RELAZIONE FIGLIO GENITORE
Studio Legale Marzorati | Avvocato Milano
In questo articolo sono trattati i rapporti fra i genitori e i figli, le norme che regolano i loro diritti e doveri, nonché la tutela degli interessi dei minori.
Nei rapporti con i figli, ci sono differenze di trattamento fra padre e madre?
No, l’esercizio della responsabilità genitoriale è attribuito a entrambi i genitori, i quali devono esercitarla di comune accordo; tuttavia le decisioni di urgenza in caso di pericolo possono essere prese da uno dei due.
Questa impostazione è frutto di una recente modifica che ha definitivamente posto in uno stato di uguaglianza i genitori nel rapporto con i figli.
Rispetto ad una concezione del diritto di famiglia fortemente orientata sulla figura preminente del padre (si veda a tal proposito il concetto di “patria potestà”), nel secolo scorso sono stati fatti svariati passi avanti per garantire l’interesse preminente dei figli e, in quest’ottica, per sottolineare l’importanza paritetica del ruolo della madre.
Quali doveri hanno i genitori nei confronti dei figli
I doveri dei genitori consistono nell’obbligo di provvedere al mantenimento, all’istruzione e alla educazione dei figli (tenendo conto delle loro capacità, delle inclinazioni naturali e delle loro aspirazioni) in proporzione alle rispettive sostanze.
Deve essere garantito ai figli il necessario per la vita di relazione nel contesto sociale in cui sono inseriti, perciò entrano in tale obbligazione le attività per lo sviluppo psicofisico, così come le spese quotidiane. Non è un contributo di natura alimentare.
I genitori devono, inoltre, garantire ai figli assistenza morale.
Doveri dei nonni doveri verso i nipoti
Anche i nonni hanno doveri nei confronti dei nipoti, se i genitori non hanno il modo e i mezzi sufficienti per provvedere ai figli, i nonni e i bisnonni devono fornire loro gli aiuti necessari, sempre che siano in grado di farlo.
Recenti orientamenti della Corte di Cassazione hanno precisato, tuttavia, che l’obbligazione dei nonni ha carattere sussidiario rispetto al dovere primario dei genitori.
Un genitore, dunque, non si può chiedere l’aiuto economico dei nonni per il solo fatto che l’altro non dia il proprio contributo al mantenimento dei figli, se egli stesso è comunque in grado di mantenerli.
L’obbligo per i nonni sorge solo quando entrambi i genitori non siano in grado di mantenere i figli, provando lo stato di bisogno e l’impossibilità di reperire altrimenti quanto necessario.
Cosa prevede la legge se un genitore non provvede, pur avendone i mezzi, al mantenimento dei figli
Chiunque vi ha interesse può ricorrere Tribunale che, con un provvedimento d’urgenza, può pignorare che una quota del reddito del genitore affinché sia versata in favore del figlio o di chi ne sostiene le spese per il mantenimento.
In linea generale il mancato pagamento – anche parziale – dell’assegno di mantenimento è un comportamento che può configurare anche un reato nel caso in cui vengano fatti mancare i mezzi di sussistenza ai figli. La pena prevede la reclusione fino a un anno o la multa da 103 a 1.032 euro.
Il Tribunale, quindi, deve verificare se il mancato pagamento dell’assegno da parte di uno dei coniugi, faccia venir meno i mezzi di sopravvivenza ai figli. Si potrà valutare se i pagamenti sono omessi per un periodo limitato di tempo, o se subiscono solo lievi ritardi o riduzioni parziali.
Dall’altra parte si dovrà valutare la situazione della famiglia nel suo complesso. Se i figli beneficiari dell’assegno, per esempio, sono mantenuti grazie all’altro genitore o ai nonni, potrebbero non esserci gli estremi penali per procedere contro il mancato versamento.
Queste regole si applicano anche se uno dei genitori non ha la cittadinanza italiana?
Al fine di garantire la tutela, economica e non, ai minori, è sufficiente che il figlio abbia residenza abituale in Italia.
Gli obblighi di mantenimento dei figli cessano con il raggiungimento della loro maggiore età?
No. Gli obblighi rimangono finché i figli non sono economicamente indipendenti, anche se la valutazione può essere affidata al Giudice competente.
Permangono, invece, gli obblighi di mantenimento nei confronti dei figli maggiorenni portatori di gravi handicap, che vengono determinati come nei confronti dei figli minori.
Quali sono i doveri del figlio verso i genitori
Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie sostanze e redditi, al mantenimento della famiglia, finché convive con essa.
Il figlio è tenuto ad accettare le indicazioni dei genitori, pur potendo pretendere che i suoi punti di vista vengano tenuti in considerazione.
