’occupazione delle frontiere minacciate e non invia i suoi rappresentanti ai negoziati di pace. La prima spartizione della Polonia (1772), il timore di subire la stessa sorte, le pretese dell’imperatore Giuseppe II sulla Turgovia e sui Grigioni spingono i 13 cantoni a rinnovare l’alleanza con la Francia (1777).
La Confederazione: un complicato mosaico territoriale
La Svizzera del XVIII secolo è ben diversa da quella che conosciamo oggi; è composta di 24 stati indipendenti, che sono uniti da legami* differenti e hanno tutti dei territori soggetti.
(*) Legami federali: La Confederazione è formata da una rete di alleanze e patti diversi che uniscono i XIII cantoni e, con legami di varia natura, i paesi alleati. Poi ci sono i paesi soggetti e i baliaggi comuni. L’unica autorità federale è la Dieta, assemblea dei rappresentanti dei cantoni sovrani.
La Confederazione conta 13 cantoni sovrani che si erano alleati tra il 1291 e il 1513. I trattati che li uniscono sono di natura assai diversa. Ogni cantone possiede territori soggetti; nei cantoni urbani la popolazione che vive al di fuori della città è considerata soggetta, non diversamente da quanto accade per alcuni territori appartenenti a cantoni rurali.
I 13 cantoni sovrani contano 11 alleati molto diversi tra loro: città come San Gallo, Bienne, Mulhouse e Ginevra; comunità di montagna come le decanie vallesane e le leghe grigionesi, signori ecclesiastici come il vescovo di Basilea, gli abati di San Gallo e di Engelberg, un laico come il principe di Neuchâtel e un villaggio-repubblica, Gersau. Nessuno degli 11 alleati è unito con tutti e 13 i cantoni e per di più il grado di alleanza presenta notevoli differenze: alcuni alleati sono quasi alla pari dei cantoni e partecipano alle sedute della Dieta senza avere però il diritto di voto; altri sono invece dei semplici protettorati (Territorio sottomesso a uno o più cantoni, dei quali riconosce la tutela; questi ultimi esercitano la loro autorità solo in caso di guerra.). A loro volta alcuni alleati possiedono pure territori soggetti.
Dal XV secolo i cantoni hanno conquistato territori appartenenti ai duchi d’Austria, di Milano e di Savoia, trasformati in baliaggi comuni. I cantoni proprietari di questi territori vi inviano a turno un landfogto, che resta in carica per due anni, amministra la giustizia e preleva le tasse che vengono spartite fra i cantoni proprietari. Questi baliaggi comuni possono appartenere a due cantoni: per esempio Morat, Orbe, Echallens, Grandson e Schwarzenburg sono di Berna e Friburgo. Altri invece sono governati da più cantoni, come la Turgovia che appartiene agli otto più antichi; Bellinzona, Blenio e la Riviera sono baliaggi di Uri, Svitto e Untervaldo, mentre Locarno, La Valle Maggia, Lugano e Mendrisio appartengono a tutti i cantoni, tranne Appuntello.
Forme diverse di dispotismo
I secoli XVII e XVIII vedono trionfare in Europa il potere assoluto dei sovrani. Anche nella Confederazione assistiamo ad una evoluzione verso il dispotismo (potere assoluto e arbitrario). Ciò avviene nel XVII secolo con le borghesie cittadine che si sono arricchite grazie al patrimonio fondiario. Una parte di questa ricchezza è devoluta a favore dei membri più bisognosi. I borghesi tuttavia tendono a limitare il numero di coloro che beneficiano di tali aiuti. Dal 1650 si decide di bloccare l’accesso alla borghesia. Questa scelta comporta conseguenze assai gravi, poiché da quel momento, per votare o esercitare certe attività artigianali, bisognerà dimostrare di essere membro di una comunità urbana o rurale.
Nei cantoni di Uri, Svitto, Untervaldo, Glarona, Zugo e Appenzello la vita politica sembra essere più democratica. Qui la popolazione si riunisce in assemblee (Landsgemeinde) che eleggono le autorità. Anche in questi cantoni “democratici” ci sono abitanti senza diritto di voto. Inoltre alcune famiglie, arricchitesi col servizio mercenario, dominano la scena politica e non esitano ad acquistare voti in periodo di elezioni.
Nei cantoni urbani il potere politico è riservato esclusivamente alla borghesia della capitale. A Zurigo, Basilea, Sciaffusa e San Gallo il potere è nelle mani delle corporazioni, sorte nel Medioevo a difesa degli interessi professionali. Esse hanno anche funzione di assemblee che eleggono i magistrati. L’accesso alle corporazioni è difficile ed è riservato ai soli cittadini; gli abitanti della campagna sono considerati soggetti e non hanno il diritto di commerciare e di promuovere un’attività industriale. A Berna, Friburgo, Soletta, Lucerna, Ginevra il potere appartiene solo ad alcune famiglie della capitale. Questi borghesi privilegiati, chiamati patrizi (Cittadino che gode di tutti i diritti politici e civili, diversamente dai semplici dimoranti.), dominano il resto della popolazione. Le famiglie patrizie non sono numerose, nel 1797 se ne contano 67 a Berna, 71 a Friburgo, 29 a Lucerna, 34 a Soletta. Il governo dello stato è loro esclusivo appannaggio.
