Di chi sono i beni comprati dal marito per svolgere il proprio lavoro
Avvocato Separazione | Studio Legale Marzorati
Anche in caso di comunione legale dopo il matrimonio alcuni beni comprati dal marito possono rimanere di sua esclusiva proprietà: è il caso ad esempio dei beni che servono per lavoro e, più in generale, per svolgere l’attività professionale. Generalmente, invece, gli acquisti compiuti dai coniugi, insieme o separatamente, durante il matrimonio entrano a far parte della comunione e devono dunque essere considerati di entrambi.
L’attività professionale del coniuge e le sue esigenze
Per attività lavorativa deve intendersi non solo quella del libero professionista e quindi ad esempio del medico, dell’avvocato o dell’ingegnere, ma anche l’attività svolta dal lavoratore dipendente.
Deve però distinguersi il caso in cui ci siano beni destinati all’azienda gestita da uno solo dei coniugi ma fondata dopo il matrimonio: in questo caso, i beni fanno parte della comunione residuale e sono considerati di proprietà anche dell’altro coniuge solo se non sono stati consumati al momento dello scioglimento della comunione stessa.
I beni utilizzati per lo svolgimento dell’attività professionale
Per esemplificare potremmo citare alcuni beni che sono stati ritenuti riferibili all’attività lavorativa e, quindi, escludibili dalla comunione:
- i beni considerati strumentali all’attività lavorativa (ad esempio le forbici del parrucchiere);
- i beni non strettamente necessari all’attività lavorativa ma comprati per quello scopo (ad esempio il computer portatile utilizzato dall’avvocato per lavorare da casa);
- i beni immobili e i mobili registrati (ad esempio automobili), quando nell’atto di acquisto è scritto specificatamente che deve il bene deve essere utilizzato per l’attività lavorativa.
Il rapporto strumentale tra il bene e l’attività lavorativa
Dalle categorie sopra elencate si comprende come in realtà tutti i beni possono essere potenzialmente usati dal singolo coniuge per svolgere la propria attività lavorativa. Come fare dunque a distinguere di volta in volta i beni necessari per svolgere l’attività lavorativa dagli altri beni?
Il criterio che deve essere applicato non è certamente quello del valore del bene o del soggetto che ha materialmente acquistato il bene, ma deve essere considerato il rapporto strumentale tra il bene e l’attività lavorativa e dunque l’effettiva destinazione.
La valutazione deve riguardare l’effettivo utilizzo e l’effettivo bisogno del marito di utilizzare quel determinato bene ai fini lavorativi. In altre parole, non entrerà a far parte della comunione quel che bene che sarà stato comprato principalmente per permettere al coniuge di svolgere la propria attività lavorativa.
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