Quando i genitori diventano anziani, poi, gli obblighi si fanno più stringenti in quanto il figlio ha l’onere di provvedere ai bisogni del genitore che non può provvedervi.
Se il figlio è adulto deve aiutare i genitori economicamente bisognosi?
Sì, come detto, i genitori in stato di bisogno hanno diritto di ricevere un assegno alimentare da parte del figlio, oppure di essere accolti e mantenuti nella sua casa a sua scelta.
Se i figli sono più di uno, devono concorrere alle prestazioni in proporzione alle rispettive condizioni economiche.
Che cosa prevede la legge nei confronti dei genitori che fanno mancare l’assistenza morale e materiale ai figli minorenni
Nel caso in cui un genitore si sottragga alla sua obbligazione di dedicare assistenza morale e materiale ai figli, la legge prevede sanzioni penali e il genitore inadempiente può essere soggetto a provvedimenti esecutivi ed essere privato della responsabilità genitoriale.
Anche in caso di genitori separati, sia la madre che il padre hanno l’obbligo di provvedere alla costituzione di una c.d. genitorialità attiva, ossia un rapporto parentale che sia orientato al rispetto dei diritti e doveri dei figli e di entrambi i genitori.
Come si risolve il contrasto fra i genitori su decisioni da prendere per i figli
Se si tratta di decisioni di particolare importanza, ciascuno dei genitori può ricorrere al Tribunale ordinario.
Il Giudice ha sempre l’obbligo di ascoltare il minore, se maggiore di anni 12 o anche più piccolo laddove capace di discernimento, in modo da comprendere l’effettiva volontà del minore e tenerla in considerazione.
All’esito, dopo una breve istruttoria circa il volere di entrambi i genitori, il Tribunale prenderà la decisione maggiormente rispondente all’interesse dei figli.
Quale è la differenza tra figli legittimi e figli naturali
Occorre precisare che con la legge n. 219/12 ed il decreto legislativo n. 154/2013 il Legislatore è intervenuto modificando le due definizioni e sostituendole, rispettivamente, con “figlio nato nel matrimonio” e “figlio nato fuori dal matrimonio” equiparando del tutto, anche dal punto di vista giuridico, la condizione dei figli.
Tuttavia, per maggiore chiarezza espositiva, anche allo scopo di chiarire il corretto utilizzo di una terminologia rimasta presente nella lingua corrente, è possibile definire come figli legittimi quelli nati all’interno dell’unione matrimoniale, e come figli naturali quelli nati da un rapporto non legalmente disciplinato, ma riconosciuti da uno o da entrambi i genitori.
Ci sono differenze di trattamento tra figli legittimi e figli naturali?
No, nessuna. Con la legge n. 219/12 ed il decreto legislativo n. 154/2013 sono stati equiparati sotto tutti i punti di vista giuridici, provvedendo anche all’eliminazione di una diversità di trattamento nella partecipazione ereditaria che sussisteva prima dell’introduzione della novella (è stato eliminato anche il c.d. diritto di commutazione si veda l’articolo Successioni ereditarie).
I figli nati da una donna sposata e non legalmente separata sono considerati del marito?
Sì, sono considerati figli del marito della donna e acquistano lo stato di figli nati nel matrimonio; tuttavia, se il figlio è di un altro uomo può essere riconosciuto come figlio nato fuori dal matrimonio dalla madre sposata, purché la sua nascita sia stata precedentemente denunciata dal vero padre, che lo abbia riconosciuto come figlio nato fuori dal matrimonio.
Che cosa è il disconoscimento di paternità?
Il disconoscimento di paternità è un giudizio civile nel quale un soggetto che risulta essere ufficialmente padre di un figlio, oppure il figlio stesso o la madre di quest’ultimo, chiedono che venga “cancellata” la paternità anagrafica.
Il procedimento si conclude con una sentenza che cancella lo stato di figlio nato nel matrimonio quando questo non corrisponde a quella effettiva.
Chi, ed entro quali termini, può chiedere il disconoscimento di paternità
Il padre può chiedere il disconoscimento di paternità nel termine di un anno dal giorno della nascita quando egli si trovava nel luogo in cui è nato il figlio, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza se prova di aver ignorato la propria impotenza di generare ovvero l’adulterio della moglie al tempo del concepimento.
La madre può chiedere il disconoscimento di paternità nel termine di sei mesi dal giorno della nascita oppure dal giorno in cui è venuta a conoscenza dell’impotenza di generare del marito al tempo del concepimento.
Il figlio può chiedere il disconoscimento di paternità sempre.
Il decreto legislativo n. 154/2013 ha introdotto un ulteriore termine di prescrizione dell’azione di cinque anni, decorrente dal giorno della nascita del figlio salvo per quanto concerne l’azione diretta del figlio che è imprescrittibile, così come quella introdotta dal curatore speciale nominato dal giudice su istanza del figlio minore che ha compiuto i 14 anni, ovvero dal pubblico ministero o dall’altro genitore quando si tratta di figlio di età inferiore ai 14 anni.