La contestazione nel XVIII secolo
Il dispotismo provoca risentimento in molte regioni del territorio svizzero. Alcuni scontenti vogliono ristabilire le antiche libertà soppresse dai governi assolutisti; altri, verso la fine del secolo, sperano di vedere realizzate le nuove idee politiche basate sulla libertà, l’uguaglianza e la democrazia.
Fino al 1770 si assiste a una serie di disordini locali. Questi moti, facilmente repressi, vogliono ristabilire le libertà e le franchigie esistenti nel Medioevo. La più famosa ribellione è sicuramente quella legata a Davel nel Paese di Vaud. Questi, nato nelle vicinanze di Losanna nel 1670, compie una brillante carriera nelle truppe bernesi, diventando maggiore. Si ritiene designato da Dio per liberare il Paese di Vaud dai Bernesi. Nel 1723 marcia con i suoi 600 soldati su Losanna, ma i suoi ufficiali e le autorità losannesi lo tradiscono ed avvertono Berna. Davel viene arrestato, torturato e giustiziato. Nel 1755 anche i Leventinesi, temendo che Uri voglia abolire alcuni antichi diritti, insorgono, ma la rivolta viene duramente repressa.
Verso la fine del secolo gli insorti si ispirano alle nuove idee politiche. I libri di Voltaire, Rousseau e Montesquieu esercitano una forte influenza, così come la nascita di una repubblica democratica: gli Stati Uniti d’America (1776).
A Friburgo nel 1781 le autorità stroncano una rivolta guidata da Chenaux. Più tardi sono i cittadini a sfidare i patrizi reclamando l’uguaglianza dei diritti; i capi della rivolta vengono esiliati, ma 16 nuove famiglie sono ammesse al patriziato. Nel 1782 le autorità accettano tra i patrizi 15 famiglie divenute nobili all’estero. Nel 1782 a Ginevra i borghesi comuni, aiutati dagli abitanti e dai “nativi” (A Ginevra, sono così definite le famiglie non borghesi residenti in città da molto tempo) riescono a togliere il potere alla famiglie patrizie. L’intervento di Berna, della Savoia e della Francia, permette ai patrizi di riprendere il potere. Le tre potenze temono infatti che l’esempio dei ribelli ginevrini possa risvegliare anche i loro soggetti.
Progresso culturale e sviluppo economico
All’immobilismo politico la Svizzera del XVIII secolo contrappone un vivace movimento intellettuale. I centri di intensa attività scientifica sono numerosi. Le famiglie dei matematici Euler e Bernouilli di Basilea godono di rinomanza internazionale; a Zurigo operano l’economista Hirzel, il poeta Gessner e lo scrittore Bodmer; i ginevrini De Saussure e Micheli du Crest danno un forte impulso alla geologia e alla fisica, Charles Bonnet è un naturalista conosciuto a livello Europeo; il bernese Albrecht von Haller è uno dei più grandi medici del tempo. Scienziati e letterati elvetici insegnano nelle università tedesche e russe. Illustri clienti europei vengono in Svizzera per consultare medici celebri, come il losannese Tissot o il bernese Schüppach.
In questo clima favorevole nascono società e associazioni. In diversi cantoni sorgono “società economiche” che si prefiggono quale obiettivo principale lo sviluppo dell’agricoltura. La “Società Elvetica” fondata nel 1761 raggruppa gli intellettuali desiderosi di lavorare per l’unificazione del paese.
L’economia si trasforma. La produzione agricola non sta al passo col rapido sviluppo demografico: 1’900’000 abitanti nel 1790. Gli agricoltori svizzeri abbandonano sempre più la coltivazione dei cereali e si specializzano nell’allevamento e nella produzione di formaggio. Le società economiche cercano di convincere i cittadini a coltivare la patata. La viticoltura prospera nel Paese di Vaud e in Valtellina. L’industria si sviluppa, favorita dal buon grado di istruzione di una parte dei cittadini e dell’ampia disponibilità di manodopera nelle campagne. La lavorazione della lana e del lino si diffonde nel nord-est del paese. Basilea diventa il centro dell’industria serica. Sono però i tessuti di cotone ad avere ben presto la meglio, creando decine di migliaia di posti di lavoro al nord e all’est della Confederazione. La forte concorrenza inglese obbliga le aziende svizzere a perfezionare i metodi di produzione introducendo nuove macchine. L’industria orologiera si insedia a Ginevra, nella valle di Joux, a Neuchâtel e nel territorio dell’antica diocesi di Basilea. L’esportazione di orologi raggiunge gli 80’000 pezzi all’anno.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!