In quali casi può essere richiesto il disconoscimento di paternità?
Il disconoscimento di paternità si può richiedere nei casi seguenti: se marito e moglie non hanno vissuto insieme nel periodo del concepimento se durante questo periodo il marito era affetto da impotenza di generare; oppure se in questo periodo la moglie ha commesso adulterio o ha tenuto nascosta al marito la gravidanza e la nascita del figlio (questo caso in particolare deve essere supportato da prove ematiche e genetiche il cui espletamento è, comunque, da considerare preferibile).
Quali prove sono necessarie per dimostrare o per negare la paternità o la maternità?
La prova principe in questi procedimenti deve essere considerata quella ematologica, segnatamente di raffronto del DNA. La rilevanza di questo esame dal punto di vista probatorio è determinata dalla pressoché sicura univocità di risultato.
Il giudice nell’ordinare l’esperimento di detto mezzo istruttorio potrà anche dedurre gli ulteriori elementi di prova ex art. 116 c.p.c., per esempio dall’eventuale rifiuto di sottoporsi al prelievo.
Solo laddove la prova ematica non sia possibile, ovvero ad abundantiam, sarà possibile dedurre la prova con ogni mezzo istruttorio, anche presuntivo (prove testimoniali e documentali).
Quale è l’efficacia della «prova del DNA»
L’analisi del DNA dei genitori e del figlio, e quindi il successivo confronto di alcuni elementi, consente di affermare con certezza quasi assolutaun rapporto di filiazione.
Quale è il trattamento giuridico dei figli nati fuori del matrimonio?
Essi sono equiparati a quelli nati in costanza di matrimonio, se riconosciuti. Se non sono riconosciuti vengono dichiarati in stato di adottabilità e affidati ad un istituto o a terze persone (vedere articolo Affidamento e adozione).
Quando si può effettuare il riconoscimento di figli nati fuori dal matrimonio?
Non ci sono limiti al riconoscimento, previo consenso del figlio maggiore di 14 anni.
Per quanto concerne i figli nati da genitori tra i quali sussiste un vincolo di parentela o affinità, i c.d. “figli incestuosi”, la legge n. 219/12 ed il decreto legislativo n. 154/2013 hanno subordinato il riconoscimento all’autorizzazione del Giudiceal fine di evitare eventuali pregiudizi per il figlio. Per riconoscere un figlio occorre avere compiuto i 16 anni di età.
Se il genitore non ha ancora compiuto sedici anni, e quindi, non può riconoscere il figlio, quest’ultimo non può essere posto in stato di adottabilitàfino al raggiungimento, da parte del genitore stesso, dell’età necessaria per il compimento del riconoscimento a condizione che, nel frattempo, il minore sia assistito dal genitore naturale o dai parenti.
Come si può riconoscere un figlio nato fuori dal matrimonio?
Il padre e la madre possono riconoscere il figlio con lo stesso atto o separatamente, in momenti e con atti diversi, sia quando si denuncia la nascita del bambino sia con apposita dichiarazione durante la gravidanza o successivamente al parto.
Il riconoscimento deve essere dichiarato all’Ufficiale di stato civile o al Giudice tutelare, oppure essere contenuto in un atto pubblico redatto da un notaio, o infine inserito in un testamento. Una volta fatto, il riconoscimento è irrevocabile.
Quali sono i figli incestuosi?
I figli incestuosi sono quelli nati da rapporti fra consanguinei.
I figli incestuosi possono essere riconosciuti dai genitori?
Per i figli nati da genitori tra i quali sussiste un vincolo di parentela o affinità, i c.d. “figli incestuosi”, la legge n. 219/12 ed il decreto legislativo n. 154/2013 hanno subordinato il riconoscimento all’autorizzazione del Giudice al fine di evitare eventuali pregiudizi per il figlio.
Rispetto alla precedente formula legislativa è stata eliminata la possibilità di riconoscere il figlio incestuoso dai genitori che non conoscevano il loro stato di parentela o affinità .
Se un figlio incestuoso non viene riconosciuto dai genitori, quali diritti ha?
Il figlio non riconoscibile ha comunque diritto al mantenimento, all’istruzione e all’educazione.
Può essere riconosciuto quale figlio nato fuori dal matrimonio chi risulta figlio nato durante il matrimonio di un’altra persona?
No, a meno che non si proceda prima al giudizio di disconoscimento nei confronti del genitore sposato. Dopo può avvenire il riconoscimento da parte del genitore biologico.
Quando uno dei genitori intende riconoscere un figlio quello che lo ha già riconosciuto deve essere interpellato?
Sì, ma solo se il figlio è minore di 14 anni. Il Tribunale per i Minorenni, nell’interesse del minore, può tuttavia consentire il riconoscimento anche senza il consenso dell’altro genitore.
Il figlio deve essere interpellato sul suo riconoscimento?
Sì, se è maggiore di 14 anni; in tal caso il riconoscimento non è valido senza il suo assenso.
Quale cognome viene attribuito al figlio nato fuori dal matrimonio?
Se il riconoscimento è effettuato contemporaneamente da tutti e due i genitori, il figlio assume il cognome del padre.
Se il riconoscimento viene effettuato separatamente e in momenti diversi, gli viene attribuito il cognome del genitore che lo ha riconosciuto per primo.
Se il figlio viene riconosciuto prima dalla madre e poi dal padre, può decidere di assumere il cognome del padre aggiungendolo anteponendolo o sostituendolo a quello della madre.
La medesima procedura si dovrà rispettare se il riconoscimento è posteriore all’attribuzione del cognome da parte dell’Ufficiale di Stato civile. Se il figlio è minore, decide il Tribunale previo ascolto del minore che abbia compiuto gli anni 12, ovvero di età inferiore se ha discernimento.
Quale dei genitori esercita la responsabilità genitoriale sul figlio minore?
La responsabilità genitoriale, locuzione con cui il d.lgs n. 154/13 ha sostituito la più nota espressione “potestà genitoriale”, è esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio, nel pieno rispetto del concetto di bigenitorialità, fatti salvi i casi di impedimento o incapacità di un genitore.
Nel caso in cui i genitori vivano separati il Giudice può stabilire che, limitatamente all’ordinaria amministrazione, la responsabilità genitoriale sia esercitata separatamente e deve predisporre una suddivisione equa del tempo che il figlio deve trascorrere con entrambi i genitori, garantendo il c.s. diritto di visita al genitore non collocatario (ossia a quello con cui non abita stabimente).
Un figlio nato fuori dal matrimonio può vivere nella famiglia di uno dei due genitori sposato con un’altra persona?
Sì, ma occorre un’apposita autorizzazione del Giudice che tenga conto del consenso del coniuge convivente con il genitore e degli eventuali altri figli.
Se un figlio non è stato riconosciuto da uno dei genitori, è possibile richiedere che il Tribunale dichiari la paternità o maternità?
Si in tutti i casi in cui è ammesso il riconoscimento.
Se il padre e la madre di un figlio nato fuori dal matrimonio si sposano, il loro figlio diventa come nato in costanza di matrimonio
A livello teorico si potrebbe rispondere di sì, ma tale mutamento ha perso qualsivoglia interesse giuridico a seguito della totale equiparazione giuridicatra i figli nati fuori dal matrimonio e quelli nati in costanza di matrimonio avvenuta con la legge n. 219/12 ed il decreto legislativo n. 154/2013 ed, infatti, con tali riforme il Legislatore ha addirittura abrogato la Sezione II del Titolo VII del Capo VI del Primo Libro del Codice Civile (artt. da 280 a 290) dedicato alla legittimazione.
Ci sono altri casi in cui un figlio naturale può divenire legittimo?
Si rimanda alla risposta data alla domanda precedente.
Se il riconoscimento di figlio nato fuori dal matrimonio non corrisponde a verità, può essere contestato? E da chi?
Sì.La domanda per ottenere l’annullamento del riconoscimento può essere proposta da chi ha effettuato il riconoscimento, dal figlio maggiorenne riconosciuto o se minore, da un curatore appositamente nominato dal Giudice, e da chiunque ne abbia interesse.
Che cosa succede a chi fa iscrivere nei registri di stato civile una nascita inesistente, e chi, al contrario, non denuncia una nascita che è avvenuta?
Commette reato di supposizione o soppressione di stato, punito con la reclusione da 3 a l0 anni.
In quale responsabilità incorre la madre che sopprime il figlio subito dopo il parto
Nel reato di infanticidio.
Se la donna ha commesso il delitto in condizioni di abbandono morale e materiale connesse al parto, la pena consiste nella reclusione da 4 a 12 anni.
È lecito l’uso della violenza nell’educazione dei figli?
No, non è lecito. Commette reato chi abusa di mezzi di correzione: la legge lo punisce con la reclusione fino a 6 mesi, e le pene sono molto più gravi se dal fatto derivano lesioni o morte.
È reato sottrarre un minore ai genitori o al tutore?
Sì, e il consenso del minore non esclude il reato. La pena è la reclusione da 1 a 3 anni nell’ipotesi di minore non consenziente, e fino a 2 anni se il minore ha compiuto 14 anni ed è consenziente. La pena è aggravata se la sottrazione è avvenuta a scopo di libidine; diminuita, se a scopo di matrimonio.
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